Mamma scrisse del nostro segreto


PREMESSA
Riceviamo e pubblichiamo questa strana confessione, particolarmente arzigogolata, tanto da renderla molto intrigante e, a tratti, dolce e romantica.
Il protagonista, ormai ultra sessantenne, gironzolando tra i racconti erotici dei vari siti, si è imbattuto in una storia che lo ha fatto, letteralmente, sobbalzare... Tra i racconti più vecchi pubblicati, spulciando tra le storie incestuose, senza credere ai propri occhi, ha letto un resoconto incredibile, narrato da una donna, una mamma, e, senza ormai alcun dubbio: la sua mamma!
La redazione.
La storia originale, pubblicata oltre 10 anni or sono, da una sedicente "mamy2000"
Sono una donna felicemente sposata e madre di due meravigliosi figli, che amo più della mia stessa vita. Proprio del più piccolo vorrei parlare oggi, ma prima devo fare una piccola descrizione di me stessa, il perché lo capirete poi: sono mora, ho quello che mi dicono essere un bel viso, e ho un fisico tendente al formoso, seni grandi un po’ afflosciati (ho allattato i miei bambini fino quasi a tre anni) ma attraenti, fianchi larghi e un sedere che, beh, a volte mi sembra un tantino troppo grande, ma pazienza. Dicevo, i miei figli: è del minore che voglio raccontarvi. Era il cucciolo di casa, quattordici anni, ancora un po’ bimbo, non aveva ancora perso l’innocenza. Però una mamma sa quando un figlio ha qualcosa che non va: un giorno, mentre mio marito e il figlio maggiore erano in montagna, ero rimasta a casa con il piccolo; stavo facendo il bucato, e come era sua abitudine mi stava aiutando, togliendo i panni dalla lavatrice e mettendoli ad asciugare. Stavo scendendo le scale per avviare nuovamente la lavatrice; stavo per entrare nella lavanderia quando feci di scatto un passo indietro: mio figlio era in piedi, davanti al catino coi panni da lavare, sembrava intento ad osservare qualcosa. Sporgendomi leggermente, notai che stava osservando un mio reggiseno, anzi, uno dei miei preferiti, di pizzo bianco. La cosa mi sorprese parecchio: cosa stava passando per la testa di mio figlio? Ma le sorprese non erano finite: lo vidi prendere il reggiseno dal mucchio e rigirarselo tra le mani, come incantato. Mi ritassi dalla porta, con la testa che girava: la scena cui avevo appena assistito mi aveva scombussolata parecchio, ma che fare? Entrare, magari facendolo morire di vergogna? Oppure arrabbiarmi, rimproverarlo o peggio picchiarlo? Ma no, no… Doveva avere i suoi bravi motivi per fare così… Si, deve essere così, pensai. Silenziosamente salii gli ultimi gradini della scala, per poi chiamarlo: “ Tesoro, sei in lavanderia?” Di colpo dei movimenti frenetici, seguiti dalla chiusura dell’oblò della lavatrice. Scesi le scale, ed entrando nel piccolo locale ebbi conferma dei miei dubbi: l’espressione di mio figlio era un misto di agitazione ed imbarazzo, che cercava maldestramente di mascherare.
“Hai già messo il detersivo?” , e lui rispose di no. “Lascia fare a me, che voi maschietti non siete buoni…” Avvicinatami alla lavatrice, passai in rassegna i flaconi dei detersivi, apparentemente distratta, ma occhieggiando di sott’sottecchi le sue mosse: dallo specchio sopra il lavello lo vidi lanciare un'occhiata vorace al mio fondoschiena, mentre deglutiva rumorosamente. Proprio come pensavo, il mio bambino stava incominciando a sentire i primi pruriti adolescenziali. Ma se da una parte ne ero orgogliosa, da un lato ne ero preoccupata: era ovviamente sbagliato, ero sua madre, non potevo certo… No, no… Ad un tratto scosse rapidamente la testa, come a voler scacciare qualche fantasia che, ne ero ormai certa, riguardava me. Mi avvicinai a lui, gli chiesi dolcemente “Qualcosa non va? Sei rosso in faccia… Non avrai mica la febbre?” Lui, imbarazzato, farfuglió qualcosa e scappò via; la porta del bagno sbattè poco dopo, seguita dallo sciaquio del rubinetto aperto. Povero caro, era proprio preda dei bollori ! Decisi di lasciarlo tranquillo, senza stuzzicarlo o fargli domande che potessero metterlo in imbarazzo. Per il resto della mattinata mi dedicai ai miei mestieri, e durante il pranzo cercai di coinvolgerlo in una conversazione, ma lui rispondeva a monosillabi, evitando il contatto visivo. Mi faceva tenerezza, vederlo così attratto da me, e confesso che segretamente mi intrigava sapere fino a che punto la sua audacia lo avrebbe portato. Mentre lavavo i piatti, mi venne un’idea un po’ perversa, che molta gente definirebbe da maniaca: andai nella mia stanza, guardandomi allo specchiera: indossavo un abito da casa, di colore blu, che mostrava un po’ di pelle quando mi chinavo in avanti, soprattutto sul lato b. Senza spogliarmi, sfilai il reggiseno da sotto il vestito, posandolo poi sul comodino. Non fraintendetemi: volevo solo stuzzicarlo un attimo, per valutare le sue reazioni. Tornata dabasso, scesi nuovamente nella lavanderia, per recuperare i panni lavati. Feci finta di non vederlo mente mi seguiva quatto quatto; con un catino sottobraccio aprii lo sportello e cominciai a estrarre il bucato. Con la coda dell’occhio vidi che si era nuovamente imbambolato a guardarmi, così optai per provocarlo: mi chinai ancora di più, sentivo il retro del vestito sollevarsi mostrando il bianco delle mutandine. Risi tra me e me: sarebbe sicuramente scappato, era troppo timido per tentare qualche sorta di approccio. Stavo per riabbassare il vestito quando all’improvviso mi cinse con forza la vita, strappandomi un urletto e un sobbalzo:” Ihh! Caro, cosa fai? Lasciami!” Avevo esagerato? Lo avevo provocato troppo? Cavolo, probabilmente sì, la sua erezione sul mio sedere era più che palese. “Cosa ti succede oggi… Mi fai preoccupare… Su, da bravo, lasciami…” In tutta risposta la sua stretta si rafforzó: “Mamma…” mugoló, “Mamma… mamma… mamma…” Quella manifestazione di amore così sincera e profonda mi colpí dritta negli istinti materni; sorridendo nel modo più dolce possibile, dissi: “Ora ho capito tutto…Ecco perché eri così strano. Scusami, tesoro, avrei dovuto capirlo…” Nel riflesso dello specchio leggevo perfettamente il suo profondo imbarazzo, era rosso come un papavero. “La mamma è tanto orgogliosa di te, tesoro” gli dissi, “Però non dovresti fare queste cose con me, con tutte le belle ragazze che ci sono…”
“NO!” esclamò lui, facendomi trasalire: “ È te che voglio, mamma. Te e soltanto te…:
Mi mordicchiai le labbra, leggermente arrossata in volto: che fare? Hai voluto provocare tuo figlio, Nadia, ora prenditi le tue responsabilità! Ma sì, in fondo era mio compito di mamma: chi meglio di me conosceva il mio bambino adorato? Lo sentivo tremare, in febbrile attesa: “E sia” dissi dopo un po’. “Ma bada, solo questa volta, intesi?” Vi lascio immaginare la sua incredulità: “Di… dici sul serio, mamma?”
Sorridendo amabile, risposi “Ma certo, amore, sul serio…”
Era al settimo cielo, si vedeva chiaramente: però sembrava anche preoccupato, non si era mai trovato in un frangente simile. Corsi in suo aiuto: mi misi inginocchiata e gli scacciai i pantaloni, seguiti dalla mutandina; quando abbassai l’elastico la sua giovane erezione apparve ai miei occhi: stava venendo su davvero bene, mio figlio, e non potei non provare un moto di orgoglio. “Tesoro, vuoi tanto bene alla mamma, vero?” Lui mormorò un flebile sì, ma credo che avrebbe urlato certo volte si, se solo ci fosse riuscito. Mi misi al lavello, e alzai nuovamente il vestito, facendo poi scivolare le mutandine alle caviglie. Il suo sguardo si fece famelico, alla vista del mio sedere e della mia patatina, che tenevo con un bel pelo folto. Le sue mani titubanti accarezzarono le mie natiche, sembrava perso in un sogno ad occhi aperti. Quando si accorse del mio sguardo divertito tornò in se: “ Scusami, mamma, mi ero perso un attimo..”
Lo rassicurai: “ Non c’è alcun problema, tesoro, prenditi tutto il tempo che ti occorre… È un giorno speciale, dopo tutto…” Le mie parole sembravano avergli dato coraggio: impugnó il suo cazzo adolescente e lo puntò all’imbocco della mia patata, scivolando lentamente dentro di me. Puntai I gomiti sul lavello, rilassando le spalle: “ Come sono felice, il mio bambino è tornato dentro di me…”
Si fermò nuovamente, impacciato; pazientemente, gli spiegai come muoversi: “ Adesso muovi i fianchi avanti e indietro, tesoro… Ecco, così, bravo… Mettimi le mani sui fianchi e spingi in modo regolare… Mmmm, si, esattamente così…”
Si stava impegnando, probabilmente perché quella sarebbe stata la sua unica occasione. Ero tanto felice, le mie guance stavano prendendo un bel colorito. Mentre mi penetrava, le mie grandi mammelle danzavano avanti e indietro, libere dal reggiseno: quanto avrei voluto che vi affondasse le mani, toccando i capezzoli che tendevano il tessuto… A fatica mi trattenni, meglio non esagerare, altrimenti rischiavo di non riuscire più a controllarmi. Per alcuni intensi minuti mio figlio penetró la vagina dalla quale era uscito quattordici anni prima, finché mi disse che era arrivato al limite: con tono incoraggiante, dissi “Puoi anche venire dentro, se lo desideri… Ormai non posso più avere bambini, tesoro… Non trattenerti, buttala fuori tutta…”
Fui esaudita: una serie di schizzetti immaturi raggiunsero il mio utero, e lo accolsi con un lungo sospiro: “Congratulazioni, tesoro. Sei diventato un uomo!” Non uscì subito, sembrava volesse godere del calore del mio corpo più a lungo possibile. Lasciai fare, era la sua prima volta, dopotutto. Attesi pazientemente che il suo pisellino si afflosciasse, e quando capitó, si sfilò, quasi a malincuore. Presi un asciugamani e lo usai per ripulirmi la patata, gettandolo poi nella cesta del bucato. Era stato bravissimo, il mio ometto, avevo il cuore traboccante di fierezza. Dovevo però mettere in chiaro alcuni punti, per bene mio e soprattutto suo: “Ascoltami bene, tesoro. La mamma ti vuole tantissimo bene, non dimenticarlo mai. Però ciò che è appena successo è stata un’eccezione, e non dovrà capitare più. “ Mi tirai su le mutandine e aggiunsi, seriamente: “Inoltre, non dovrai mai raccontarlo a nessuno, sarà per sempre il nostro piccolo segreto.” Mi doleva essere così dura, ma era necessario; comunque mi giurò che avrebbe mantenuto il segreto. Sorrisi soddisfatta: “Bravo il mio tesoro “ dissi, dandogli un bacio in fronte, “ora però rivestiti, papà e tuo fratello torneranno tra poco…” Lo guardai tirarsi su i pantaloni, per poi tornare ai miei lavori di casa. Che giornata memorabile, pensai, non avrei mai ritenuto possibile che mi sarei presa l’innocenza del mio bambino. Sorrisi, sentendo ancora un po’ del suo seme dentro: beh, forse era stato meglio così… Dal canto mio mi impegnai per non rivelare a nessuno il mio scottante segreto, nemmeno mio marito lo avrebbe mai scoperto. Non potrò mai dimenticare il giorno in cui io, mamma Nadia, ho reso uomo mio figlio: era il 9 agosto del 1972.
Il figlio
Dopo lunga meditazione ho voluto impreziosire questo ricordo, ormai struggente, con la mia testimonianza: di tutto l'amore, il piacere e la folle trasgressione che mamma mi ha donato, rendendo indimenticabile quel giorno per tutta la mia vita. Ora che ho "digerito" la sorpresa e lo sbigottimento, posso solo dire di avere constatato quanto, ciò che capitò, è stato importante anche per lei!
Sono un maschio, ora adulto,quindi chiedo agli uomini: quanti di voi, almeno per una volta, non hanno avuto fantasie sulla propria madre? Su la mano, siate sinceri… In fondo che c’è di male? È la donna della nostra vita, le dobbiamo tutto, per questo motivo merita tutto il nostro amore.
Personalmente sono sempre stato attratto dalla mia mamma, Nadia, sin da piccolo: 47 anni, mora, un bel viso con una traccia di infantili lentiggini, un fisico morbido, seno abbondante leggermente appesantito dalle due gravidanze avute, fianchi larghi e un maestoso fondoschiena. Si, sono un amante delle formose, se ve lo state chiedendo, e la “colpa” di ciò e in parte sua. Comunque, quel giorno eravamo soli in casa, papà e mio fratello erano partiti per una gita in montagna, e come mia abitudine stavo aiutando mamma a fare i mestieri di casa. Mi piaceva la sua compagnia, avevamo interessi comuni e andavamo molto d’accordo. Sembrava una giornata uguale a tante altre, ma avrebbe cambiato le nostre vite per sempre… La lavatrice aveva appena completato il lavaggio del bucato, e armato di catino, lo portai in giardino per stenderlo al sole; recuperato un secondo carico, lo stavo mettendo a lavare, quando un particolare catturó la mia attenzione: in cima al mucchio di panni, spiccava un reggiseno di mamma, di pizzo, un tipico pezzo da signora. Come mosso da una forza aliena, presi tra le mani quel capo apparentemente innocuo che se ne stava lì buono buono, e lessi l’etichetta: sesta coppa c… Ora, non mi era molto chiaro il concetto di taglie di reggipetto, ma supponevo si parlasse di roba grossa, come nel caso di mamma; per un attimo mi persi nei miei pensieri, pensando al contenuto abituale di quel reggiseno: due cose grosse, morbide e calde, che più e più volte avevo succhiato, in un tempo lontano di cui non avevo memoria…
“Tesoro, sei giù in lavanderia?”
Quella frase interruppe bruscamente i miei sogni ad occhi aperti; “Sí, mamma, sono qui, sto mettendo il bucato a lavare!”
Frettolosamente infilai il contenuto del catino nella lavatrice, dedicando un ultimo sguardo al reggiseno, per poi chiudere l’oblò. Una serie di passi sulle scale annunciò l’arrivo di mamma: eccola, infatti, stagliata sulla soglia.
“Hai già messo il detersivo?” , e al mio diniego disse “Lascia fare a me, che voi maschietti non siete buoni…” Si avvicinò alla lavatrice, cercando tra i flaconi di detersivo allineato lì accanto; mentre era voltata, sbirciai un secondo il suo sedere: ebbi un groppo allo stomaco a quella visione, mi era venuto il batticuore. Per un secondo la vidi nuda, intenta alle sue faccende, per scacciare quella perversa fantasia: era mia madre, che cavolo! Quando si girò mi chiese:
“ Qualcosa non va? Sei rosso in faccia… Non avrai la febbre…?”
Farfugliai che stavo bene, e con una scusa sguscia via, recandomi in bagno, dove un po’ di acqua fredda mi schiarí le idee. Non avevo mai pensato a mamma in quel modo, posso capire l’adolescenza e tutto, ma qui si stava esagerando! Per il resto della mattinata cercai di evitarla, non riuscivo a guardarla negli occhi, non dopo quei pensieri sporchi. Suppongo avesse capito che ci fosse qualcosa di strano, credo che le madri abbiano una specie di sesto senso, ma non chiese nulla, forse per non mettermi in difficoltà. Anche durante il pranzo rimasi chiuso in un imbarazzato silenzio, mentre mamma era allegra come sempre, riempiendomi di domande alle quali rispondevo a monosillabi. Dopo aver lavato i piatti, mamma scese in lavanderia, per togliere i panni dalla lavatrice. Istintivamente la seguii, silenzioso come un ninja; era chinata sulla lavatrice, il vestito da casa di colore blu che indossava si era sollevato un pochino, mostrando il bianco delle mutandine e una bella parte di sedere.
Ero ipnotizzato, non mi sentivo più padrone di me stesso: avevo la testa annebbiata, e nelle mutande un’erezione stava prendendo forma. Come uno zombie, mi avvicinai, e di slancio le abbracciai la vita, premendo contemporaneamente l’inguine sul suo sedere.
Mamma sobbalzó: “Ihh! Caro, cosa ti prende? Lasciami!” Ma non volevo mollarla, la tenevo stretta, poteva pure arrabbiarsi, prendermi a schiaffi, non mi importava… Avevo troppo bisogno di lei in quel momento. “Ma cosa ti succede oggi…” mormorò, “mi fai preoccupare… Su, da bravo, lasciami…”
“Mamma…” mormorai; lei alzò lo sguardo, sorpresa, la vidi riflessa nello specchio sopra il lavandino. “Mamma… mamma… mamma…” continuavo a mugolare, come un disco rotto. Mi vergognavo come un ladro, e con uno sforzo tremendo alzai lo sguardo, e nello specchio vidi il riflesso di mamma, bella come non mai. Sorrideva: “Ora ho capito tutto… Ecco perché eri così strano. Scusami, tesoro, avrei dovuto capirlo.” Sarei voluto sprofondare dalla vergogna, ma non aveva ancora finito:
“La mamma è tanto orgogliosa di te, tesoro…Stai diventando un ometto, però non dovresti fare queste cose con me, con tutte le belle ragazze che ci sono…”
“NO!” esclamai, forse più forte di quanto avrei voluto, visto che mamma si spaventò; “È te che voglio, mamma… Te e soltanto te…”
Mamma arrossì leggermente, mordicchiandosi le labbra: sembrava intenta a prendere una decisione, se cedere alle mie lusinghe oppure no. Dopo ciò che ai miei occhi fu un’eternità, disse: “E sia. Ma bada, solo questa volta, intesi?”
Non credevo alle mie orecchie: stavo forse sognando? “Di… dici sul serio, mamma???” chiesi, incredulo. Con il suo sorriso più dolce, mamma rispose “Ma certo, amore, sul serio…”
Ero al settimo cielo, ma ora? Non mi ero mai trovato in una situazione del genere, e stavo andando un po’ in panico. Per fortuna mamma era dotata di un certo savoir fair: percepita la mia insicurezza si voltò, e chinatasi, mi slacció i pantaloni , passando poi alle mutande; quando l’elastico scivolò giù la mia erezione si palesó ai suoi occhi, nei quali mi parve di leggere un balenio di orgoglio: sorridendo disse
“Tesoro, vuoi tanto bene alla mamma, vero?” Sí, sì, tantissimo… Ti amo, mamma, avrei voluto urlare, ma mi uscì solo un flebile sì. Mamma si mise al lavandino, chinata leggermente in avanti; sollevò il dietro del vestito, scoprendo il sedere bianco, e con un morbido fruscio lasciò scivolare le mutandine alle caviglie. Ero estasiato da quella visione, non ne avrei mai avuto abbastanza: il sedere morbido che accarezzai timidamente, quel bel pertugio rosa e umido coronato da un folto triangolo nero… Tornai in me solo quando vidi mamma girata verso di me, con un’aria divertita: “ Scusa, mamma, mi ero perso un attimo…”
“Non c’è alcun problema, tesoro, prenditi tutto il tempo che ti occorre… È un giorno speciale, dopo tutto. “
Mi sentii più deciso dopo quelle parole: scappellai il mio cazzo adolescente e lo puntai all’imbocco della patata di mamma, che mi rivolse un cenno di assenso. Con la massima delicatezza scivolai dentro, lentamente, in modo da poter godere di ogni secondo. Mamma, con i gomiti puntati sul lavello, rilassó le spalle, chiuse gli occhi e mormorò
“Come sono felice… Il mio bambino è tornato dentro di me…”
Anch’io ero fuori di me dalla gioia, ma nuovamente mi fermai, impacciato; fortuna vuole che mamma fosse molto paziente, e con molta dolcezza mi istruí: “ Adesso muovi i fianchi avanti e indietro, tesoro… Ecco, così, bravo…
Mettimi le mani sui fianchi e spingi in modo regolare… Mmmm, si, esattamente così…”
Obbedivo ciecamente, visto che non ci sarebbe stata una seconda volta ero deciso a fare del mio meglio. Nello specchio vedevo che era rossa in viso, ma l’espressione era felice, i suoi occhi erano un pochino lucidi, credo fosse contenta, in qualche modo.
Mentre la penetravo, occhieggiai con desiderio le sue grandi mammelle, che danzavano avanti e indietro, libere dal reggiseno; i capezzoli erano duri, formavano dei piccoli rilievi tondeggianti nel tessuto del vestito. Che voglia di affondare le mani in quelle meraviglie, ma decisi di trattenermi, meglio non esagerare. Per una manciata di indimenticabili minuti penetrai con sommo piacere la vagina dalla quale ero uscito quattordici anni prima, finché fui sul punto di esplodere: avvertii mamma, che mi disse di venire pure dentro di lei se lo desideravo:
“Ormai non posso più avere bambini, tesoro… Non trattenerti, buttala fuori tutta.”
La accontentai: le sparai dentro alcuni schizzetti, ancora immaturi e liquidi, ma posso assicurare che avevo fatto del mio meglio. Mamma chiuse gli occhi, con un lungo sospiro: “Congratulazioni, tesoro. Sei diventato un uomo!” Aspettai ad uscire, volevo restare dentro di lei il più possibile e godere del suo avvolgente calore. Quando fu completamente ammosciato, a malincuore lo tirai fuori; mamma si asciugò con una salvietta che gettò poi nella cesta della biancheria da lavare. Nel tirarsi su le mutandine disse, guardandomi negli occhi:
“Ascoltami bene, tesoro: la mamma ti vuole tantissimo bene, non dimenticarlo mai. Però ciò che è appena successo è stata un’eccezione, e non dovrà capitare più. Inoltre, non dovrai raccontarlo a nessuno, sarà per sempre il nostro piccolo segreto. “
Giurai che non avrei mai riferito nulla ad anima viva, e mamma si ritenne soddisfatta: “Bravo il mio tesoro” disse dandomi un bacio in fronte, “ora però rivestiti, papà e tuo fratello torneranno tra poco…” Mi tirai su i pantaloni, mentre mamma tornava alle sue faccende. Non successe mai più nulla fra di noi, e dal canto mio ho mantenuto la parola data, non ho mai svelato il mio segreto a nessuno. Solo oggi ho avuto il coraggio di raccontarlo a voi; mamma non c’è più, purtroppo, ma nella mia memoria è incisa a caratteri cubitali la data del giorno in cui la mia mamma mi rese uomo...
Generi
Argomenti