Faccio mia quella troia della prof di italiano

Alex
a month ago

Mi chiamo Giulio, a 19 anni e frequentavo la terza superiore. Sono stato bocciato due volte perché la scuola non era il mio forte. Frequentavo un istituto professionale, in cui per i professori era molto difficile fare lezione. Eravamo molto casinisti. Ad insegnare italiano, quell’anno era arrivata Noemi, neolaureata di ventisei anni. Castana, occhi verdi, fisico tonico ed uno sguardo pazzesco. Veniva a scuola con pantaloni stretti e tacchi. Nonostante la sua bellezza, faceva fatica ad imporsi alla classe e le sue ore erano un cazzeggio generale. Ormai non provava nemmeno più a far lezione, cercava di coinvolgerci in tutti i modi, ma, battute volgari a parte, faticava ad ottenere qualcosa dalla classe. Sfruttando gli studi in psicologia, mi aveva individuato come il leader della classe e aveva voluto parlare con me. Io, da ormai due mesi, ero in fissa con lei. Da quando aveva accettato la mia richiesta su Instagram, non avevo fatto altro che guardare e zoomare le foto dei suoi piedini. Un bel 37, sempre smaltato, abbronzato. Volevo farli miei. Sono feticista e nelle esperienze con le ragazze richiedo sempre di giocare coi loro piedini.

Noemi, al termine della scuola chiese un piccolo colloquio con me. Io accettai di confrontarmi con lei, e già mi aspettavo dei rimproveri per la mia condotta negativa. Invece, contrariamente alle mie attese la prof cercò la via del dialogo costruttivo, chiedendomi perché mi comportassi da bullo, se c’era qualcosa che non andava a casa.

Io per non togliere la maschera da duro dissi: “Tutto bene! Non è un problema mio se non sa farsi rispettare”.

“Sai sono giovane, non è che potresti aiutarmi?” chiese.

Un po’stranito dalla richiesta risposi; “Io che ci guadagno”.

“Eviti la bocciatura, e avrai un voto migliore in condotta. Dal consiglio di classe la tua situazione è critica”.

Io dissi: “Della bocciatura non me ne frega un cazzo. Men che meno di aiutarti. Ti ho dato retta abbastanza, e solo perché sei figa”.

Noemi mi mandò a quel paese. Io gli dissi: “A pensarci bene, se me lo chiedi scalza sono disposto ad aiutarti”.

“Sei matto, evito di aver sentito”.

“No hai sentito eccome, fammi vedere quei bei piedini che ti ritrovi e nessuno farà più casino”.

Non mi diede risposta, seccata se ne andò.

Il giorno dopo ho fatto del mio peggio e le due ore con lei furono veramente ingestibili. I miei compagni fecero molto casino e lei visibilmente arrabbiata non aspettava altro che la fine dell’ora.

Al termine delle lezioni la affiancai all’uscita e le dissi: “Hai visto di che cosa siamo capaci, bei piedini?”.

Lei mi disse: “Smettila davvero. E poi dove li avresti visti?”.

“Su Instagram è pieno di foto. Immagino quanti ragazzi si seghino su quelle foto”.

Mi piantò una sberla e se ne andò.

Il giorno dopo mi convocò nell’aula professori. Io sono palestrato, biondo e con occhi verdi, potrei pure piacergli, se non per il carattere.

“Giulio, ho pensato alla tua proposta. Se mi tolgo i tacchi e ti mostro i piedi mi prometti che all’ultima ora ci sarà silenzio assoluto?” chiese.

Guardai sotto la scrivania ed aveva un piedino che giocava a restar dentro la scarpa. ma desideroso di uscire. Pensai che Noemi volesse divertirsi e con uno scatto rapido, misi una mano sotto la scrivania e le tolsi la prima scarpa, che immediatamente annusai esclamando: “Che odore di troietta e ora via l’altra se non vuoi che questa scarpa finisca fuori dalla finestra ”. Si tolse l’altra e io li guardai, erano più belli dal vivo. Si vedeva che li curava continuamente anche avvalendosi dell’estetista.

Non dissi nulla per qualche istante. Poi esclamai: “Ti immagini ad entrare scalza nella nostra classe gli sfottò? Qualcuno te li verrebbe ad annusare. E non vuoi vero?”.

“Ovvio che no, ma ora dammi la scarpa e annusami i piedi, verme” Noemi cambiò tono di voce, sembrava sicura di sé. Mi piaceva questo suo lato dominante.

Chiusa a chiave la porta della sala professori, mi avvicinai a lei, che piedi sulla scrivania si mostrava in tutto il suo splendore. Presi i bei piedini dalle caviglie, li annusai e leccai. Diedi qualche morso alle dita e li misi entrambi sulla patta dei jeans. Lei fece per tirarli via, io di forza li ripresi.

“Per oggi va bene così” dissi.

Nell’ultima ora, tutti in silenzio e Noemi riuscì a spiegare. Al termine della lezione, stranita si avvicinò e mi disse come avevo fatto. Io sorrisi e gli dissi: “Fammi imbiancare, anche solo una volta i tuoi piedini ed il silenzio nelle tue ore sarà normalità”.

Tutta rossa, imbarazzata mi disse: “Ti piacerebbe bastardo” aggiungendo un sorrisino.

“Piacerebbe molo di più a te. Per la prima volta avresti tra i piedi il cazzo di un uomo con le palle, altro dei secchioni che frequenti”.

Non disse nulla, ma era palese che il gioco era appena iniziato.

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