Gli imbarazzi del giovane

sesso italiano
a month ago

Ricordo che ero in quarta liceo scientifico, quindi, essendo stato bocciato quando ero in seconda, avevo appena compiuto 18 anni. Ero un ragazzo come tanti, mediamente bravo a scuola, piuttosto alto, molto magro, né bello né brutto, ma forse non così male, con un fitto “cesto” di capelli neri in testa, come lo chiamava mia madre, e la pelle bianca come il latte (definizione sempre di mia madre) che come vedremo fu all’origine della storia vera che ho deciso di raccontare, ora che sono passati diversi anni.

La mia vita sessuale era gestita in totale “autonomia manuale” se capite cosa intendo, nel senso che ero assolutamente vergine, da tutti i punti di vista. Oggi fa sorridere ma a quell’epoca era una condizione assolutamente normale anche per molti ragazzi della mia età, anche se qualcuno si vantava di avventure erotiche che però erano vissute più che altro con la fantasia. In quegli anni la parola “gay” non era usata ma io sapevo di esserlo, lo avevo sempre saputo, fin da quando avevo scoperto la sessualità.

Infatti mi eccitava parecchio vedere i culi adolescenti o i piselli dei miei compagni di pallavolo negli spogliatoi del palazzetto dove andavo ad allenarmi due vuole alla settimana e le mie seghe erano spesso sostenute dal ricordo dei cazzi di varie misure e dimensioni dei miei compagni di squadra, piccoli, medi o grossi, mosci, duri o barzotti, cazzi che potevo sbirciare senza dare nell’occhio in occasione delle docce in comune fatte dopo la partita o l’allenamento.

In quelle situazioni emergeva comunque il mio fortissimo senso del pudore, dovuto forse al fatto di essere figlio unico (quindi niente fratelli per dividere la vasca da bagno fin da piccoli) e dal fatto che i miei mi lasciavano spesso da solo a casa, senza mai invadere i miei spazi privati. Ripensando agli anni passati credo di poter dire che i miei genitori non mi avevano più visto completamente nudo da quando avevo dieci o undici anni.

Con i miei coetanei, specialmente con quelli della squadra, facevo finta di niente e negli spogliatoi o sotto le docce fingevo (faticosamente) normalità faticando parecchio a non farmelo diventare duro ogni volta.

La cosa che non sopportavo era essere visto nudo dagli adulti, per cui quando entrava negli spogliatoi il nostro allenatore o qualche dirigente della squadra ero il primo a infilarmi di corsa le mutande, anche se non avevo ancora finito di asciugarmi.

Ma da quando ero poco più che bambino, c’era una cosa che più di tutte mi dava una forte eccitazione, ed era il fatto di spogliarmi nudo e guardarmi allo specchio, cosa che facevo quando ero da solo in casa, ovvero praticamente tutti i pomeriggi. 

Quando avevo la certezza che sarei stato da solo per una buona parte del pomeriggio, entravo in una grande stanza utilizzata come “guardaroba”, aprivo due o tre ante degli armadi che avevano grandi specchi all’interno, riuscendo a posizionarli in maniera quasi opposta tra loro in modo da rendermi visibile dal davanti, di lato e dal didietro.

Quando ero “inquadrato” da tutte queste prospettive mi spogliavo lentamente, come se dovessi ubbidire controvoglia ad un ordine di qualcuno, poi quando ero completamente nudo assumevo le posizioni più oscene, immaginando situazioni di fantasia in cui ero stato costretto a spogliarmi davanti ad altri. Tra le mie fantasie preferite c’erano le guardie di frontiera che mi volevano perquisire nudo, o anche fantomatici bulli che mi volevano umiliare, oppure medici sadici che mi volevano sottoporre a visite imbarazzanti.

Così fantasticando, in breve tempo il mio cazzo diventava durissimo e cominciava a colare liquido pre-spermatico che asciugavo con fazzoletti di carta, fino a quando, non resistendo più, ed erano sufficienti pochi colpi di sega per farmi godere come un riccio e schizzare a mille.

Poi bastava ripulire con un po’ di carta igienica, chiudere gli sportelli degli armadi e rivestirsi.

Questa premessa credo sia importante per capire quanto ho provato nella situazione che sto per raccontare nel dettaglio.

Importanza della prevenzione

I miei genitori (Anna e Marco, come quelli della canzone) erano entrambi laureati in biologia (si erano conosciuti all’università) Mio padre lavorava come informatore medico-scientifico ed era sempre fuori casa per giorni interi mentre mia madre, rimasta incinta di me poco dopo la laurea, non aveva un lavoro a tempo pieno ma nel pomeriggio era impegnata in un vicino laboratorio di analisi cliniche e tornava a casa quasi all’ora di cena.

Ecco il motivo per cui potevo essere ragionevolmente sicuro che nessuno avrebbe disturbato i miei solitari pomeriggi masturbatori.

Essendo tutti e due abbastanza bene informati sugli argomenti medici e sull’importanza della prevenzione, non si facevano mancare niente in tema di controlli preventivi, analisi periodiche ecc. Questa cosa ogni tanto coinvolgeva anche me, ma fino ad allora, essendo per mia fortuna giovane e sano e giocando a pallavolo, mi bastavano le periodiche visite sportive.

Una volta però mia mamma, guardando la mia schiena mentre mi cambiavo la maglietta, vide un paio di nei in basso, verso il sedere, e mi chiese da quanto tempo ce li avevo.

“Boh, come faccio a saperlo, non c’ho mica gli occhi dietro” fu la mia risposta.

“Bisognerà farli vedere” rispose lei preoccupata.

“Ma dai, figurati. Un paio di nei sulla schiena che vuoi che siano” provai a minimizzare.

“Già ma te hai la pelle molto chiara, e poi queste cose vanno prese in tempo perché sennò possono degenerare…”

E seguì tutta una lezioncina sui rischi legati al melanoma, ai tumori della pelle e ad altre orribili prospettive, che vi risparmio volentieri.

Fu così che dopo pochi giorni fissò un appuntamento dal dermatologo dal quale sia lei che mio padre facevano una volta all’anno la cosiddetta “mappatura” per tenere sotto controllo per l’appunto i loro nei. Inutile dire che mia madre volle accompagnarmi e che volle spiegare i suoi motivi di allarme a questo Dottore, il quale come ho detto conosceva sia lei che mio padre da anni e le parlava con una certa confidenza tanto che si davano del tu.

Il medico ascoltò con pazienza l’introduzione di mia madre, che ci teneva anche a far emergere la sua cultura “bio-medica” e poi si rivolse a me, devo dire con molta calma e cortesia. Solo che, ad alcune domande che mi rivolse, onestamente non seppi cosa rispondere. Ad esempio, mi chiese se avevo notato l’insorgenza di nei tra le dita dei piedi, o sotto la pianta dei piedi, o addirittura nella zona perineale…?!

“Mah, boh, …veramente non saprei, non ci ho mai fatto caso”

Dovetti rispondere, ammettendo che in genere non ispezionavo queste zone del mio corpo e che non mi era nemmeno mai venuto in mente di farlo.

“Va bene – rispose il dottore – ora comunque controlliamo. Spogliati per favore e mettiti sul lettino” 

Io rimasi per un attimo disorientato e già ero terrorizzato dal dovermi spogliare davanti ad un dottore adulto sconosciuto, ma poi doverlo fare con la presenza di mia madre, mi metteva un’angoscia incredibile, che lui deve aver letto nei miei occhi, per cui aggiunse:

“Per ora tieni pure le mutandine” e rivolto a mia madre “…e te Anna cerca di guardare da un’altra parte che dobbiamo garantire un po’ di privacy al nostro giovanotto che non è più un bambino”.

“Figurati – rispose lei – tranquilli tutti e due che non guardo. E poi capirai – aggiunse ridacchiando, con tono leggermente sadico – l’ho fatto io, avrei tutto il diritto di guardare…”.

La visita dermatologica

Così, relativamente tranquillizzato, mi spogliai, non potendo fare a meno di pensare a dove quella situazione avrebbe potuto portarmi.

Quella mattina avevo indossato un paio di slip neri piuttosto bassi al posto dei boxer che ogni tanto mettevo. Avevo infatti immaginato che così facendo il medico non avrebbe avuto necessità di farmeli togliere, potendo vedere già abbastanza superficie di pelle nuda. Inoltre il colore nero degli slip avrebbe nascosto meglio l’eventuale piccola chiazza di liquido precum che qualche volta l’eccitazione generava, come in una situazione simile che mi era già capitata tempo prima negli spogliatoi della palestra, quando bagnai il davanti dei boxer grigi aderenti, per l’eccitazione di vedere i miei compagni nudi sotto la doccia. Per fortuna che quella volta nessuno se ne accorse (…almeno lo spero).

La visita andò avanti con accuratezza. Il dottore si soffermava su alcuni nei guardandoli con una specie di piccolo monocolo, tipo quelli degli orologiai, e ogni tanto mandava segnali rassicuranti a mia madre che si era alzata dalla sedia e stava ostentatamente guardando dalla finestra verso il giardino dello Studio Medico. Mentre ero girato a pancia sotto e dopo aver controllato la pianta e tra le dita dei miei piedi nudi, cosa che mi dette un leggero fremito, il dottore risalì lungo le gambe sfiorando con le dita l’interno dei polpacci e delle cosce come per assicurarsi che lì non ci fosse niente da controllare. Poi arrivato all’altezza del sedere, senza alcun preavviso prese l’elastico degli slip e lo spostò di colpo in basso, mettendo a nudo il mio bianco culo adolescente. Spalancai gli occhi terrorizzato (tanto ero rivolto verso il basso e non mi poteva vedere) e rimasi in silenzio pur essendo molto teso, e ancora di più quando sentii le sue dita che mi allargavano le chiappe per controllare la zona interna, zona che fino ad allora non aveva mai controllato nessuno.

La sensazione di aria fresca sul buchetto del culo fu tremenda, ma nello stesso tempo anche piacevole e leggermente eccitante tanto che cominciai a temere di poter avere un’erezione (che del resto era stata la mia preoccupazione fin dall’inizio).

“Ok giovanotto, va bene, ora girati sulla schiena per favore” disse il dottore riposizionando l’elastico degli slip al suo posto e dandomi un affettuosa pacca sul culo appena rivestito. Così mi girai e, con la scusa di sistemarmi un po’ gli slip, constatai con orgoglio che il mio uccello se n’era rimasto buono buono, in posizione di riposo, senza farmi fare figuracce, nonostante la situazione fosse per me abbastanza vicina a quelle che immaginavo nelle mia fantasie masturbatorie.

Ma il peggio doveva ancora venire.

Mi ostinavo a guardare il soffitto mentre sentivo le mani e il “monocolo” del dottore sfiorare varie parti del mio corpo, i piedi, le gambe, le cosce poi il petto, le ascelle, la pancia… Immaginai che forse si sarebbe ripetuta la manovra con la quale mi aveva scoperto il culo, stavolta mettendo a nudo il cazzo e le palle. Iniziò un certo formicolio ma mi sforzavo di resistere per non eccitarmi, pensando a cose più possibile lontane dal sesso, interrogazioni di matematica, spezzatino con le patate (che detesto), e simili cazzate.

Come avevo immaginato sentii le dita del dottore afferrare l’elastico anteriore degli slip e, con rapida manovra, portare l’elastico sotto le palle, esponendo all’aria fresca il mio pisello che, per effetto dello sfregamento dell’elastico, ebbe un leggero rimbalzo adagiandosi sulla pancia, posizione pericolosa perché da lì poteva iniziare a crescere quando meno me l’aspettavo. “matematica, spezzatino, matematica, aiuto, devo rimanere calmo, aiuto…” Questi erano i miei pensieri quando fui riportato alla cruda realtà dalla voce del medico che disse allarmato: “Ahi, ahi… questo non mi piace per niente”.

Mia madre, che non vedeva l’ora di essere “autorizzata” ad abbandonare la finestra si fiondò come un ghepardo verso il lettino e io feci appena in tempo a mettere una mano sopra il mio pisello per coprirlo alla meglio e alzare il capo dicendo: “Che succede, cos’è che non gli piace dottore ?”

“Vedi Anna” – disse il doc rivolgendosi a mia mamma, che puntava con occhi attenti la mia zona proibita –

“Questo piccolo neo proprio nella zona inguinale, alla base della pancia dove iniziano i peli pubici, è molto scuro e ha i bordi molto frastagliati, proprio il tipo più insidioso e a me non piace per niente.

“Oddio, me lo sentivo” disse mia mamma con tono melodrammatico, ma Andrea, te non te n’eri mai accorto??”

“Ma mamma, ma che dici, di cosa mi dovevo accorgere, un neo laggiù, piccolo e mezzo nascosto dai peli del caz… insomma io non ci avevo fatto caso”.

La discussione proseguì animatamente con mia mamma che drammatizzava la situazione, il dottore che tentava di spiegarle che non c’era problema e che il neo si poteva togliere avendolo probabilmente identificato in fase precoce e io che, sdraiato sul lettino seminudo, con le mutande abbassate, tentavo di coprirmi con entrambe le mani, le palle e il pisello che sentivo pulsare col ritmo accelerato del mio cuore, essendo ormai fuori controllo, com’era fin troppo ovvio, il tutto mentre sia il dottore che mia madre provavano a scoprire la parte in questione per meglio constatare il problema incuranti del mio senso del pudore. Fu un pomeriggio tragico e alla fine non so come riuscii a rivestirmi mentre i due ancora discutevano sul da farsi.

Alla fine fu deciso che il neo incriminato sarebbe stato tolto con una brevissima operazione dermatologica, da effettuare in regime di day hospital presso la clinica dove il dottore normalmente operava. Ingresso in clinica la mattina presto, procedure rapide, sala operatoria, breve degenza di qualche ora e nel pomeriggio di nuovo a casa.

La Clinica

Mia madre aveva provveduto a farmi fare tutte le analisi che servivano nel laboratorio dove lavorava quindi , quando arrivò il giorno del ricovero, mi accompagnò alla Clinica dove arrivammo puntuali alle 8,30 di mattina, digiuno dalla sera prima e con tutti i referti analitici completati. Dopo la registrazione e un po’ di burocrazia veniamo accompagnati in una cameretta singola dove avrei dovuto prepararmi seguendo le istruzioni che di lì a poco mi sarebbero state fornite.

Mi tolsi il giubbotto e mi misi a sedere sul letto, mia madre si accomodò sulla sedia e rimanemmo tutti e due in attesa silenziosa senza nascondere una leggera preoccupazione. La Tv trasmetteva i notiziari del mattino ed era regolata a volume molto basso, tanto che presi il telecomando per alzare un po’. Dopo alcuni minuti entrò un’infermiere, un giovane poco più grande di me, avrà avuto venticinque, ventisei anni, alto, moro, due occhi scuri da cerbiatto, pelle leggermente ambrata, forse dovuta a qualche origine extracomunitaria, insomma un bellissimo ragazzo che non mi lasciò indifferente.

Aveva un’aria cordiale, e portava con sé un blocco porta moduli dicendo che avrebbe fatto un po’ di domande, preferibilmente a mia madre, su malattie avute da piccolo, allergie ecc. Riempiti i moduli che mia madre firmò, l’infermiere mi porse un sacchetto schiacciato in plastica dicendomi che era una vestaglietta ospedaliera, di quelle bianche con minuscoli disegnino geometrici grigio scuro, l’avrei dovuta indossare con l’apertura che doveva rimanere sul dietro. Chiesi timidamente se i vestiti me li dovevo togliere tutti….

“Certo, per entrare in sala operatoria sotto devi essere completamente nudo, è la prassi. E poi ho visto che il neo da togliere è sull’inguine, quindi tra un po’ torno così facciamo la tricotomia… “

Non avevo idea di cosa fosse l’ultima parola pronunciata per cui stupidamente mi venne da dire: “Ah bene”. Lui stesso rimase sorpreso della mia noncuranza ma ne fu felice, e mentre usciva aggiunse..

“Ah, un’altra cosa. Ovviamente sei a digiuno da ieri sera, vero?”

“Si certo” rispondemmo in coro io e mia madre.

“Bene, …e stamani prima di partire da casa l’hai fatto un clima di pulizia? ”

“…Un cosa???”

“Sì, un clisterino per pulire l’intestino” 

Il terrore si impadroniva nuovamente di me. 

“No, ma non credo ci sia bisogno, sono andato già in bagno e…”

“Ah, no va fatto. E’ il chirurgo che lo chiede. Ok, tra poco facciamo anche quello”

“Ma, senta…scusi, scusi…”. Niente da fare, quello era già uscito.

“Cazzo, ma io non lo voglio fare il clistere”

“Andrea non usare queste parole, e poi che vuoi che sia. Quando eri piccolo sai quante volte ti avrò fatto la peretta”

“Sì, infatti, ma avevo due anni, non diciotto, e poi me lo ricordo ancora come una cosa tremenda”. 

“Dai, esagerato non fare storie. E intanto comincia a metterti ‘sta vestaglietta, che tra un po’ quello torna”

“Cazzo, cazzo, vaffanc…”

“Andreaaa, per favore, finiscila….” 

Presi la vestaglietta e mi chiusi in bagno per spogliarmi di tutti i miei vestiti e infilarla. Uscii dal bagno scalzo, con tutti i vestiti in mano e la vestaglietta addosso che per fortuna mi copriva totalmente il davanti, fino a sopra le ginocchia, ma restando tutta aperta dietro. Appoggiai i vestiti nell’armadietto e, recuperata un po’ di calma dissi a mia madre:

“Per favore, mi allacci dietro?”

“Va bene vieni qua, dai.” Mia madre ovviamente non poté resistere dal rivolgere lo sguardo verso il mio didietro, tutto nudo dalla testa ai piedi e totalmente esposto, divertendosi a scherzare ma anche a farmi sentire in imbarazzo:

“Mmmm …ma che bel culetto” 

“Mamma per favore eh.. già mi girano”

“Oh, quanto la fai lunga. Ecco, ora sei allacciato”

Aveva legato i laccetti che però erano solo in alto, dietro il collo, quindi la vestaglietta non era a chiusura completa e restava piuttosto aperta verso il basso, infatti sentivo l’aria fresca che mi lambiva le gambe, la schiena e il culo, e la cosa mi infastidiva parecchio. Inoltre il fatto di essere totalmente nudo coperto solo da questo ridicolo indumento mi agitava anche di più, senza contare che stavo per prendermi un clistere nel culo, che proprio non avrei voluto….

“Eccomi qua!” disse l’infermiere con allegria involontariamente perfida entrando di nuovo in stanza. “

“Ora facciamo tutto. Direi di fare prima il clisterino così poi nel tempo in cui facciamo la tricotomia magari ti farà effetto, e potrai andare in bagno ad evacuare”.

“Oh cazz.. va be’, mi dica un po’ come mi devo sistemare” dissi restando scurissimo in volto, incazzato nero.

“Dammi pure del tu, mi chiamo Aldo. Guarda, ti stendi sul letto, poi ti giri sul fianco e pieghi le ginocchia verso il petto. Io mi siedo qui dietro”

Mi stesi sul letto, e mentre mi giravo mi resi conto che dietro, nonostante i laccetti della vestaglia fossero allacciati, praticamente si vedeva tutto, schiena, culo, gambe, tutto !

“Mamma, perché non vai a fare una girata e ti prendi un bel caffè ?”

“No figurati, già sono nervosa. E non ti preoccupare, io non guardo” e si mise a sfogliare una rivista fingendo di ficcarci il viso dentro.

L’infermiere fece una risatina, come per dire “Ah, questi giovani…”. Si infilò dei guanti di lattice azzurri e poi, mentre scioglieva i lacci della vestaglia per avere ancora di più campo libero aggiungeva commenti che mi facevano ancora di più imbarazzare.

“Ecco, piega un po’ di più le ginocchia, …ancora un po’ più la gamba di sopra… ecco così che si apre bene il buchetto”. 

Avrei voluto sprofondare, con mia madre, con l’infermiere e con tutto l’ospedale ma purtroppo non successe nulla di così catastrofico. Sentivo il dito guantato di Aldo che sondava il mio sfintere anale massaggiandolo leggermente, poi lo infilò appena, credo per mettere un po’ di lubrificante, poi ancora un piccolo inserimento del dito un po’ più approfondito, poi, dopo altri due o tre tentativi di infilare il dito nel culo, sempre più lubrificato.

Cazzo, con questa stimolazione del mio buco di culo l’uccello mi stava diventando duro e il mio imbarazzo era a mille. Ad un tratto sentii sfilare il dito e appoggiare il duro ugello di plastica che mi penetrava lo sfintere fino in fondo liberando lentamente il suo schifoso contenuto gelatinoso.

Pur restando in silenzio per tutta la durata della manovra, non potei fare a meno di sussurrare un paio di gemiti:

“Ah, ahh, aahhh” gemiti di piacere che io cercai di camuffare come espressioni di fastidio.

Tutta questa manipolazione a carico della mia apertura anale, oltre a provocarmi un infinito imbarazzo, mi aveva anche stimolato un intimo e segreto piacere, tanto che, come dicevo, il mio cazzo fregandosene di tutti i miei tentativi di fingere indifferenza, si era nel frattempo drizzato al massimo livello di durezza e, stando adagiato sul fianco con le gambe piegate, lo sentivo pulsare e penzolare nell’aria, rimanendo per fortuna coperto dalla ridicola camicetta ospedaliera.

Certamente oltre a diventare duro aveva anche liberato un fiotto di liquido pre spermatico che a quest’ora di sicuro aveva costituito un filo vischioso fino alla coperta del letto. Speravo solo che non si vedesse la macchia sulla vestaglietta.

Quando la “tortura” ebbe fine, mi girai mettendomi appoggiato di schiena sui cuscini del letto e appoggiando le mani sul grembo, sia per evitare che la vestaglietta facesse vedere la sottostante erezione, sia per verificare se davvero la macchia di smegma ci fosse. Purtroppo c’era, la sentii bene con le mani e fingendo di aggiustare la vestaglia tra le gambe provai ad asciugarla. 

“Visto, non era poi tutta questa tragedia” disse mia madre

“Eh certo, non fa mica male vero?”. Disse l’infermiere Aldo, guardandomi con un sorrisetto beffardo.

“No, in effetti non ho sentito male, ma per me non ce n’era bisogno. Comunque pazienza, ormai è andata…”.

“A proposito, ma cos’era quell’altra cosa che mi dovevi fare? La tricosomìa? La trigonometria?” aggiunsi per fare un po’ lo spiritoso.

“Ahahaha …no, è la tricotomia” disse ridendo l’infermiere… “Sarebbe semplicemente la rasatura di tutti i peli nella parte dove il chirurgo dovrà tagliare, e anche un po’ intorno. Praticamente, visto che il tuo intervento riguarda la zona pubica, dobbiamo fare la barba al pisellino … Ahahaha” Ora sì che aveva fatto una risata beffarda. La cosa mi gelò il sangue.

“Coooosa??? Ma tu scherzi, ma quale barba, ma che pisellino, non se ne parla proprio!!!”

Guardai mia madre la quale, pur fingendo di non staccare gli occhi dalla rivista che stava sfogliando, non poté fare a meno di ridacchiare, così come fece l’infermiere, il quale, disse:

“Guarda che è obbligatoria, serve ad eliminare il pericolo di infezioni, sennò il chirurgo non ti opera”

E poi forse pensando di tranquillizzarmi volle aggiungere:

“Senti, non ti devi mica vergognare, col mio lavoro sai quanti ne vedo, ce l’avrai come tutti gli altri ragazzi, non ti preoccupare che a me non fa nessun effetto. E comunque siamo due maschietti, dov’è il problema.”

“Eh, pensai tra me, proprio questo è il problema. Magari a te non farà effetto, ma a me sì” e a voce alta aggiunsi, con tono incazzato “che mattinata di merda, prima il clistere, ora questo che mi vuol fare la barba al cazzo, insomma, che palle, cazzo ! E ora comunque devo andare in bagno, sento che il clistere già sta facendo effetto”.

Corsi in bagno mentre mia mamma si scusava con l’infermiere per il mio turpiloquio, e in pochi minuti mi svuotai la pancia rumorosamente.

* * *

La situazione aveva preso una piega che non mi sarei mai aspettato, ma ormai non potevo sottrarmi, mi sentivo come un condannato che sta per salire sul patibolo. Rientrai nella stanza dopo essermi svuotato le viscere e mi rimisi a sedere sul letto, sempre avendo cura di tenere la vestaglietta a coprire il davanti, per quanto si poteva.

Per fortuna Aldo intuì il mio imbarazzo ed ebbe un lampo di umanità e rivolto a mia madre disse:

“Signora, per questa fase sarebbe meglio che lei uscisse, Andrea non è un bambino e non credo che ora abbia bisogno della mamma”

L’avrei baciato, (e non solo perché era bòno)… E anch’io volli dire la mia:

“Eh, infatti. Mamma per favore vai, tanto da qui appena fatto Aldo mi porta su in sala operatoria, e anche lì non potresti venire. Ci si vede quando ho finito, ciaooo”.

“Va bene, vado, vado. Mi raccomando fai il bravo…”

Non rinunciando a fare la brava mammina, prima di uscire volle stamparmi un bacetto sulla fronte, tipo bacio della buonanotte dei bambini, poi come dio vuole, uscì dalla stanza. L’infermiere la seguì chiudendo la porta, dando anche un giro alla chiave, per sicurezza.

“Ecco, così siamo sicuri che nessuno verrà a disturbare”

Notai questo dettaglio, e confesso che mi mise una leggera inquietudine, ma immaginai che fosse la prassi normale.

Da notare che, da quando ero ritornato dal bagno, ero rimasto sempre nella medesima posizione, seduto sopra il letto con le spalle appoggiate ad un paio di cuscini, le gambe stese, nude da metà coscia in giù, i piedi nudi, e le mani giunte appoggiate sopra la vestaglia all’altezza del pacco, premendo in basso senza farmene accorgere per provare a far passare l’erezione del mio cazzo che, dopo aver cagato, si era leggermente ammosciato.

Ora però, forse per la situazione che si era creata, o il fatto di essere praticamente quasi nudo, e per il pensiero di quello che mi aspettava, fatto sta che il mio cazzo era ritornato più dritto che mai e sentivo che pulsava sotto il telo leggero della veste ospedaliera.

“Bene Andrea – ti chiami Andrea, vero? – allora, ora per favore tirati su la vestaglia e reggila all’altezza del petto, in modo da lasciare libera la zona del pube, che iniziamo. E stai tranquillo”. 

Ero imbarazzatissimo dal dovermi mostrare col cazzo ritto a questo ragazzo, che oltretutto mi piaceva e mi intrigava parecchio, e che era poco più grande di me, così provai a tergiversare:

“Beh, ecco, vedi, il problema è che… “non so come dire, il fatto è che… cioè, oddio, non devi pensare che…”

“Dai non ti preoccupare, ho già capito, me ne sono accorto che la stimolazione anale ti ha fatto effetto, ma è normale sai. Capita anche a chi ha molti più anni di te, figurati ad un ragazzo in piena tempesta ormonale. Dai, non ti sentire in imbarazzo, tira su il camice che vediamo questo pisellone bello dritto.”

Non avevo scampo. Come un automa, cercando di guardare in alto, tirai su i lembi del camice ospedaliero portandolo all’altezza del petto, scoprendo tutto quello che c’era da scoprire. Sentivo l’aria fresca su tutte le gambe, sulla pancia e ovviamente, quando finalmente trovai il coraggio di abbassare lo sguardo, vidi il mio cazzo dritto e duro che, anche per il fatto che ero appoggiato sulla schiena, era adagiato sulla mia pancia, stando praticamente sopra i peli che andavano rasati..

“Beh, complimenti, direi che per la tua età sei fornito piuttosto bene, chissà quante ragazzine farai contente. Però così il tuo arnese dà fastidio per il lavoro che dobbiamo fare, allora facciamo così guarda, …intanto questa la togliamo…”

Così dicendo, sciolse i laccetti dietro il mio collo e mi sfilò del tutto la vestaglia lasciandomi totalmente nudo.

“…ecco, ora che hai le mani libere, prendi in mano il tuo pisello e cerca di tenerlo giù verso il basso, così io posso procedere”. 

E così, mentre io tenevo a bada il cazzo, che faceva resistenza e cercava in tutti i modi di rialzarsi, lui iniziò a radere i miei peli pubici, prima passandoci sopra un tagliabasette elettrico, poi con schiuma da barba in gel, che spandeva da una bomboletta e poi massaggiava con la mano. Dopo questo massaggio insaponato, passò al rasoio vero e proprio, tipo Bic usa e getta, e con estrema lentezza e delicatezza, completò la rasatura. Usando la destra per tenere il rasoio, con la sinistra ad un certo punto sostituì la mia mano e usò la sua per tenere a bada il mio uccello, così poteva spostarlo ogni volta dal lato opposto a dove radeva la peluria.

* * *

Verso l’epilogo 

Ero totalmente in trance, forse non mi rendevo conto fino in fondo di quello che stavo vivendo, ma mentre questo rito della rasatura pubica si svolgeva, piano piano, l’imbarazzo si scioglieva per lasciare il posto al piacere, e diciamo pure alla goduria. Sì, mi piaceva da matti essere lì, nudo nel letto, col cazzo ritto, con un bellissimo ragazzo che con una mano mi aiutava a tenerlo piegato in avanti e con l’altra finiva di radere gli ultimi centimetri di pelle, lasciandomi liscio come quando avevo otto anni. Solo che a quell’età avevo un grazioso pisellino, e non un cazzone di 13 cm (si fa per dire, forse erano solo 12,5) con la punta rossa e lucida che spuntava dalla pelle del prepuzio non ancora tirata indietro. Aldo, finita la rasatura mi asciugò il pube con un piccolo asciugamano e poi, per completare il lavoro, aggiunse:

“Ora ti spalmo una cremina rinfrescante e lenitiva, una specie di “dopobarba” non alcolico, così ti sentirai meglio” 

Io, a dire il vero, mi sentivo già in paradiso, ma il massaggio della mano guantata di Aldo con la pomata lenitiva sul pube appena rasato, e anche sul cazzo, sull’inguine e sulle palle, aumentò il mio godimento, e così massaggiando, la pelle del prepuzio si ritrasse scoprendo del tutto la cappella lucida e bagnata di smegma. Sentivo che stavo per venire, o forse per svenire, non lo sapevo. Volevo dire qualcosa ma ero come ipnotizzato. A quel punto Aldo, si rese conto che in effetti, un problema c’era e, guardando fisso il mio uccello duro, che peraltro teneva stretto in mano, con aria riflessiva se ne uscì con questa frase:

“Beh, però come facciamo, mica ti posso accompagnare su in sala operatoria in queste condizioni, così eccitato mi scandalizzi tutte le infermiere della Chirurgia. No, no, così non si può. Va bene, facciamo così, rilassati che ci penso io a sistemare le cose, …fìdati.

Ciò detto, sempre tenendomi il cazzo in mano, iniziò una sega fantastica, che un po’ per i suoi guanti di lattice, un po’ per la pomata che fungeva da lubrificante, mi regalò sensazioni che non avevo mai provato prima.

Per la prima volta, il mio cazzo conosceva una mano diversa dalla mia, e mi rilassai completamente incrociando le mani dietro la testa, per lasciare il campo completamente libero al mio inatteso partner sessuale. Aldo sapeva il fatto suo, e mentre ero in estasi, mi sussurrava frasi all’orecchio:

“Ho capito subito che ti piaceva sai, anch’io sono come te, e quando ti ho visto nudo avrei voluto scoparti, hai un bel corpo e vederti nudo mi ha fatto eccitare, hai anche un bel cazzo duro e un culetto delizioso che ti sfonderei volentieri…” Mentre così sussurrava, la sua mano lentamente faceva su e giù sul mio uccello dritto.

“Sì, va bene anche così, grazie Aldo, sei fantastico, fammi godere…”

Ad un certo punto, cambiò mano prendendomi il cazzo con la sinistra, mentre con la destra, dopo aver spremuto ancora un po’ di pomata emolliente sulle dita, si intrufolò sotto le mie palle facendomi piegare leggermente le gambe e allargandole un po’, alzandomi leggermente il culo, e infilando le dita fino a raggiungere nuovamente il mio buchetto, questa volta senza necessità di introdurre ugelli o clisteri. Con la punta del suo dito iniziò a massaggiare leggermente l’area anale, poi introdusse la prima falange, la ritrasse, poi di nuovo dentro, poi ancora e ancora, dentro e fuori, mentre con l’altra mano aveva aumentato il ritmo della sega, facendomi sentire una specie di scossa elettrica lungo tutto il corpo.

Era troppo, volevo far godere anche lui, così allungai la mano verso il suo pisello e cercai di aprire la patta dei suoi pantaloni dicendo:

“Tiralo fuori dai, fammelo succhiare ti prego. Fammi sentire il sapore del tuo cazzo”

Così Aldo interruppe per un attimo la sega e la stimolazione anale, tirò giù di colpo pantaloni e mutande, mostrando un bel cazzo già abbastanza duro, lungo più o meno come il mio ma un po’ più grosso, dette un paio di colpi di sega giusto per tirare indietro la pelle e scoprire una bella cappella violacea e luccicante, avvicinandola alla mia bocca aperta. Non avevo mai assaggiato un cazzo in bocca in vita mia anche se avrei spesso voluto farlo, così lo assaggiai piano, come si fa con il cibo sconosciuto.

Un sapore leggermente salato e, anche per la sua spinta, in un istante mi fu tutto dentro e cominciai a succhiare e a lavorare con la lingua sulla sua cappella umida.

Lui intanto riprese in mano il mio cazzo ricominciando a segarlo piano, per non farmi venire troppo presto. Io accarezzavo il suo bellissimo culo, duro e muscoloso, spingendolo con entrambe le mani verso la mia faccia, anche se a dire il vero non ce n’era bisogno.

Andammo avanti così per tre o quattro minuti, credo. Poi non ce la feci più a resistere e venni. Un fiotto bianco e denso di sperma mi schizzò arrivando quasi al petto, poi un altro e poi, non so quante volte, ma le mie palle non erano mai state svuotate così completamente come quel giorno.

Aldo tirò fuori il suo cazzo dalla mia bocca e finì la mia sega con qualche colpetto leggero, giusto per far defluire tutto lo sperma.

“Grazie Aldo, sei stato favoloso, ma ti prego, fammi succhiare ancora il tuo pisello, voglio farti venire e succhiare il tuo latte”.

“No” – disse Aldo – “ho un’idea migliore, vieni qua”.

Mi afferrò per le spalle e mi girò di schiena, ponendomi in ginocchio sul letto, tirandomi un po’ verso di lui e spingendo la mia testa e la schiena verso il basso tirandomi per i fianchi verso di sé.

Insomma mi voleva inculare.

Il desiderio di sentire il mio culo finalmente appagato e riempito era troppo forte, mi piegai docile e allargai spontaneamente le gambe, offrendogli il mio culo vergine sussurrandogli con un filo di voce:

“Fammi godere, ma non mi fare troppo male ti prego”

“Stai tranquillo, non ti farò male, ti piacerà. È la prima volta vero?”

 “Sì, anche se con la fantasia l’ho già fatto mille volte” risposi

“L’avevo capito, rilassati e lascia fare a me, andrà tutto bene.” 

Così, dopo aver recuperato un po’ del lubrificante usato per il clistere sentii le sue dita di nuovo sul mio bocciolo voglioso, e dopo che ebbe spalmato bene anche dentro il buchino sentii appoggiare piano la punta della sua cappella, mi sembrò troppo grosso per entrare ed ebbi un momento di panico, tanto da dire:

“No, meglio di no, ho paura, non mi farà troppo male?”

“Tranquillo, rilassati” – rispose – lo farò piano e non sentirai alcun male”

Nel dire questo seguitava a spingere ed ad un certo punto sentii che il mio culo cedeva, sentii la punta dentro di me, poi di colpo tutto il suo cazzo duro spingere sulla mia giovane prostata. Il mio cazzo penzolava tra me mia cosce colando liquido spermatico, ma anche riprendendo vigore. In breve fu di nuovo duro e iniziai a segarmi ancora mentre Aldo mi scopava il culo facendo leggeri movimenti di bacino e tenendomi per i fianchi. In pochi minuti venne dentro di me e mi sentii invadere di sperma che mi riempì il retto, mentre io venivo di nuovo stavolta in contemporanea, mugolando di piacere e spruzzando sperma molto meno denso di prima e più acquoso, essendo ormai spompato del tutto.

Aldo sfilò piano il suo cazzo che si stava ammosciando dal mio culo, da cui colava un po’ del suo sperma. 

“Sei bravo Andrea, hai talento. Certamente farai contento il tuo ragazzo, quando ne avrai uno”.

“Ma noi, non lo potremmo rifare?” Chiesi “E’ stato troppo bello”

“Beh, chissà, vedremo. Magari ci potremmo incontrare qualche volta”

“Ora però pensiamo ale cose serie. Vai in bagno e cerca di liberarti di nuovo cercando di buttar fuori il mio sperma, poi datti una bella lavata là sotto che poi dobbiamo andare su, ci aspettano”.

Bastarono un paio di minuti in bagno e mi sentii pulito e rilassato come non mai.

“Bene, direi che almeno per un po’ il tuo pisellino se ne starà a riposo e non ti farà fare brutta figura quando arrivi sul tavolo operatorio” – disse Aldo con la massima calma e semplicità, tirando su gli slip e allacciandosi i pantaloni mentre con il piccolo asciugamano che aveva usato prima, mi aiutava ad asciugare il culo e il pisello, come si fa con i bambini.

Poi andò ad aprire la serratura della porta che prima aveva chiuso dall’interno, mentre io mi rimettevo il camice ospedaliero infilandomi le maniche e cercando di allacciare i lacci dietro al collo.

Andai a sedermi sulla poltroncina con le ruote e Aldo si posizionò dietro per spingerla, aprendo del tutto la porta della cameretta, e dicendo

“Pronti, si parte..! Andiamo a togliere il neo”

A metà corridoio incontrai mia madre che si era seduta sulle poltroncine della zona visitatori e che vedendomi transitare disse:

“Allora, fatta la barba al pancino ? Ma quanto ci avete messo…?!”

Probabilmente si aspettava una risposta sgarbata da parte mia, che invece risposi dolcemente sorridendo:

“Tutto a posto, tutto fatto. Ci vediamo dopo, ciao”

Rimase sorpresa della mia ritrovata tranquillità e buon umore, del quale non poteva certo immaginare l’origine. O forse sì, non l’ho mai capito. Le mamme spesso capiscono anche se fanno finta di non capire.

Io e Aldo sparimmo nell’ascensore che ci portava al terzo piano della clinica dove, a ben guardare, oltre al neo, potevo dire di aver perso finalmente la mia verginità.

Non mi ero mai sentito così grande.

Racconto selezionato dalla redazione, scritto originariamente da: Cyrus

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