La baita

Eddy Lanotte
2 months ago

Dopo anni di lavoro, sono riuscito nel mio intento: comprarmi una baita in un luogo paradisiaco in cui mi sono stabilito: verdeggiante e montuoso alle mie spalle e con un bel mare di fronte. Vivo da solo, ma gli amici e i parenti vengono spesso a farmi visita. Non soffro la solitudine, anzi mi sento libero. Ogni tanto posso ospitare una donna, ma finora non ho avuto alcuna relazione seria.

Non è stato facile raggiungere questo obiettivo, poiché ho dovuto imparare a risparmiare, rinunciando alle cose superflue, autoproducendo ciò che era necessario e possibile. Così, finalmente, dopo aver accumulato denaro, potei lasciare il lavoro. Odiavo soprattutto il mio ultimo lavoro: consisteva nel persuadere le persone a comprare cose di cui potevano benissimo fare a meno. Lo so, probabilmente non avrò la pensione perché non ho lavorato abbastanza. Ma fino ad allora, almeno sarò libero.

Una mattina ero andato a correre sulla spiaggia. Corro ogni giorno, sia tra i boschi che sulla spiaggia. Fa bene alla salute e perciò, insieme a una corretta alimentazione, è più difficile che si diventi schiavi dei farmaci e degli ospedali.

A fine corsa, mi spogliai e feci un bagno nel mare. Era presto e non c’era ancora nessuno.

D’un tratto però, da lontano, notai due figure femminili che non riuscivo a distinguere. Sembravano graziose. Mi schiarii gli occhi e acutizzando lo sguardo, mi sembrò che mi stessero chiamando.

Una di loro agitava la mano come per salutarmi. Sembrava una ragazzina più o meno diciottenne, così come la sua compagna.

Ma chi era?

Forse avevo capito.

Decisi che era opportuno uscire dall’acqua per vedere bene chi fossero quelle due donne.

Non mi asciugai, presi la mia tuta e le raggiunsi.

Ora vidi bene: «Noemi! Che cosa ci fai qui?»

«Ciao, zio, sono venuta a trovarti. Non ti fa piacere?»

«Certo, ma non dovresti essere a scuola?»

«Sì, dovrei» rise Noemi «ma non ne avevo voglia».

Quale migliore idea, se non andare a trovare lo zio giovane e scapolo che vive da solo in un posto così bello?

«Inutile che io ti chieda se i tuoi genitori sanno che sei qui, vero?»

«No, zio, non dirgli nulla, per favore».

«Tranquilla, puoi contare su di me».

«Lo so, per questo sei il mio zio preferito».

Nel dirlo, mi accorsi che guardava il mio corpo bagnato e in particolare le parti basse.

Anche lei è la mia nipotina preferita, amo la sua dolcezza e il fatto che sia affezionata alla famiglia, anche ai parenti di grado più lontano.

«Ah, lei è la mia amica Jessica, viene a scuola con me».

«È un vero piacere» dissi stringendole la mano.

«Il piacere è tutto mio» rispose la giovane.

Sono entrambe molto belle.

Noemi, la figlia di mio fratello, è alta e magra, ha i capelli castani e mossi, gli occhi verdi ereditati da sua madre. Il seno è piccolo, il culetto anche, le gambe sono lunghe e lisce. Quella mattina indossava dei pantaloncini bianchi, corti e stretti, che lasciavano intravedere le natiche, una canottiera rosa. Si accorse che la stavo osservando e ne sembrò compiaciuta. Sugli occhi aveva messo dell’ombretto. Sulla boccuccia aveva del rossetto rosso. Il trucco la rendeva più sensuale. Di quella bambina innocente che ricordavo, ormai restava ben poco.

Jessica è più bassina, ma più formosa. Indossava una maglietta nera scollata che mostrava le sue tette sode. I capelli neri a caschetto, gli occhi grandi e scuri, le labbra carnose. Anche lei truccata molto bene.

I pantaloncini, anche i suoi bianchi, le coprivano interamente il culo, a differenza di Noemi, ma la forma si vedeva: un bel culo tondeggiante, che mi venne voglia di toccare. Ovviamente, sono un gentiluomo e mi trattenni.

«Non avete portato il costume?» domandai «venite qui e non vi fate neanche un bagno al mare?»

«Sì, li abbiamo negli zaini» rispose Noemi.

«Allora forza, andiamo a casa mia, così vi cambiate».

Percepii uno strano sorriso malizioso che mia nipote rivolse alla sua amica. Io indossavo soltanto i boxer, ancora un po’ bagnati. Le due belle diciottenni mi seguirono in casa. Appena entrammo, mia nipote, senza badare al fatto che ci fossi io, si spogliò completamente. Potei osservare meglio il suo bellissimo corpo. Si sfilò con naturalezza il suo perizoma rosa e lo gettò a terra, sul pavimento. Una cosa del genere a casa sua non avrebbe mai potuta farla, ossessionati come sono i suoi genitori dall’ordine e dalla morale. Ma qui era a casa del suo giovane zio preferito. Vidi che la sua fica era bella pelosa. Ora che era nuda, riuscii ad apprezzare meglio la forma del suo culetto e delle sue tettine.

Mi accorsi che Jessica esitava un po’. Evidentemente pensava: “ma come? La nipote si spoglia davanti allo zio come nulla fosse ed io dovrei spogliarmi davanti a uno sconosciuto?”

Ma il disagio dovette durare ben poco, perché subito dopo anche lei si spogliò. Probabilmente cominciava a sentirsi stimolata da quella situazione.

Ora le ragazze erano entrambe completamente nude, prive di vergogna. Le osservai mentre, piegandosi in avanti per sfilarsi le mutande e indossare i costumi, mi mostravano involontariamente il culo.

«Zio» fece Noemi «e tu non ti cambi? Non vanno mica bene i boxer per fare il bagno al mare!»

«Ero andato a correre» risposi sorridendo «e mi è venuto spontaneo farmi un bagno, non importa che avessi le mutande».

«Sì, ma adesso togli i boxer e mettiti il costume, dobbiamo fare il bagno insieme».

Io esitai. Noemi se ne accorse.

«Dai, non dirmi che ti vergogni. Noi non ci siamo mica vergognate».

In modo maliziosamente scherzoso, si avvicinò a me sghignazzando e fece per abbassarmi i boxer.

«Ma che fai!» esclamai.

«E dai, zio, cambiati e andiamo a farci una nuotata tutti e tre insieme!»

«E va bene!», mi rassegnai. Mi abbassai i boxer e Noemi, divertita, mi guardò il pene: era duro ed era merito di loro due. Si sorrisero, perché lo sapevano.

Indossai anche io il costume e ci avviammo verso la spiaggia. Il sole adesso era più rovente, di conseguenza l’acqua ci sembrava più fredda, ma prendemmo coraggio un po’ alla volta e ci tuffammo. Io mi stesi un attimo sul mare, galleggiando e osservando il cielo azzurro e limpido, dove i gabbiani svolazzavano beati. Poi guardai di fronte a me e vidi le ragazze: quant’erano belle con i capelli bagnati! Sembravano due sirene! Giocavano e ridevano insieme. Parlavano sottovoce fra di loro. Dopodiché si voltarono a guardarmi e, sorridendo, mi raggiunsero a nuoto.

«L’acqua è pulitissima, zio» disse Noemi. Era vero, l’acqua era cristallina, ma quella frase era stata pronunciata come quando non si ha nulla da dire, come una scusa per avvicinarsi. Mi accorsi che mi guardava con aria seria, quasi malinconica, con i suoi bellissimi occhioni verdi e mi accorsi anche che in quel momento la sua mano era finita lentamente sul mio costume a boxer e che tastava sempre di più sul mio cazzo. Non dissi nulla e, sempre galleggiando in acqua, immobile, continuai a fissarla, incantato dalla sua bellezza. Lei ne approfittò e la mano finì questa volta dentro il mio costume. Noemi afferrò il mio cazzo e cominciò a masturbarmi. Incuranti del fatto che Jessica ci stava guardando, perdemmo il controllo e ci baciammo con ardore sulla bocca. Mentre lei mi masturbava, le infilai le mani nel costume, toccandole la fica. Senza nemmeno accorgercene, avevamo chiuso gli occhi e ci baciavamo sempre più intensamente. Con le mie mani le aprii la boccuccia e ci infilai la lingua dentro. Il mio cazzo diventò ancora più duro. A Noemi non fregava niente che Jessica stesse lì e che potesse giudicarci. Cominciai a baciarla per tutto il corpo: il collo e le spallucce esili, le tettine, il pancino e l’inguine.

Le abbassai il costume e, tirando fuori il cazzo, provai a fotterle la fica, mentre Jessica, imbarazzata, non sapeva che fare. Non per la situazione in sé, ma piuttosto perché era stata esclusa. Proprio mentre stavo per infilare il mio cazzo nella fica di Noemi, lei e Jessica si voltarono di scatto, sussultando: la spiaggia si stava popolando. Noemi mi guardò significativamente ed io capii: «vogliamo tornare alla mia baita?»

«Sì, zio» mi disse, sommessamente, ancora eccitata.

Mi avvicinai all’orecchio di Noemi e dissi «non dovremmo escludere la tua amichetta dai nostri giochi, non credi?»

«Sì, hai ragione, è che avevo perso il controllo» rispose chinando il capo, assumendo un’espressione malinconica e imbronciata.

Jessica ci guardò timidamente e confusa. Mi avvicinai a lei.

«Ritorniamo alla baita» le spiegai «qui comincia a popolarsi troppo, i moralisti inizieranno a  rompere le scatole e a insultare».

«Posso lasciarvi soli, se volete» propose Jessica.

«No, anzi, vieni. Più tardi vi cucinerò un bello spaghettino al pomodoro».

«Mio zio sa cucinare benissimo» commentò fieramente, mia nipote. Aveva riacquistato il suo buonumore e la sua solarità.

Le due amichette si avvicinarono tra loro, chiacchierando e ridendo, allontanandosi da me. Io, da dietro, osservavo i loro bellissimi culi, che avevo voglia di baciare e di fottere, magari contemporaneamente. Com’erano sensuali quei culetti mentre si muovevano a ogni passo, sulla spiaggia. Com’erano delicate con quegli infradito che lasciavano vedere i loro graziosi piedini!

Rientrammo in casa.

«Volete mangiare?» domandai.

«Sì, in effetti comincio ad avere un po’fame, zio» disse Noemi.

Mi fermai a guardare un po’ Jessica: era timida o semplicemente parlava poco perché, dopo tutto, ero un estraneo? O era per quella strana situazione? A prescindere da tutto questo, avevo una gran voglia di chiavarla.

«Ragazze, mi aiutate a tagliare i pomodorini, per favore?»

«Faccio io» si propose Jessica.

«Se lo facciamo in tre, è meglio». Mi accorsi solo dopo, dell’ambiguità di quella mia frase.

«Io taglio le cipolle, ci sono abituato. Voi subito lacrimereste» risi.

Ci mettemmo all’opera e notai che nessuno di noi tre si era vestito, oltre a non esserci asciugati. Immaginate due belle giovani diciottenni che cucinano con il culo di fuori insieme a un trentaquattrenne: non è uno spettacolo? Lo era e come!

Ogni tanto, mentre cucinavamo, baciavo in bocca a mia nipote, come fossimo due normalissimi fidanzati. Ogni tanto le toccavo il culo, lei rideva felice e ritornava a baciarmi. Guardai ancora Jessica e mi domandai se non avesse voglia anche lei di fottere con me e avesse vergogna di dirmelo.

Intanto, si spargeva nella baita il profumo della cipolla soffritta, dei pomodorini tagliati e del basilico fresco.

«Jessica» la chiamai gentilmente, per non farla sentire esclusa «c’è del vino rosso nel frigo, vuoi prenderlo per favore?»

La ragazza obbedì e appoggiò la bottiglia sulla tavola che, nel frattempo, Noemi aveva apparecchiato.

«Se volete, potete anche cominciare a bere, qui ci vuole ancora un po’ di tempo».

«Volentieri» rispose Noemi. Mi ricordavo benissimo quando, alla loro età, mi ubriacavo con i miei amici, trascorrendo serate o giornate piacevolissime.

Le ragazze sedettero a tavola e cominciarono a bere. Jessica parlava solo quando era più o meno in intimità con Noemi, quando io ero occupato o non potevo sentirle. Probabilmente parlavano di affari loro, dei loro amici, della scuola. Insomma, questioni che io non potevo conoscere.

Notai che i bicchieri di vino cominciavano a renderle sempre più brille. Intanto gli spaghetti erano pronti.

Preparai le porzioni e servii le due giovani.

Sedetti con loro e, dopo aver augurato buon appetito, iniziammo a mangiare.

«Ah che bello non dover fare per forza la preghiera!» esclamò Noemi, seduta alla mia sinistra «mio padre e mia madre mi costringono a farla, altrimenti non mi fanno mangiare».

«Qui sei libera!» dissi ammiccando.

Mi girai a guardare Jessica, alla mia destra: quanto era bona!

Non glielo dissi e continuai a mangiare, bevendo anche io quell’ottimo vino rosso. Non abuso mai di alcol da quando vivo da solo: lo riservo soltanto per le occasioni speciali e per gli ospiti.

Non so se è normale, ma dopo mangiato, mi sento più eccitato del solito. Se poi ci si aggiunge un buon vino come quello, è ancora meglio.

Vidi che le ragazze si stavano gustando gli spaghetti e fecero anche il bis. Avevano gradito molto anche il vino.

Mi voltai ancora verso Jessica e le domandai «Allora? Com’era?» e mentre glielo chiedevo, la osservai dalla testa ai piedi in un modo morboso. Lei se ne accorse e, guardandomi allo stesso modo, mi rispose con voce soffocata «molto buono». Il cazzo mi si era di nuovo indurito, il vino mi era salito al cervello e, quasi senza nemmeno accorgermene, le misi una mano sulla coscia e cominciai ad accarezzarla. Avvicinai il mio volto al suo e ci baciammo sulle labbra. La guardai nei suoi bellissimi occhi grandi e scuri, le presi il delicato viso tra le mani e le spostai i capelli accarezzandoglieli. Mi alzai dalla sedia e tirai fuori bruscamente il mio cazzo dal costume, puntandoglielo in faccia. Mi meravigliò il fatto che sembrava non capire cosa dovesse fare. Mi guardò negli occhi, spiazzata, così fui più chiaro: le appoggiai il cazzo sulle labbra. Lei cominciò a baciarmelo dappertutto, finché non aprì la bocca facendolo entrare.

«Attenta» le dissi «non usare i denti o mi fai male».

Dovette sentirsi imbarazzata, lasciò il cazzo e mi guardò in faccia timidamente, con i suoi begli occhioni grandi. Poi si mise a leccarlo.

«Ma è la prima volta?» le domandai con delicatezza «non hai mai fatto un pompino?»

La giovane arrossì e questo mi fece arrapare ancora di più, infatti mi chinai a baciarla di nuovo in bocca.

Mi voltai e chiamai mia nipote, che sembrava osservare la scena, molto divertita «Noemi, vieni qui, tesoro».

«Sì, zio».

«Tu li sai fare i pompini?»

Senza rispondere, si leccò le labbra e si inginocchiò davanti al mio cazzo, prendendolo direttamente in bocca. La mia bella nipotina non usò i denti: lo succhiava e lo leccava con maestria, da vera esperta. Fui davvero molto fiero di lei. A volte si interrompeva e mi masturbava. Poi, mantenendomi il cazzo con la mano, si alzò e mi baciò in bocca.

«Adesso toccatevi la fica» ordinai «avvicinatevi, piccole mie. Con l’altra mano toccatevi il seno, amori miei».

Le ragazze obbedirono.

«Sì, così, tesorucci. Adesso avvicinate le vostre bellissime fiche l’un all’altra e con la mano con cui ve la stavate toccando, ora toccatevi il culo».

Senza pronunciare alcuna parola, senza esitare, senza replicare, le due belle giovani eseguirono.

«Ah che bei culetti che avete, piccoline» commentai. Era tutta la mattina che desideravo dirglielo. Mi intromisi e baciai i loro culi.

«Il mio cazzo sta diventando sempre più grosso a guardarvi», dissi masturbandomi. Mi alzai e glielo mostrai, puntandoglielo in mezzo ai loro due volti.

«Guardate qui, vi piace?»

Le ragazze non risposero, estasiate com’erano da ciò che stavano facendo.

«Piccole puttane» continuai, con un linguaggio sempre più sboccato «siete adorabili. E io vi amo troppo. Ora baciatevi sulla bocca».

Quella proposta dovette piacere molto alle mie due ospiti, perché non se lo lasciarono dire due volte.

 «Sì, così, ora con la lingua, dai, brave».

Che spettacolo eccitante vedere le loro belle lingue che si scontravano, con un filo di saliva che si formò tra le loro bocche, quasi fosse il simbolo della loro connessione. Lo raccolsi con le dita e lo portai alla bocca ingoiandolo.

«Adesso vi bacio anch’io amori miei» annunciai.

Non aspettarono un secondo, neanche il tempo di dirlo ed entrambe, alternandosi, mi baciarono. Poi tirammo tutti e tre fuori le nostre lingue, slinguazzandoci insieme a vicenda.

Io toccavo le loro fiche e i loro culi, mentre loro mi mettevano le mani sul cazzo. Mi masturbarono alternandosi, ricominciando a sorridere: sembravano piuttosto divertite, stavano chiaramente godendo.

«Ora succhiatemelo una per volta».

Noemi fu di nuovo la prima a prendermelo in bocca. Era molto brava, perché sapeva che doveva alternare pompino e masturbazione. Deve aver imparato molto presto a fare la troia.

Mentre me lo teneva in mano, si mordeva le labbra e aspirava tra i denti, per quanto era arrapata. Mia nipote offrì il mio cazzo alla sua amichetta, la quale era sempre più disinibita.

Questa volta anche Jessica succhiò bene. La lezione era servita. Quanto imparano bene queste giovani troie!

«Sì, così» sussurrai, accaldato per l’eccitazione «bravissima, Jessica. Ti piace, piccola?»

«Sì» rispose Jessica, con il mio cazzo in bocca, gemendo di piacere.

«E a te amore?» domandai a mia nipote, che in quel momento si stava masturbando da sola, guardandoci.

«Sì, zio» rispose Noemi. Si era spogliata completamente e aveva gettato anche il costume sul pavimento.

«Dopo ve lo metto nel culo a tutte e due. Sia a te che alla tua amica. Lasciate perdere quelle scemenze che vi dicono i vostri genitori. Siete belle e dovete fottere» dissi con profonda convinzione «adesso, però, voglio fottervi prima la fica a tutte e due».

Jessica lasciò il mio cazzo e io mi avvicinai alla mia nipotina che, seduta sul pavimento, continuava a masturbarsi, leccandosi le labbra. Mi scappellai il cazzo e la baciai, continuando ciò che avevamo interrotto qualche ora fa, quando eravamo in acqua. La mia nipotina allargò ben bene le gambe. Mi abbassai a leccarle la fica per alcuni minuti. Mi interruppi e con le dita continuai a stimolarle il clitoride. La bella giovane mi guardò negli occhi come per ringraziarmi del piacere che le stavo procurando. Così preparai il mio cazzo, ci mettemmo in una posizione più comoda, cioè sul divano e cominciai a chiavarle la fica.

«Quanto sei bona, Noemi!» le dissi continuando a ficcarle il cazzo dentro e a spingere avanti e indietro.

«Non sai da quanto aspettavo questo momento, zio!» confessò, eccitata la mia nipotina. Così la chiavai ancora più forte e la baciai di nuovo.

«Ti amo, Noemi!»

«Anch’io, zio!»

Mi fermai per non sborrare.

«È il tuo turno, piccola» dissi voltandomi verso Jessica. La giovane si avvicinò a me, io la afferrai con decisione e cominciai a leccarle la fica. Mi alzai e penetrai anche lei nella sua bella patatina, che era meno pelosa rispetto a quella di Noemi. 

Mi accorsi, a un tratto, che stavo fottendo con troppo impeto e allora cercai di rallentare, sia per non farle male, sia per non sborrare. Con sollievo, mi resi conto che nessuna delle due era vergine. “Avranno già fottuto con i loro amichetti giovani”, pensai. Anche se Jessica non aveva ancora imparato, almeno fino a quel giorno, a fare bene i pompini.

Baciai anche lei sulla bocca e mi fermai.

«Siete bellissime. Vi amo» dissi «a tutte e due».

Mi sciacquai un po’ il cazzo nel lavandino della cucina e ricordai alle ragazze: «adesso preparate i vostri bei culetti, che vi inculo».

Le vidi un po’ perplesse: «Che c’è? Non lo avete mai preso in culo? Il vostro culo è ancora vergine?»

Lo facevo apposta a ripetere la parola “culo”: mi eccitava.

Noemi si morse la lingua sorridendo. Avevo capito.

«Bene» dissi «allora oggi dite addio alla verginità del vostro culo».

Eravamo tutti accaldati, rossi in viso, sudati. Cominciai a baciare e leccare i loro bei culetti giovani e vergini, giocando soprattutto con la mia lingua nel loro ano. Che bontà! Infilai anche le mie dita, per stimolare ed allargare il buchetto. Mi ritrovai le dita un po’ sporche di merda, essendo andato forse troppo a fondo, ma mi fece tutt’altro che schifo, anzi annusai con piacere.

Adesso, però, era arrivata l'ora di incularle. Il mio cazzo era nelle giuste condizioni, i loro culi pure.

«Mi raccomando, ragazze, rilassatevi. Se siete tese, non vi posso inculare bene».

Inginocchiate davanti al divano, con le braccia appoggiate su di esso e i loro culi rivolti verso di me, le vidi aggiustarsi in una posizione che loro dovevano probabilmente ritenere comoda, che le faceva sentire rilassate. Noemi a sinistra, Jessica a destra.

«Siete pronte, piccoline?»

«Sì» risposero all’unisono.

Mi sputai sul cazzo e, con le dita di entrambe le mani, aprii il culo di mia nipote. Avanzai con il mio uccello e lo infilai nel suo bel buchetto.

«Ah!» esclamai con piacere. Era stato più facile del previsto: non sempre lo è. Mentre la inculavo, le accarezzavo le natiche, passando la mano sulla sua bella schiena, fino al collo. Le accarezzai anche i capelli. Sentivo il liquido pre-eiaculatorio che bagnava il mio cazzo.

«Ti piace, Noemi?»

«Sì, zio».

«Ora è il turno della tua amichetta» dissi dopo un po’.

Jessica girò la testa verso di me, guardandomi perciò, prima di incularla, vedendo il suo bel viso, la baciai. Con lei fu un po’ più difficile, il suo buchetto opponeva ancora un po’ di resistenza, ma riuscimmo a trionfare. Non so perché, ma Jessica mi faceva sempre venire voglia di chiavarla forte. Mentre la inculavo, in quella posizione, mi fermai e dissi «alzati un po’, piccolina». La giovane obbedì. Io mi sedetti sul divano, le baciai di nuovo il culo e la invitai a prendere il mio cazzo dentro da quella posizione. La giovane sedette su di me, facendo entrare il mio membro nel suo bellissimo culo. Cominciò a fare su e giù, mentre io la baciavo dappertutto.

«Ti amo, Jessica. Vi amo tutte e due, lo sapete?»

Jessica non rispose, continuava a fare su e giù con il culo.

«Ti piace?» le domandai.

«Sì» continuò ansimando. Quando fui abbastanza soddisfatto, estrassi il cazzo dal suo culo.

«Baciatemi, puttanelle» ordinai a entrambe.

Si avvicinarono con le loro boccucce e mi baciarono sulle labbra, una alla volta.

«Sì, così, sulla bocca. Vi amo» ripetei «Ora toccatemelo e succhiatemelo di nuovo, senza farmi sborrare». Ero ancora seduto sul divano, non mi mossi. Le ragazze lo presero di nuovo in bocca e mi masturbarono, sempre alternandosi.

«Adesso pisciatemi in bocca» dissi «non vi preoccupate, dopo pulisco tutto io».

Le ragazze risero, ritenendo molto divertente quella trovata.

Mi stesi sul pavimento, a pancia in su, con la bocca spalancata. Noemi fu la prima. Si posizionò in piedi allargando le gambe, puntando la mia bocca.

«No, no, accovacciati, tesoro, altrimenti cade tutto».

Mia nipote si accovacciò e mi pisciò in bocca.

«Oh sì che delizia!» esclamai «non preoccuparti per il pavimento…oh sì, Noemi, è davvero deliziosa».

Ora era il turno di Jessica. Lei si accovacciò direttamente e mi pisciò in bocca.

«Ah sì, com’è buona la vostra piscia. Siete adorabili» esclamai estasiato. Non capivo più nulla.

«Fatevi leccare anche i piedi, vi prego». Le ragazze ridevano e mi mettevano i piedi in bocca, che io annusavo, baciavo, leccavo, succhiavo. Erano sudati, perciò potete immaginare che buon odore e che bel sapore prelibato!

Fecero una cosa meravigliosa, senza che avessero bisogno della mia istruzione: mi sputarono in bocca! E la loro saliva era altrettanto deliziosa. Continuarono a sputarmi in bocca e in faccia per un po’.

Le due ragazze diventavano sempre più libertine e disinibite. Ricominciarono a leccarsi. Si masturbavano e ridevano, godevano.

«Qui potete fare tutto quello che volete, ragazze. Mangiate quello che volete, bevete, portate i vostri amici, i vostri amanti. Fate le cose più zozze che volete» dicevo in preda al delirio dell’eccitazione, mentre mi masturbavo «chiamate altre troie, altre vostre amichette. Me le scopo tutte».

Le ragazze risero più forte, divertite ed eccitate.

«Vi amo, troie» continuai «mi raccomando, eh, non dite niente a quei bigotti dei vostri genitori, non capirebbero». Mi alzai perché mi resi conto che era giunto il momento.

«Inginocchiatevi» ordinai. Le due ragazze obbedirono, sorridendo ed eccitatissime, mentre si masturbavano a vicenda.

«Ah sì, sto venendo!» gridai «Vi vengo in bocca, puttane. Tirate fuori le vostre lingue».

Le ragazze erano in ginocchio con la bocca aperta e con la lingua di fuori.

Mi masturbai un altro po’ e sborrai tantissimo, a fiotti: succede, quando ti trattieni troppo.

Quando venni e sporcai i loro visetti e le loro boccucce di sborra, le due troiette continuarono a ridere, divertite, giocando con il mio liquido bianco, passandoselo anche di bocca in bocca. Una lo sputava in bocca all’altra e viceversa.

«Dove avete imparato queste schifezze?», domandai fiero, soprattutto per la puttanaggine di mia nipote, che era cresciuta in un ambiente religioso e bigotto.

«Nei film che sicuramente avrai visto anche tu, zio», scoppiò a ridere quella puttanella di mia nipote, insieme alla sua amica Jessica.

«Che meraviglia», disse Jessica «io però non ingoio, che schifo, mi piace solo tenerlo in bocca e in faccia».

Parlavano infatti, con la sborra appiccicata al mento e leccandoselo con la lingua.

«Che puttane. Vi amo» ripetei per l’ennesima volta.

«Anche noi ti amiamo zio» rispose Noemi.

«Anche tu mi ami, Jessica?»

«Sì».

«Allora dillo».

«Ti amo» rispose Jessica.

«Bene, ora andiamo a lavarci tutti e tre insieme. Dopo ci mettiamo a letto a dormire, amori miei. Un bel pisolino pomeridiano ci vuole. Poi voi ve ne andate per non far insospettire i vostri genitori e io ripulirò tutto. Certo, non prima di avervi offerto un bel caffè».

«Ma vuoi una mano?» propose Noemi.

«Non ti permettere: quando venite qui, siete delle regine» risposi premuroso «mi avete già aiutato a cucinare».

«Grazie, zio» disse Noemi baciandomi, con la bocca ancora piena di sborra. Jessica la imitò, quasi fosse un dovere. Guardai a terra le loro mutandine e i loro costumi e feci loro una saggia raccomandazione da adulto: «non vi permettete mai di indossare mutandine che non siano tanga o perizomi, i vostri culi devono essere sempre visibili, mai mutandine sobrie, né al mare né in casa. Dovete essere zoccole e fare arrapare tutti. E truccatevi sempre, così come eravate oggi, come delle vere troie. Chiavate con chi volete, fregandovene dei giudizi della gente e di quei fessi dei vostri genitori».

«Sì, zio sempre. Saremo sempre zoccole come vuoi tu».

«E adesso su, andiamo a lavarci e poi a riposare, amori miei. Rilassiamoci. Quando ritornerete, scoperemo di nuovo. Venite a trovarmi quando volete».

Ci facemmo una bella doccia e ci addormentammo serenamente e appagati, tutti e tre insieme nel mio letto, mentre una leggera brezza, entrando dalla finestra, accarezzava i nostri corpi completamente nudi...

 

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