Niente è quel che appare

Capitolo 1 - Niente è quel che appare 1 La verità di Cia

geniodirazza
2 months ago

Niente è quel che appare 1

I convogli sulla tratta dal capoluogo al paese sono superaffollati nei giorni e nelle ore di movimento di studenti e lavoratori; ma in genere sono abbastanza vuoti, puliti e comodi; quella volta il percorso diventa più piacevole, fatto in una mezza mattinata quando sono in pochi a viaggiare.

Il mio nome è Tancredi, venti anni, fisico asciutto e muscoloso ma non palestrato; viaggio molto spesso su quella tratta per andare da casa, nella campagna intorno al paese, fino al capoluogo, per andare alla facoltà di Architettura dove sono iscritto al secondo anno; e quando torno alla cascina per effettuare i soliti cambi di abiti e di materiali vari che mi servono nella settimana che trascorro in città.

Stavolta viaggio leggero, perché non è il solito fine settimana; sto recandomi a casa per essere vicino ai miei; mio padre Giancarlo, quarantacinque anni molto ben portati, è vissuto da sempre in campagna, nonostante la laurea in legge, per occuparsi, come suo padre, della tenuta a ulivi e carciofi che è stata da sempre l’attività della famiglia; è convalescente da un brutto incidente capitatogli col trattore mesi prima e che ha comportato due settimane d’ospedale e una lunga convalescenza.

Mia madre Lucia, che tutti chiamavano Cia, ha quarant’anni, ma la sua bellezza è da copertina; il fisico tenuto in perfetta forma è asciutto ma non magro, con un seno molto ben modellato; i fianchi e il didietro fanno girare tutti gli uomini che incrocia, le gambe sono da ammirazione indiscussa; il viso dolce di mora, quasi aggressiva, sembra uscito delle maggiori tele rinascimentali dei pittori umbri o toscani.

Sono sposati da quasi vent’anni e si amano follemente anche alla loro età; so che hanno avuto un’attività sessuale assai intensa; da quando ho impattato i problemi del sesso, mi sono consumato masturbandomi ogni sera, perché nella camera adiacente i due si davano da fare con grandissima foga; il recente incidente ha avuto, come conseguenza più grave per Giancarlo, danni al bacino con asportazione della prostata e conseguente impotenza.

“Ciao, amore mio bellissimo, tutto bene?”

Cia è sempre larga di affettuosità; si avverte nelle sue espressioni qualcosa di torbido, quasi una sessualità espressa e dichiarata, come se mi trattasse da amante appassionato più che da figlio; rispondo con la stessa enfasi, perché sento verso di lei uno slancio davvero tutt’altro che filiale, una tensione amorosa che tracima nella sessualità pura; non a caso, negli ultimi quattro o cinque anni avevo cercato ogni momento di vederla nuda o quasi.

Anche quello, come tutti gli incontri alla stazione quando arrivo, è il ricompattarsi di una passione peccaminosa e ardente, un ritrovarsi di amanti che si cercano e non sembrano mai raggiungersi; spesso mi scopro a desiderare mia madre assai più che qualunque coetanea che frequento all’Università o in città; l’unico freno è questo legame che mi obbliga a spostare l’attrazione sul rapporto madre - figlio.

“Ciao, Cia; tutto bene. Ti vedo in forma come sempre … e bellissima; Giancarlo che fa?”

“E’ tornato sui campi; lui, senza lavorare, non sa vivere … “

“Ma adesso che lui è fuori uso, tu come te la cavi?”

“Impiccione; ti sembrano domande da fare? … Comunque, ci sono molti modi di preparare una pietanza e noi sappiamo arrangiarci, con mani, bocca e qualche giocattolo … “

“Non hai o non ti cerchi un amante? Credo che mio padre, intelligente com’è, non te ne farebbe una colpa … !”

“Svergognato e impiccione, ecco cosa sei. Non ho nessun amante, anzi ne ho uno solo, ideale, ma lui non ne sa niente … “

Siamo arrivati a casa e il discorso si arena su quella dichiarazione; ma una sorta di ammiccamento nello sguardo mi fa ritenere che forse c’è qualcosa di non detto, nel silenzio che segue, mentre lei manovra per mettere la macchina al riparo nello spazio coperto adattato a garage; vedo mio padre venire verso di noi, muovendosi con disinvoltura e recando in mano un fascio notevole d’insalata raccolta nel campo.

“Oh, giusto tu, meraviglioso bastone della mia vecchiaia; senti, ragazzo, domattina ci sarebbe da accompagnare Cia alla solita visita dal ginecologo; io ho un problema con la minaccia della fillossera; ti andrebbe di accompagnarla tu al mio posto?”

“Certo, babbo; sai bene che con Cia andrei anche all’inferno … “

“Parli proprio come un innamorato pazzo, di questa donna; devo ingelosirmi?”

“Se lei mi desse spago, avresti da temere … Ma è così legata a te che non ce n’è per nessuno … “

Continuiamo a scherzare mentre andiamo in casa; ma sappiamo tutti e tre, forse, che lo scherzo nasconde una voglia di peccato che è meglio non fare nemmeno trasparire; Lucia, che mi è proibito chiamare ‘mamma’ ed io non l’ho mai fatto da quando son nato, ‘fa sangue’ a chiunque; mio padre credo che sappia con certezza della mia sfrenata passione per lei, ma sa anche che la mia educazione, anche religiosa, m’impedirebbe di portare le cose di là dal desiderio astratto.

La mattina seguente montiamo in macchina e la porto in paese; mentre andiamo verso l’ambulatorio, mi cinge la vita e la sua destra si abbassa a carezzarmi una natica che stringe e palpa più volte; passo la mia sinistra intorno alle sue spalle e le vado a sfiorare il seno; si gira a guardarmi e mi bacia sulla guancia; se non fossimo in piena piazza, sono convinto che la violenterei lì stesso; e non sono certo che mi scaccerebbe; il fratellino tra le gambe alza un poco la testa, ma lo controllo.

Non è necessaria anticamera; quel medico fissa rigidamente poche prenotazioni ma precise; un’infermiera la invita a entrare; mi chiede di aspettare; non passano più di dieci minuti che la stessa infermiera m’invita a entrare anch’io; Cia è seduta su una sedia alla scrivania, di fronte al medico, una persona tra i sessanta e settant’anni, non riesco mai a imbroccare le età, che presumibilmente è il suo ginecologo da sempre; mi fa sedere sulla sedia accanto alla sua.

“Cia, lo sai bene qual è il tuo problema; le tue ovaie sono nate secche e non c’è niente che possa rivitalizzarle; però ti assicuro che non ci sono altre difficoltà; devo solo invitarti a continuare la cura di controllo e goderti la vita quanto puoi, giovane e bella come sei; ora anche questa disgrazia a tuo marito contribuisce a metterti in difficoltà, ma non devi deprimerti; le soluzioni, se volete, ve le potete comunque inventare; e i mezzi non vi mancano.”

La diagnosi non mi sconvolge tanto per la situazione che descrive, ma per i precedenti; se Cia è sterile dalla nascita, come può essere la mia madre naturale? La domanda mi si deve essere disegnata in volto, perché lei mi fa cenno con le mani, coperte al dottore dalla scrivania, che dopo ne parleremo e mi spiegherà; divento ansioso, a quel punto, di conoscere il mistero che si cela dietro la mia nascita; prende la prescrizione, salutiamo e usciamo.

Mentre andiamo al parcheggio, apertamente mi prende in vita e mi palpa le natiche con gusto; ricambio e non mi dirigo al seno, ma anch’io al suo sodo e bellissimo fondoschiena; mi sembra che s’illanguidisca e si stringa a me con più intenso affetto.

“Tesoro mio meraviglioso, ti rendi conto che stiamo amoreggiando apertamente?”

“Sei stata tu, a cominciare; io ti seguo dovunque … “

Non riusciamo a dare spettacolo perché siamo alla macchina; ma mi sto chiedendo cosa succederà lungo il percorso; al momento però altre domande mi urgono.

“Se sei sterile della nascita, come ha detto il dottore, come puoi essere la mia madre naturale?”

“Semplicemente non lo sono. Fermati su un’area di sosta qualsiasi e parliamo, prima di continuare.”

Trovo poco più avanti un’area di servizio chiusa e deserta; mi vado a parcheggiare in un punto isolato, spengo il motore, sgancio la cintura e mi giro verso di lei che a sua volta ha sganciato la sua.

“Io ti sono incontestabilmente madre per affetto, per amore, per dedizione, per cura; ti ho vissuto come un figlio e ti considero tale; ma l’utero che ti ha partorito non è stato il mio … “

“Cia, questa prima affermazione già mi chiarisce molte cose; non vuoi che ti chiami ‘mamma’ perché sono altro per te; ti riferivi a me quando parlavi del tuo amante ideale?”

“Io non sono forse l’amante dei tuoi sogni da quando avevi quindici anni? Non dedicavi a me tutte le tue masturbazioni; non era me che spiavi quando ascoltavi i nostri amplessi? Non era me che cercavi di vedere nuda? Ecco, tu sei stato e sei per me il mio amante ideale esattamente come io ero la donna dei tuoi desideri.”

“Io mi sentivo in colpa con mio padre, quando mi accorgevo di desiderare la sua donna … tu no?”

“No, amore mio, perché io glielo dicevo che avrei voluto tanto averti nel mio letto e impossessarmi di te, almeno di quella parte di te, visto che il resto lo avevo solo gestito e coccolato.”

“Non devi essere stata una difficile, tu!”

“Ti sbagli; da adolescente mi sono un poco sbizzarrita; questo mio handicap mi faceva sentire quasi autorizzata a giocare col sesso, visto che non rischiavo niente; ma, da quando Giancarlo ha scelto di sposarmi, sono stata sempre e solo sua … e tua, solo nel pensiero. Tuo padre sapeva che non averti partorito m’ispirava il desiderio di possederti e ne scherzava con me; ma non mi risulta che abbia mai fatto qualcosa per concupirti.”

“Concupire no, ma eccitare, sempre; e quello dipendeva solo da me … Giancarlo è mio padre? Chi è mia madre?”

“Sapevo che sarebbero cominciate le domande; per evitare un interrogatorio, ti racconto tutto dall’inizio; però, prima, levami una curiosità; ora che tuo padre non può più e tu sei comunque il mio amante ideale, riusciresti a fare un po’ di sesso?”

“Non intendo fare le corna a mio padre!”

“Chiamalo e domandagli se si sentirebbe tradito se tu copulassi con me. Chiamalo, per favore; se te lo dico io, puoi avere dei dubbi. Chiamalo e ti dirà che, se devo surrogarlo a letto, è meglio con suo figlio che con un estraneo qualsiasi; lo capisci che lui non può e non c’è niente di meglio che delegare suo figlio?”

Fa lei stessa la chiamata; lo saluta, lo avverte che devo parlargli ‘di quella cosa’ e mi passa l’apparecchio in vivavoce.

“Ciao, babbo; Cia mi ha rivelato che non è la mia madre naturale; vorrebbe anche che facessimo l’amore; non ti senti tradito se accetto?”

“Tancredi, io non posso più; ma non voglio che entri in clausura; se mi chiedesse di prendersi il sesso da uno qualsiasi, non me la sentirei di negarglielo e costringerla a una rinuncia innaturale; se quel sesso è il tuo, ne sono felice; forse ne proverei piacere anch’io; a me resterebbe il suo amore che è stato ed è immenso, infinito, inarrestabile.”

“Davvero stai pensando di invitarmi a letto con voi perché una donna, che tu consideri straordinaria, dia amore a te e sesso a me?”

“Fatti prima raccontare quello che ha vissuto, sofferto, accettato, amato in questi venti anni; poi sono certo che sarai d’accordo con me nel dire che merita di essere trattata come una donna eccezionale; se volevi solo la mia opinione sulla sua richiesta, sappi che sarei felice se tu riuscissi a darle un poco della gioia che io non posso più.”

“Va bene; grazie, babbo; adesso sono io a dirti che dormiremo in tre, qualche volta, nel tuo letto. Ciao.”

“Figlio mio, ne sarei felice. Ciao a tutti e due, amori miei.”

“E’ come mi dicevi tu; non qui in macchina, ma adesso voglio ad ogni costo fare l’amore con te, fino a sciogliermi nella donna che da sempre è nei miei sogni, nei miei turbamenti, nelle mie masturbazioni.”

“Senti, bello, non sai che cosa sia stato per me, lasciarti andare a Firenze; non sai quanto ho sofferto per le ragazzine che ti portavi in camera tua; stavo a origliare come una stupida e ogni urlo era una pugnalata nel cuore, nel cervello, nella vagina, sulle tette, in bocca e nel didietro, quando sospettavo che stessi facendo coito anale. Ti ho spiato più di quanto tu spiassi me; ti ho desiderato fino a star male. Appena possibile, mi farai fare l’amore. Adesso, stammi a sentire e non interrompere.

Quando tu nascesti, avevo esattamente l’età che hai tu ora; eravamo un gruppo di una decina di persone diverse per età e per stato sociale; pensa solo che tuo padre aveva venticinque anni e già dirigeva con tuo nonno l’azienda agricola che oggi è sua; per noi della banda era ‘il contadino’; io avevo vent’anni; conoscendo il mio problema, mi ero subito data da fare, facendomi sverginare e avendo qualche rapporto completo con alcuni dei ragazzi; per tutti ero ‘la troia’.

La più piccola era tua madre, solo diciotto anni, di famiglia nobile e piuttosto schizzinosa, soggetta a regole ferree dalla famiglia che le imponeva tutto; per noi era ‘la contessina’ che, per sua disgrazia, s’innamorò proprio del contadino che era decisamente il più bello di tutti, il più affascinante, il più autonomo, quello già laureato e che poteva vivere del suo lavoro di contadino, mentre gli altri eravamo studenti più o meno in regola con i corsi universitari.

L’unico problema che pose quella situazione da paradiso terrestre fu che tua madre non seppe resistere al fascino di Giancarlo e, alla prima occasione, fece l’amore completamente e senza protezioni; io ero innamorata pazza di tuo padre, ma m’imponevo di stare sulle mie, perché ero anche l’amica del cuore di tua madre, quella che ne tutelava la libertà e che la soccorreva nel bisogno.

Senza timore di esagerare, posso dire che assistetti fisicamente alla sua deflorazione, perché la prima volta lo fecero quando ci appartammo tutti e tre in una macchia e cominciarono a limonare senza curarsi di me che facevo finta di distrarmi; quando mi allontanai abbastanza perché si credessero soli, mentre io li spiavo da un cespuglio, vidi quasi con terrore che tua madre gli chiedeva quasi in lacrime di prenderla, di farle fare l’amore completo; lui lo fece ed io potei solo sperare che tutto finisse bene.

Ma non fu così; per un caso che si verifica pochissime volte su un milione, ci restò e dopo poco tempo si rese conto di essere rimasta incinta di te; scoppiò quasi una tragedia e ti risparmio i particolari delle giornate di terrore vissute al pensiero di quello che i suoi genitori avrebbero potuto scatenare contro di lei che si era fatta mettere incinta e, per di più, da un ‘contadino’, anche se laureato, senza un minimo di blasone.

L’unica cosa bella che fece tua madre, assai fragile allora, fu di rifiutarsi ad ogni costo di abortire; Giancarlo voleva sposarla, ma lei non se la sentiva di sfidare i genitori e si trascinarono avanti la cosa per qualche mese; per sua fortuna, lo stato interessante non appariva, quasi non aveva pancia; il miracolo avvenne quando ci accolsero in un gruppo per l’Erasmus destinato alla Spagna; io e tua madre ci andammo insieme.

Furono i mesi più pazzi, più affascinanti e più tormentati della nostra vita; perché anch’io vivevo con lei tutti i tormenti che la gravidanza le diede, dalle nausee agli spaventi, dalle ecografie alle sofferenze perché Giancarlo non poteva raggiungerci se non l’ultima settimana prima del parto; poi nascesti ed eri bellissimo; ti amammo immediatamente; poi tornammo con i piedi per terra e cominciarono altri tormenti; tua madre non volle tornare col figlio dalla Spagna e davvero non sapevamo che fare.

Io ero davvero innamorata di tuo padre; l’idea che dovesse affrontare da solo la paternità con un neonato me lo rendeva caro per il coraggio che dimostrava; in un empito di amore gli proposi di presentarlo come figlio mio e suo; così dicemmo in giro, anche se i documenti anagrafici dicono il contrario; ma tra i dati identificativi non figurano più la maternità e la paternità ed io ho potuto tenerti con me, come mio figlio, definitivamente; tuo padre decise di sposarmi ed io ne fui felice.

Sono stata una buona moglie, in questi anni, e mio marito me lo riconosce continuamente; spero di essere stata anche una buona madre e spero che tu voglia ammetterlo; ti ho amato forse troppo, da un certo momento, ma mi sono tenuta sempre al di qua dei limiti del buonsenso; adesso, però, che il mio uomo non può più essermi completamente compagno a letto, l’unico altro amore della mia vita mi è scoppiato dentro; ho voluto che sapessi tutto, perché ti desidero come amo tuo padre.”

Il racconto, anche ridotto all’essenziale, mi ha sconvolto e un milione di domande mi si pongono; la prima è chi sia mia madre e dove si trovi adesso; Cia mi risponde che il nome devo chiederlo a mio padre, l’unico che abbia facoltà di rivelarlo; per quanto riguarda la vita di mia madre dopo la mia nascita, lei non ha nessun dato da fornirmi; per quel che conosce, neppure mio padre si è più preoccupato di avere notizie; noi siamo la famiglia e a lui basta.

L’altra domanda incalzante riguarda l’amore che ci siamo confessati; alla fine, risulta che per almeno cinque anni, dai quindici a quel momento, io mi sono completamente perduto nell’amore per Cia; mi appare anche chiaro che trasferisco nel sesso lo slancio di affetto che ho per lei; dalla sua confessione, risulta chiaro che ha fatto lo stesso percorso, trasformando progressivamente lo slancio materno, viziato dall’artificiosità del rapporto, in desiderio fisico.

Alla luce anche di quanto ha dichiarato mio padre, non posso che lasciarmi andare all’amore per lei o, almeno, all’entusiasmo genitale che mi spinge a desiderarla più di ogni cosa al mondo; mi frena il timore che, se emergesse qualcosa di una relazione incestuosa, almeno sulla carta, può scatenarsi un inferno; ma lei sembra non curarsi degli altri, come ha sempre fatto; mio padre mi lascia campo libero; decido di saltare il fosso.

Mi giro verso di lei, la abbraccio quasi timoroso e la bacio intensamente sulla bocca; mi scoppiano testa cuore e sesso, in un sol colpo; niente a che vedere con i baci appassionati scambiati con le ragazze negli ultimi cinque anni, che non sono stati pochi né banali; Cia mi sconvolge tutto e mi spedisce direttamente in paradiso, quando la sua lingua s’infila prepotentemente in bocca e mi succhia l’anima, mentre la sua mano s’impossessa del mio sesso ancora negli slip.

“Tancredi, non facciamo sciocchezze, ti prego; siamo all’aperto ed io sono ufficialmente tua madre; io ti voglio più di quanto tu dimostri; se metti una mano nei miei slip, ci trovi un lago; ma dobbiamo ragionare e fare quello che amiamo di più in una sede opportuna; in mezz’ora possiamo essere a casa e stai certo che non ti darò tregua; sai che ho qualche mese di astinenza e presenterò a te il conto dell’assenza di tuo padre che a letto è capace di miracoli di dolcezza.”

“Va bene, amore mio; ora posso dirlo anch’io, benché abbiamo già fissato che con me sarà sesso e con Giancarlo amore; almeno tra di noi, posso dirtelo che sei il mio amore; andiamo a casa e insegnami a portarti in paradiso; sarò anche più bravo con le altre; una mamma deve sempre insegnare qualcosa al figlio, anche se non è proprio suo, ma che lei vuole per sé.”

“Metti in moto e andiamo a casa; adesso fremo anch’io dalla voglia di averti!”

Non riesco a controllarmi e le infilo una mano fra le cosce, mentre sto guidando; davvero è bagnata anche la gonna; il sesso mi si gonfia e mi sento felice di procurarle tanto piacere e di prendermene potenziato; lei accenna a toccarmi la patta, ma si ritrae per non disturbare la guida non facile; quando mi accarezza languidamente il viso fino a prendermi tra le mani la nuca, mi sento sciogliere in languori d’amore; accelero perché la voglio.

Mentre manovro per mettere la macchina sotto la tettoia che le è stata destinata, Cia si avvia in casa; quando entro, sento che nella doccia l’acqua sta scorrendo; salgo al piano notte, apro la porta del bagno e la vedo, attraverso il vetro, nel box che si sta lavando; mi spoglio nudo ed entro nel box; per la prima volta me la trovo davanti e mi fermo incantato a guardare quanto è bella; ho intravisto molte volte il suo corpo; ma trovarmela qui, che posso toccarla, è un’altra cosa.

Scherzosamente, mi chiede di andare fuori e aspettare che liberi il box, per fare anch’io una doccia; la prendo per la vita e la bacio, con tutto l’amore che sento esplodermi dentro; aderisce a me con tutto il corpo e mi sorprendo a gustare tattilmente il seno ricco che mi preme sul petto, il ventre che si appiccica al mio e stimola un’erezione da fare paura, tanto è intensa e vogliosa, le cosce forti che si strofinano sulle mie, persino i piedi che mi accarezzano la gamba.

“Tancredi, ragazzo mio quanto ti desidero, quanto ti voglio!”

“Se dico che ti amo, offendo qualcuno?”

“No; ma non aspettarlo da me, non mentre siamo sul punto di accoppiarci; l’amore è tutto per Giancarlo; lo sai e lo devi sempre tenere a mente; ti darò, ogni volta che me lo chiederai, tutta la passione di cui sono capace, sarò tua con tutte le fibre del corpo, credimi; ma l’amore è solo per mio marito, il mio uomo da sempre, il mio compagno di una vita difficile che abbiamo affrontato insieme; tu sei il mio amante meraviglioso, adesso non solo ideale; deve bastarti.”

“Mi fai persino impazzire … “

Le ho afferrato la vulva con una mano e le sto infilando il medio in vagina; geme dolcemente, mi bacia con nuova intensità e struscia il corpo sul mio accentuando il suo e il mio piacere; le passo dietro l’altra mano e afferro una natica soda e morbida, non riesco quasi a convincermi, che mi si offre con desiderio e si lascia palpare con gioia; il sesso si erge duro contro il ventre; lei usa una mano per dirigerlo fra le cosce, lo accosta alla vulva e si agita col corpo per titillarsi.

“E’ proprio vero che il frutto non cade lontano dall’albero; la tua mazza è grossa come quella di tuo padre, e tu la usi con la stessa dolcezza; mi sembra di avere per le mani un’arma di offesa e scopro che mi accarezza come un piumino; non so neppure io cosa desiderare, se succhiarlo fino a svuotarlo in bocca o farmi penetrare fino a urlare di piacere; frena, per favore, non masturbarmi ancora; mi fai vedere gli angeli, ma voglio sentirti dentro; ce la fai ad aspettare che andiamo sul letto?”

“Prima ho voglia di lavarti tutta, ma solo per accarezzarti, tutta … “

“Allora comincia dai seni e succhiami i capezzoli, alternativamente; sono molto sensibili, io ti sto aspettando e so che mi farai godere molto; ecco … così … si … l’altro adesso … ancora … oh dio, come mi piace … sto godendo … attendo, sto squirtando… ti voglio dentro, portami sul letto, fammi fare l’amore con te … oh dio …. Stai entrando … in piedi … così …. Che goduria … che gioia … quanto godo … è incredibile … si spingi, spingi, sei dentro di me …. Ti ho catturato … non voglio lasciarti più … “

Sono riuscito a penetrarle in vagina, sento che lei gode molto ed io vedo rosso, verde, nero, vedo l’arcobaleno; non riusciamo a muoverci molto né siamo a nostro agio, in uno spazio così ristretto; eppure riusciamo a baciarci con un’intensità vampiresca e questo mi stimola; Cia si struscia sul mio corpo e le sensazioni dei seni che accarezzano il mio torace si trasmettono al sesso e lo eccitano, ci agitiamo convulsamente e il movimento titilla l’asta; esplodo quasi senza volerlo; e la sento urlare con me.

A malincuore tiro fuori il sesso dalla vagina, lasciamo scorrere l’acqua addosso ai due corpi per liberarci delle scorie e, alla fine, lei prende il suo accappatoio e passa a me un altro, forse quello di mio padre; ci asciughiamo alla meno peggio e, traendomi per mano, mi guida alla loro camera; cammino galleggiando su una nuvola, inebriato dal piacere provato ma soprattutto dalla gioia di avere con me la donna che desideravo più di tutte al mondo.

Lascia cadere l’accappatoio e si sdraia nuda sul letto; faccio altrettanto e cominciamo a rotolarci sulle lenzuola baciandoci con delicata passione; mi sento felice di poter giocare con lei amorosamente; mentre continuo a darle infiniti bacetti sul viso, sui seni, sul ventre, lascio correre le mani su tutto il corpo, quasi a volerne prendere coscienza, e sento che fa lo stesso, come se ci stessimo rivelando e scoprendo reciprocamente.

“Se gli assomigli in tutto, non avrai difficoltà a godere ancora con me … “

“Mi prosciugo, con te; ti do anche l’anima, non solo il sesso o il corpo; ho finalmente il diritto di amarti e non mi tiro indietro. Ma che succede, se all’improvviso torna tuo marito?”

“Mio marito ci mette trenta secondi per spogliarsi e diventare il terzo di questo meraviglioso evento; mi dà tutto il suo immenso amore e gode di te che mi possiedi con l’irruenza della tua forza; tuo padre può darsi che abbia un momento d’incertezza; poi, di fronte alle due persone che ama sopra ogni cosa, perfino del suo olio e dei suoi carciofi, non esita un momento ad abbracciarci in un unico amore immenso; piuttosto, sarei curiosa di vedere come reagiresti tu … “

“Amo te e amo lui con la stessa intensità; non avrei nessuna remora ad amarti anche fisicamente e a guardare lui che ti ama fino a rendermi geloso; il trino nell’unità; questo sarebbe vero amore; so che lo voglio; sono certo che succederà e allora sapremo veramente che cosa sia l’amore completo.”

“A parte la bestemmia sulla Trinità, sono perfettamente d’accordo. Posso possederti un poco a modo mio?”

“Sono tuo, completamente; fai quello che vuoi, di me e del mio corpo; i sentimenti lasciali per lui, che li merita tutti.”

Comincia a baciarmi con evidente e forte lussuria, dalla fronte su tutto il viso; passa poi sul torace e mi succhia i capezzoli; la mia mazza diventa un obelisco di cui io stesso mi meraviglio; ma la libidine che le sue labbra mi scatenano è incommensurabile; se è vero che è rimasta fedele al suo uomo, lui deve essere un grande campione di sesso, perché quelle carezze sono da infarto; spero e so che lo prenderà in bocca e mi succhierà l’anima; aspetto con ansia e cresce la mia voglia.

Quando sfiora il pube, alza gli occhi quasi ad avvisarmi; le prendo la testa, la accarezzo e la spingo verso l’arnese che aspetta solo quello; la lingua sulla punta mi provoca scosse elettriche; le labbra che stringono la cappella mi danno i brividi; poi l’asta scivola nella bocca, accarezzata dalla lingua, e penetra in profondità; lavorando abilmente tra lingua e palato, riesce a farsi penetrare il sesso fino all’ugola, finché le labbra sfiorano i peli pubici; copula con sapienza e amore.

Non voglio godere in bocca; voglio sentire ancora il piacere della vagina, voglio urtare contro la cervice dell’utero e accertarmi che la sto penetrando completamente; prendo la testa e sfilo l’asta dalla bocca; la faccio mettere in ginocchio davanti a me, la piego finché è carponi e mi si sistemo dietro, per aggredire con la lingua vagina e ano; passo la lingua con lunghe spatolate dall’osso sacro al monte di venere e insinuo la punta nell’ano e nella vagina; catturo il clitoride.

Quando prendo a succhiare, sento che si agita come tarantolata, geme e mi urla di non smettere, di farla godere; finché mi esplode in bocca un lunghissimo e dolce orgasmo; mi sollevo sulle ginocchia, le afferro le natiche e infilo l’asta nella vagina; un gemito più lungo mi dice che ho colpito con troppa energia; mi fermo a farla rilassare e lei mi spinge il sedere contro il ventre; sono tutto dentro e mi esalto all’idea di possederla così; esplodo in un’eiaculazione gigantesca.

Ci accasciamo sul letto; devo farmi forza per uscire da lei e stendermi a fianco; ha la forza di sussurrarmi.

“Sei una forza della natura; è stato meraviglioso; ma se non mi sbrigo in cucina, oggi non si mangia.”

Si precipita in bagno; dopo qualche minuto è pronta; io mi sono rivestito; scendiamo e sistemiamo la tavola per il pranzo.