Giochi Proibiti in Famiglia

Capitolo 2 - Mentre lei dorme

Asiadu01
3 days ago

Non avevo ancora capito se stessi tremando per la vergogna o per l’adrenalina. Mi ero appena sistemato in fretta, seduto sul letto, lo sguardo perso nel vuoto, il respiro ancora incerto. La porta era chiusa, ma quella scena con Federica era ancora viva, tatuata nella mia testa. L’aveva fatto davvero? Aveva detto davvero quelle cose? Mi aveva toccato davvero così? E soprattutto… avevo goduto così tanto?

Ero ancora lì, in preda al caos, quando sentii dei passi leggeri nel corridoio. La porta si socchiuse piano, e per un istante trattenni il fiato.

«Posso?» chiese Gabriella, affacciandosi appena.

Annuii in silenzio, cercando di sembrare normale, anche se sentivo il cuore battermi nelle orecchie.

Lei entrò con passo morbido, ancora umida dalla doccia. Indossava un top bianco leggerissimo, praticamente trasparente in alcuni punti, e un paio di pantaloncini corti, di quelli che lasciavano scoperte le sue cosce morbide e il ventre ancora lucido d’acqua. I capelli castano scuro, bagnati, le scendevano sulle spalle come onde disordinate, e il suo profumo caldo riempì subito la stanza.

«Volevo scusarmi per prima…» disse, abbassando un po’ lo sguardo, mentre si asciugava il collo con un asciugamano. «Non volevo trattarti male. È solo che… vabbè, giornata storta.»

Le feci un mezzo sorriso. «Tranquilla.»

Lei si avvicinò ancora un po’, sedendosi sul bordo del letto, proprio dove poco prima si era seduta Federica. Il letto si piegò leggermente sotto il suo peso, e le sue cosce nude si incrociarono con naturalezza.

«Pensavo… magari stasera possiamo ordinare una pizza, tutti e tre. Così ci rilassiamo un po’. Che dici?»

Mi guardò con quegli occhiali spessi che non riuscivano mai a coprire del tutto i suoi occhi grandi e caldi.

«Va benissimo» risposi troppo in fretta, con un tono che tradiva entusiasmo. Troppo entusiasmo.

Lei sorrise, forse notando la mia reazione, ma non disse nulla. Si alzò, passandosi di nuovo l’asciugamano sul seno, che sotto quel top sembrava ancora bagnato, pieno, teso.

«Allora preparo io il tavolo dopo… tanto Federica sta facendo la doccia.»

E se ne andò, lasciando dietro di sé profumo, gocce d’acqua e mille pensieri.

più tardi quella sera.

La pizza fumava ancora sul tavolo e il vino era già stato stappato da Gabriella, che si era versata un bicchiere abbondante come prima cosa. Era tornata dalla doccia ancora strana, non più arrabbiata forse, ma con lo sguardo perso. Sembrava voler scacciare qualcosa di fastidioso dalla testa, e lo stava facendo a colpi di rosso.

«Prendete quello che volete» disse con un sorriso accennato, sedendosi accanto a me. Aveva ancora i capelli leggermente umidi, raccolti in una coda morbida, e indossava una maglia larga e leggera che le lasciava una spalla scoperta. Gli occhiali da casa le accentuavano l’aria da ragazza stanca, quella che si è arresa alla giornata e ha deciso di finirla con un po’ di vino.

Federica invece… be’, Federica era Federica. Era tornata da casa sua profumata e sistemata, ma con addosso quel suo classico stile da “rilassata e sexy senza sforzo”. Un top bianco sottile, senza reggiseno sotto — si notava, eccome se si notava — e dei pantaloncini cortissimi di cotone. Piedi nudi, smalto rosso acceso. Si muoveva come se nulla potesse toccarla, e forse era vero.

Io ero lì in mezzo. Timido, imbarazzato, nervoso. Seduto con le spalle dritte, cercando di non fissare troppo né l’una né l’altra, ma con la testa piena solo di quello che avevo visto… e fatto… poco prima.

«Allora, oggi vi siete godute la giornata?» chiesi, prendendo una fetta per spezzare il silenzio.

«Abbastanza» rispose Gabriella, guardando nel vuoto e bevendo un altro sorso. «Anche se Matteo ha rotto, come al solito.»

Federica alzò gli occhi al cielo. «Ancora quella storia? Dai, Gabri, prima o poi ti svegli.»

«Non ho voglia di parlarne, davvero…» rispose lei, mordendo piano la crosta.

Federica sorrise e mi guardò con un lampo malizioso. «Ale invece mi sa che ha passato un pomeriggio interessante. Ti ho visto bello… concentrato prima.»

Mi bloccai. Avevo appena sollevato il bicchiere. Lo rimisi giù.

Gabriella la guardò, distratta. «Eh? Che dici?»

«Nulla, roba da grandi…» rispose lei, poi fece l’occhiolino solo a me. E sotto il tavolo, il suo piede nudo iniziò a muoversi.

Sfiorò il mio, poi risalì lentamente. Caviglia. Polpaccio. Ginocchio. Ogni contatto era preciso, intenzionale. Gabriella intanto si versava un altro mezzo bicchiere, senza accorgersi di nulla.

«Ale?» chiese, notando il mio silenzio. «Hai la faccia strana.»

«Eh? No, tutto a posto, è solo… la pizza è un po’ calda.»

Federica ridacchiò, continuando a torturarmi sotto il tavolo. «Sì, può succedere di… scottarsi.»

Si leccò lentamente il dito sporco di mozzarella, fissandomi. Io non riuscivo a guardarla negli occhi.

Gabriella sospirò. «Siete due idioti.»

E mentre lei scolava il suo bicchiere in due sorsi, Federica faceva ondeggiare il piede sotto il mio pigiama, godendosi lo spettacolo in silenzio.

Il vino non smetteva di scorrere.

La bottiglia era quasi finita e Gabriella, già di suo poco resistente all’alcol, aveva le guance arrossate, gli occhi leggermente lucidi e rideva a tratti anche senza un vero motivo. Stava cercando di nascondere un disagio più profondo, e il modo in cui ogni tanto sospirava fissando il vuoto lo rendeva chiaro.

Federica invece era perfettamente lucida, con quella sua solita aria da spettatrice divertita. Aveva la gamba accavallata, i piedi nudi sotto il tavolo si muovevano come se stessero danzando tra le mie ginocchia. Ogni tanto il suo alluce mi sfiorava il polpaccio, a tratti più in alto, e io facevo fatica anche solo a deglutire.

Gabriella però non notava nulla. E come avrebbe potuto? Sembrava immersa in una nube di pensieri e vino.

«Fede…» mormorò, senza guardarla. «Ti va di dormire da me stanotte?»

Federica la osservò un attimo. «Ovvio che sì. Ma che hai oggi? Sei stranissima.»

Gabriella tirò su col naso, cercando di mascherare un’espressione spezzata. «Niente… lo sai già.»

Federica abbassò lo sguardo, con un’espressione diversa per un istante. «Matteo?»

Gabriella annuì in silenzio.

Ci fu qualche secondo di silenzio, pesante. Federica si morse appena il labbro e poi scosse la testa. «Che idiota, davvero.»

Io restavo in silenzio, senza capire. O meglio, cominciavo a sospettare che ci fosse qualcosa che non volevano dire a voce alta. E Gabriella sembrava voler solo affogare tutto nel vino.

«Vuoi parlarne?» chiese ancora Federica, più dolce.

Gabriella fece un mezzo sorriso e scrollò le spalle. «No, non ora. Forse domani. Mi basta non essere sola stanotte.»

Federica annuì. «Ti tengo io.»

Poi si voltò verso di me. Aveva di nuovo quello sguardo lì. Quello malizioso.

«Ale, tu invece? Ti senti solo stanotte?»

Sussultai. Gabriella si limitò a ridere, appoggiandosi allo schienale. «Ma lascialo stare, Fede… è tutto timido.»

«Timido?» rise anche lei. «Ma no. Ha solo bisogno di sciogliersi un po’.» E sotto il tavolo, il suo piede premette dritto sulla mia erezione ormai difficile da nascondere. Lo fece con naturalezza, senza smettere di parlare, come se nulla fosse.

«Magari Ale è il tipo di ragazzo che sorprende, no?»

«Magari» sospirò Gabriella. Poi abbassò lo sguardo e tornò sul suo bicchiere. «Comunque sì… grazie di esserci, Fede. Lo sai che quella cosa… mi ha ferita. Di nuovo. E per come è andata… mi vergogno anche a parlarne.»

Federica allungò una mano e le accarezzò il braccio. «Non devi vergognarti di nulla. Sei stata troppo buona. È lui che non merita niente.»

Io restavo lì, teso, senza sapere che dire. Non capivo del tutto, ma il tono faceva intuire che c’entrasse qualcosa di intimo. Qualcosa che solo loro due sapevano.

Poi Federica si voltò ancora verso di me. Mi guardò negli occhi, un attimo più seria.

«Non dire nulla a nessuno, ok Ale? È una cosa… delicata.»

«Certo» mormorai.

Gabriella si stiracchiò, stanca e alticcia. «Andiamo di là?»

Federica annuì e si alzò. Prima però si avvicinò a me per prendere il piatto. E mentre passava dietro la mia sedia, si chinò vicino al mio orecchio e sussurrò, impercettibile:

«Quando vuoi… parliamo anche noi. Da soli.»

Mi gelai. Ma allo stesso tempo, sentii un fuoco sottopelle.

E ancora una volta, lei lo sapeva.

Mi ero rifugiato in bagno da qualche minuto. Avevo bisogno di stare un attimo da solo, di respirare. L’acqua fredda sul viso non era bastata a rimettere in ordine i pensieri. Il riflesso nello specchio era quello di uno che non capiva più cosa stesse succedendo attorno a lui. Gabriella sembrava sull’orlo di qualcosa, sempre più silenziosa, nervosa, distante. E Federica… stava diventando un’ossessione.

Mi appoggiai al bordo del lavandino, lasciando che qualche goccia scivolasse dal mento. Il petto si muoveva piano, ma dentro ero in subbuglio. Quelle provocazioni sotto il tavolo, quel modo di sorridermi come se sapesse tutto. Ogni suo sguardo sembrava scavarmi dentro.

Poi, all’improvviso, la maniglia si abbassò piano. Non feci nemmeno in tempo a voltarmi che la porta si aprì lentamente.

Federica.

Era sempre nello stesso outfit di prima, ma sembrava ancora più rilassata adesso. Gli shorts minuscoli e morbidi che lasciavano scoperte le sue cosce lisce, il top corto e senza reggiseno che si appoggiava con naturalezza sul seno, e quei piedi nudi che la facevano sembrare padrona della casa. Di tutto.

«Ops,» disse con un sorrisetto appena accennato, fermandosi sulla soglia. «Non sapevo fossi qua dentro.»

Ma non sembrava affatto dispiaciuta.

Rimase lì, a fissarmi con quella sua aria tranquilla, come se il mio imbarazzo fosse una scena già vista, qualcosa da cui sapeva esattamente come trarre divertimento.

«Ti stavi guardando da solo allo specchio, Ale?» domandò con tono ironico. «Sei messo proprio male…»

«Io… no, cioè, stavo solo…» balbettai, cercando di sembrare meno ridicolo di quanto mi sentissi.

Lei fece qualche passo dentro, senza alcuna fretta. La luce calda del bagno le disegnava il profilo delle gambe, accentuava le curve del petto sotto quel tessuto leggero.

«Hai la faccia di uno che ha visto un fantasma,» disse, avvicinandosi ancora. «O forse solo la sorellina in costume, eh?»

Il cuore mi sobbalzò nel petto. L’aveva detto con leggerezza, ma il tono era tagliente. Sapeva bene l’effetto che Gabriella aveva su di me. E non perdeva occasione per sottolinearlo.

«Tu sai cosa ha?» provai a chiedere, quasi sussurrando. «Gabriella, intendo…»

Federica mi guardò per un attimo, come se stesse decidendo quanto dirmi. Poi scrollò le spalle. «Più o meno. Ma non credo che tu sia pronto per certe conversazioni.» Si fermò proprio davanti a me, sollevando leggermente il mento. «Per ora.»

Allungò la mano, mi sistemò piano una ciocca bagnata sulla fronte. Quel gesto, così delicato, contrastava con lo sguardo che mi stava lanciando. Uno sguardo lento, insinuante, che scivolava addosso come carezza e sfida allo stesso tempo.

«Comunque,» disse piano, «più tardi passa nella stanza di Gabriella.»

Il mio sguardo si alzò su di lei, sorpreso.

«Sì, hai capito bene,» continuò con un mezzo sorriso, lasciando la mano appoggiata al mio petto un attimo più del dovuto. «Ma fai il bravo, eh. E… cerca di non comportarti da bambino.»

Si voltò con naturalezza, come se niente fosse, e mentre usciva lanciò uno sguardo veloce sopra la spalla, gli occhi brillanti di malizia.

«E magari… smettila di fissarti allo specchio. Tanto lo so io cosa ti passa per la testa.»

Poi sparì nel corridoio, lasciandomi lì. A bocca semiaperta. Il cuore impazzito.

Ancora una volta, non avevo idea di cosa mi aspettasse. Ma avevo la netta sensazione che fosse solo l’inizio.

Tornai in camera mia con le gambe molli e la testa completamente in subbuglio.

Avevo addosso una tensione difficile da spiegare, una fame che non era fame e che non mi lasciava respirare.

Federica mi stava facendo impazzire. Ogni gesto, ogni parola, ogni tocco… sembrava cucito su misura per distruggere quel minimo di autocontrollo che cercavo di mantenere.

E la verità? Mi piaceva. Mi piaceva da morire.

Mi buttai sul letto, cercando di distrarmi, ma ogni volta che chiudevo gli occhi, mi tornava in mente quella scena a tavola, i suoi piedi nudi che salivano lungo la mia gamba, quel sorriso da stronza irresistibile, la sua voce bassa che mi sussurrava “vedrai”.

E io… non riuscivo più ad aspettare.

Aspettai ancora qualche minuto. Forse cinque. Forse dieci. Non ne avevo idea.

Poi, con il cuore in gola, uscii dalla stanza.

Il corridoio era silenzioso, quasi irreale. Le luci erano basse, e dalla finestra arrivava appena il chiarore morbido dei lampioni. Mi mossi a passi lenti verso la stanza di Gabriella, cercando di non fare rumore.

Spinsi piano la porta.

La prima cosa che vidi fu Gabriella, addormentata sul lato del letto.

Aveva una maglietta lunga e larga, che a ogni minimo movimento lasciava scoprire brandelli di pelle chiara e morbida. Una gamba nuda era fuori dalle lenzuola, il viso rilassato e i capelli umidi sparsi sul cuscino.

Era bellissima. Ma fragile, stravolta. Un’ombra scura sembrava pesarle sulle palpebre anche nel sonno.

Ma poi… vidi l’altra metà del letto.

E lì, il cuore perse un battito.

Federica era sveglia.

Adagiata di lato, con un cuscino sotto la testa e la coperta tirata solo fino alla pancia.

Aveva una gamba piegata, l’altra distesa, e sotto… niente. il suo pantaloncino scomparso.

Solo uno slip nero sottile che lasciava ben poco all’immaginazione.

La luce fioca disegnava i contorni perfetti del suo bacino, delle sue cosce morbide, della sua pelle liscia.

E i suoi occhi. I suoi occhi ridevano di me.

«Meno male che sei arrivato,» sussurrò, piano, senza mai distogliere lo sguardo. «Stavo per iniziare senza di te.»

Deglutii a vuoto. Rimasi sulla soglia, paralizzato.

«Come… cosa?» balbettai, la voce a malapena udibile.

Lei sorrise. Lenta, serena. Poi infilò una mano sotto il cuscino e la fece scivolare sul ventre, fino a fermarsi proprio sopra lo slip.

«Non dormivo,» continuò con tono roco, malizioso. «Mi stavo solo chiedendo… se un ragazzino come te ha davvero il coraggio di entrare in una stanza dove c’è una donna che ti desidera.»

Mi sentii sprofondare. Il cuore mi martellava in petto.

Ero un fottuto esplosione di paura e voglia.

Mi misi piano ai piedi del letto, cercando di non guardare troppo, ma incapace di staccare gli occhi da lei.

«Dai,» mormorò. «Vieni qui. Gabriella dorme. Nessuno saprà niente. E poi…»

Si leccò lentamente il labbro inferiore.

«Non ti sei forse già fatto vedere abbastanza?»

Mi sentivo completamente in suo potere.

E la cosa peggiore… è che non volevo oppormi.

Mi avvicinai al bordo del letto come ipnotizzato, il cuore a mille.

Federica mi osservava da sotto, con quegli occhi pieni di malizia, e senza dire nulla allungò una mano, afferrando la mia e tirandomi piano verso di sé.

Mi ritrovai sdraiato sul letto, a pochi centimetri da Gabriella, col corpo rigido e la mente in fiamme.

Lei era sopra di me in un attimo, le gambe piegate ai lati del mio bacino, le mani appoggiate al mio petto.

«Tranquillo, il tuo battito mi fa vibrare le cosce,» sussurrò, ridacchiando piano.

Poi chinò il viso e si avvicinò al mio orecchio. «Dimmi una cosa, Ale…»

Deglutii a vuoto, bloccato sotto il suo corpo morbido e sensuale.

«Prima… quando ti sei toccato…»

La sua voce era bassa, un sussurro graffiante.

«stavi immaginando di scopare la tua sorellona?»

Sgranai gli occhi. La gola secca.

Tentai di girare la testa verso Gabriella, che dormiva serena accanto a noi. Così vicina da sentire il suo respiro.

Poi tornai su di lei. Federica mi guardava senza pietà, aspettando la mia risposta con un sorriso che mi perforava.

«Sì…» mormorai, quasi impercettibile. 

Lei sorrise, e scosse la testa con finta incredulità. «Che porcellino…»

Si abbassò con lentezza, il seno che sfiorava appena la mia maglietta.

«Hai davvero una cotta per la sorellona, eh? Ma lo sai che non si fa…»

Una mano scivolò sotto il mio pantaloncino. «O forse… è proprio questo che ti piace? Che non si può fare.»

Mi stava torturando. Ogni tocco era un brivido, ogni parola una condanna.

E io non riuscivo nemmeno a pensare, né a distogliere lo sguardo dalla sua bocca.

«Ti piacerebbe farle tutto quello che ti sei immaginato, eh?» sussurrò, premendo appena con la mano mentre il mio corpo reagiva senza controllo.

«Te la immagini che geme sotto di te? Che ti chiama per nome?»

Mi misi una mano sul viso, imbarazzato. Ma lei lo adorava.

«Dai, non nasconderti adesso… Ti eccita sapere che potrebbe svegliarsi, vero? Che è qui… a pochi centimetri…»

Chiusi gli occhi.

«Federica…» sussurrai. «Posso… posso baciarti?»

Il suo sorriso cambiò per un secondo.

Qualcosa nei miei occhi l’aveva colpita. Forse la mia timidezza, o la sincerità.

«Aw…» fece piano, quasi intenerita. «Il verginello vuole un bacio?»

Poi si abbassò piano, fino a sfiorarmi la bocca con le labbra.

Un tocco. Un sospiro.

Poi si spostò sulla guancia, sulle tempie, sul mento…

«Così? O vuoi questo?»

E finalmente premette le sue labbra sulle mie.

Un bacio pieno, lento, profondo.

La sua lingua cercò la mia con una dolcezza inaspettata. Ma bastarono pochi secondi perché tutto esplodesse.

Mi baciava con fame, mi prendeva, mi dominava.

E io mi lasciavo fare, perso, tremante, in balia di ogni cosa.

Nel silenzio della stanza, con Gabriella che dormiva ignara accanto a noi, Federica si prese tutto.

E io capii che ero già suo da tempo.

Federica rise piano, una risatina roca e bassa, mentre lo guardava con quel sorriso malizioso che gli faceva girare la testa. Gli accarezzò il viso con la punta delle dita, giocando con la sua timidezza.

«Non male davvero, con quella lingua…» mormorò, mordendosi il labbro. «Ma adesso voglio che mi dimostri quanto sei bravo per davvero.»

Ale la guardava senza riuscire a parlare, gli occhi incollati ai suoi movimenti. Lei si tirò su lentamente, ancora sopra di lui, e con calma sfregò le mani sui fianchi, poi agganciò con le dita l’elastico sottile dei suoi slip e li fece scivolare giù dalle gambe.

«Se fai bene il tuo lavoro… potresti ricevere una bella ricompensa,» sussurrò, passandogli una mano tra i capelli.

Poi, senza più esitazione, si inginocchiò sopra di lui, a cavalcioni, e si sedette delicatamente sul suo viso, nuda, calda e bagnata.

Ale trattenne il fiato, il cuore in gola, mentre lei lo prendeva con entrambe le mani e lo guidava.

«Apri bene la bocca, baby… e usa quella lingua come prima. Fammi vedere quanto sei affamato.»

Gli muoveva il bacino con un ritmo lento e controllato, i suoi sospiri appena percettibili, quasi impercettibili nella stanza illuminata solo dalla luce soffusa del comodino. E a pochi centimetri da loro, Gabriella dormiva ignara, stesa sull’altro lato del letto.

«Attento… se fai troppo rumore la svegliamo,» sussurrò Federica, mordendosi un’unghia, divertita e già ansimante. «E non vorremmo farle sapere quanto ti piace darle piacere, vero?» 

Il respiro di Federica si fece più caldo, più pesante. La sentii spostarsi leggermente sopra di me, finché non mi si abbassò sul viso. Le sue cosce mi strinsero appena e la sua voce, roca, mi accarezzò l’orecchio come una promessa.

«Ora ti guido io… vediamo se sei bravo davvero.»

Mi afferrò per i capelli, decisa ma senza farmi male, e mi fece inclinare il viso verso l’alto. Mi sentivo tremare, eccitato e spaesato, ma completamente in suo potere. Era una sensazione sconvolgente… e bellissima.

Cominciai a muovermi come mi aveva detto prima, timido, ma attento ai suoi respiri, ai piccoli gemiti che le sfuggivano a ogni mio tocco con la lingua. Lei prese subito il controllo, guidandomi con movimenti leggeri della mano e parole sussurrate.

«Così… bravo… continua…»

Il suo corpo reagiva a ogni mia esitazione, a ogni esplorazione più sicura. Non riuscivo a credere di essere lì, con lei… così sopra di me, che si lasciava andare mentre io cercavo di farla impazzire.

Le sue dita si strinsero un po’ più forte tra i miei capelli.

«Sì… proprio lì…» sussurrò, mordendosi le labbra, poi lasciando andare un gemito più alto, volutamente più sonoro.

Mi fermai per un secondo, preoccupato. Gabriella era a pochi centimetri da noi, addormentata. Ma Federica rise piano.

«Ti piace rischiare, eh? Forse vuoi che ci scopra…»

Poi si mosse ancora, senza darmi tempo di rispondere, e gemette di nuovo, più forte, sopra di me.

Era un delirio di piacere e follia. E io, sotto di lei, perso completamente, non riuscivo più a pensare ad altro.

Federica si muoveva sopra di me con una sicurezza disarmante. Mi teneva stretto tra le cosce e mi guidava con le dita tra i capelli, mentre io continuavo a usare la lingua come mi aveva insegnato, cercando ogni suono, ogni respiro, ogni tremito del suo corpo per capire se stessi facendo bene.

Le sue parole, i gemiti, i movimenti… tutto mi mandava in estasi.

«Sì… proprio così, non fermarti…» sussurrava, sempre più accaldata.

Ogni volta che gemeva più forte, io sobbalzavo. Gabriella era lì, a pochi passi da noi, addormentata nel letto. Ogni suono rischiava di svegliarla, eppure era come se Federica lo facesse apposta. Voleva farmi tremare, voleva spingermi al limite.

«Mmmh… bravo… continua così…» ansimò, stringendomi ancora. «Non ti fermare adesso, Ale… ci sei quasi…»

Sentivo il suo corpo agitarsi sopra il mio viso, i respiri sempre più spezzati, sempre più profondi. Le sue gambe tremavano, e la presa nei miei capelli si fece più forte, quasi disperata.

«Sì… sì… ci sono…» gemette.

Poi tutto il suo corpo si irrigidì, e per un attimo restò immobile, la bocca socchiusa, gli occhi chiusi, il volto in estasi. Sentii il calore, l’umidità, i piccoli spasmi che la percorrevano mentre gemeva il mio nome piano, come se non potesse più trattenersi.

«A-Ale…»

Rimase così per qualche secondo, con il respiro affannato, prima di rilassarsi e lasciarsi andare lentamente, ancora sopra di me, mentre io la osservavo, stordito, eccitato, incredulo.

Quando riaprì gli occhi, mi guardò con un sorriso soddisfatto.

«Forse non sei poi così inesperto come credevo.»

E io non riuscivo neanche a parlare. Avevo ancora il cuore che martellava nel petto e il sapore della sua pelle sulle labbra.

Federica restò sopra di me, il corpo ancora caldo e il respiro irregolare che mi solleticava il petto. Mi guardava con quel suo sorriso beffardo, gli occhi lucidi e accesi dal piacere.

«Sei stato bravo…» sussurrò, facendo scorrere un dito sulle mie labbra. «E adesso ti meriti un bel premio.»

Io la guardavo senza fiato, ancora incredulo di ciò che era appena successo. Il cuore mi martellava in petto, e il mio corpo era in tensione, ogni muscolo contratto dalla voglia che lei continuasse.

Ma poi accadde qualcosa.

Gabriella si mosse. Un piccolo respiro più profondo, un leggero sospiro. Si rigirò lentamente nel letto, voltandosi a pancia in su. Ora era rivolta verso di noi, le labbra socchiuse, le guance arrossate dal vino, i capelli umidi che le incorniciavano il viso. Dormiva ancora, profondamente, ma era lì. Così vicina da poterle sentire il respiro.

Federica la guardò. Un sorriso le piegò le labbra.

«Guarda com’è carina, tutta indifesa…» sussurrò piano, quasi come se parlasse tra sé e sé. Poi mi guardò con quegli occhi maliziosi e disse, con voce bassa e lenta:

«Adesso sì che è il momento perfetto… per il tuo premio.»

E mentre io restavo immobile, incantato, eccitato, nervoso e incredulo, lei scese lentamente, facendomi sentire ogni centimetro del suo corpo caldo sul mio. Aveva deciso. E io ero già perso.

Federica, ancora adagiata su di me, si era girata verso di lei con un sorrisetto che conoscevo fin troppo bene. Lo stesso sguardo sfacciato e irriverente di sempre, quello che precedeva qualcosa di assurdo.

«Guarda com’è bella la tua sorellina,» sussurrò, il tono carico di malizia. Poi, senza esitazione, allungò una mano e con un gesto deciso sollevò lentamente la maglietta di Gabriella fino a scoprire completamente il suo petto nudo.

Rimasi immobile, senza fiato.

Il mio sogno proibito era lì davanti a me. Il seno di Gabriella, abbondante e morbido, sembrava ancora più perfetto in quella luce ovattata. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, e Federica se ne accorse subito.

«Ti piace, eh?» mormorò. Si voltò verso di me, il sorriso appena accennato sulle labbra. «Ci hai pensato tante volte, ammettilo…»

Poi, come per sfida, le sfiorò lentamente un seno, accarezzandolo con delicatezza, lasciando che il gesto diventasse ancora più carico di tensione per me.

«Immagina solo se potessi toccarla…» sussurrò ancora, tenendo lo sguardo fisso sul mio.

Io deglutii a fatica. Le mani tremavano, il cuore correva come un treno impazzito. Federica mi prese il polso, lentamente, e lo guidò verso il seno di Gabriella, fermandosi a un soffio dalla pelle.

«Vuoi farlo?» mi chiese, la voce un alito caldo sul mio orecchio. «Sei così eccitato che tremi…»

Mi mordetti il labbro. Era come vivere un sogno contorto, proibito, assurdo. Eppure tutto sembrava irreale e perfetto in quel momento.

Il desiderio mi accecava. Ma restai lì, fermo, con il respiro spezzato e gli occhi incollati a lei.

Federica rise piano, tornando a sussurrarmi:

«Ti ho detto che avresti avuto un premio… e questo è solo l’inizio.»

Le dita tremavano, ma non mi fermai. Lentamente, con il cuore che batteva all’impazzata, accarezzai il seno morbido di Gabriella. La pelle era calda, liscia, e il solo contatto bastò a farmi mancare il fiato.

Era il mio sogno da sempre, e ora si realizzava in una dimensione assurda e impossibile. Sentivo la mano di Federica ancora stretta attorno al mio polso, ma poi mi lasciò fare. Lo sguardo che mi lanciò era pieno di complicità e di qualcosa di molto più sporco.

«Bravo il mio bambino perverso…» sussurrò, il tono compiaciuto e rovente. «Guarda come tremi. Ti eccita toccarla mentre dorme, eh?»

Deglutii a fatica, incapace di rispondere.

Federica, però, non smise. Anzi, sembrava ancora più presa da quella situazione. Senza staccare gli occhi da me, allungò la mano verso il mio basso ventre.

Mi sentii scoprire, quasi con violenza. Le dita sottili scivolarono sotto l’elastico dei miei pantaloncini, trovando subito la mia erezione, già tesa, calda, viva.

«Oh, ma guarda quanto sei duro…» mormorò, la voce un sussurro di piacere. «Tutto questo… per tua sorella? O per me?»

Non sapevo rispondere. Forse per entrambe. Forse per l’insieme perverso e assurdo di quella notte.

La sua mano iniziò a muoversi piano, con una lentezza studiata, mentre con l’altra continuava a tenere sollevata la maglietta di Gabriella, lasciandomi libero di guardare e toccare.

«Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto…» continuò, sempre più vicina, mentre il suo polso si muoveva in modo sempre più deciso. «E adesso… lascia fare a me.»

Mi sentivo sul punto di esplodere, intrappolato tra il desiderio, l’imbarazzo e la vertigine di quel momento.

Gabriella dormiva, ignara. E Federica, invece, era sveglia, presente, viva e più eccitante che mai.

Mi sentivo perso. Il respiro era affannato, le mani ancora tremanti su quel seno morbido che non avrei mai pensato di toccare. Ma fu Federica a dominare tutto. Come sempre.

Con un sorriso sfrontato, mi abbassò lentamente i pantaloncini, lasciandomi esposto a lei, completamente vulnerabile. Il suo sguardo si fece più oscuro, carico di fame e voglia. Si leccò le labbra, mordendosi l’angolo della bocca, poi mi sussurrò:

«Ora stai fermo. E goditi quello che ti sei meritato.»

Non feci in tempo a rispondere. Si chinò su di me con una naturalezza disarmante, e pochi secondi dopo la sua bocca calda mi avvolse.

Un gemito mi sfuggì dalle labbra, soffocato. Di fianco a me, Gabriella dormiva ancora, cullata dal vino, pacifica e bellissima. Il contrasto tra quel corpo addormentato e quello di Federica, che si muoveva con una precisione esperta e selvaggia su di me, era qualcosa che mi mandava fuori di testa.

Ogni gesto, ogni movimento, era un crescendo. Lei mi guardava da sotto in su, occhi accesi, divertiti e sporchi. Alternava ritmo e intensità, giocando con me, facendomi impazzire lentamente. Le mani mi trattenevano le anche, impedendomi di muovermi troppo, mentre la sua bocca faceva tutto il resto.

«Stai zitto…» sussurrò tra una pausa e l’altra, stringendo piano. «O la svegli, e allora sono cavoli tuoi.»

Io trattenevo i gemiti come potevo, mordendomi le labbra, gli occhi socchiusi, il cuore a mille. Ero in balia di qualcosa più grande di me. Di lei. Della notte. Della fantasia.

E sapevo che non avrei resistito ancora a lungo.

La sua bocca era diventata affamata, selvaggia. Si muoveva su di me con sicurezza e desiderio, mentre io a malapena riuscivo a respirare. Ero lì, sdraiato, con il cuore che batteva all’impazzata e Gabriella stesa accanto a me, beata nel sonno. Il contrasto tra la dolcezza del suo viso addormentato e la furia sensuale di Federica mi stava devastando.

Lei non mollava un secondo, affondava il viso su di me con voracità, ogni tanto sollevava lo sguardo e sorrideva, maliziosa, con le labbra lucide. «Che dici… pensi a lei anche adesso?» sussurrò, mentre la sua lingua tornava a tormentarmi.

Gemetti piano, incapace di trattenere tutto. Le mani mi tremavano, cercavo un appiglio nel lenzuolo, nei miei pensieri, ma non esisteva più nient’altro. Solo lei. Solo quel momento.

«Sei così facile da leggere…» rise sottovoce, senza mai fermarsi. «Guardi tua sorella e diventi più duro. Ma è con me che ti sciogli, vero?»

Sentii che non avrei resistito ancora a lungo. «Fede… sto per venire…» sussurrai con un filo di voce, quasi implorandola.

Lei si fermò all’improvviso, si leccò le labbra e si tirò su con una lentezza che sembrava studiata per farmi impazzire. Si voltò verso Gabriella, ancora addormentata supina, con la maglietta alzata che lasciava vedere quel fantastico seno.

«Allora vieni… ma su di lei.»

«Guardala. È quello che hai sempre desiderato, no?» sussurrò compiaciuta, afferrandomi e guidandomi con una mano.

Tremavo. L’immagine davanti a me era troppo, troppo per restare fermo, troppo per pensare. Bastarono pochi istanti e mi lasciai andare completamente, con un gemito spezzato, liberando tutto proprio lì, sulla pelle chiara di Gabriella, proprio dove Federica aveva voluto.

Lei rise piano, soddisfatta, e con un gesto teatrale si chinò su di lei.

«Adesso puliamo tutto…» mormorò con voce bassa e sensuale, passandosi lentamente la lingua sul seno della mia sorellastra, raccogliendo ogni traccia con una lentezza indecente.

Io restai steso, nudo, ansimante, incapace di dire una sola parola.

Quando sollevò lo sguardo, le sue labbra brillavano e il suo sorriso era più pericoloso che mai. «Questo era solo l’inizio. Buonanotte, Ale.»

Poi si sdraiò tra noi due, chiudendo gli occhi come se niente fosse.

E io restai lì, sospeso tra il sogno e l’inferno.