Il sussurro di una moglie schiava

Canta Storie
9 days ago

 Il giorno che ho conosciuto mia moglie era letteralmente distrutta. Era seduta da sola ad un tavolino in pub con un cocktail di fronte e altri tre bicchieri vuoti, il viso rigato dalle lacrime e un’espressione di totale smarrimento. Non si reggeva in piedi e così l’accompagnai a casa.

Sono passati cinque anni, oggi sia io che lei ne abbiamo ventisette e siamo sposati da un anno. E del suo passato, di quello che è successo non ne ha mai voluto parlare. E forse questo era il primo problema, c’erano troppe cose non dette. Con il passare del tempo avevo la sensazione che tra di noi non andasse proprio tutto bene, sentivo che si tratteneva e io facevo lo stesso. E il sesso ne risentiva, eravamo meno affiatati. Le cose, però, stavano per cambiare. Una notte, mentre eravamo a letto si avvicinò a me e mi abbracciò. Era un abbraccio bagnato, piangeva.

         «Non abbiamo mai parlato di quello che è successo!».

Era vero, ma perché tirare fuori ora quella storia? Così, all’improvviso?

         «No, mai.».

         «Io… non sono la brava ragazza che hai sposato. Quella che conosci. Prima ero…».

Non riusciva ad andare avanti.

         «Non serve dirmi niente se non riesci.».

         «No, è necessario. Prima appartenevo a qualcuno. Lui comprendeva tutto di me, mi leggeva dentro.».

         «Non capisco, Jessi».

Jessica è il nome di mia moglie, ma per me è Jessi.

         «Ero una sottomessa, Carlo. Una schiava. Ne avevo la necessità e ce l’ho tutt’ora.».

Fu uno shock. Non riuscivo a parlare. Non sapevo cosa dire, anche se nel profondo questa rivelazione mi aveva provocato una certa eccitazione.

         «Facevo qualsiasi cosa Lui mi ordinasse e ne godevo in modo totale.».

Non so come spiegarlo, ma l’idea che qualcuno avesse quel tipo di potere su mia moglie… mi rendeva estremamente geloso e al tempo stesso euforico.

Restavo in silenzio, non riuscivo a dire nulla. Anche perché non riuscivo a capire nulla di quello che stavo provando.

         «Ti starai chiedendo perché proprio ora!».

Era vero. Era una delle domande che mi balenavano per la testa.

         «Lui è tornato. L’ho rivisto a lavoro. Ed è bastato un suo sguardo di sfuggita per accendermi.».

         «Accenderti?».

         «Amore mio, non la prendere a male. Quello sguardo mi ha fatto tornare alla mente tutti quei momenti di pura sottomissione ed eccitazione e… mi sono bagnata. Sono corsa in bagno e mi sono masturbata.».

Piangeva mentre mi rivelava questa cosa, come se mi avesse tradito. Io sentivo solo la gelosia crescere dentro di me e, mi vergogno un po’ a dirlo, non fu l’unica cosa a crescere. Mi era diventato duro come il marmo.

         «Penserai che sono una zoccola ed un’egoista per quello che sto per chiederti. Ho bisogno di essere sottomessa a Lui, ma voglio che tu sia al mio fianco in questa cosa. Io ti amo e voglio condividere questo lato di me con te. Credi di potercela fare? Credi di poter accettare questa parte di me?».

Mi stava chiedendo il permesso per tradirmi. Mi sentivo strano e mi meravigliavo di me stesso. Sia per il membro durissimo che mi trovavo, sia per quello che stavo per rispondere.

         «C’erano cose non dette tra di noi che stavano minando il nostro rapporto. Per quanto possa essere uno shock sapere di questo tuo lato, sono felice che non ci sono più segreti. E ti amo nello stesso identico modo di prima. E proprio perché voglio che d’ora in poi il nostro rapporto sia assolutamente trasparente…».

Le presi la mano e la portai sul mio membro duro. Era rimasta felicemente sorpresa.

         «Questa è la reazione che le tue rivelazioni hanno avuto su di me. Se mi prometti che saremo insieme in questa cosa, farò di tutto per renderti e renderci felici.».

         «Ti amo!».

Quella notte rivelatrice era iniziata con le lacrime di mia moglie sul mio petto e terminava con le labbra di mia moglie che dopo aver baciato le mie scendevano piano piano lungo il petto, giù fino ad avvolgere la cappella gonfia della mia erezione...

Parte due

 I giorni passavano tranquilli come se le rivelazioni di quella notte non fossero mai esistite. Era passata una settimana oramai e nessuno dei due era tornato in alcun modo sull’argomento. Un pomeriggio poi mi arrivò un messaggio di mia moglie Jessica sul telefono: “Vieni al bar di fronte al mio ufficio alle 18, Lui ti vuole parlare.”.

Lo aveva scritto davvero con la “L” maiuscola. Può sembrare una sciocchezza, ma vedere l’importanza che lei gli dava, anche solo in un messaggio, mi scatenava un groviglio di emozioni e sensazioni che ancora oggi non so ben descrivere.

Ero a casa e lei lo sapeva, come era conoscenza del fatto che non avevo impegni per quella sera. Non potevo accampare scuse.

Di solito andavo agli aperitivi vestito casual, al bar alle 18 è un aperitivo in piena regola. Eppure iniziarono a sorgere dei dubbi. Era il caso di vestirsi in jeans e maglioncino? Era metà ottobre e le temperature era decisamente più alte rispetto alla media. C’erano giorni in cui ancora uscivo per una camminata in maniche corte. Piccola digressione sul meteo anomale degli ultimi anni, torniamo a noi. Il problema ovviamente non era il meteo bensì l’occasione in cui mi trovavo. Stavo per incontrare il padrone di mia moglie, non potevo certo apparire sciatto o non mostrare rispetto per lui. Optai quindi per un classico giacca e cravatta.

Il bar davanti all’ufficio di mia moglie era frequentato praticamente da persone che vivevano in giacca e cravatta – e questo mi rese meno imbarazzato nell’essermi vestito così. Entrai e subito vidi Jessica corrermi incontro sorridente. Mi abbracciò e mi baciò. Mi condusse poi ad un tavolino abbastanza appartato in uno degli angoli del locale, là ci aspettava Lui. Lei si sedette accanto a lui, io ero di fronte. Già era chiaro. Lei era dalla Sua parte.

Facemmo le presentazioni. La prima impressione era quella di un nostro coetaneo abbastanza alla mano. Un tipo calmo e pacifico, calma da cui però si sprigionava una certa imponenza. Non so bene spiegare la sensazione, ma era come se mi trovassi alla presenza di un re o di un capo di stato. Provavo lo stesso disagio che avevo davanti ai professori durante l’orale della mia maturità. Qualsiasi cosa avrei detto e fatto, Lui l’avrebbe vista, analizzata e avrebbe tratto le sue conclusioni. Mi sentivo sotto esame e la cosa, stranamente, stava avendo l’effetto di creare una certa eccitazione.

         «Carlo, perché sei vestito così per un aperitivo?».

Fu mia moglie Jessica a criticare il mio abito.

         «Jesse, hai perso un’occasione per stare zitta. Tuo marito mi sta mostrando il rispetto che merito.».

Mia moglie divenne rossa come un peperone. Era stata rimproverata. Ma cosa ancora più importante, l’aveva chiamata Jesse. Quello era il modo in cui io e solo io la chiamavo. Un altro elemento che mostrava che Lui se la stava prendendo.

         «Veniamo a noi, Carlo. Tua moglie ti ha detto tutto?».

         «Sì!».

         «Ti ha detto che ha intenzione di riprende il suo ruolo di sottomessa?».

         «Sì!».

         «E ti sta bene?».

Feci passare qualche secondo in più questa volta, secondi che sembravano un’eternità.

         «Sì!».

Oramai non si tornava più indietro. Avevo dato il mio consenso. Mentre quelle due lettere uscivano dalla mia bocca, sentivo lo stomaco che era in subbuglio. Non avevo toccato minimamente il drink che avevo ordinato e nemmeno gli stuzzichini e le focaccine che erano arrivate insieme ad esso.

         «Il ruolo di tua moglie è chiaro! Il tuo invece un po’ meno.».

         «Non capisco.».

         «Lei mi ha riferito che vuole renderti partecipe. Il tutto sta nel capire in che modo.».

         «Amore, ti sta chiedendo se vuoi semplicemente essere cornuto, se vuoi assistere o se invece vuoi partecipare attivamente.».

         «Io… non lo so. Io…».

         «Dovremo scoprirlo nel mentre dunque.».

Senza nessun tipo di preavviso prese il mento di mia moglie con la mano destra e la forzò in un bacio appassionato. Vidi mia moglie sciogliersi. Si godeva quel bacio, il contatto con le sue labbra, il sapore della sua saliva. Io … io invece ero geloso, geloso marcio ed eccitato. Bastò quello a farmelo diventare duro. E credo proprio che quella fosse la reazione che si aspettava Lui, dato che chiese a mia moglie di verificare.

Jessica si alzò e venne verso di me. La sua mano sinistra si infilò prepotentemente nei miei pantaloni e afferrò la mia erezione.

         «Non so se sarà partecipe, ma di sicuro abbiamo un bel cuck. Un cornutino a cui piace assistere!».

         «Bene cornutino. Direi che abbiamo la nostra prima risposta. Ora tornate pure a casa, qua pago io. E, Carlo, stanotte scopa come si deve tua moglie che da domani inizia il periodo di astinenza forzata.».

         «L’astinenza è anche per me o solo per Jesse?».

Non so perché o da dove mi uscì, fu una cosa assolutamente istintiva, che provocò un sorriso sinistro sul Suo volto. Jessica era euforica. Non c’era ancora nulla di certo, ma pregustava il fatto di poter vivere la sua sottomissione a Lui con me come suo supporto attivo.

         «Dato che non hai un’amante devo intendere che vuoi sapere se puoi masturbarti.».

Non dissi nulla. Mi ero accorto troppo tardi di quanto dovevo apparire debole e sottomesso.

         «Hai il mio permesso di masturbarti se ne senti la necessità!».

Durante il ritorno non parlammo molto. Arrivammo a casa, ci spogliammo e finimmo subito avvinghiati l’uno all’altra. Lei era sotto di me, le gambe aperte e il suo pelo bagnato sopra il monte di venere mostravano tutta la sua eccitazione, mentre io duro ed eccitato mi facevo strada dentro di lei. Sentivo le sue pareti umide avvolgere il mio membro e godevo di quella stupenda sensazione.

Jessica mi guardava negli occhi mentre la penetravo.

         «Oggi sei più pimpante del solito vedo.».

         «Merito tuo che mi ecciti tantissimo.».

         «Merito mio, o di Lui? Quando ti ha dato il permesso di masturbarti avevo il tuo cazzo ancora in mano, amore mio. L’ho sentito crescere come non mai in quel momento.».

         «Non lo so davvero, amore. In questo momento ho solo due certezze.».

         «Quali, amore?».

         «La prima è che ti amo e che voglio che tu sia felice e voglio vivere questa felicità con te.».

         «Ti amo anche io, amore. E la seconda?».

         «Voglio che mi chiami “Cornutino mio”!».

Questa mia affermazione accese maggiormente mia moglie che cambiò all’improvviso posizione. Si mise sopra di me a cavalcioni ed iniziò a cavalcarmi furiosamente.

         «Non resisterò a lungo!».

         «Vieni! Vieni dentro di me, mio bel cornutino!».

Jessica continuava ad incitarmi e io, da bravo maritino cornutino, obbedii e venni dentro di lei copiosamente.

In quel momento non potevo saperlo, ma quella fu l’ultima volta che venni dentro il sesso di mia moglie Jessica. 

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