Sputtanata dai ripetenti
Mi chiamo Carmen, abito nel nordest, sposata con Marco, coetaneo, quarantenne senza figli. Sono alta 1,70, quarta di seno e un bel fisico molto curato, belle labbra. Marco è un bell’uomo, alto come me, lavora come secondo ufficiale sulle navi mercantili e, troppo spesso, è lontano da casa. La storia che vi voglio raccontare ha avuto inizio poco dopo essermi sposata.
Circa un anno dopo, ero diventata insegnante di ruolo in una scuola statale. Il liceo, presso il quale insegnavo, era costituito da due plessi scolastici: uno era la sede centrale, dove lavoravo anch’io, ed un altro, un piccolo, era la succursale con 5 classi. Avevo una classe di una ventina di studenti, in maggioranza ragazze, ma poco dopo l’inizio dell’anno, nelle feste natalizie, un incendio distrusse quella succursale e gli studenti di quelle classi furono ridistribuiti, in po’ per ciascuno, in tutte le classi del mio plesso. Così mi ritrovai con una classe aumentata notevolmente. La cosa, in sé e per sé, non sarebbe stata molto problematica, se non per il fatto che, essendo io l’ultima insegnante assunta di ruolo in questa scuola, mi era toccata la classe peggiore. Era costituita, già dall’inizio, da quasi tutti studenti ripetenti e, con l’aggiunta di questi nuovi elementi, la cosa era andata peggiorando. Fra i nuovi arrivati, infatti, c’erano alcuni elementi veramente pessimi. Erano quasi tutti maggiorenni o lo sarebbero stati a breve. Fra i maschi, il più arrogante era senz’altro Pablo. Figlio di una coppia sudamericana, nato in Italia, non aveva nessuna voglia di studiare e la sua arrogante strafottenza era molto evidente soprattutto nei miei confronti. Già dal suo arrivo, ha subito calamitato le attenzioni degli altri soggetti che, come lui, non nutrivano nessun rispetto nei miei confronti. Un altro elemento, che dava preoccupazione, era Luca. Aveva già ripetuto una volta l’ultimo anno e, anche in questo momento, non brillava certo nello studio. Poi c’era Paola, una ripetente del loro gruppo, una poco di buono cicciona e tatuata, con i genitori divorziati. Abitava col padre anch’esso tatuato e poco di buono. Per loro ero solo una giovane professoressa che insegnava in una scuola multietnica. Non ero ben vista da loro, perché, tra note e sospensioni, mi vedevano come la prof stronza.
Per tutto l’anno ho dovuto lottare e riprendere questi ragazzi e ragazze, che fanno di tutto per non studiare ed in più, mi rendono la vita difficile ed io stessa ho deciso che farò di tutto per non farli ammettere agli esami. Mi chiedevo per quale motivo, se non avevano voglia di studiare, venivano a scuola e la risposta era molto semplice: erano dei banali scansafatiche, fannulloni, buoni a nulla, che vedevano nella scuola il passatempo preferito per evitare di andare a lavorare. Poi arriviamo alla sera del due giugno. La scuola ha fatto da tempo un gemellaggio con altre scuole, fra cui una straniera, e questo comporta scambi culturali con i migliori studenti: una settimana loro vengono da noi e viceversa. Per ottimizzare questo scambio, la scuola aveva organizzato, nella palestra dell’istituto, una cena per tutti gli studenti. Naturalmente la mia classe, essendo la più indisciplinata, viene posizionata in fondo alla sala.
Per l’occasione, essendo estate, avevo un vestitino leggero con due spacchi laterali. Quando ci siamo seduti alla tavola, con non poco sdegno, mi son trovata a sedere fra gli studenti e mi ritrovo, sui due fianchi propri i due bulli della classe: Pablo e Luca. Naturalmente ero molto seccata di trovarmi tra loro due su entrambi i lati, perché iniziarono a farmi apprezzamenti alquanto volgari. Li ho ripresi più volte, ma loro rincaravano la dose, facendosi sempre più sfacciati; iniziavano ad allungare le mani sotto la tavola, vincendo la mia scarsa resistenza. Cercavo di farli star buoni, ma uno di loro, senza che me ne accorgessi, era riuscito a scattar delle foto sotto la tavola, in cui era visibile la mano intraprendente del suo amico, per poi, minacciarmi di inviare quei fotogrammi a tutti i prof, se avessi continuato a resistere. Ho loro rivolto uno sguardo indignato, ma son rimasta calma per non creare casini; ero molto adirata e indecisa sul da farsi. Ho riflettuto su tutta la faccenda: ero appena sposata, ero al primo anno di insegnamento e la più giovane fra i professori; uno scandalo non mi avrebbe giovato, quindi ho lasciato correre. Purtroppo però quello era solo l’inizio della cena. Pablo, con fare sornione, si è avvicinato e mi ha dato un suggerimento:«Prof apri le gambe! Non opporre resistenza o scoppia un casino.»
L’ho guardato con occhi torvi e carichi di rabbia, invitandolo a smettere.«Basta! Non puoi minacciarmi. Chiamo il preside e ti faccio sospendere!»Lui, con uno sguardo ancor più arrogante, mi ha imposto di aprir le gambe.«Prof, apri le gambe! Se poi chiami il preside, diremmo tutti che son giorni che ci provochi, mostrando sempre le tue gambe nude!»
Sebbene allibita, son stata costretta ad aprir le gambe. Luca, con un gesto rapido, ha insinuato una mano sotto la gonna e mi ha strappato le mutandine, mentre Pablo continuava a scattar foto. Ero sconvolta per quello che stava succedendo; ero in pieno panico: avevo timore che qualche collega potesse accorgersi di ciò che avveniva intorno a me; ero nel panico totale, ma cercavo di non darlo a vedere. Intanto sotto la tavola mi avevano completamente alzato il vestito, insistendo a tenermi le gambe aperte.
Luca mi masturbava, mentre Pablo scattava foto a raffica sempre più compromettenti. Erano foto della mia passera sul suo telefono ed erano immagini oscene. Si vedevano benissimo le labbra molto pronunciate e sporgenti, con il clitoride gonfio in evidenza, ricoperto dal pelo biondo. Pablo mi ha sussurrato una cosa all’orecchio, mentre guardava le foto.«Prof, non si preoccupi, provvederemo ad eliminare il pelo: al giorno d’oggi è antiestetico.»Poi, con molta arroganza e sghignazzando mi ha fatto vedere il momento in cui, con il cellulare inviava la foto. Ero agitatissima, l’ho implorato, sottovoce, di non farlo e poi… a chi la mandava? Lui, infingardo, ha risposto:«Non si preoccupi, prof, l’ho mandata a Paola!»Mi si è gelato il sangue nelle vene. Paola era una ripetente del loro gruppo! Quella con cui avevo discusso proprio il giorno prima, dopo una ennesima intemperanza e che avevo minacciato di non ammettere agli esami. Ero sconvolta! L’ho cercata con lo sguardo e l’ho vista. Era seduta in fondo alla tavolata. L’ho vista con il cellullare in mano, mi ha guardato ridendo, strizzandomi l’occhio. Mi è sembrato di impazzire. Dovevo andare in bagno. Mi tolsi le loro mani di dosso e, ricomposta la gonna, mi alzai ed andai in bagno. Mentre mi guardavo allo specchio, mi chiedevo se fossi impazzita, ripensando a tutto quanto avevo permesso fino a quel momento: mi ero lasciata usare da questi bastardelli che, sicuramente, mi avrebbero rovinato la reputazione. Tra l’altro ero anche appena sposata. Mille pensieri mi frullavano in testa, ma venni riportata alla realtà dall’entrata in bagno di Paola. La cicciona, appena entrata, si era chiusa la porta alle spalle con la chiave, si avvicinò parlandomi con un tono davvero sorprendente.
«Signora prof, vedo con molto piacere che lei è molto viziosa. Lo sapevo, faceva sempre la sapientona con noi, che siamo stati bocciati, ma adesso ci prenderemo con gli interessi la nostra rivincita.»Mi prese per i capelli, costringendomi ad inginocchiarmi. Ho cercato di resisterle minacciandola, ma lei ha estratto il cellulare, mi ha fatto vedere la foto mentre stava per inviarla a qualcuno. Il mondo mi è crollato addosso! Sono caduta a terra, sulle ginocchia. Lei, con un ghigno sadico, mi ha rassicurato, ma anche sconvolto, allo stesso tempo.«Non si preoccupi. Per il momento l’ho inviata solo a mio padre: ora faccia la brava ed ubbidisca a quanto le ordino!»
Mi ha imposto di aprir la bocca e, quando l’ho fatto, Paola ci ha sputato dentro un paio di volte, obbligandomi ad ingoiare il suo sputo.«Ingoia, schifosa! Adesso ci divertiamo!»Si è abbassata i jeans e mi ha obbligato a leccarle la fica. Ero sconvolta e disgustata, ma lei, con fare ancor più sadico e arrogante, ha rincarato la dose.«Cara prof, da oggi lei è nelle nostre mani! Vedrà, che le insegneremo le buone maniere nei nostri confronti; la faremo vestire come si deve e, visto che di spazio sul suo corpicino ce n’è tanto, faremo anche qualche bel tatuaggio!»L’ho guardata sconvolta. Lei mi ha fissato e, sempre con quel tono arrogante, mi ha fatto un quadro della situazione.«Mio padre è sempre stato convinto che i miei cattivi voti fossero da attribuire al fatto che lei non sa far bene il suo lavoro, perché, secondo lui, lei non è tagliata per fare l’insegnante, ma dovrebbe far la puttana! Ecco, per lui è quello il lavoro giusto per una come lei. Non è escluso che, dopo la parentesi di oggi, non si decida a farle battere su di un bel marciapiede o, meglio, in una a camera, come puttana d’alto bordo. Sicuramente farebbe molti soldi con una come lei! Ma di questo, avrà modo di parlarne con lui; intanto, da oggi, noi siamo tutti ammessi agli esami, altrimenti mando in giro tutte le foto ed il video che le ho fatto, mentre mi leccava la figa! Adesso me ne vado, perché, con una troia come lei, rischio la mai immacolata reputazione!»Se n’è andata sbattendo la porta, mentre io, sconvolta, sono uscita ed ho vagato per ore in giro per la città, senza una meta, incapace di ragionare. Una cosa mi è ben chiara: da oggi la mia vita cambierà!
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