Sesso con un energumeno colossale
In attesa della partenza, la dottoressa Stewart mi ha consigliata di fare i primi approcci “conoscitivi” anche con i restanti membri del gruppo, in modo da tenere alto il loro morale e dare loro nuove motivazioni. Non so come, ma ho l’impressione che abbia intuito che con John mi sia già portata avanti su questo versante.
La furbacchiona, ma le sono molto riconoscente anche per questo, mi ha fornito alcune dritte su diversi tratti caratteriali e “debolezze” dei miei colleghi, così da non farmi trovare del tutto impreparata nei loro confronti.
Decido che Ivan sarà il prossimo a ricevere le mie attenzioni.
Come tutte le sere, dopo un paio di ore di svago trascorse tutti insieme nella sala relax, ci ritiriamo nei nostri alloggi.
Attendo finché non odo più nessun movimento nel corridoio, poi esco dalla mia camera e mi porto davanti a quella dell’astronauta russo.
Busso ma non ottengo risposta. Lo faccio una seconda volta e la porta si apre così velocemente che percepisco il risucchio d’aria che essa crea.
Il ragazzo mi appare con indosso solamente un paio di ampi bermuda grigi. Sopra il torace colossale, il suo volto è serio e mi fissa con sguardo truce, come a domandarmi: “Perché cazzo mi hai rotto i coglioni?”
Faccio finta di niente, mi apro in un ampio sorriso e gli mostro, agitandola davanti al suo viso, la bottiglia di Vodka Beluga che tenevo nascosta dietro alla schiena quando mi ha aperto.
“Ti va?” gli domando, mentre lui se ne sta lì impalato, cercando di capire come sia meglio reagire.
D’un tratto, i suoi occhi prendono a scintillare e la sua espressione muta istantaneamente, diventando gioviale e divertita, fin quasi a farlo assomigliare al Fred Flintstone dei famosi cartoni animati.
“Tu è ragazza molto giusta. Io ero sicuro di questo.” dice ridendo, con l’inconfondibile e marcatissimo accento russo, agitando il dito indice nella mia direzione per sottolineare l’autorevolezza della sua affermazione. Il suo vocione echeggia per tutto il corridoio.
Si aggrappa alla bottiglia con una mano e, con l’altra, mi trascina all’interno della stanza. Fa mezzo giro sul tallone per permettermi di avanzare e, con l’altro, dà una decisa spinta alla porta che si richiude sbattendo e facendo altro casino.
Legge con attenzione l’etichetta, quindi aggiunge: “Ottima scelta! Facciamo subito brindisi a noi!”
“Dove tieni i bicchieri?” domando guardandomi intorno.
“Ma quali bicchieri! Noi beve come cosacchi!”
Svita il tappo e alza la bottiglia nella mia direzione. “Vashe zdorov’ye! (Alla salute!)” dice, e tracanna in un solo fiato almeno un terzo del contenuto. Quindi, la passa a me: “Anche tu beve, da?”
“Certo!” replico, ma prendo solo un paio di sorsi. Mentre gli restituisco la bottiglia e beve ancora, il mio sguardo non può fare a meno di soffermarsi sui suoi bicipiti abnormi, dalla pelle parecchio tatuata che sembra doversi strappare sotto il turgore a cui è sottoposta.
Lo nota e mi domanda: “Tu piace miei muscoli?”
“Accidenti! Sì, certo che mi piacciono...” replico.
“Allora, tu tocca loro. Non c’è problema!”
Mi avvicino e vi appoggio timidamente una mano.
“Tu stringi pure. Non fai male! Io campione sollevamento pesi!”
Li stringo, ma anche li accarezzo per lunghi istanti. Ivan sembra più preso dal mostrarmi orgogliosamente la sua dotazione muscolare, piuttosto che dal mio tentativo di approccio fisico. Perciò, provo a porvi rimedio.
Indietreggio di qualche passo, mi metto in posa, imitandone una da culturista, e gli chiedo con tono civettuolo: “E io? Ti piaccio?”
Resta muto un paio di secondi squadrandomi da capo a piedi, poi risponde: “Oh, da! Tu, veramente bellissima donna! Io già amo te!”
“Dai, non esagerare, ma possiamo essere molto amici. Non ti pare?” osservo con tono convincente, mentre mi riavvicino e appoggio gli avambracci sulle sue spalle.
Ivan resta immobile e non riesce a vincere la sua timidezza, così lo invito sfacciatamente: “Tu tocca pure. Non fai male! Io campionessa di sesso!”
Scoppia in una fragorosa risata che tento di zittire incollando la mia bocca alla sua, aggrappandomi con tutte le forze al suo collo taurino.
Lo limono per un po’, poi mi stacco, abbasso la cerniera posteriore della tuta e resto nuda. Lui si toglie i bermuda e il suo enorme cazzo punta già in direzione del soffitto, come fosse un razzo Titan.
Torno ad abbracciarlo e il glande mi si conficca nell’ombelico. Percepisco chiaramente il movimento ritmico con il quale cerca piacere nel suo incavo.
“Vuoi scoparmi così?” gli domando.
Senza proferire parola, si china, mi infila la mani tra le gambe e le appoggia ai glutei. L’istante successivo, mi ritrovo sollevata come un fuscello, con la testa quasi attaccata al soffitto, le gambe in spaccata, sorretta da sotto le cosce e con l’ampia e ruvida lingua di Ivan che esplora furiosamente la mia intimità.
“Ohhh… Cazzooo…” esclamo dalla sorpresa e dal godimento che mi sta dando.
Tengo i palmi delle mani appoggiati al soffitto e, nell’arco di venti secondi, squirto come una fontana, lavandogli il viso con il mio potente getto.
Lui se ne sta a bocca spalancata, cercando di bere quanto più gli riesce.
Quando termino di svuotarmi, schiocca le labbra e afferma convinto: “Mmm… Nettare di femmina, meglio di Vodka di marca!”
Mi abbassa velocemente. Arrivo con la fica appoggiata al suo glande e mi ci fa impalare lentamente, consapevole che un randello di siffatte dimensioni potrebbe farmi seriamente del male.
Trattengo il respiro, speranzosa che la mia passera riesca a contenerlo senza danni. Con mia assoluta meraviglia, mi riesce facile prendermene almeno i tre quarti, ma non oltre.
Gli sorrido per comunicargli che va tutto bene e lui inizia a farmi saltare su e giù. Il suo gigantesco palo mi scorre dentro come lo stantuffo di una locomotiva.
Nonostante abbia le gambe attorcigliate alla sua vita e tenti di prendere il controllo sul ritmo della scopata, è tutto inutile. La sua forza sovrumana e la foga con la quale mi sta pistonando hanno la meglio su ogni mio sforzo.
Non mi resta che assecondarlo passivamente e lasciarmi scopare selvaggiamente, fino a quando mi annuncia: “Io deve sborrare. Vuoi fare una cosa?”
“Che cosa?” domando tra un sobbalzo e l’altro.
Non mi risponde, sfila il cazzo e mi rivolta a testa in giù, con la parte anteriore delle mie cosce appoggiate alle sue spalle, la sua lingua nuovamente nella fica e l’uccello davanti alla bocca.
Comprendo cosa vuole, così spalanco le mascelle e lo ingoio parzialmente.
Ivan riprende a muovermi verticalmente con escursioni sempre più lunghe, tanto che mi ritrovo mezza soffocata dal randello che arriva fino all’imbocco dell’esofago.
Caccia un urlo disumano, che avrà sentito mezza Houston, a cui fa subito seguito la potente sborrata. Sento il suo sperma che mi schizza fino allo stomaco, quindi vengo anch’io in maniera devastante. Il mio piacere è accentuato dalla carenza di ossigeno a cui sono sottoposta e la mia indicibile squirtata si infrange sul soffitto, per poi ricaderci addosso a pioggia.
Quando mi sfila il cazzo dalla gola, ho la mente persa, anche a causa del sangue fluito alla testa. Mi raddrizza e mi appoggia delicatamente a terra.
Ho qualche tentennamento nel reggermi in piedi, ma Ivan mi sorregge fin quando non è sicuro che abbia riacquistato l’equilibrio.
“Dovrebbero mettere una prova del genere nel programma di addestramento. Non so quante riuscirebbero a superarla.” osservo ironicamente.
L’energumeno mi porge la bottiglia di Vodka: “Tu beve. Fa molto bene per digerire sperma.”
Non credo che ciò sia vero ma trangugio ugualmente, speranzosa che mi rimetta in sesto. Un effetto lo ha di sicuro: mi fa tirare un sonoro rutto che non riesco a trattenere.
“Brava! Visto? Mi piace molto donna volgare che rutta e scoreggia!” esclama entusiasta, prima di scolarsi quanto resta nella bottiglia.
Totalmente inebetita, mezza ubriaca e con la certezza di aver esplorato alcuni aspetti del sesso assolutamente rudi e animaleschi, che avevo visto solamente in film porno estremi, faccio del mio meglio per rivestirmi, ma con scarsissimi risultati.
Perciò appallottolo la tuta sotto un braccio, recupero gli stivaletti, do a Ivan il bacio della buonanotte e ritorno barcollando nel mio alloggio.
Butto tutto a terra e crollo sfiancata sul letto, addormentandomi in un sonno che mai credo di aver meritato come adesso.
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