Una vacanza molto sportiva

sesso italiano
2 months ago

«Ma perché non vai al mare da Giulio?»«Non lo so papà, non vorrei disturbarlo»«Ma scherzi? Mi chiede sempre se vuoi andare a fare windsurf con lui».

E così mi ritrovai in viaggio verso la casa al mare di Giulio, il miglior amico di mio padre. Lo raggiunsi in treno e lui mi venne a prendere alla stazione. Ero in abiti maschili, ma sotto indossavo un perizoma e un reggiseno neri. Mi ero anche infilato un piccolo plug nel culetto, che mi costringeva a camminare un po’ rigidamente.

Avevo intenzione di sedurre l’amico di mio padre. Da troppo tempo desideravo quel maschione e la voglia di fargli un pompino era diventata insostenibile. Per di più lui sembrava ricambiare il mio interesse nei suoi confronti. Non si sottraeva mai dalle situazioni di intimità che cercavo di creare, tutt’altro, sembrava non vedere l’ora di trascorrere del tempo con me.

Giulio mi venne a prendere alla stazione. Come un galantuomo con una signorina mi aiutò con la valigia e mi aprì lo sportello dell’automobile. Era un fascio di muscoli abbronzati. La giornata di svolse in modo piuttosto normale, anche se non mancarono sguardi maliziosi.

Il mattino successivo mi svegliai più presto del solito, dopo essermi girato e rigirato più volte nel letto, a causa del caldo opprimente. Mi feci una doccia fresca. Ero in accappatoio davanti allo specchio quando il maschione entrò completamente nudo.«Abbiamo avuto la stessa idea», commentò tranquillo.«Eh sì», risposi imbarazzato.

Entrò nella doccia dai vetri zigrinati e iniziò a lavarsi. Avevo appena visto il cazzo, ancorché floscio, di Giulio e subito mi feci una sega. Lasciai due misere gocce nel lavandino.

Il pomeriggio andammo a fare windsurf. Verso sera, mentre mi trovavo nel magazzino sulla spiaggia per depositare la muta che avevo affittato, Giulio venne verso di me. Mi si piazzò davanti senza dire una parola. La mia mano, istintivamente, si mosse verso il suo cazzo. Presi ad accarezzarglielo da sopra il costume. Era durissimo. Con un gesto rapido lo tirai fuori, la cappella ricoperta a metà fuoriusciva maestosa dal prepuzio, cominciai a segarlo dolcemente. Udimmo delle voci, allora aumentai il ritmo e dopo pochi minuti mi schizzò addosso dello sperma viscido e spesso. Prima di uscire dal deposito mi disse: «Ho guardato nella tua valigia, fatti bella che nei prossimi giorni sarai la mia troietta», poi mi diede una pacca sul culo. Raccolsi con le dita il seme che mi aveva lanciato sul corpo e me lo portai alla bocca.

Appena arrivato a casa mi fiondai in bagno. Mi smaltai le unghie di rosa e indossai un vestitino aderente del medesimo coloro; indossai dei sandali «alla schiava», che mi fasciavano le gambe fino al ginocchio, e mi truccai con cura il viso. Quando uscii dal bagno Giulio mi scrutò per qualche minuto, con attenzione, poi si mise a sogghignare sornione:

«Cazzo! Non sembri nemmeno tu, non ci posso credere. Sembri una ragazza».

Poi si spogliò, rivelandomi tutto il suo corpo, e mi ordinò di leccargli il culo. Si mise a bordo del letto, nella posizione del missionario, con le gambe sollevate in alto e le ginocchia tirate verso il petto, mostrandomi la carne rosa e invitante del suo ano. Senza spogliarmi, m’inginocchiai e presi a leccare con foga quel crudo frutto anale, sbavandolo, facendolo contrarre in spasimi di piacere. Poi, dopo numerose leccate, presi a spompinarlo a dovere.

Si alzò di scatto. Mi mise in piedi tenendomi dal collo e dicendo: «succhi meglio di una puttana. Adesso però fammi vedere il culo». Eseguii il suo ordine piegandomi davanti al letto e spingendo il culetto in fuori. Ricevetti una sculacciata talmente ben assestata che, oltre a farmi lanciare un gridolino, mi fece cadere bocconi sulle lenzuola.

L’uomo gentile che conoscevo si era tramutato in un vero porco.

Con le dita umettate di saliva e lubrificante mi massaggiò il buchetto.  Mi afferrò le gambe nell’incavo delle ginocchia e le spinse verso le mie spalle, schiacciandomi contro il materasso. La sua cappella entrò con una spinta talmente forte da farmi sbarrare gli occhi e gridare. Mi tenne ferma così, con le gambe sollevate, mentre mi scopava. Sentivo l’asta, spessa e fibrosa, premere contro le pareti interne del mio retto. Le cosce del maschione sbattevano contro le mie natiche; il cazzetto ondeggiava di qua e di là. A un certo punto mi afferrò il cazzino con una mano, stringendo l’altra attorno al mio collo, e disse:

«Sborra puttana! Sborra frocetto!»

Mi sentivo il culo dilatato e le gambe mi dolevano per la posizione. Mugolavo come una zoccola, stimolandolo così a darmi colpi sempre più forti. Alla fine rilasciai alcuni spruzzi di sperma, che mi impiastricciarono il ventre. Dopo pochi secondi venne anche lui, riempiendomi il retto di una copiosa quantità di seme. Estrasse il suo cazzone dal mio culo e, ansimando, affermò:

«Con quella faccia da bocchinara non potevi che essere una gran troia. Se solo lo sapesse tuo padre…»«Non gli dirai niente, vero?», replicai.
«Assolutamente no, voglio godermi ancora il tuo culetto».

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