Depravazione di una madre

Giovanna Esse
4 months ago

Leggi la prima parte: Fratello e sorella

Parte seconda – Niente è per niente.

Capitolo 1

La signora Dolores era il quadro preciso di ciò che avrebbe dovuto essere: una vedova perfetta. Giovanile, ma seria; ancora bella, ma composta. Aveva da poco superato la quarantina. Il suo viso era provato, un’ombra di trucco, quasi invisibile.

Indossava un tailleur nero, gonna al ginocchio, calze grigie velatissime, scarpe nere Valleverde chiuse, da vecchia. I capelli castani, non troppo curati, raccolti sulla nuca.

Se ne stava seduta sull’orlo della sedia rococò, con le gambe strette, le mani in grembo che stringevano la borsetta … tutta compunta, tutta costretta.

Non si vedeva ma, di sicuro, stava stringendo anche il culo, per la tensione e per interpretare al meglio il suo personaggio.

Era preoccupata davvero, ma voleva rendere al meglio la sua interpretazione, con la speranza di far colpo sul “buon cuore” del marchese Giraudo.

Lei lo aveva conosciuto, e molto bene, tanti anni prima, ma era una donna che non credeva troppo ai sogni, con i piedi ben piantati per terra ed era certa che lui nemmeno si sarebbe ricordato di lei: una ragazza come tante, come quelle che la posizione, la ricchezza e il prestigio del casato gli avevano permesso di cogliere, tra quelle che andavano e venivano dalla sua vita di giovane possidente scapestrato.

Al suo fianco sedeva Floriana; indossava Jeans e camicetta bianca di cotone. La ragazza non avrebbe voluto essere con la madre, certa di annoiarsi presenziando a quelle chiacchiere pietose, da adulti. Ma, adesso che c’era, non si pentiva di esserci. La madre l’aveva letteralmente costretta ad accompagnarla; per una donna sola e vedova, recarsi in casa del marchese senza un adeguato accompagnamento, sarebbe stato sconveniente.

Floriana era incantata da quel lusso, da quella mobilia vista solo nelle visite al museo, ma ciò che l’aveva colpita maggiormente era lo spazio, la grandezza opulenta di ogni cosa. Tutto era grande, a volte enorme.

Erano arrivate in taxi, nessun autobus conduceva in quel quartiere, tra quel gomitolo di vecchie strade, seppur prossime al centro di Catania. Già arrivare a piedi dal cancello alla villa era stato un viaggio tra viali circondati da aiuole di terra battuta, costellati da alberi secolari, che conferivano all’ambiente una freschezza umida e antica … lievemente triste.

Il portone principale troneggiava dietro un alto colonnato impreziosito da una loggia in marmo consunto dal tempo; di sopra, invece, la ringhiera in ferro si alternava a dei basamenti su cui erano adagiati enormi vasi di terracotta, a forma di anfora, da questi, mollemente e deliziosamente, pendevano piante bellissime, curate e lucide.

Una signora elegante, le stava aspettando e con molta gentilezza le aveva accompagnate, attraversando saloni grandi quanto la chiesa parrocchiale.

La donna spiegò che il Palazzo dei Giraudo era sotto il patrocinio dei beni culturali e che si visitava su appuntamento. Il marchese, invece, le poche volte che era a Catania, viveva negli appartamenti piccoli, una volta destinati alla numerosa servitù.

Dopo pochi passi Floriana dovette rendersi conto che il concetto di piccolo, per la signora, era molto relativo. Però, effettivamente, dopo varie porte istoriate e dorate, arrivarono ad una sala d’aspetto abbastanza usuale, dove vennero fatte accomodare.

Senza chiedere se gradivano o meno, una cameriera con tanto di grembiule immacolato, pose sul tavolino a pochi passi da loro, un vassoio di pasticcini e piccoli sandwiches, una teiera e un bricco con della cioccolata calda.

Naturalmente la signora Dolores non prese nulla, mentre Floriana assaporò il gusto forte e pastoso di una cioccolata calda e densa. Era così buona da pensare di non averne mai provata di così prelibata...

Da una delle porte proveniva un brusio, a volte concitato; probabilmente era il marchese in persona, che trattava i suoi affari.

Passò più di mezz’ora, poi la stessa cameriera di prima tornò e le accompagnò fino allo studio del marchese.

L’ufficio, più che piccolo era costipato. Completamente circondato da scaffali antichi, zeppi di libri e documenti. Era una stanza speciale, alta cinque metri, come minimo; la parte in fondo era praticamente, una enorme vetrata, antica, con le lastre leggermente opacizzate dal tempo, però la veduta che si godeva da quel punto era spettacolare. Si aveva quasi l’impressione che la stanza fosse stata costruita in funzione del finestrone.

C’erano tre scrivanie, vari computer accesi, un divano spartano, ma di eccezionale fattura e poi c’era un letto, camuffato da divano, ricoperto di stupendi cuscini di raso.

- Eh si! – disse una voce allegra, notando Floriana che fissava stupita proprio il letto, che era posto ad angolo, tra due pannelli rivestiti di seta – la signorina non si sbaglia – continuò quella voce maschile – quello è proprio il mio letto. E’ un sistema all’americana: full immersion, sempre dentro … dormo, lavoro, vivo qui … non mi chiedete però se ne vale la pena … - sorrise ancora – … però, almeno, è comodo! –

Dalle ombre della biblioteca, una figura imponente si fece avanti e la voce prese anche un corpo, il marchese le accolse con estrema cordialità.

Con sorpresa di Floriana, abbracciò e baciò la madre come se la conoscesse da tempo, cosa che fece arrossire la signora, impreparata a tanta cortesia.

L’uomo porse le condoglianze per il lutto di Dolores, poi strinse la mano a Floriana, infine le carezzò la guancia, facendole un complimento bonario … disse qualcosa riguardo ai fiori, che però la ragazza non afferrò.

Era abbastanza alto, estremamente raffinato nei modi e gentile, ma negli occhi neri il guizzo di un'intelligenza acuta e, all’occasione, perfida, non si poteva nascondere.

Era più giovane di quanto Floriana si era immaginata, ma lei si innamorò del fatto che anche lui indossava dei Jeans, sopraffini … ma sempre Jeans. Questa constatazione la rese briosa.

Anche, il suo profumo le piacque: molto particolare, pieno di venature calde, antiche, rassicuranti. Tempo dopo avrebbe scoperto che si chiamava: Habit Rouge, uno dei più vecchi profumi della Guerlain.

Mentre Floriana studiava l’ arredamento, la madre esponeva al marchese le sue vicissitudini, dandogli del voi, come si usa nel meridione.

Lui, ascoltò senza interrompere, come tutte le persone speciali, aveva la caratteristica di mostrarsi concentrato. Resta un mistero sapere se capiscono accuratamente ciò che gli si dice, oppure se se ne stanno a pensare ai fatti loro, nascondendo ad arte la loro noia.

La signora Dolores, in realtà, non cercava che un aiuto per trovare un lavoro, uno qualsiasi; la morte prematura del padre di Floriana le aveva lasciati in una situazione abbastanza preoccupante dal punto di vista economico.

Il marchese la lasciò parlare, ogni tanto guardava sia la madre che la figlia e Floriana si beava di quello sguardo, che sembrava molto interessato a lei, senza nasconderlo.

Quando la donna finì la sua esposizione, rossa in viso per la concitazione e l’emozione, l’uomo rimuginò per qualche istante senza esprimere alcun parere, con gli occhi chiusi e le mani giunte, dietro la piccola scrivania in mogano.

- Bene, bene , bene … - disse inaspettatamente – ho capito tutto! –

Si alzò e si avvicinò alla ragazza: - Fatti vedere – disse - che bella che sei diventata … e poi con una bella mammina come la tua il risultato non poteva essere che questo! – Sorrise.

La signora Dolores, invece di entusiasmarsi si rattristò, convinta che tutto quanto aveva raccontato al suo conoscente fosse caduto nel più totale disinteresse. Il marchese era rimasto il donnaiolo che lei ricordava: certo che lo ricordava, e abbastanza bene.

Ma l’altro, la stupì con affermazioni del tutto inaspettate: - Ora dobbiamo organizzarci … Devo pensare a questa faccenda. Voglio il meglio per voi, voglio il meglio per la tua famiglia … cosa pensi? Io non dimentico le amicizie e le rispetto e … a proposito, sei tu che mi manchi di rispetto! – esclamò all’improvviso.

Dolores si raggelò e anche Floriana avvertì la sorpresa.

- E certo … arrivi in casa mia … signor marchese, il voi, il lei! Io per te, anzi per voi sono Damiano, ricordi? – poi sorrise, stemperando l’atmosfera che aveva lui stesso creato – Lo so, non ci vediamo da anni, faccio una vitaccia … sempre in giro, ma non mi sono mai dimenticato del fascino della tua mamma. – disse rivolto a Floriana.

- Andate adesso, lasciatemi pensare – indirizzando altrove il suo interesse - per stasera devo anche sistemare un sacco di cose, parto per Roma, ma venerdì dovrei essere di ritorno. Dammi il tuo telefono, Dolores, ti chiamo io! -

La signora ubbidì immediatamente. Madre e figlia erano sorprese dagli atteggiamenti discordanti del marchese Giraudo, ma sperarono ardentemente che il suo interesse improvviso fosse sincero.

Si avviarono lungo il viale che portava al cancello, era quasi sera.

Non si dissero nulla per evitare che orecchie indiscrete potessero ascoltare, ma l’espressione di Dolores non era delle più entusiaste: conosceva quel tipo di persone ed era convinta che, entro dieci minuti, il marchese si sarebbe dimenticato persino della sua esistenza.

Poco prima di uscire dal cancello, la signora Dolores chiese alla figlia di prendere il cellulare per cercare un taxi. Due donne sole per quei viali potevano rischiare qualche brutto incontro a quell’ora. Ma, mentre Floriana armeggiava con la rubrica, una grossa Mercedes grigio percorse silenziosamente il vialetto fino a fermarsi pochi metri davanti a loro.

Un elegante autista ne uscì e aprendo la portiera posteriore, le invitò a salire.

- Sono Ramon, il marchese Giraudo vi prega di accettare un passaggio, prego. -

Le due donne si guardarono e senza pensarci due volte salirono, ringraziando il provvidenziale Ramon.

Dopo pochi minuti erano già a casa. Dolores era frastornata mentre Floriana era innamorata di tutto ciò che aveva visto in quella villa meravigliosa: marchese incluso.

Nonostante l’uomo avesse oltre vent’anni più di lei, non riusciva a dimenticare il fascino di quel signore. I ragazzini che già le ronzavano intorno, diventarono all’improvviso, insignificanti e scialbi.

Non comunicò alla madre tutta questa eccitazione, l’avrebbe di sicuro presa in giro. Erano sole, con la nonna di là che guardava la TV. Il fratello era a giocare a calcetto; ormai i loro rapporti incestuosi erano un ricordo lontano che entrambi cercavano di ignorare, spesso evitandosi accuratamente.

Ora, Renatino, aveva anche la sua prima ragazza e tutt’altre avventure a cui pensare.

Capitolo 2

Solo tre giorni dopo, il venerdì mattina, un fioraio consegnò un bellissimo mazzo di piccole rose bianche con un biglietto del marchese su cui era scritto: “Alle belle signore di Catania” … e null’altro.

A Dolores cominciò a battere il cuore, sperava tanto in quell’aiuto e poi, di nascosto dei figli, carezzò quelle rose, permettendosi un attimo tutto per se e per i suoi ricordi più nascosti. Poco dopo, quando i ragazzi erano a scuola, si concesse un momento del tutto privato.

Chiuse accuratamente la porta per evitare di essere disturbata dalla vecchia suocera o dai vicini e si rannicchiò sul divano, perdendosi tra i ricordi.

La sua storia, se così si poteva definire, con il marchese si sarebbe dovuta perdere nei ricordi del passato, ma invece, era ancora molto presente nei suoi pensieri, anche perché era stata la prima e l’unica volta in cui aveva tradito suo marito.

E pensare che era proprio a causa di lui, la buonanima, che lei era caduta, come si dice, in tentazione.

Una mattina di tanti anni prima, all’aeroporto, erano saliti sullo stesso aereo per Roma, insieme col giovane, affascinante nobiluomo.

Egli riconobbe suo marito, che conosceva per motivi di lavoro, e fu molto gentile con loro … Dolores avrebbe saputo, poi, che tutto quell’interesse era più dedicato a lei che ai problemi di salute dell’uomo.

La permanenza nella capitale fu più lunga del previsto e, per una serie di coincidenze ebbe bisogno di rivolgersi a Damiano, questi non aspettava di meglio … la signora Dolores era un boccone prelibato.

Per fortuna fu una storia di puro sesso, non poteva e non doveva avere futuro, né implicazioni, ma la donna non avrebbe mai dimenticato quelle quattro settimane da regina.

Damiano si era dedicato a lei anima e corpo.

Appena lasciato il capezzale del marito dopo l’ora di visite, la signora passava tutto il suo tempo col marchese: forse fu per la passione repressa da anni, per lo stress o, semplicemente, perché aveva perso la testa, fatto sta che la morigerata madre di famiglia si trasformò in una insaziabile macchina da sesso.

Ricordò piaceri sopiti, che piano presero il sopravvento e la donna, che già si stava masturbando, fu scossa da un orgasmo rumoroso ed intenso, lasciandosi andare ad esso senza remore.

Era paga e tranquilla, finalmente dopo mesi di tribolazioni e di incertezze forse tornava a splendere il sereno.

A mezzogiorno il telefono squillò e Damiano in persona invitò la donna a cena, da sola questa volta, per comunicarle importanti novità.

Paga sessualmente e resa venale dal bisogno, Dolores fece salti di gioia, non certo per la speranza di essere scopata dal marchese, ma per la probabilità di ottenere un lavoro, riuscire a sbarcare il lunario e mandare i figli all’università!

Quel pomeriggio volò rapidissimo. Dolores fece venire la parrucchiera. Procedette a una depilazione accurata e si vestì, cercando di entrare in uno dei pochi abiti decenti, sprofondato nell’armadio da un decennio.

Per fortuna le tribolazioni degli ultimi due anni le avevano fatto perdere alcuni chili acquistati con la maturità, così, ironia della sorte, poté indossare di nuovo la quarantadue.

La figlia la costrinse anche a usare un reggicalze e le nascose le collant, in più, da una sua amica, recuperò un corpetto con reggiseno, che era veramente molto sexy.

Dolores si indignò e si vergognò: - Vado a cena per forza e per bisogno, mica devo andare a fare la zoccola! – gridò alla figlia. Ma alla fine si fece convincere.

Nella testa, durante il passaggio nella macchina del marchese, ripensò a sua figlia e alla frase che aveva pronunciato Floriana, la sua bambina: - Dai mamma, metti il corsetto, non si sa mai … ! –

Eh, sì, pensò tra se, il tempo passa e anche sua figlia non era più piccola e ingenua: come ignorarlo?

Alle otto in punto entrava nel ristorante alla periferia di Catania, piccolo, accogliente, servizio impeccabile, pesce squisito!

Damiano, il marchese Giraudo, arrivò pochi minuti dopo, insieme ad un altro signore, un giovane, che però si allontanò prima che lui si avvicinasse al tavolo dove Dolores prendeva l’aperitivo.

- Grazie di tutte queste premure, mi confondete … volevo dire, mi confondi – abbozzò Dolores, alzandosi, mentre Damiano accennava un baciamani affettato.

- Non dire mai più queste cose … - disse il marchese – Tu non sei da meno a nessuno, il destino ci pone in situazioni diverse, ma le persone per bene, che hanno dignità … non sono mai da meno a nessuno, ricordalo. – Sorrise e sedette.

Poi la guardò con attenzione: - Ma sai che per te non passano gli anni? Ti trovo veramente in forma … che fisichetto … ma come fai? -

- Ah, guarda – disse la donna sorridendo sinceramente – che ti devo dire? Saranno i problemi! -

Cenarono in maniera molto leggera, con Damiano che la invitava a godersi la serata, a rilassarsi, a sorseggiare quell’ottimo bianco che la “casa” poteva offrire.

Mentre il tempo passava, la donna si preoccupava sempre di più … iniziò a pensare che l’invito fosse mirato solo a portarsela a letto, come avevano fatto anni or sono.

Non che non avesse voglia dopo due anni di astinenza e di guai, ma la sua impellenza era pensare ai bisogni della famiglia, prima che alle sue.

Il vino la riscaldava, ma non abbastanza da farle perdere la testa.

Provò a tampinare il marchese. Lui si fece per un attimo serioso … poi disse: - Eh dai, rilassati! Che fretta c’è? A tavola non si invecchia. – poi sorrise mentre negli occhi gli balenava un guizzo astuto – Non mi sono dimenticato di niente. Mi faccio un mazzo così, sai? Vado in America … giro mezzo mondo … – sorseggiò il vino – però, non mi avranno anche quando mangio … non mi piace! La moda adesso sai qual è, Dolores? – La donna fece cenno di no e Damiano continuò, allegro: - Pranzo d’affari, cena d’affari, persino la colazione la mattina … vogliono parlare d’affari! Sai che ti dico - abbassò la voce e sussurrò: - che se ne vadano affanculo! Io, almeno quando mangio, voglio essere lasciato in pace e divertirmi … o, corteggiare una bella donna come te … ah ah! – Rise di gusto.

Presero per dessert dei biscottini alla mandorla con del Passito di Pantelleria e continuarono a parlare del più e del meno, del passato.

Damiano si rilassò e la stessa Dolores, dopo una breve telefonata di controllo a casa, decise di prendere la serata … così come veniva.

- Vieni - disse il marchese – raggiungiamo un angolino più tranquillo, voglio farti vedere che posticino speciale è questo. –

La scortò all’esterno e uscirono dal locale, ma non salirono in macchina, girarono invece intorno al piccolo e caratteristico edificio che era di una rustica eleganza, nei lati che non davano sul mare la palazzina era circondata da olivi secolari.

Alle spalle, a pochi metri, iniziava la scogliera e nella sera inoltrata stava sorgendo una luna bianca, splendida.

Damiano la prese per mano – Stai attenta – le sussurrò, mentre la donna arrancava sui tacchi … impreparata al pavé sconnesso.

Non voleva dire di no.

Voleva dimenticarsi di tutto quella sera e benedisse in cuor suo la figlia, che tanto aveva insistito per farla vestire in maniera provocante. Si era accorta, infatti, degli sguardi sempre più eccitati di Damiano, ma anche della sua soddisfazione nell'averla portata con se, in quel ristorante così esclusivo.

Man mano che arrivavano i clienti, alcuni dei quali conoscevano il marchese, la sua figura di donna minuta, vestita in maniera elegante, dal corpo piacevole e prosperosa nei punti giusti, attirò, e non poco, lo sguardo e la curiosità dei convenuti.

Capitolo 3

Non raggiunsero la scogliera, come aveva creduto Dolores, appena girato l’ angolo, si infilarono in una porticina. Si inerpicarono su una piccola scala di legno e salirono l’unico piano della struttura, raggiungendo una porticina.

Dall’interno del ristorante, che comunicava con il retro attraverso la cucina, una ragazza li raggiunse, in silenzio e con aria complice, porgendo a Damiano una chiave.

Egli nella penombra aprì la porta ed entrarono in una torretta con una grande vetrata da un lato, che dava sulla scogliera e sul mare, nero nella notte.

La stanza era un’alcova, arredata semplicemente con mobili in stile marinaresco, in legno di mogano e fatti a mano da artigiani di pregevole abilità.

Nella camera c’era un divanetto rivestito di stoffa blu e un letto a baldacchino intarsiato da disegni arabescati.

La ragazza posò su un tavolino laterale un vassoio con una bottiglia di champagne nel cestello ghiacciato e da una credenza a muro trasse due calici di cristallo. Poi con un piccolo inchino, guadagnò la porta e sparì nel buio.

La stanza era illuminata solamente dalla luna.

Damiano non si mosse; restarono in piedi e in silenzio per alcuni minuti.

Dolores guardava fuori, il mare e le luci della città, sembravano così lontane da appartenere ad un altro mondo, si stupì nel non sentirsi spaventata da tutto questo.

La voce di lui la strappò dalle sue fantasie.

Si era accostato alle sue spalle e le aveva domandato con semplicità: - Vuoi luce? – e lei prontamente rispose di no.

- Ti ho pensata tante volte – le disse poggiandole le mani sulle spalle, con delicatezza.

- Allora mi batti su tutto il fronte – disse Dolores.

- Cosa vuoi dire? - rispose lui, un po’ sorpreso.

- E’ semplice ... un uomo che vive come te, avrà avuto altre cento avventure, allora si dimostra veramente delicato a ritrovare, tra tanti ricordi, una povera ragazza come me; come ero io, intendo. -

Lui sapeva ascoltare rimembrando quella breve avventura. Lei lo eccitava perché era una donna veramente semplice, senza fronzoli. Non aveva mai fatto la gatta morta: o si o no; o dentro o fuori!

Quando decise di accettare la sua corte, niente rimorsi, niente sensi di colpa, nessuna sceneggiata. Per quasi un mese fu tutta sua, lasciandosi insegnare tutto quell’erotismo che lei non aveva mai conosciuto e aveva fatto con lui cose che con il suo stesso marito, non si sarebbe nemmeno sognata di proporre.

- Per me, invece – continuò Dolores – è stato molto più facile ricordare, visto che sei stato l’unico. L’unico momento veramente bello della mia vita –

Lui si lasciò sorprendere per un attimo da quella confessione – Ma … ma, tu! Tu? Per quasi quindici anni … sei sparita, io … -

- E così doveva essere – aggiunse lei.

Poi si voltò e con gli occhi umidi lo fissò a lungo prima di baciarlo, appassionatamente sulla bocca.

Cercò di ricordare come si faceva; mosse la lingua e cercò la sua. Succhiò, premette e Damiano sentì che la testa gli girava e immediatamente il suo cazzo si inturgidì come forse non gli accadeva da tempo.

Ecco cosa aveva Dolores, la passione … ora lo ricordava... e ne aveva tanta, sempre sopita, sempre nascosta, sempre sacrificata: una famiglia povera, un matrimonio pieno di stenti, un mondo di responsabilità sulle sue piccole spalle.

Solo con lui la passione di lei era esplosa come un vulcano e adesso stava succedendo ancora... e ancora. Tutto ciò lo eccitò in maniera sconvolgente.

- Spero di piacerti ancora! - disse lei in un sussurro; poi aggiunse, enigmaticamente, - Solo per questa notte! –

Ma il marchese non mosse alcuna obiezione, pur essendo inebriato dall’eccitazione: - Solo per questa volta! – confermò a sua volta.

Dolores fu un attimo sorpresa da tanta arrendevolezza, ma ormai le danze erano aperte e aveva ben altro a cui pensare.

Damiano le porse il cazzo, appena estratto dalla patta e lei rabbrividì quando lo trovò con la piccola mano.

Erano quasi due anni che non toccava un pene... vero, voglioso e palpitante.

Per decoro si stava trattenendo, ma la sua bocca bramava di assaporare tutta quella virilità... desiderava che il desiderio di lui le esplodesse tra le labbra sotto la carezza arrendevole della sua lingua.

Quante volte, masturbandosi nel bagno aveva desiderato di fare un pompino, soprattutto le mancava il sapore dello sperma, il piacere di far venire un uomo nella bocca.

I momenti della sborrata … quando lui diventa indifeso come un bambino e per pochi istanti si abbandona completamente.

Allora il suo piacere diventa un tributo … denso, corposo, caldo e prorompente.

La sborra è un premio … un trofeo …

Significa: brava, sei grande, mi hai fatto godere … prendi!

E arriva il seme, arriva col suo odore inconfondibile, col suo sapore unico … arriva.

A volte ti riempie la pancia mentre il cazzo dell’uomo ci sguazza dentro, mentre finisce di chiavarti. Altre volte ti arriva nel culo e ti gonfia: la senti. Percepisci i fiotti che si riversano dal pene, che spinge come se non gli bastassi mai.

E poi addosso, in bocca, sui seni …

Nei suoi ditalini pensava spesso di riceverne tante di sborrate addosso; vari cazzi, del tutto sconosciuti … spruzzavano per lei ... e lei beveva, beveva litri di quel succo, succhiandolo direttamente dai grossi glandi.

Damiano la teneva stretta e i baci continuavano, mentre lui, sempre più caldo, le carezzava tutto il corpo, insinuandosi sotto gli strati degli abiti e poi sotto la gonna, accartocciandola verso il busto e apprezzando con le dita i mille punti in cui la carne e la seta si incontravano, creando un piacere al tatto, che mai dissetava l’uomo arrapato.

Felice della risposta notevole del suo pene, il marchese premendole sulle spalle, le impose di andare giù, di scendere e continuare i suoi baci, ma dedicandosi ad un altro “oggetto” del desiderio.

La donna, anche se scomoda, non volle inginocchiarsi: preferì restare accovacciata, anche se le era difficile tenere l’equilibrio sulle scarpe coi tacchi.

Era comunque decisa a dare spettacolo del suo corpo, anche se poche ore prima quasi se ne vergognava.

Tirò la gonna sui fianchi, divaricò le cosce, tanto che la mutandina bianca si bagnò immediatamente a contatto della figa aperta.

Il reggicalze a bande sottili, seguiva perfettamente le sue curve: l’inguine, la natica tornita.

Spiccava sulla pelle, non abbronzata, ma comunque scura e raggiungeva le calze grigie, velate, estremamente eccitanti.

Con le gambe aperte come dovesse pisciare a terra, Dolores prese in bocca il membro tosto di Damiano, che spuntava dal pantalone nero, insieme con la sacca delle palle, dure e gonfie, come pietre.

Senza fronzoli, la donna iniziò il pompino.

Inghiottiva e lasciava tutto il cazzo, come una vagina. A lui dovette piacere, perché le mise la mano sulla nuca e agevolò l’andirivieni lasco della testa.

Il cazzo le viaggiava in bocca, facendo avanti e indietro, senza incontrare particolari ostacoli, tranne che per la capocchia, che la urtava costantemente sull’indotto della gola, sfondandolo.

Dolores gli prese in mano le palle, pregustandosi il piacere di prendere in bocca anche quelle.

Poi, mentre continuava le sue oscillazioni cadenzate, ricordò il passato e rispolverò depravazioni sopite, che solo con Damiano aveva provato.

Conoscendo i gusti di lui, si fece spazio tra le natiche dell’uomo e con l’indice puntuto, gli trafisse il culo in un sol colpo ... a freddo.

Lui saltò dal piacere e il suo pene ricevette una scarica di adrenalina pura.

Ma non voleva venire subito. Era un amante esperto e navigato. Un uomo come Damiano non si fa trovare impreparato, mai.

Nonostante quella sera non fosse certo di quel fuori programma (portava nella mente ben altre mire) nel pomeriggio aveva preso una pasticca energetica, a base di erbe, che nel caso, gli manteneva il cazzo in tiro per un tempo indefinito. Mescolandosi all’eccitazione, che saliva alle stelle, nel marchese, sangue e umori agirono in sinergia, dandogli un’erezione che non provava da almeno dieci anni.

Sfilò il membro dalle labbra della donna, la aiuto a risollevarsi e la strinse a se gustandosi le sue forme con carezze diffuse e decise.

Era ancora piacente: una lieve mollezze delle forme e una pelle meno elastica di quella di una ventenne, la rendevano, come dire, un po’ più molle, ma questo ne faceva un “body” più lascivo e adatto alle perversioni.

Lentamente senza fermarsi, si spostarono verso il letto e lui si distese, in attesa.

Dolores ricordò altri particolari dell’antica passione che li aveva travolti … lui, allora era già un vizioso e lei lo accontentava di buon grado, pur non condividendo le sue manie.

Così iniziò a spogliarsi lentamente per il piacere del suo amante.

La luce della luna piena disegnava perfettamente la sua silhouette nella stanza in penombra.

Dolores rimase solo con la guepière, da cui pendevano i nastri del reggicalze, ma le calze le aveva tolte già, lentamente, una dopo l’altra; ma non le aveva riposte. Le aveva avvolte attorno al collo, come indossasse una sciarpa.

Si voltò per farsi ammirare, senza dare segni di piacere, lasciò che lui la valutasse; sapeva che questo lo eccitava.

Poi, sempre disponibile, si avvicinò al fianco del letto, dove Damiano giaceva, col pantalone ancora addosso, mentre dalla patta si ergeva il suo cazzo, lungo, non spesso, con il glande estroflesso completamente dal prepuzio, sempre più grosso e gonfio, le ricordò un grosso cerino dalla testa rossa.

Dolores, rammentando la lunga astinenza, non riusciva a staccare gli occhi da quel bel pene svettante … chissà se mai ne avrebbe potuto godere ancora dopo quella sera.

I suoi movimenti erano accompagnati dal battere leggero dei tacchi sul pavimento: tolte le calze, aveva indossato di nuovo le scarpe nere, come a lui piaceva.

Il marchese cominciò a tastarla con la destra, non erano carezze … premeva, soppesava il suo corpo, come un macellaio che valuta la carne di una giovenca.

Toccava i fianchi, premeva le natiche, stringeva le tette e le tirava i capezzoli al limite del dolore, poi si dedicò alle parti più intime, e lei, per non contraddirlo, si mise di spalle e si abbassò in avanti, poggiando le mani su una sedia.

Divaricò le gambe per permettere alle mani di lui di tastare e saggiare con comodità.

Si preoccupò un poco, conoscendo i suoi desideri: era tanto che la sua figa non veniva profanata. In compenso era bagnata... e molto. Bastò un poco di saliva e quattro dita di Damiano si infilarono completamente nella sua vagina, premendo con forza e dilatandola.

Per fortuna non aveva intenzione di penetrarla con tutta la mano, fino al polso, come era accaduto in passato e ora quei ricordi le offuscavano i sensi. Subito dopo dedicò lo stesso trattamento all’ano stretto di Dolores.

Lei non si sottrasse, aiutandosi con il movimento delle gambe, mentre le ginocchia esprimevano il dolore che provava, andando avanti e indietro. Dopo le mani, il marchese le pose il volto tra le natiche, per profanarla con la lingua impazzita.

Premeva, possedeva i buchi, succhiava la carne morbida tra ano e vagina, le grandi e le piccole labbra e anche il clitoride, come fossero petali di una rosa.

Gli odori della donna erano talmente forti che lei stessa li avvertì … ma lui sembrava gradire. Si percepiva da come sbuffava e da come si masturbava a scatti, per godersi l’erezione.

Una donna che non lo conosceva,sarebbe corsa in bagno una volta in camera, ma Dolores, pur desiderando di orinare da oltre un’ora, aveva resistito. E aveva fatto bene, perché adesso era proprio Damiano, pieno di foia, a farle un accurato, delizioso bidet. 

Dopo un poco lui si distese di nuovo … lei sapeva cosa voleva.

Lui era immobile e aspettava pronto, sul letto comodissimo, con le lenzuola azzurre, che profumavano lievemente di gelsomino.

Come una geisha, con movimenti servili, gli sfilò le scarpe e i pantaloni, lasciandogli le calze nere di filo di Scozia. Armeggiò col suo pene per sfilarlo dai boxer, lasciandolo completamente nudo.

Allora prese una delle sue calze e con maestria la annodò, strettissima, alla radice del pene di Damiano, al di sotto dello scroto, l’altra calza, dopo essersela infilata completamente nella figa piena di liquidi, gliela infilò in testa, fino al collo: ora sembrava un rapinatore di banche.

Il marchese era al settimo cielo. Attendeva la sua punizione, in silenzio, incredibilmente eccitato dai maneggi di Dolores, ormai totalmente troia.

Lei si tolse una delle scarpe, e iniziò la sua “passeggiata” sul corpo disteso di lui.

Era in piedi e indossava la scarpa col tacco appuntito sulla mano sinistra, mentre con la destra gli carezzava la pelle, nel punto del corpo che avrebbe, subito dopo colpito.

Iniziò dallo scroto. Scansando le palle con le dita, piazzò la calzatura sul suo cazzo e il tacco nero tra i suoi coglioni, poi, senza alcuna pietà, premette automaticamente, come una donna che sta stirando una camicia.

Damiano sobbalzò sul letto, sorpreso ed eccitato dal dolore, con l’animo squassato dal suo vizio, incapace di opporsi alla prossima “prova”.

Dolores premette e a lungo, evitando solo di sfregiarlo.

La donna era meccanica e crudele, operando quei gesti, come un aguzzino idiota. Lei non faceva che eseguire un compito, degli ordini, che aveva imparato tanti anni prima, quando dopo la visita al marito, di prassi, passava tutto il tempo con Damiano, a praticare il sesso sadico e masochista, che lo faceva andare in estasi.

Lo faceva solo per compiacerlo … una serva sessuale, in fondo.

Ecco forse era questa sola la sua parte di piacere: servire, anche quando lo puniva e lo straziava.

Gli attaccò con veemenza le ginocchia, premendo coi tacchi sulle rotule, controllando le sue mani per leggerne i messaggi e capire i suoi limiti.

Poi gli violentò l’ombelico … quando il tacco ne uscì, lasciò un segno rosso di dolore.

Dopo toccò ai capezzoli dell’uomo, furono sollecitati fino all’estremo, martellati e sfigurati col tacco spigoloso e implacabile.

Quando l’uomo sbuffava di dolore e piacere, come un torello imbestialito, la donna lo mollò.

Si allontanò da lui e si recò in bagno, accendendo le luci implacabili e fredde.

La voglia di pisciare era tanta, ma si trattenne, ormai era decisa a dargli il massimo del piacere.

Si guardò intorno, studiando l’ambiente. La stanza da bagno era grande quasi come la camera, bellissima, completamente bianca.

In uno dei lati una vasca da seduta di idromassaggio, faceva al caso loro.

Dolores la raggiunse, aprì il portellino e si accomodò, faccia al muro, inginocchiata sul predellino di ceramica.

Ora toccava a lei ... soffrire un po’!

Era in una posizione non proprio comoda e non riusciva a stare dritta nello spazio stretto, ma non importava, attese!

Si teneva alla meglio la fessura aperta … sapeva che lui la stava osservando.

Dopo alcuni minuti le ginocchia erano di fuoco, la posizione dolorosa, lui non si decideva … ma, Dolores non mollò.

Lo sentì muoversi alle sue spalle e dallo specchio lo vide arrivare. Si accovacciò alle sue spalle.

Si era tolto le calze, poi sfilò le scarpe anche a lei. Gli occhi erano allucinati, il cazzo si cominciava a stancare, voleva entrare in battaglia.

- Piscia, vacca! – le ordinò. 

Nonostante la posizione scomoda, con pochi sforzi, riuscì a scrosciare dalla figa aperta, inondandolo di una pioggia dorata e odorosa, con al quale lui si spalmò accuratamente il corpo e i genitali.

Poi toccò a lui, si mise in piedi e cercò di raggiungere il suo buchetto voglioso.

Dolores, al contatto del cazzo, stava per cedere, la posizione era scomoda e le ginocchia, ormai bagnate di piscio, tendevano a scivolare, ma cercò di resistere.

Damiano poggiò il glande sulla vagina, il cazzo tornò durissimo, ma lui non la penetrava, ancora.

Lo vedeva concentrato e dagli sforzi che leggeva sul suo viso, ormai libero dalla calza, capì il suo intento.

Pochi momenti dopo iniziò a pisciare a sua volta: lo schizzo era sottile e tagliente, per la pressione che doveva superare pur di fuoriuscire dal cazzo tesissimo: la donna la sentiva: la pipì, con violenza, cercava di farsi strada tra le grandi labbra, facendole vibrare.

Damiano fu molto porco … cominciò a chiavarglielo dentro, mentre pisciava e gli spruzzi schizzavano dappertutto, ma tanta ne penetro dentro l’utero, gonfiandolo.

Ogni infilata portava con se altra orina, che lui continuava ad emettere.

La possedette premendole la faccia contro le piastrelle, ormai era bagnata e sporca, come una puttana da trivio.

Dolores non era più in sé. Il ritmo del pene che la trapanava era ipnotico; ogni dolore svanì lasciando il posto a sensazioni voluttuose e intense, fu così che iniziò a provare l’orgasmo.

Anche Damiano, la possedette con violenza e tremante, era pronto a scaricarsi in lei. Allora le chiese se poteva venirle dentro e lei in un soffio disse: - Non prendo niente … -

- Allora voltati, mia troia e prendila in bocca! – Lei acconsentì e si girò, sedendosi a terra nella vasca sporca.

Il marchese glielo rimise in bocca, poi lasciandovi solo il glande, si masturbò davanti alle sue labbra.

Dolores aspettava il suo piacere a bocca aperta, guardandolo per capire quando sarebbe arrivato il fiotto.

Non ci volle molto … e la sua voglia fu soddisfatta e la sua libidine premiata.

Una gocciolina fece capolino dal glande; Damiano lasciò il cazzo e premette tutta l’erezione dentro la bocca: la attirò a sé tenendola per la nuca.

Tremando sulle gambe sborrò come un fiume in piena. La donna riceveva lo sperma copioso. Non riuscì a soffocare un colpo di tosse e finì che parte della roba le inondò anche il naso.

Il piacere le faceva girare la testa, finché piena di liquidi maschili si accasciò nella vasca, sfinita.

- E sì, cazzo! – pensò in cuor suo – Mi ci voleva proprio. -

Lontano, forse proveniente dal parcheggio del ristorante, un lunga strombazzata d’automobile ruppe il silenzio della notte, qualcuno protestava … chissà perché.

Damiano, si asciugò i piedi con un asciugamani e si allontanò subito.

- Vengo subito. Puoi fare una bella doccia, intanto – le disse mentre guadagnava la porta. Pochi attimi dopo lo sentì armeggiare col telefonino, infine sentì che parlava concitatamente, ma a voce bassa.

Affari suoi, dopotutto.

Dolores chiuse la porticina e aprì tutte le manette che trovava, lasciandosi schiaffeggiare dall’acqua fredda: le diede i brividi, ma servì anche a risvegliarla dal suo torpore.

Qualche attimo dopo i getti raggiunsero la temperatura desiderata e diventarono fonte di piacere e relax.

Capitolo 4

Era l’una di notte quando uscirono dal retro.

Due macchine stavano aspettando: la Mercedes con l’autista e, una di quelle Mini, tornate tanto di moda, che piacciono ai ragazzi di oggi.

- Scusami un attimo – disse Damiano e si mise a discutere con qualcuno, seduto nella macchina piccola.

Dopo poco, visibilmente incazzato, un giovane alto scese dalla vettura e salì sull’altra, affianco all’autista. Damiano scosse la testa, poi fece un gesto col braccio, una specie di saluto abbozzato e nervoso.

La macchina grande partì, e sparì rapidamente nel vialetto d’ingresso.

Damiano tornò verso Dolores e galantemente la prese sottobraccio per quei pochi metri.

- Andiamo con questa – disse – staremo meglio e potremo cominciare a parlare d’affari, finalmente. – Abbozzò un sorriso e Dolores, finiti gli sfoghi, era felice che l’uomo non si fosse servito del suo bisogno solo per scoparsela ancora una volta.

Nella Mini si stava comodi e tranquilli, una musica da notturno, veniva irradiata deliziosamente dalle casse nascoste. 

L’auto profumava di nuovo e Dolores si rilassò sul sedile di pelle aspettando che Damiano parlasse.

Dopo alcuni minuti raggiunsero un piccolo bar sempre aperto, nei pressi del porto, dove l’attività, nonostante l’ora tarda, era frenetica; si trovavano a pochi metri dal mercato del pesce.

Damiano le chiese se gradiva un caffè... di quello buono … la donna lo desiderava, ma si disse preoccupata per il suo abbigliamento “da sera”.

Lui rise di gusto: - Ma, cara amica, vuoi scherzare? Ti sei guardata intorno? –

In effetti l’ambiente era estremamente eterogeneo. Molti nottambuli facevano capolino attorno a quel luogo. c’erano pescatori e pescivendoli, con gli stivaloni di gomma e l’odore del mare sulle barbe incolte, ma c’erano anche giovani, comitive, coppie eleganti, che ancora non si decidevano ad andare a dormire.

Il bar del porto brulicava di vita e comunicava una sensazione piacevole … pulsante.

Dolores, allora, scese di buona lena, gustandosi l’odore inteso del mare nel porto e i rumori della vita che, in quel luogo, sembrava non fermarsi mai.

- Due caffè per il marchese, uno leggermente lungo – il barista, un uomo magrissimo, senza età, riferì la comanda al caffettiere e, un momento dopo, vennero serviti.

Il profumo del caffè caldo fece da corroborante e svegliò entrambi, proprio quello che ci voleva prima di parlare di cose serie; importanti.

Si spostarono solo di qualche metro con la macchina, giusto quel tanto per trasformare il caos del mercatino in un confortevole brusio.

- Allora – esordì Damiano – mi pare di averti dimostrato che non ho preso sottogamba la tua richiesta … - con la mano zittì delicatamente, ma con decisione, la donna, che voleva ringraziarlo – fammi finire sennò perdo il filo. – aggiunse con un sorriso forzato.

- Ho pensato molto a voi – continuò – e potrebbe darsi che le cose avvantaggino entrambi, perché la tua offerta è arrivata in un momento in cui forse anche io ne avevo bisogno. Però prima ti devo fare alcune domande, va bene? –

- Certamente, dimmi tutto ciò che ti serve sapere – rispose Dolores, solerte.

- Tua figlia, quella ragazza con cui sei venuta a trovarmi, è fidanzata? – chiese lui, in maniera tanto diretta da rendere la donna leggermente sorpresa e guardinga.

- No, assolutamente no, poveretta – poi sentendosi in confidenza, si rilassò e aggiunse – Vedi, Floriana è stata la più colpita dalla disgrazia di mio marito. La poveretta in piena pubertà, proprio quando le ragazze fanno le prime amicizie e le prime esperienze, che diciamocelo, ci vogliono e sono anche formative, no? – guardò verso il marchese per studiarne la reazione.

- Certo, continua! – disse lui, ascoltando attentamente.

- Insomma, voglio dire, negli anni più belli della gioventù se n’è dovuta stare barricata in casa, con la nonna vecchia e il fratello piccolo a cui badare, insomma per quasi tre anni non si è potuta permettere una vita propria … un’amicizia. – continuò, un po’ commossa – Ha tanto aiutato, quando ne abbiamo avuto bisogno. Andava anche poco a scuola, ma grazie alla sua buona volontà, ha studiato sempre. Si è fatta apprezzare moltissimo, tanto che, nonostante le assenze, ha meritato lo stesso la promozione ogni anno e a pieni voti.

Non perché è mia figlia, ma è veramente una ragazza d’oro. –

Damiano aveva seguito attentamente la sua esposizione.

- Quest’anno, nonostante la fine del papà, si è anche diplomata, sai? – concluse con orgoglio.

- Brava! Mi fa piacere - disse il marchese – e quindi è vergine? –

Dolores ebbe un piccolo sussulto – Gesù … sì! E’ chiaro che sì … ma perché mi fai questa domanda, scusa se te lo chiedo? – la donna era leggermente a disagio: non riusciva a seguire i pensieri di lui.

- Se te lo chiedo è perché è importante per la mia idea, capisci? -

- Va bene, non ti arrabbiare con me, sono nelle tue mani e ho tanta fiducia … - poi aggiunse – e bisogno. -

- Ecco, appunto – la fissò – ascoltami attentamente, Dolò, se le cose che penso si possono attuare, la vostra vita, e mi riferisco a te e a tutta la tua famiglia, potrebbero cambiare, potrebbero avere una svolta … notevole. – poi continuò con un’altra domanda – E dimmi, sareste disposte a trasferirvi … a cambiare casa, intendo? –

- Mi chiedi una cosa strana … e dove dovremmo andare? La casa dove stiamo è … diciamo era di mio marito, ma con usufrutto della vecchia mamma, la nonna di Floriana, insomma. – era confusa, non sapeva cosa aggiungere.

- Sarò chiaro e diretto, Dolores e, scusa la franchezza, sarò anche duro … e te lo chiederò una sola volta. Ascolta con molta attenzione, va bene? –

La donna aveva le mani sudate e si preoccupava per la piega strana che aveva preso il discorso.

- Se vuoi un posto da cameriera o da sguattera, non ti preoccupare: lunedì, quasi certamente sarai già impegnata … senza orari, a faticare anche dodici ore al giorno. Ma, ripeto, se vuoi questo, per te … per voi, a cinque, seicento euro al mese, stai pur certa che te lo trovo. – La fissò con gli occhi acuti, era molto serio adesso, distaccato. L’intimità di poco prima, mentre stavano scopando insieme, era sparita.

Poi continuò: - Ma, se tu lo vuoi, io posso cambiarti la vita … a te e ai tuoi ragazzi. Ora ti dico di cosa ho bisogno.

La governante della vecchia villa, la donna che vi ha fatto entrare, ricordi? Ecco, quella!

A parte che ormai è quasi in età pensionabile, deve andarsene. Ha la figlia in Svizzera e ormai è deciso, fra due mesi va via.

La nostra villa è ormai sotto il patronato della Sovrintendenza; è mia, ma è come se non lo fosse più, perché tra poco diventerà ufficialmente una specie di museo in un percorso culturale … insomma, le solite menate.

Per me è meglio così, perché mantenerla aperta sarebbe stato troppo costoso e inutile, visto che a Catania ci sto molto poco. I miei interessi sono all’estero e i miei affari li tratto ormai a Roma.

Nella zona retrostante l'edificio, dove siete state l’altro giorno, le vecchie cucine e le stalle, sono state riadattate ed ora formano un solo, grande appartamento, diviso in due, con un solo ingresso.

In uno c’è il mio ufficio, altre due stanzette e il mio bagno privato, l’altro appartamento ha cinque belle camere, adesso sono vuote, poi ha la cucina e due bagni … in più, quando andrà via la governante, si libera un mini appartamento ricavato nel piano superiore, che terrò per gli ospiti; anche questo è indipendente. Mi segui? – osservò le sue reazioni, ma Dolores non poteva far altro che ascoltare, senza capire.

- Bene – disse il marchese – ed ora veniamo al nostro accordo, eh? –

- Dimmi... sto cercando di capire – disse la donna, attenta ad ogni parola.

- Dunque: la Villa ha bisogno di custodia notturna ed io ho il diritto di deputare una famiglia di mia fiducia. Non confondere con la “sicurezza” dei beni, che è già affidata ad un istituto di sorveglianza … professionisti. Allarmi, telecamere, eccetera, e, in più, si occupano della guardia notturna e festiva; mentre negli orari di apertura ci saranno dei custodi, impiegati della sovraintendenza.

Però a tutela del bene, mio e comune, ci vuole anche, questo è l’accordo, qualcuno che segua la casa, con la cura “del buon padre di famiglia”, questa è la definizione legale.

Naturalmente, vale anche per una “donna”, al tempo d’oggi. –

Era quasi l’alba, i rumori del porticciolo si erano assopiti, i primi pescherecci si allontanavano dalla banchina, tamburellando con i motori nell’aria fresca, intanto i gabbiani si erano svegliati e strillavano nel cielo..

- Ecco cosa ti chiedo, perché mi fido di te. Anche se non ci siamo frequentati assiduamente, credo di aver capito che persona sei e mi piaci. Niente fronzoli, niente grilli per la testa … adesso, come allora … quando eravamo più giovani. -

- E cioè, che cosa dovrei fare? – disse sinceramente – Scusa, non voglio sembrare stupida, ma mi pare un accordo importante e, lo dici tu stesso, io cerco di essere una persona seria. -

- E’ semplice – disse Damiano – voi diventate persone mie, di mia fiducia. Nota bene, non guardiani, ma tenutari in nome mio e per mio conto … dovrai sovraintendere alla casa, alla Villa, controllare per me che non avvengano abusi, che i patti siano rispettati … che ne so, che il giardino sia ben curato, che le pulizie siano fatte con accuratezza … insomma, voi diventate persone “mie” … poi il mio avvocato ti spiegherà meglio tutto l’accordo e il contratto con la Regione. -

- E’ bellissimo – disse Dolores seriamente preoccupata – meraviglioso, sembra una fiaba … ma io devo lavorare … io non ho rendite e, quel poco di pensione, è lontana, sempre se ci arrivo … come faccio? -

Damiano rise di gusto – Che scema, ma te lo sto dicendo, questo sarà il tuo lavoro! -

- No, non ho capito – era veramente perplessa – mi danno una casa così, e mi pagano pure? –

- E certo! – disse il marchese divertito – allora non lo capisci? Te l’ho detto: è una proposta eccezionale, unica nella vita. Tu devi tenere la casa con decoro, controllare per me che tutto fili per il meglio e in cambio riceverai un vitalizio di trentacinquemila euro all’anno, una macchina di servizio e il rimborso mensile delle spese documentabili. –

-Non ho capito? – stavolta Dolores saltò davvero sul sedile – mi dai trentamila euro .. a me, all’anno? -

- Trentacinquemila, per essere precisi – Damiano rise di gusto – e non te li do io, ma la Sovraintendenza ai monumenti … te lo ripeto, non farmi perdere tempo con i cavilli legali e le nozioni tecniche! Lunedì, se accettate, parlerai con i legali per tutti i dettagli … e tieni presente che questo è solo l’inizio … della nostra, come dire, collaborazione.

Sicuramente la parte meno importante. –

Dolores era veramente stupita... la bocca si era seccata per l'emozione... un calore forte le era salito alla testa.

- Vorrei prendere una boccata d’aria fresca, disse, mi sento strana … saranno le emozioni, non so -

- Vuoi bere? - le chiese.

- Vorrei, ma non ti disturbare – poi aggiunse - veramente dovrei fare anche pipi. – 

- Vieni – disse lui – raggiungiamo il bar a piedi, ci farà bene! –

Così scese dalla macchia e si appartò, facendo del suo meglio per tenere un portamento naturale, nonostante i tacchi a spillo e il selciato sconnesso e la testa che le girava, vorticosamente.

Dopo poco, tornando verso l’auto, Dolores, più lucida, parlò – Adesso, Damiano, non ti offendere per favore, ma dimmi la verità … questa fiaba è troppo bella per essere vera, tu, cosa vuoi in cambio … a cosa ti servo veramente? –

- Sei sciocca se pensi così, lasciamelo dire – lui si fermò – Non si tratta di cosa voglio “per me”, ma di cosa voglio “per voi”. La mia proposta è solo un colpo di fortuna, occasionale, come tanti che te ne possono capitare … -

- Si – lo interruppe Dolores – ma fino ad ora solo i problemi mi sono piovuti addosso ... – disse amara.

- E allora! Mica solo guai devono arrivare? Sei venuta da me al momento giusto, tutto qui. Io non voglio niente di particolare, non ci sono quasi mai … solo, ecco, una cosa ce l’avrei a cuore: Floriana. -

Dolores si irrigidì, ma non rispose subito per evitare di essere aggressiva. “Che cosa vuole?” pensò tra se “ ha oltre vent’anni in più della mia bambina!”

Damiano continuò incurante, come se non si fosse accorto della tensione che stagnava nell’aria – Mi è piaciuta subito quella ragazza, sai? Ho intuito che ha molto sofferto; e si vede che è molto sola. Non voglio che la sua vita continui così … è un vero fiore, peccato sciuparlo e farlo avvizzire in questo modo. – la donna stava per intervenire, ma lui la interruppe con un gesto deciso della mano.

– Ecco, cosa voglio. Voglio che la vita di Floriana cambi. Che sia felice … esca e si diverta … che impari a fare spese ... a godere della gioia della vita prima che sia troppo tardi e vivere un'esistenza fatta solo di rimpianti, quindi … - e fece una lunga pausa soppesando bene le parole per stemperare la tensione che si era creata – Quindi … se tu accetterai la mia proposta, voglio che Floriana cominci a vivere … e per aiutarla e proteggerla, le darò un nuovo amico, un mio pupillo, un giovane di ottima famiglia a cui tengo molto, capisci? -

A Dolores non era del tutto chiaro, ma fece un movimento affermativo con il capo.

Damiano continuò spontaneamente: - Vedi, io amo molto i giovani, penso che essere felici, spensierati sia un loro diritto … così proteggo Roberto... molto presto lo conoscerai. E così allo stesso modo vorrei proteggere e salvaguardare la felicità di Floriana.

I ragazzi si frequenteranno come amici … e poi chissà ... come diciamo qui da noi? Se sono rose ... fioriranno. -

Era la proposta più strana e inaspettata che le potessero mai fare, ma era allo stesso tempo molto allettante. Dolores stava per dire qualcosa, ma Damiano le impedì di nuovo di ribattere alle sue parole: - Lasciamo perdere, adesso. Tu mi hai capito perfettamente, e poi, c’è ben poco da capire, no? Mi serve una famiglia di amici, per bene, fidati, per affidare nelle loro mani la mia casa.

In cambio non voglio altro che dare felicità e indipendenza economica a Floriana, purché accetti di frequentare, anche senza impegno, Roberto. – poi fissandola negli occhi, ma con molta decisione: - Naturalmente sempre che tu mi garantisca che la ragazza è ancora illibata, sai – aggiunse con disinvoltura – non voglio guai, perché Roberto è il rampollo di una famiglia molto agiata, all’antica e timorata di Dio … tu mi capisci! –

Salì in macchina per accompagnarla, ma non accettò ulteriori discussioni.

- Andiamo a riposare. Lunedì aspetto la vostra risposta … e la tua rassicurazione ... su quella “cosa” … - e concluse: - Solo questo ti chiedo, sii precisa, non fatemi fare una brutta figura. –

E le lanciò uno sguardo che era anche un monito preciso...

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