Lui mi trova nel buio

erotikamente
a day ago

Dal nostro archivio un intenso racconto di possessione scritto da @DagoHeron

Era rimasta sola in laboratorio, dovendo completare una serie di analisi urgenti da consegnare l’indomani mattina. Nei giorni scorsi si era un po’ trastullata tra mille pensieri diversi e il lavoro si era accumulato. Le luci erano soffuse e il silenzio regnava sovrano. Nella sua mente riecheggiava ancora la voce di Dago e, in certi momenti, non riusciva più a mettere a fuoco il microscopio. I loro sguardi si erano incrociati più volte durante il giorno, carichi di promesse silenziose, e ora quei ricordi la distraevano dal lavoro. Infilò l’ultimo vetrino pregustando il momento in cui sarebbe tornata a casa per un meritato bagno rilassante. Magari avrebbe anche lasciato correre la fantasia. E perché no, anche la mano: sentiva di non poterne più.

Finita l’ultima analisi e riordinate le carte, la luce si spense all’improvviso. Il laboratorio rimase illuminato solo dalle luci antisettiche blu. Paola, colta alla sprovvista, rimase immobile vicino al banco. Poi udì il rumore della porta che si apriva e si richiudeva alle sue spalle. Le si gelò il sangue e rimase pietrificata dal terrore. Allungò una mano verso un bisturi abbandonato sul bancone. “Tranquilla, sono io.”Finita l’ultima analisi e riordinate le carte, la luce si spense all’improvviso. Il laboratorio rimase illuminato solo dalle luci antisettiche blu. Paola, colta alla sprovvista, rimase immobile vicino al banco. Poi udì il rumore della porta che si apriva e si richiudeva alle sue spalle. Le si gelò il sangue e rimase pietrificata dal terrore. Allungò una mano verso un bisturi abbandonato sul bancone. “Tranquilla, sono io.”

Un brivido di piacere le percorse la schiena al suono di quella voce familiare. Percepì i suoi passi avvicinarsi e un’ondata di eccitazione le attraversò il corpo. I capezzoli si irrigidirono, pulsando dolorosamente sotto il camice. Le mani di lui si posarono sui suoi fianchi mentre le sue labbra le sfioravano il collo, lasciando una scia bruciante sulla pelle. Le sue carezze la percorrevano intera, facendola tremare. Le sue mani si insinuarono sotto il camice con movimenti esperti. Il tanga scivolò via lasciandola esposta e vulnerabile, mentre l’eccitazione le annebbiava i sensi e il suo sesso pulsava di desiderio. Lui le fece divaricare le gambe e iniziò ad accarezzarla, alternando il tocco dell’intera mano a quello più preciso delle dita che occasionalmente si immergevano in lei. Quando la sentì pronta, la guidò dolcemente a piegarsi sul bancone. Paola percepì una nuova pressione sul suo sesso, le labbra che si schiudevano lentamente per accogliere il membro che la penetrava con delicata insistenza.

Paola sentiva il desiderio crescere, consumarla. Voleva sentirlo dentro di sé, essere sua fino in fondo, con rude passione. Quando fece per muoversi verso di lui, la sua voce profonda la bloccò: “Non muoverti, resta così.”
“Ma io…” sussurrò lei, la voce tremante di desiderio.
“Ho detto ferma!” La sua voce era un comando che non ammetteva repliche. Con un’unica spinta decisa la penetrò completamente, strappandole un gemito profondo.

Immobile dentro di lei, iniziò a spogliarla con studiata lentezza e sicurezza. Il camice scivolò via, rivelando la sottoveste di seta che aderiva alle sue forme. Le sue mani esperte trovarono il reggiseno sotto il tessuto leggero, slacciandolo con destrezza sensuale. Attraverso la seta, iniziò a torturare dolcemente i suoi seni. I capezzoli, già turgidi e sensibili, rispondevano a ogni suo tocco: li accarezzava in cerchi lenti, li pizzicava tra le dita, alternando pressioni delicate a strattoni decisi che le strappavano gemiti sempre più intensi. La tortura stava diventando insopportabile. “Ti prego, basta…” mugolò Paola, la voce rotta dal desiderio, “muoviti…”

Finalmente lui iniziò a muoversi, con una lentezza straziante che le faceva perdere il respiro. Il suo membro scivolava quasi completamente fuori per poi affondare di nuovo in lei, il calore dei loro corpi che si fondeva a ogni movimento. Ogni spinta aveva un’intensità diversa, tenendola in costante anticipazione. Un movimento improvviso catturò il suo sguardo: la mano di lui che si allungava verso il bisturi. Il metallo freddo della lama le sfiorò la schiena mentre la sottoveste veniva tagliata in due, l’aria fresca del laboratorio le accarezzava la pelle nuda, facendola rabbrividire. Le sue mani calde presero il posto della lama, massaggiandole la schiena, le spalle, scendendo poi a strizzare con forza i glutei. Le sue mani alternavano carezze possessive a schiaffi secchi e decisi, mentre le spinte si facevano sempre più intense. Ogni colpo le strappava un gemito di piacere. Era quasi all’apice quando, improvvisamente, il suo membro uscì da lei. Non fece nemmeno in tempo a lamentarsi che una mano le afferrò i capelli, tirandoli indietro con decisione, mentre iniziava a sentire una pressione decisa ma non rude sul suo ano. Lo sentì entrare, il suo corpo che si apriva lentamente per accoglierlo, dolore e piacere che si mescolavano in un’unica sensazione travolgente. Si fermò per farla adattare, ritirandosi appena, per poi affondare di nuovo, penetrandola un po’ di più ad ogni spinta successiva, la presa sui suoi capelli che si faceva più salda mentre il suo respiro si spezzava in ansiti sempre più intensi.

Paola non resisteva più. Lo voleva, lo voleva tutto, voleva restituirle tutto il piacere e le torture che le stava infliggendo. E soprattutto lo voleva in bocca. Ma lui la teneva incastrata, bloccata sotto le sue spinte. “Allarga di più le gambe,” le sussurrò all’orecchio. Appena lei lo fece, lui spostò il suo cazzo con rude virilità nella sua figa. Paola mugolò, pregustando già una serie di spinte come desiderava da minuti. Lui invece le rientrò nel culo. E continuò a giocare tra i due buchi per un po’. Il suo respiro si faceva sempre più pesante contro il suo collo, mentre il piacere le colava lungo le gambe e lui, con un movimento improvviso, la afferrò per i fianchi e la trascinò verso una sedia.

Vi si sedette con decisione. Lei fece per girarsi ma il suo “no” fu perentorio. La prese per i fianchi e la abbassò verso il suo sesso. Paola riuscì finalmente a impugnarlo. Lo massaggiò sentendo il livello della sua eccitazione tra le dita, quanto pulsava. Se lo puntò dritto nella figa pronta a impalarsi con tutte le sue forze, ma lui la fermò. Spostò il suo cazzo sul suo culo e la spinse giù con forza. Il suo cazzo ora era ricoperto dagli abbondanti umori della figa di Paola, scivolarle dentro tutto fu molto più semplice ed intenso, strappandole un gemito profondo. La tirò contro il suo petto e le prese i seni tra le mani stringendoli con forza, i capezzoli duri che premevano contro i suoi palmi. Quelle mani forti che la facevano altalenare tra piacere e dolore, ma l’eccitazione era troppa per riuscire a dire qualcosa e si abbandonò a quel ritmo intenso, muovendosi su e giù.

Le mani di lui scivolarono lungo il suo corpo fino a raggiungere la sua figa. Le aprì le labbra e con un dito incominciò a torturarle il clitoride. Paola incominciò a muoversi più velocemente ma, dopo poco, lui le prese le gambe e gliele sollevò tirandole verso di lei. Ora lei non poteva più decidere come muoversi. Lui incominciò a muoverla su e giù lungo la sua asta mentre continuava a toccarle la figa, le sue dita che affondavano nella carne bagnata, il clitoride gonfio e sensibile sotto i suoi tocchi esperti. Paola sentì che non riusciva a resistere a tutte quelle sensazioni e iniziò a pregarlo: “Ti prego, vieni… riempimi… voglio godere con te…”
“Godi…” sussurrò lui con voce roca, “pensa a godere… regalami di sentire, di godere del tuo orgasmo… e io ti ricompenserò…”
Paola perse ogni remora. Iniziò a gemere lasciando perdere qualsiasi senso del pudore. Appoggiò la sua mano sopra quella di lui accelerando i movimenti sulla sua figa e iniziando a urlare: “Godo, godo, godo… lo senti… senti come godo… guarda come godo!” Il suo corpo era scosso da fremiti incontrollati e sentiva il suo umore colare come non mai.

I sussulti dell’orgasmo si stavano appena placando quando lui si sfilò dalla sua figa e la guidò in ginocchio, lentamente, sul pavimento. Paola sentiva ancora le onde di piacere farle pulsare il sesso mentre restava in attesa, docile, dei suoi ordini. Alzò lo sguardo verso di lui, le pupille dilatate dal desiderio che oscuravano quasi completamente l’iride, le labbra socchiuse e umide. Lui si alzò dalla sedia e le infilò una mano tra i capelli. “Ti avevo promesso una ricompensa… vieni a prendertela,” e iniziò a tirare la testa di Paola verso il suo cazzo.

Paola non si lasciò troppo pregare. Lo prese subito tutto in bocca succhiandolo con avidità per cercare di placare il suo bisogno. Poi rimase a guardarlo per qualche secondo, tenendolo in mano e massaggiandolo lentamente. Lasciò scivolare la sua mano sulle palle raccogliendole nel palmo mentre con la lingua iniziava a leccare la cappella, scivolando poi lungo l’asta, fino ai testicoli, per poi risalire.
Lo succhiò ancora un po’, bagnandolo per bene con la saliva e poi lo mise tra le sue tette, aspettando che la cappella spuntasse per poterla succhiare o leccare come aveva voglia in quel momento. Sentiva le vene pulsare sempre di più e vedeva la cappella che gli stava per scoppiare. Allora lo prese in bocca iniziando a succhiarlo con la sola voglia di sentirlo godere nella sua bocca. Ma lei si era eccitata ancora enormemente in quel gioco e lasciò scivolare la propria mano tra le gambe, toccandosi con la frenesia di venire nello stesso momento che lui le avrebbe spruzzato il suo seme in bocca.
Lui le prese la testa tra le mani e incominciò a guidarla in movimenti sempre più veloci e profondi, sentiva la cappella che le toccava spesso la gola. Sentirsi trasformata da amante in oggetto sessuale le fece perdere ulteriormente il controllo. Quando lui urlando iniziò a schizzarle in bocca lei, presa dalla doppia eccitazione del suo orgasmo e di quello di lui, succhiava e stringeva le labbra forsennatamente sulla sua asta.
Paola si abbandonò con la testa appoggiata all’inguine di lui, continuando ad accarezzare e baciare il suo membro, ancora non paga, cercando ogni stilla del suo nettare e del proprio miele. Lui era immobile, solo la mano che si muoveva sulla sua testa, accarezzandola, giocando con i suoi capelli.

La fece alzare con un movimento deciso, attirandola contro il suo corpo ancora vibrante di desiderio. La bocca di Dago catturò la sua in un bacio profondo, possessivo, mentre le mani le stringevano i fianchi con forza. Le loro lingue si cercarono, si assaggiarono, si divorarono con una fame che sembrava non placarsi mai.
“Hai una sigaretta?” le chiese quando finalmente si staccarono l’uno dall’altra.
Paola si diresse al bancone con gli occhi di Dago che non si staccavano dal suo corpo, prese due sigarette e tornò da lui che si era accomodato sulla sedia. Gli si sedette in grembo e accesero le loro sigarette, lasciando che il silenzio li avvolgesse.
La mano di Paola scivolò sul suo cazzo, giocandoci distrattamente. Lui restò immobile assaporando le sue carezze, ma presto qualcosa si risvegliò sotto le sue dita. Seguendo l’esempio di Paola, lui posò il palmo sulla sua figa, accarezzandone i riccioli umidi. Lei spalancò le cosce, lasciando che quelle dita esperte ricominciassero ad esplorarla e stimolarla.
Le sigarette restarono a consumarsi dimenticate nel posacenere mentre le loro bocche si cercavano nuovamente. Il membro di lui si indurì progressivamente, mentre lei si bagnava sempre di più. La bocca di lui scese vorace sui suoi seni, alternando morsi e succhiate che la facevano gemere senza controllo, mentre le sue mani li stringevano e tormentavano senza pietà.
Paola sentì crescere dentro di sé un nuovo desiderio e questa volta voleva il controllo. Scivolò sinuosa tra le sue gambe e afferrò la sua virilità, tenendola ben salda. La sua lingua iniziò a percorrerlo dalle palle fino alla punta, dove si soffermava a giocare. Sotto queste attenzioni lo sentiva crescere, diventare ancora più duro e massiccio. Solo quando lo sentì pronto come voleva, lo prese tra le labbra, lo accolse nella sua bocca.
Più lo succhiava voracemente, più sentiva la propria eccitazione aumentare, il suo sesso che gocciolava. Le mani di lui le afferravano i capelli: a volte la forzavano ad ingoiare più a fondo la sua carne, altre volte la tenevano immobile mentre era lui a spingersi nella sua gola.
Con un movimento improvviso la sollevò, stringendola contro il suo corpo. La trascinò verso il bancone e ce la distese sopra con forza controllata. Il freddo del metallo contro la sua pelle nuda la fece sussultare. Quando tentò di rialzarsi, la voce di lui risuonò bassa e minacciosa: “Non muoverti. Voglio che resti esattamente così… aperta e pronta per me.”
I suoi occhi verdi scrutarono attorno fino a scovare un flacone di gel per ultrasuoni, versandone una generosa quantità sulla sua figa. Le sue dita esperte iniziarono a massaggiarlo, spargendolo con cura metodica. Il suo sguardo si alzò lentamente verso di lei, e un sorriso carico di promesse oscure gli incurvò le labbra mentre osservava le sue dita lucide scivolare sulla carne tesa.

Quando sentì il suo dito scivolare dentro il suo ano, Paola comprese il significato di quel sorriso malizioso. Il gel freddo contrastava con il calore del suo corpo, facendola sussultare. “Senti come scivola bene?” Le chiese con voce roca, ruotando lentamente il dito dentro di lei.
“Sì… lo sento…” rispose lei, la voce spezzata dal piacere inatteso di quella intrusione.
“Se scivola così bene uno…” La pressione nel suo ano cambiò improvvisamente: ora erano due le dita che la penetravano, allargandola gradualmente. Un fiotto di piacere le sgorgò dalla figa aumentando il lubrificante sulle sue dita, mentre lui si guardava attorno alla ricerca di qualcosa.
Le sfilò lentamente le dita – troppo lentamente, facendola gemere per la perdita – e riprese il bisturi abbandonato poco prima. Paola lo fissava con uno sguardo tra il perplesso e il terrorizzato, il cuore che le martellava nel petto. Lui, imperterrito, appoggiò la lama piatta appena sopra il suo monte di venere. Con mano ferma e sicura, iniziò a raderla lentamente. La lama scivolava fluida grazie al gel, tracciando percorsi precisi sulla sua pelle sensibile. La paura di Paola si trasformò gradualmente in un’eccitazione primordiale mentre osservava il suo controllo assoluto. Il metallo freddo che le accarezzava la pelle, soprattutto quando si avvicinava alle labbra del suo sesso, le faceva trattenere il respiro e contrarre i muscoli interni per il desiderio.
In pochi minuti il suo sesso era completamente glabro, più sensibile che mai a ogni minimo tocco. Lui lo asciugò delicatamente con un panno, ogni passaggio una nuova tortura di piacere, poi alzò lo sguardo verso di lei: “Spero non ti dispiaccia…”
Lei lo osservò per un istante, il respiro accelerato e irregolare, cercando di riprendere il controllo. Con un sorriso carico di lussuria gli rispose: “Basta che la ripulisci per bene.” Si sollevò di scatto e gli afferrò la testa per i capelli, premendola contro il suo sesso esposto e pulsante.
Lui accettò l’invito con vorace entusiasmo. La sua lingua esperta esplorò ogni piega della sua intimità, dal clitoride gonfio e ipersensibile fino alla sua apertura grondante, dove si spingeva con forza, assaporando i suoi umori. Concentrava i suoi assalti sul bottoncino di piacere, alternando larghe leccate a rapidi colpi di lingua, succhiandolo e prendendolo tra le labbra per tirarlo delicatamente, strappandole gemiti sempre più acuti. Le sue dita intanto giocavano con le sue aperture, scivolando dentro di lei, alternandosi tra i suoi orifizi ora umidi e accoglienti, a volte penetrandola in entrambi contemporaneamente, aumentando l’intensità delle sensazioni fino a farla tremare.

“Prendimi, prendimi…” lo supplicò con un sussurro carico di piacere.
“Prima voglio sentirti godere sulla mia lingua,” ringhiò lui contro la sua carne bagnata, “poi penserò a scoparti come meriti.” Intensificò i movimenti della lingua mentre le dita la penetravano più a fondo, curvandole per stimolare i suoi punti più sensibili. Paola si abbandonò completamente alle sensazioni che la travolgevano, il corpo che tremava ad ogni tocco esperto, e lui, percependo la sua eccitazione crescente, aumentò il ritmo e la pressione delle sue attenzioni.
L’orgasmo la travolse con tale intensità che il suo nettare sgorgò copioso. Lui continuò a leccarla avidamente, la lingua che raccoglieva ogni goccia del suo piacere come se fosse il più dolce dei nettari. Risalì poi lungo il suo corpo, tracciando una scia umida di baci sulla sua pelle sensibile, fino a sussurrarle all’orecchio: “Adoro il tuo sapore. Non capisco come tu possa dire di non averne.”
“Stupido,” fu l’unica risposta che riuscì a formulare, ancora stordita dall’orgasmo, mentre sentiva la sua erezione premerle contro il ventre. Con un movimento improvviso e deciso lo fece rotolare sotto di sé. Lo fissò negli occhi, le pupille dilatate dal desiderio, mentre strusciava il suo sesso umido contro la sua virilità turgida. “Adesso stai fermo tu!”
Puntò i piedi sul bancone, sollevandosi appena sopra di lui, e guidò il suo membro dentro di sé. Il suo corpo lo accolse avidamente, ancora sensibile dall’orgasmo precedente. Appoggiata al suo petto, iniziò a muoversi su e giù lungo la sua asta, affondando sempre più profondamente ad ogni spinta. Vedendo il piacere dipinto sul suo viso ad ogni penetrazione, intensificò il ritmo, godendo della sensazione di controllo. Il suo sguardo cadde sul flacone di gel e un pensiero malizioso le attraversò la mente. Si sollevò, lasciandolo scivolare fuori dal suo corpo fremente, e versò il gel lungo la sua asta pulsante. Lui sussultò al contatto freddo del liquido, il respiro che si faceva più pesante. Dopo averlo massaggiato con cura quasi reverenziale, lo guidò verso il suo orifizio più stretto.
Lo sentì penetrarla completamente, riempiendola fino in fondo, il suo corpo che si apriva per accoglierlo mentre lui le stringeva i seni con forza crescente. “Cazzo, se continui così vengo,” ansimò lui, il viso contratto dal piacere. Paola si immobilizzò tenendolo dentro di sé, ruotando lentamente i fianchi per sentirlo ancora più profondamente. Lo baciava e muoveva i fianchi, godendo di quel cazzo duro che le riempiva il culo, mentre strofinava la clitoride contro i suoi addominali e i seni contro il suo petto. Si avvinghiò a lui, baciandolo con ancora più passione, affondando la lingua nella sua bocca, in un vortice di piacere e stimolazioni che arrivavano da ogni dove, cavalcandolo sempre più veloce, intensamente, guidata anche dalle mani di Dago sui suoi fianchi, da quanto spingeva sotto di lei.
I loro corpi si scontravano con foga crescente, i gemiti che si intrecciavano all’unisono. Il ritmo divenne frenetico, incontrollato, mentre le sue mani le afferravano i glutei guidandola sempre più velocemente su e giù lungo la sua asta. Con un ultimo affondo violento, lui la strinse contro di sé schiantandosi nel suo corpo. Il suo seme caldo la riempì completamente mentre le loro bocche si cercavano con avidità, le lingue che danzavano in un vortice di piacere condiviso. Lei sentì il proprio orgasmo esplodere nello stesso istante, i muscoli che si contraevano intorno a lui, stringendolo e mungendolo fino all’ultima goccia.
Rimasero così, gli occhi chiusi, abbandonati l’uno nelle braccia dell’altra, ancora uniti intimamente, per un tempo che sembrava sospeso nell’infinito.

Appena entrata in casa, chiuse la porta a doppia mandata e si precipitò in bagno. Il cuore le batteva ancora forte mentre faceva scorrere l’acqua calda nella vasca, guardando il vapore salire in volute sinuose. Si spogliò lentamente, ogni indumento che scivolava via risvegliava il ricordo di come lui glieli aveva tolti. Si fermò davanti allo specchio, il respiro che si faceva più corto mentre osservava il suo corpo ancora segnato dalla passione: i capezzoli turgidi che sporgevano, chiedendo altre attenzioni, i piccoli segni rossi sul collo e sui seni dove lui l’aveva morsa e baciata. Il suo sguardo scivolò più in basso, verso il suo sesso completamente glabro. Vedere la sua intimità così esposta, così vulnerabile, riaccese il fuoco nel suo ventre. La sua mente continuava a oscillare tra realtà e fantasia, mentre le sensazioni del suo corpo parlavano una lingua che non lasciava spazio a dubbi.
Si immerse nell’acqua calda con un sospiro di piacere, lasciando che il calore l’avvolgesse come un abbraccio. Chiuse gli occhi e le immagini della serata la travolsero: le sue mani che la esploravano, la sua bocca che la divorava, il suo cazzo che la riempiva. Il suo corpo rispose immediatamente a quei ricordi: il sesso iniziò a pulsare ritmicamente, i seni si gonfiarono, i capezzoli così tesi da farle male.
Il trillo improvviso del cellulare la fece sussultare. Si sporse fuori dalla vasca, l’acqua che le scivolava lungo il corpo mentre frugava freneticamente nelle tasche del giaccone abbandonato sul pavimento.
“Pronto?” rispose con voce tremante.
“Ciao.” La sua voce profonda le mandò un brivido lungo la schiena, proprio come era successo nel laboratorio.
“Dove sei… cosa è successo?” sussurrò, il cuore che le martellava nel petto.
“Ti ho seguito fino a casa tua. Sono qui sotto. Ho dovuto scomparire quando è arrivato il metronotte, ma non potevo andarmene senza sapere che eri tornata sana e salva.”
Il suo corpo reagì istintivamente a quella voce, a quella presenza così vicina. “Sono nella vasca…” mormorò con voce roca, “completamente nuda… e penso a te, a quello che mi hai fatto…” Si interruppe, il respiro accelerato. “Cosa aspetti a salire?”