Il vegano mi mangia la figa

Oggi fanno ventitré mesi che non tocco la carne.
No a bistecche, salsicce, hamburger, spiedini, costine, polpette, e…fica.
Niente che deriva dagli animali: niente uova, niente latte, niente formaggio.
Bruco l’erba, direte voi? Meglio brucare l’erba come le mucche anziché ucciderle, o torturarle mungendole. Anche le povere galline, è vero che cagano ovunque, ma le uova servono per procreare e vanno fecondate dal gallo. Non devono certo finire nel tegamino.
Dovrei procreare anche io, ma sto aspettando la mia gallina.
In effetti una bella ragazza da fecondare ce l’avrei, bisogna capire se è d’accordo. D’accordo al matrimonio. Una volta sposato potrei unirmi a lei.
Devo capire se è quella giusta. Solo allora, una volta uniti nel sacro vincolo del matrimonio, rispettando la proceduta cristiana, potremmo avere dei rapporti sessuali. Tutti tentativi atti alla procreazione, si intende.
Questo a molti di voi potrà sembrare illogico, ma io ne sono ostinatamente convinto. Le debolezze della carne vanno combattute con la determinazione e il sacrificio.
L’ho incontrata qualche giorno fa sulla spiaggia naturista. Bada bene, naturista non nudista.
Le spiagge nudiste sono per quelli che vogliono menarsi il cazzo in pubblico. Le spiaggia naturiste, nella fattispecie i villaggi naturisti, altresì, sono luoghi abilitati e riconosciuti da statuti ufficiali, che permettono di svolgere attività in completa nudità a contatto con la natura, nella condizione umana. Scevri da ogni classificazione sociale. Nudi come siamo usciti dall’utero.
Stava uscendo dall’acqua, abbronzata con i seni sodi e i capezzoli turgidi dal freddo. L’acqua le gocciolava dal petto fino a raggiungere, come un ruscello, una piccola stretta striscia di peli che si perdeva nel posto più buio del suo pube.
– Bel vestito! – le dico guardandola. Era completamente nuda a parte un braccialetto fatto di piccole conchiglie bianche che teneva legato alla caviglia.
– Anche il tuo non è male! – mi risponde stando al gioco, indicando i miei occhiali da sole scuri. Unico accessorio che indosso. Oltre a proteggermi dal sole gli occhiali mi danno modo di guardare attentamente le parti del corpo di chi frequenta questa spiaggia.
Ci siamo conosciuti così.
Poi mi ha invitato a sedere sotto il suo ombrellone. Ha tirato fuori dalla borsa della frutta fresca e me l’hai offerta. Melone e anguria tagliata in cubetti regolari e sistemata alla perfezione nel contenitore di plastica. Già mi piace questa femmina, deve essere una perfezionista.
Ci siamo dati appuntamento stasera per un post cena al diner bar del villaggio. Questa volta vestiti.
Una centrifuga depurativa per me è un calice di vino per lei.
Nonostante nel villaggio si possa stare liberamente nudi da quando si effettua il check-in fino a quando si riparte, questa sera è particolarmente fresco quindi abbiamo convenuto di vestirci con degli abiti leggeri.
Io indosso una camicia di puro lino naturale con tintura artigianale derivato dalla barbabietola rossa e dei pantaloni larghi color cachi rigorosamente senza intimo.
Lei ha un vestito lungo di cotone con le bretelline, che lascia scoperta la schiena, quasi trasparente e nessun segno di slip. Anche lei non indossa intimo e i capezzoli ben visibili sotto la stoffa indicano che non ha nemmeno il reggiseno.
Parlando, ci siamo trovati d’accordo su molte cose, mentre su altre di meno, ma per tutta la serata abbiamo conversato amabilmente.
Quando ad un tratto se ne esce quella domanda del tutto fuori luogo.
2
Forse ha bevuto qualche bicchiere di troppo, e non ha pensato a quello che stava per dire, ma a un certo punto mi fa:
– Tu mi stai dicendo… che non mangi la carne? E non hai… non hai nemmeno mai assaggiato una … vagina! Ma cosa sei, un prete? – blatera tenendo con due dita il bicchiere vuoto.
– E stai aspettando di fare sesso solo dopo il matrimonio… Davvero esistono ancora uomini del genere?! – ubriaca mi sbeffeggia a questo modo ridacchiando, senza riuscire a fare un discorso concreto.
– Taci donna! – Dice il mio cervello senza aprir bocca, e sento già il sangue ribollire nelle vene.
Poi mi guarda fisso in faccia, ma è come se guardasse qualcosa di lontano, dietro di me. Come se io fossi trasparente. Solleva una mano, la poggia sul tavolo vicino alla mia. Intreccia le sue dita con le mie:
– Sei ancora vergine…? – mi chiede lasciva.
– Io… io ho fatto… le mie esperienze… – le dico imbarazzato senza guardarla.
– Sì, e con chi? Con questa mano? – mi dice guardando sul tavolo le nostre mani congiunte.
Poi si alza ridacchiando in preda ai fumi dell’alcool e mi trascina tenendomi per mano sulla spiaggia.
Tengo i sandali con due dita con le mani sulla schiena. Lei sta correndo più avanti tutta allegra. Si è liberata delle scarpe non appena siamo arrivati alla spiaggia, lanciandole via chissà dove. Ci toccherà perder tempo, dopo, per cercarle.
Corre, barcolla, ride. Fa una giravolta. Mi chiama, non so nemmeno se ha già imparato il mio nome.
– Vieni! – mi dice – l’acqua è bellissima! – zampettando sulla riva.
– Bagnerai tutto il tuo bel vestito, se non fai attenzione.- la rimprovero.
– Andiamo a fare il bagno, su! – mi risponde in preda all’euforia. Ed entra nel mare ancora tutta vestita.
– Ma che fai? Sei vestita! – Le dico.
– Vieni anche tu, si sta da Dio! –
– Non nominare il nome di Dio invano, e riprenditi….per la miseria! – Questi comportamenti fuori dall’ordinario mi fanno imbestialire.
Fa qualche passo con l’acqua che le arriva alla vita e poi crolla giù a fondo. Vedo la scena dalla riva illuminata dalla luna. Dal villaggio proviene una leggera lontana melodia e dopo aver poggiato con cura i miei sandali sulla sabbia, entro in acqua per recuperarla.
– Vedi tu cosa mi tocca fare per questa stupida ragazza! – Penso ad alta voce mentre la sollevo. È più pesante del dovuto, si lascia andare mollemente, posseduta da chissà quale demone dell’alcool.
– Tu non lo reggi proprio l’alcool, eh? – . Le dico lasciandola cadere lentamente sulla riva. Mi tira giù e ora sono sopra di lei. Mi prende la faccia fra le mani e fa per baciarmi.
– Vieni qui da mammina, ti farò sentire quanto è calda la mia fica…- E chiude gli occhi.
– Devi essere impazzita! – urlando mi alzo di scatto – Devi tenere a mente che ogni relazione al di fuori del matrimonio è vista di malocchio dalla chiesa cattolica! E tu stai trasgredendo questa regola. –
– Lascia stare la chiesa cattolica e vieni a riempire la mia vagina… l’ho sentito, sai, prima il tuo pene gonfio sotto i pantaloni, mentre mi portavi in salvo. E… e mi hai toccato le tette, con la scusa di sollevarmi, pensando fossi svenuta. Sono ubriaca! Non sono svenuta! –
Imbarazzato non so che dire, poi rassegnato e mi siedo vicino a lei.
3
– Lo sai che le stelle che vediamo sono la minima parte di quelle che esistono nell’universo?- Dice mentre guardiamo il cielo stellato.
Ci siamo solo noi due sulla spiaggia. Lei è stesa accanto a me. Ha i capelli ancora bagnati e sporchi di sabbia.
– Mi sento così calda… – dice – …forse sto male… senti, senti il mio cuore come batte… –
Mi prende la mano e se la mette sul petto, più sul seno che sul petto. È così morbido e accogliente. Sotto ai pantaloni larghi, al buio, non vedrà La mia erezione.
Tasta tutto il suo petto con la mia mano.
– Dove sono malata, dottore? Qui, qui o… qui!?! – E nell’ultima battuta mi strattona il braccio e mette la mia mano proprio sulla sua vulva. Vuole indurmi in tentazione, facendomi distogliere da tutti i miei sani principi. Questa è una prova del demonio che devo superare.
Muove la sua mano sopra la mia cercando di infilarsi le mie grossa dita dentro. Mugola come una gattina in calore, mette il broncio, si lamenta.
– Papino, mi dai il tuo cannolo? – brontola. – Dai, papino, senti come sono bagnata per te, sgocciolo. –
Devo tirar via la mano, devo resistere… ma voglio sentire ancora un po’ il tepore e la consistenza di quella carne calda e umida. Finché tengo la mano sopra al vestito è come se la toccassi accidentalmente. Non è peccato.
Spinge le mie dita più a fondo, ora sono completamente dentro: le due dita e la stoffa del sul vestito bianco. Sento che il cotone si sta impregnando dei suoi umori. Pulsa forte il mio pene tra le cosce.
Un brivido mi attraversa il corpo dalla mano fino alla schiena, mentre lei afferrando saldamente il mio polso, si infila e si sfila le mie dita nella fica.
– Dai papino, fammi sentire le tue possenti dita trapanarmi… sfondami come una maiala, aprimi! –
Questa situazione è una vera e propria tortura, una tentazione del diavolo che mi sta seducendo con la sua lussuria.
Ma sarò più forte di lui, sarò più forte di ogni istinto sessuale. Sarò più forte di ogni fame, di ogni mia debolezza; come quando ho iniziato a mangiare solo verdure di origine biologica e ho detto definitivamente no ai prodotti di origine animale. Io non contribuirò a questo sterminio, io non diventerò un assassino.
Mi tira dal braccio e ben presto sono carponi su di lei. Sento la punta del mio pene che è a pochi centimetri dall’entrata della sua vulva. Tutto ben isolato dai nostri vestiti. Mi prende le mani e se le mette sulle sue.
– Ho voglia di te, ho voglia che tu mi faccia sentire una donna. esaudiscimi. – mi supplica.
– Ti ho già detto che non possiamo prima del matrimonio…-
– Allora sposami. Sposami qui e adesso su questa spiaggia, e poi penetrami con forza e vigore fino in fondo, fino alla fine. Fino a farmi sentire tutto il piacere del creato. –
– Sarebbe bello, ma non ci conosciamo abbastanza. Dovrò valutare l’eventualità di creare una coppia stabile con te, essere sicuro che siamo fatti l’una per l’altro prima di impegnarmi a costruire una relazione.- le spiego.
Continua a mugolare.
– Papi tu non mi vuoi… Prendimi! – Mi afferra per la testa stringendomi i capelli e mi soffoca nella sua vagina. Sento l’odore forte dei suoi anfratti.
– Non fiesko fiù a paffafe…- dico senza riuscire a parlare.
-Ohhh sì, così papi! Fallo ancora! – Urla di piacere mentre mi spinge la testa più a fondo. È calda, è umida, vibra e la sento godere sotto le mie labbra. Velocemente, con furia, solleva il vestito. Ora sono a diretto contatto con la sua vulva. Senza filtri, senza impedimenti.
Tipica mossa del demonio. Sicuramente sarà posseduta da un demonio. Non c’è altra spiegazione.
Mi avvolge un odore penetrante che mi entra nelle narici e va fin sopra al cervello provocandomi un leggero capogiro. Avvolto dalle sue gambe strette non riesco a muovermi. Provo a parlare.
– Laffiami, non fespifo… – dico ottenendo il risultato contrario.
Mi spinge ancora più giù, affogandomi nei suoi umori. È un succo dolce e acido allo stesso tempo. Non ho mai assaggiato un sapore come questo. Sento il mio pisello che pulsa e sta per schizzare.
Devo resistere. Se eiaculo, con molta probabilità, il mio seme verrà sciupato su questa spiaggia, e c’è la possibilità che la donna venga fecondata, seppur indirettamente. Devo fare attenzione, devo resistere. Le vene delle mie tempie si gonfiano, mentre mi stritola nella nella sua presa mortale.
– LAFFIAMI TI DIFO! – e mi strattono via, distante. Apro la bocca, prendo un respiro profondo. Mi tira di nuovo a sé con forza, e finisco per morderle accidentalmente le labbra. Le labbra, quelle là sotto, non quelle sopra, della bocca.
Inizia a sanguinare.
– Scusami non volevo farti male… – le dico.
Lei non capisce bene cosa succede e in preda all’orgasmo, completamente posseduta dal demone sessuale che la abita, infila di nuovo la mia testa fra le gambe.
Riesco a sentire il sapore del suo sangue, la consistenza delle sue labbra così carnose e prelibate. Mi ritornano alla mente i ricordi di quando masticavo la carne, succulenta. Inizio così, a mordicchiarle senza freni, senza riuscire a fermarmi.
I morsi diventano sempre più ampi e profondi, i denti si serrano intorno alla sua carne. Stringo forte, l’addento e la mangio. Continuo strappando la carne della sua vagina a mozzichi, posseduto dal demonio, che adesso ha preso anche me. Alla fine ho ceduto. Non sono stato abbastanza forte. E ora mi domina e si serve di me. Tenendola stretta per i polsi, chino su di lei, consumo il lauto banchetto.
Urla miste di piacere e sofferenza. Si dimena ma continuo a cibarmi del suo sesso. Strappo via la carne a vigorosi morsi, tra guizzi di sangue e saliva, lasciandole solo una crepa deforme fra le sue cosce. Le onde arrivano a lavar via il sangue che scorre sul suo corpo inerme.
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