Il cliché del corriere espresso
Capitolo 2 - Sara dimostra di essere una troia...

La ruota destra anteriore del carrello gira impazzita mentre lo spingo verso l’ingresso del supermercato.
Non so mai cosa preparare da mangiare quando sono sola, mi passa l’appetito e non ho voglia di sporcare la cucina solo per me. Magari, potrei fare un salto al banco gourmet del supermercato e trovare qualcosa da mandare giù. Chissà se ci sono anche oggi le tartare di salmone con avocado e agrumi, o meglio ancora le tagliatelle al tartufo bianco. Deglutisco il bicchiere di acquolina che mi si è formato in bocca al ricordo di quei sapori. Potrei passare anche per il reparto vini e—
«Annalisa!» Una voce femminile arriva dalle mie spalle. «Da quanto tempo!»
Mi fermo davanti alle sbarre aperte del centro commerciale. «Sara,» sorrido, «come stai?»
La mia amica scivola accanto ad un pensionato che mi supera trascinandosi dietro un cestino e mi abbraccia. «Siamo praticamente vicine e non ci vediamo mai. Ho tante cose da raccontarti».
Lei abita in fondo alla via e la vedo meno di mio marito. È una delle poche persone che conosco a Caregan da quando mi sono trasferita qui. Forse, se passassi più tempo con lei, mi sentirei meno sola, ma ha un unico pensiero in testa...
Una coppia fa manovra con il carrello per entrare nel supermercato, la stronza ci scocca un’occhiataccia nemmeno stessimo bloccando l’ingresso al pronto soccorso.
Sara si toglie una ciocca bionda dal viso stretto con un soffio e mi prende sotto un braccio. «Vieni, spostiamoci. Andiamo al bar a parlare».
***
Sara appoggia la tazzina sul piattino. «Non puoi immaginare cosa mi è successo ieri sera!»
Sorbisco un sorso di cappuccino. È un affronto al palato: la prossima volta sarà meglio prendere qualcos’altro. «No, racconta». Come dire che potrei non indovinare al primo tentativo. Conoscendoti…
La mia amica si mette più comoda. «Beh, non avevo voglia di starmene a casa… non c’è nulla di interessante in tv, secondo me…»
«Fidati, non se l’unica a pensarlo».
«…e allora ho deciso di andare in quel bar, sulla Statale, il Griso».
Trattengo a stento una smorfia. Quel posto fa schifo, l’unica cosa che ha di bello è il parcheggio bello largo che sfruttano i camionisti per fermarsi di notte. «Fammi indovinare: hai rimorchiato qualcuno». Praticamente è il suo passatempo preferito. Il suo secondo passatempo preferito, in realtà: il primo è la sua naturale conseguenza.
«Ho passato una notte di fuoco». Sottolinea il concetto con un sorriso e gli occhi che le brillano.
Sospiro e bevo un sorso dell’intruglio nella mia tazza per nascondere la mia invidia. Vorrei passarla anch’io una notte a farmi scopare come una troia, ma dovrò aspettare più di una settimana… se Giorgio non si presenta a casa stanco per il viaggio di ritorno da Berna. Dopo 700 km di macchina, crolla sul letto e quella notte la passa a dormire invece di fottermi.
Sara mi fa un occhiolino. «Una sera dobbiamo uscire insieme, Annalisa. Ci divertiremo».
Ha un corpo magro, tenuto bene. Frequentiamo due palestre differenti, ma è evidente che ci passa il mio stesso tempo. Ha un seno non troppo grande ma piacevole, e occhi azzurri. Potremmo quasi passare per sosia, non fosse per il colore degli occhi. L’idea di uscire con lei, andare a sedurre un paio di uomini, fare un’orgia insieme… Io e lei che ci baciamo mentre i due ci possiedono, ci sculacciano e ci danno delle troie… Un prurito in mezzo alle cosce e la camicetta che diventa fastidiosa contro i capezzoli mi riporta alla realtà. E al mio rifiuto di tradire Giorgio.
Scuoto la testa. Sorrido alla mia amica. «Non mi sembra il caso…» Spero che il mio sguardo non riveli la tristezza che cerca di nascondere.
Sara solleva la tazzina. «Giorgio è fortunato ad avere sposato te». Beve un sorso e l’appoggia. «Ma non so se anche tu sei stata fortunata ad avere sposato lui».
Oddio, non ricominciamo con questa storia… Indico la cintura che fascia la vita di Sara: è la prima cosa che mi viene in mente per cambiare discorso. «Bella, cos’è? Gucci?»
Sara si solleva di qualche dito dalla sedia con il culo e alza la camicia. «Ti piace?»
Annuisco. «L’avevo vista su Internet ma ero dubbiosa se prenderla perché non sapevo come potesse starmi una volta indossata, ma adesso che te la vedo addosso mi piace parecchio».
La mia amica sogghigna. «Potrei farti da indossatrice, tu compri e io indosso».
«Quanto l’hai pagata?»
Adesso ride proprio. «Praticamente nulla!»
Dissimulo un sorriso. «Il regalo di un amante?»
«Grosso modo. L’avevo ordinata su Internet, e quando è arrivato il corriere…» Sul volto di Sara compare uno sguardo furbetto.
La interrogo con lo sguardo. Non avrà davvero…
Lei si sporge sul tavolo e mi fa segno di avvicinarmi. Accosta le labbra al mio orecchio. «Quando è arrivato il corriere,» sussurra, «gli ho detto che non avevo i soldi per pagare. Era un bel moro, ricciolo, alto… Lui mi fa che allora doveva riportarlo indietro al magazzino e potevo andare a riprendermelo lì. Ma chi ha voglia di andare fino al magazzino della VFT a Longarone? Allora mi sono avvicinata, mi sono inginocchiata…»
Fisso la mia amica. Ma sta scherzando?
«…e gli faccio che potevo pagare in un altro modo. Lui ha sorriso e accettato. Gli ho tirato fuori l’uccello, una bestia lunga venti centimetri e ho iniziato a leccarglielo…»
Mi mordo le labbra. Non voglio crederle. Mi si stringe il cuore ascoltarla. Le sue parole accarezzano il mio orecchio come se me lo stesse leccando, come se stesse leccando ancora la punta di quel cazzo. «E…» Metto una mano accanto alla bocca e abbasso la voce. «E hai inghiottito?»
Lei sorride come a dire che non ho capito niente. «Quando stava per venire, mi ha afferrato per i capelli e mi ha strappata via dal suo cazzo. “Una bella troia come te me la voglio scopare per bene!”, mi fa».
Mi scopro a mordermi le labbra. Di quale perversione bisogna soffrire per eccitarsi nel sentire una propria amica raccontare di essere stata scopata per una cintura di marca?
«Allora mi getta sul letto, mi toglie i vestiti e me lo ficca nella mona. Tutti i venti centimetri. Mi afferra le tette e inizia a scoparmi».
Chiudo le gambe, mi si serra il buco del culo. Le mutandine si stanno bagnando ben più di quanto abbia fatto il porno di questa mattina. L’immagine di Sara nuda – non riesco a distogliere lo sguardo dal suo seno che deforma la camicetta, i tre bottoni superiori aperti per lasciar scorgere due piccole sfere - scopata con furia, il movimento del bacino dell’uomo che la possiede, lei sudata che ansima, mi sta facendo impazzire. Appoggio le mani sul tavolino per non rischiare di ritrovarmele tra le cosce. L’afrore della mia eccitazione si sta spandendo: Sara lo starà percependo? La starà eccitando?
«”Te lo faccio pagare fino all’ultimo euro quel pacchetto, troia!”, grida mentre mi scopava. La testiera del letto picchiava contro il muro ad ogni colpo che dava con il suo cazzo. “Ti prego, sfondami! Sono la tua puttana!”, gli facevo io».
Ho l’acquolina in bocca, ma è dalle labbra in mezzo alle mie gambe che sto davvero sbavando. Il cuore mi batte talmente forte che il rumore nelle mie orecchie quasi copre le parole della mia amica. «E ti è venuto dentro in…»
I suoi occhi brillano. «Lui si è messo ad urlare. Ululare, direi quasi. Mi ha afferrata per le anche, me lo ha piantato dentro tutto, fino in fondo, ero con la bocca e gli occhi spalancati, e ha sborrato tutto quello che aveva nei coglioni. Io urlavo: “Sfondami, sfondami” e godevo come una cagna». Sorride e appoggia una mano sul mio braccio. «Non credo di aver mai goduto come in quel momento».
Deglutisco. Mi gira la testa. «P-poi?»
«È uscito da me, si è messo in piedi sul letto con il suo grosso cazzo che pendeva e gocciolava sborra e trasudo. “Il tuo pacchetto è all’ingresso, troia”, mi fa, e mi lascia a pezzi sul letto, con la sua bega che colava dalla mia mona sulle lenzuola».
L’odore della mia figa bagnata mi sta per nauseare. Devo andare a chiudermi in bagno: il racconto del corriere espresso sta riuscendo dove il porno di prima ha fallito. «N-non ci credo…»
Sara si appoggia allo schienale della sedia e incrocia le braccia sulle tette. Fa spallucce. «Se la cosa ti fa stare meglio…»
Stronza… Non può essere vero! «Dai, mi stai prendendo in giro».
«Pensala come vuoi. Ma hai presente quelle scarpe dal tacco 12 che indosso spesso?»
«Non…»
«E quel foulard a fiori? Il mio bancomat è in mezzo alle gambe».
Non rispondo, anche perché non so se darei della troia a lei o dell’idiota a me stessa…
Sara sospira. «Quel povero ragazzo, con quel lavoro così pesante. Almeno, con me si svaga un po’… È sempre felice di farmi le consegne». Si porta una mano alla bocca e ride. «Vedessi come scodinzola quando mi vede, ma non con la coda!»
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