Dalla fantasia alla realtà... nel sesso


PREFAZIONE

Che il sesso in età adulta sarebbe cambiato era stato un argomento che con lei avevo già affrontato e per il quale avvolte avevamo pure litigato o per meglio dire non avevamo lo stesso punto di vista.

Al tempo, quando eravamo “giovani”, avevo l’arroganza di sostenere che l’istinto, il desiderio, il bisogno dell’orgasmo erano elementi giovanili spontanei, quindi, semplici da adottare e ritrovare in ogni situazione sia che si trattasse di relazione amorosa stabile che in un rapporto mordi e fuggi.

Erano dunque spontaneità sessuali che, non necessitavano di preparazioni particolari per la realizzazione della scopata e quindi, volutamente, sul punto non ho espresso alcun aggettivo di qualità sull’azione in sé, perché sappiamo invece bene che solo soggettivamente e con i dovuti modi e accorgimenti, si è in grado di rendere quell’attività “scopatoria”, tanto magica, quanto pessima, un flop o semplicemente un’azione meccanica senza anima e desiderio, quindi, un semplice sfogo motorio, banalmente un esercizio fisico.

Nella coppia, con il passare degli anni, si innescano invece elementi di disturbo che agiscono in misura proporzionale inversa sull’istinto e non tanto perché l’età avanza, fatto questo certo e ineluttabile, quanto per quei “tarli” che si insinuano in maniera subdola nel rapporto indebolendolo, come avviene per il legno.

Tra gli elementi che nel tempo consumano il rapporto possiamo annoverare l’abitudine, l’usuale, i pensieri, le preoccupazioni, la prole etc. etc., aspetti questi che incidono negativamente sulla solidità di qualsiasi rapporto.

Ma quando un legno è toccato dal tarlo, come tu ben sai, occorre intervenire con specifici trattamenti, affinché si riesca a preservare il materiale e quindi la struttura della cosa.

Stessa cura deve essere dedicata, a parer mio, ai rapporti sentimentali, “amori”, per i quali, senza dover passare da un negozio di ferramenta, se si vuole, occorre nel tempo ricercare insieme tutti quei rimedi in grado di preservare sia la solidità che la vivacità di un rapporto.1.   L’ATTENZIONE

Qualsiasi donna reclama “l'attenzione” e chi di noi “maschietti” non è mai stato accusato per tale mancanza nei suoi confronti? Seppur vero che molto spesso manifestiamo tale pecca nell’elargirla, è altrettanto vero che ciò che è da loro reclamato è altresì necessario a noi stessi per poterla esprimere. Per cui seppur vera la mancanza, questa necessità si sviluppa in entrambi i sensi e per entrambi i sessi.

La mancanza di attenzione non si sviluppa in senso biologico, nell’uomo o nella donna, ma molto spesso è il risultato del non saper più cogliere o tradurre quei messaggi che ciascuno di noi riesce a dare, che siano messaggi comprensibili; Nel tempo o con il tempo non essendo questi sempre univoci non è certo facili decriptarli.

La lettura dei comportamenti, delle parole, l'ascolto del corpo sono elementi questi che vanno sempre aggiornati nel tempo per adeguare il passato all'oggi e portarlo così al futuro, anche quando il tuo corpo cambia o invecchia e ciò per assicurare così una crescita adeguata e continua ad un qualsiasi rapporto.

Mi rendo altresì conto, quanto ciò sia difficile negli anni, soprattutto se qualche decibel inizia a mancare o se immancabilmente alcuni neuroni crepano; Io credo che se un senso diminuisce il proprio segnale altri possono sopperire alla mancanza, è sempre stato così e ciò credo possa continuare ad essere fino a che morte non ci separi.

Non è sarcasmo il mio ma solo realismo, se pensiamo un attimo alla disabilità degli altri, di quelli veri, di quelli che scalano montagne o raggiungono vette, non avendo tutti gli strumenti di cui un “abile” dispone e che per quanto abile non riesce nemmeno solo ad immaginare, e non perché non ne sia capace ma perché non ha più l’immaginazione e quindi la voglia di stupire e sorprendersi.2.  LA FANTASIA

A questo punto della storia, per ragioni di opportunità oltreché di chiarezza, non voglio approfondire il tema della disabilità vera, quella dolorosa, perché non ne ho coscienza piena e diretta, ma ho solo fatto un accostamento per visto e sentito dire, motivo per cui qui concludo che avremmo certamente molto da imparare, se solo lo volessimo, proprio da coloro i quali ancora oggi continuiamo a definire disabili.

Per cui cautamente ed opportunamente esco fuori dal tema su accennato e ritorno su quello principale, di questo mio pensiero scritto, che volutamente viene circoscritto alla comunicazione di una coppia “normale” che però pian piano perde il collante o magari non trova più e forse mai la scintilla che scalda, necessaria a favorire l’adesione di due corpi e due menti.

Eppur vero che il fuoco scalda ma a volte brucia per cui con molta cautela, qui introduco il tema vero di questo capitolo e che io ritengo sia il carburante delle dinamiche di una coppia.

La fantasia è a mio parere, ciò di cui tutti sin da piccoli siamo dotati, forse non ricordate più ma chi da piccolo non ha mai cavalcato la scopa immaginando di essere su di un cavallo?

Bene, la fantasia è quell’irreale che di fatto convive con la tua realtà. Da piccolo la esterni e la manifesti liberamente senza paura, ma pian piano tenderai a far tacere quella parte giocosa sino a silenziarla, disabilitando una capacità atavica. La capacità di rendere possibile ciò che desideri senza paura di un giudizio, di vivere un momento di delicata evasione senza uscire dalla realtà che ti sovrasta ed a volte comprime ed opprime, è certamente qualcosa da curare.

Ritornare bambini non si può e magari non è neanche giusto, ma rivivere o vivere la leggerezza dell’essere e nel caso la castità del bimbo che è dentro di noi, nella coppia è oltremodo auspicabile, perché ciò diventa un ponte che lega quel sentimento ed unisce i due protagonisti, da me scelti oggi, l’uomo e la donna, ma senza per nulla voler fare un discorso sessista, per cui ciò di cui discetterò può tranquillamente realizzarsi tra sessi dello stesso genere, mantenendo inalterato l’effetto benefico.3. LA COMPLICITÀ

Sempre più spesso noi adulti al termine complicità, assegniamo un significato o eccezione negativa. E nella coppia, sempre per restare sul tema, non è una capacità che si dispiega in pieno o ancor peggio mai si sviluppa per nulla. Per cui senza dare luogo a rapine, o violenze verso altri o se stessi, parleremo dell’essenza complice più positiva, che unisce e può far star bene una coppia.

Restringendo il campo, dunque, parlerò della complicità sana, quella sopita di quel bimbo cavaliere per intenderci. Ed in questo caso, nella coppia, il cavaliere non ha un sesso predefinito può essere tanto la donna “cavallerizza” quanto l’uomo in senso stretto il “cavaliere” e ciò perché la complicità non ha sesso.

Sul tema coppia io sono certo che salvo nel caso in cui l’adulto abbia ucciso il bambino che è dentro di sé, ciascuno di noi al suo interno ha, e custodisce fantasie che non racconta o che non sa raccontare. E sempre a parer mio, è già questo il momento in cui si realizza un primo tradimento senza tradire, ovvero, si occulta il tema dettato dalla fantasia per paura, mancanza di fiducia o totale sfiducia nei confronti del proprio partner.

Mi rendo conto di quanto sia difficile avere coraggio, ma al tempo stesso mi accorgo di quanto sia facile aver paura di sé stessi come di chi si è scelto di avere al fianco, per vivere, dare vita ad una prole, e dare corpo agli obblighi necessari per farlo.

Obblighi che molto spesso aiutano questo sentimento conservativo di custodire a sé qualcosa che forse e meglio condividere, per diversi motivi:

-      Primo fra tutti quello di non tradire;

-      Secondo quello di mostrarsi al proprio compagno o compagna;

-      Terzo quello di farsi conoscere e riconoscere;

-      Quarto, quello di sentire e provare fiducia;

-      Quinto, quello di far rinascere il bambino che brontola dentro di noi (se ancor vivo);

-      Sesto quello di aver coraggio dimostrando a sé stessi di averlo ed allontanare facilmente quel sentimento cattivo “la paura” che inibisce l’azione e l’essere.

Solo alcuni di questi motivi, sono da me stati enucleati, ma se ne potrebbero aggiungere molti altri che mi auguro chi legge sappia autonomamente individuare, riconoscere ed attuare.

Modi e metodi che vanno modulati opportunamente e ciò per degli scopi che la coppia dovrà e vorrà ottenere. Niente di necessario ma sicuramente opportuno per favorire il collante e l’unione della coppia stessa.

Il tutto deve svilupparsi in un terreno in cui è fertile l’amore, in cui ancora esiste la stima dell’uno verso l’altro, in cui c’è ancora riconoscenza, diversamente diventerebbe un inutile esercizio in cui mostrarsi all’altro come si farebbe con un voyeur, senza il fine esibizionistico o ancor peggio non mostrandosi e nascondendosi all’altro perché non ci credi o mai ci hai creduto.

Quindi quale può essere la sana complicità che unisce? Va detto, che una parte di noi, quella egoista, farà fatica a compiacere senza nulla in cambio, ma in amore io credo di poter dire che ciò è relativo in quanto avvolte il piacere sta nell’altro ed è questo a donarti piacere, per cui non sempre l’egoismo aiuta la pratica complice di una coppia, ma ciò che spesso la suggella rendendola unica è l’amore.

Tutti i desideri possono essere realizzati? A parer mio si, se nelle modalità che ciascuno di noi ritiene ammissibili e possibili, ascoltando l’altro. In assenza di dialogo, sempre a parer mio, il tentativo di manifestarsi complici senza esserlo è una forzatura; Quindi, un errore il monologo di coppia che diventa dunque un ossimoro in contrasto con ciascuno di essi (propositore e accettante) un rapporto sbilanciato in grado di produrre effetti avversi ed in quanto tali non totalmente in linea con i presupposti benefici di quella sana complicità a cui intendo e che perseguo.

Nel caso di cui sopra, in cui la parte proponente è la parte attiva (attivante) e l’accettante è invece la parte passiva (quindi il concedente senza volerlo), non va trascurata la reazione di entrambi che diventa certamente negativa perché entrambi non pienamente soddisfatti. Chi ha proposto non percepisce il beneficio (piacere) da ciò che concede e chi lo accetta senza volerlo non ne riceve il beneficio, per cui molta attenzione.CONCLUSIONI

Il caso felice, secondo il mio modo di vedere, è quello in cui in un sano rapporto dialogato si dice ciò che si vuole/desidera senza nessuna velatura e/o pretesa e con la massima consapevolezza, per cui tutto ciò che ne deriva è tanto di guadagnato verso il desiderato e quindi esso stesso piacere scambiato in misura equilibrata, quindi un “do ut des”, in grado di far crescere una silente ma fragorosa unione di coppia, senza botti, ma solo tante bollicine...

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