Il cliché del corriere espresso

Capitolo 3 - Mi mancano 2 euro

William Kasanova
16 days ago

La tipa sullo schermo del tablet la fa facile, ma io non ho capito come devo fare con il latte e il lievito. In una terrina versa il liquido, ci mette il lievito e lo zucchero… ok.

Stringo gli occhi per riuscire a leggere i sottotitoli della traduzione automatica in italiano dal parlato in tedesco che compare sotto. “Lasciare riposare per…” Per quanto?

Scuoto la testa. Ma cosa mi è venuto in mente di preparare questo dolce? Non so nemmeno pronunciarlo. «Zup… Züf… Cazzo!»

Il latte comincia a gorgogliare, bolle compaiono sulla superficie e scoppiettano. «È normale che faccia così?» Sospiro, mi tolgo il grembiule e lo lancio su una sedia. Ma a Giorgio doveva davvero piacere questo dolce svizzero? E io dovevo proprio mettermi in testa di farglielo trovare quando torna la settimana prossima?

Questa roba finisce nella spazzatura o nel water, perché non riuscirò mai a fare la treccia di pane che compare nella copertina del video. Gli comprerò qualche pasticcino, un paio di cannoncini o bignè, per completare la cena quando torna dall’estero. «Povero caro, hai una moglie davvero imbranata…» L’unica cosa che mi riesce bene è farti godere. E la cosa mi rende orgogliosa, più di quanto potrebbe farmi sentire se fossi una cuoca provetta.

Con una mano prendo dal tavolo il martello e lo sollevo. Lungo, duro, rotondo… L’altra si ritrova ad accarezzarlo, come se fosse un animale domestico. Come se fosse… Arrivo dove si restringe, lo afferro. L’ombra di un sorriso solleva le mie labbra. Duro, come piace a me. La mano fa su e giù.

Mi scopro ad eccitarmi nel fare una sega ad un mattarello. Una situazione ridicola, che non racconterei a nessuno, nemmeno a Sara, a cui racconto come Giorgio mi sfonda, ma non riesco a smettere. Lancio un’occhiata fuori dalla finestra: in cortile non c’è nessuno, solo un furgone passa lungo la strada. Giro il mattarello e inizio a leccarne la punta ruvida.

Non è un cazzo, non ha il sapore e nemmeno la superficie vellutata della cappella, ma… Il sorriso si allarga di più al pensiero di impalarmi sul rullo, incastrarne da qualche parte una punta in modo che resti in piedi, e l’altra ficcarmela in figa. I miei umori che colano lungo lo strumento, che vengono assorbiti dal legno, io che urlo mentre un orgasmo mi travolge, il mio cuore che cavalca impazzito, la mia—

Il trillo del campanello mi scuote. Cosa sto… no, non ce l’ho dentro il mio corpo, il mattarello è nelle mie mani, appoggiato al tavolo. Solo la punta è bagnata dalla mia saliva. Il cuore continua a martellare nel mio petto.

Deglutisco e abbandono il pezzo di legno accanto agli ingredienti del dolce che non farò mai.

«Arrivo!» La voce mi esce flebile.

È come se la mia mente fosse immersa nella bambagia, fatico a restare in equilibrio sulle gambe. Un fastidio all’inguine mi assilla. Mi sembra di essere drogata, è come quando Giorgio mi massaggia e mi bacia e l’afrore del suo cazzo in erezione mi stordisce…

Esco dalla cucina e barcollo lungo il corridoio.

Il campanello suona ancora.

«Eccomi!» Non sono sicura di aver urlato o solo parlato.

C’è qualcuno appena oltre le vetrate della porta, la sua figura resa confusa dalla lavorazione delle lastre arancioni e verdi.

Appoggio la mano alla maniglia e apro. Un uomo vestito di azzurro ha in mano un pacchetto e sta controllando qualcosa sulla bolla che vi è incollata.

È il corriere espresso della VFT. È alto, i capelli mori sono ricci…

Mi si spalancano gli occhi, un fischio si accende nelle mie orecchie, fastidioso quanto il malessere che ho all’altezza dell’inguine. È quello! È il corriere espresso da cui Sara si fa fottere per avere le cose gratis!

Il suo profumo di pelle, i muscoli che gonfiano le mezze maniche dell’uniforme, la barba curata sulla mascella squadrata… quello sguardo profondo che mi punta contro. È come se mi stesse posando le sue mani sui glutei e mi spingesse a sé, contro il suo cazzo in erezione, penetrandomi per tutta la sua lunghezza, implacabile.

La mia figa sbocca desiderio nelle mutandine.

«Buo-buongiorno». Mi ricordo di sorridere.

Lui risponde con il suo. Il profumo virile di pelle mi riempie la mente e gonfia le tette.

«Buongiorno, signora… Annalisa Favaro? Mi spiace disturbarla, ma sembra ci sia stato un problema con i pagamenti». Controlla di nuovo la bolla. «L’euro e novantacinque centesimi per il trasporto non è stato conteggiato nella somma che le è stata fatta versare al momento dell’acquisto».

Sara si fa montare da questo stallone. Si fa aprire le gambe e scopare fino a farsi riempire di sborra dal grosso cazzo di questo adone… Io non potrei mai fare… L’immagine del mattarello, il mio desiderio di impalarmi sopra mi stringe lo stomaco, la sconsideratezza di fare una pazzia simile… quando potrei—

«Signora… Sta bene?»

Sbatto gli occhi, lui è lì, davanti a me, un uomo che odora di sesso, di desiderio. Quante altre donne ha posseduto oggi? Quante sono state scopate dal suo cazzo? Sarà ancora umido delle loro fregne eccitate… potrebbe esserlo anche della mia…

La mia figa sembra sciogliersi, i miei seni dolgono. Deve scoparmi.

Giorgio è in Svizzera, a lavorare. Non saprà nulla. Se mi faccio scopare qui, adesso, la mia fame di cazzo sarà sazia fino a quando tornerà mio marito…

Apro la bocca, è secca. «Per… per favore, entri».

Lui fa un passo avanti e chiude la porta dietro di sé.

È in casa mia. Sta per succedere. Lo racconterò a Sara. Non trascurerò nessun particolare.

Lui mi interroga con lo sguardo.

Deglutisco. «Io… non ho quei due euro». Il cuore sembra deragliare per qualche battito: che cazzata, chi non ha una manciata di monetine in casa?

L’espressione dell’uomo muta, perde l’interesse. Sbuffa con il naso. «In tal caso, sarò costretto a riportare il pacco al magazzino a Longarone. Sa dove si tro—»

Deglutisco a vuoto, mi passo la lingua sulle labbra. «Possiamo trovare un… un accordo». L’ho detto! Cazzo, ho appena fatto il passo cruciale!

«Di cosa sta…»

Mi inginocchio, gli sorrido. Afferro i pantaloncini dell’uniforme e—

«Ma che minchia stai facendo?» La voce dell’uomo diventa più rauca e greve. Scaglia il pacchetto dietro di me e mi prende per le ascelle, sollevandomi come se pesassi un chilo.

Sgrano gli occhi. «Ma io cred—»

Lui mette una mano sulla mia testa e la mia faccia impatta contro le giacche appese all’attaccapanni.

«Cosa minchia credevi, puttana? Che sono come quello dei porno, eh, puttana? Mi pigli per il culo?»

Che sta succedendo? Sara aveva detto che…

«Chi pensate di essere, mogli annoiate?» La sua mano libera mi afferra il retro dei pantaloni e con uno strappo me li abbassa insieme alle mutandine. L’aria pizzica il mio sedere, si infila nello spacco delle chiappe e scivola sul buco del culo e la figa grondante. «Pensate che se vi fate fottere, il corriere vi regala le cagate che comprate su Internet? Va bene…»

Cosa… perché non ha…

«…i tuoi due euro di merda te li regalo io, puttana».

Il cuore batte ancora più forte, rimbomba nelle mie orecchie, il pranzo sta per salirmi in bocca. Il corpo dell’uomo mi blocca contro il muro, la mano sulla testa scende a stringermi la gola, le sue dita sembrano voler affondare nella trachea. Mi manca il fiato, vuole strozzarmi!

L’altra mano mi sposta un gluteo, qualcosa di caldo e umido si appoggia sul buco del culo.

A stento le parole escono dalla mia gola chiusa. «No… asp—»

Un colpo di bacino mi apre il buco del culo e la nerchia del corriere sprofonda nel mio retto.

Boccheggio, i miei occhi bruciano, sono spalancati.

Una mano si infila sotto la mia maglietta, mi stringe una tetta come una morsa.

L’uomo sbatte l’inguine contro le mie chiappe, il suo cazzo è dentro del tutto nel mio intestino, lo riempie.

Mi spinge indietro, mi stringe contro di lui. Sono bloccata contro il suo corpo, il cazzo si muove dentro di me.

«Allora, ti piace farti inculare per due euro, puttana?» Esce quasi del tutto con il cazzo, me lo spinge dentro fino in fondo di nuovo. «Eh? Bello, vero?»

«Ti prego…» ansimo, la testa mi gira. Non sta succedendo davvero…

«È bello quanto essere considerato uno che ti regala le cose perché gliela dai». Fuori, dentro del tutto. Il suo cazzo sembra una lima sulla pelle del mio ano.

Mi spinge di nuovo contro le giacche. «Lo fate anche con gli idraulici, vero? Vi aspettate arrivi un pelato superdotato da pagare con la fessa, giusto, puttana?»

Il cazzo entra fino alla radice, si ferma e spinge come se volesse far uscire la cappella dalla mia pancia. Ringhia, mi stringe più forte e si irrigidisce. Si svuota dentro di me. «Pensate che uno che deve fare cento consegne al giorno per mantenere la sua famiglia abbia il tempo di scoparvi?»

Il suo cazzo esce e una colata di liquido cola dal buco del mio culo e scende lungo una mia gamba. Il fetore di sborra e intestino mi assale le narici, le colma, mi scende in gola e mi stringe lo stomaco.

Scivolo in ginocchio. Sto per rigettare.

Il corriere espresso è in piedi davanti a me, il suo cazzo pende davanti al mio volto, dalla cappella lurida dondola una goccia di sborra sudicia. Prende il mento e me lo solleva. I suoi occhi castani ardono ancora di furore. «Sei gentile a metterti in ginocchio per pulirmi la minchia, ma adesso devo proprio andare. Ho ancora da fare una consegna ad un’altra puttana in fondo alla via, che tutte le volte prova a sedurmi per non pagare…» Sorride. «Quasi quasi, oggi, la accontento per davvero e spacco il culo anche a lei».

Getta indietro la mia testa e indica lungo il corridoio: la scatola è su un fianco, ammaccata in un paio di angoli. «Le tue scarpe di merda sono laggiù, goditele quando riuscirai a camminare ancora». Mi da un paio di buffetti su una guancia. «E la prossima volta tieni pronti i soldi, o non solo porto la tua roba al magazzino, ma la faccio anche sparire dal database e la regalo a mia moglie».

Afferra il cazzo, se lo rimette nei pantaloncini ed esce sbattendo la porta. I vetri colorati tintinnano in una risata rivolta a me. Il battito del mio cuore nelle orecchie quasi copre il suo fischiettio mentre si allontana nel giardino.

Crollo a terra sugli stivali in gomma sotto l’attaccapanni, le piastrelle del pavimento sono fredde sotto la mia faccia. La sborra continua a colare tra le mie chiappe, nemmeno quando Giorgio mi ha sverginato il culo mi bruciava tanto.

«Vaffanculo, Sara…», singhiozzo. «Spero sfondi anche tu, troia bugia—» Un crampo feroce mi mozza le parole e lo stomaco mi si svuota in bocca, acido, disgustoso. Il salmone affumicato esplode dalle mie labbra e si riversa sul pavimento in una pappetta marroncina cosparsa da frammenti verdi e neri, mi scorre su una guancia, inzuppa i miei capelli.

Chiudo gli occhi e le lacrime si uniscono allo sbocco. Non comprerò più nulla su Internet… se non per un vibratore. No, andrò di persona in un sexy shop, non voglio rischiare di trovarmi il corriere moro che lo porta e lo prova su di me…

FINE