SPA – Desideri nudi

Capitolo 1 - L’inizio del gioco

Peccati e Guai
5 days ago

Per il mio compleanno, Lucrezia non mi ha regalato un oggetto.

Mi ha regalato un’occasione.

Un giorno e una notte in un hotel con SPA nudista in Alto Adige.

Un posto isolato, immerso nei boschi.

E questo — lo sapevo — avrebbe aperto ogni porta.

Arriviamo nel primo pomeriggio. La camera è grande, piena di legno, silenzio e luce calda.

L’odore è un mix tra resina di pino, ambra e sesso non ancora consumato.

Il letto è enorme. La doccia, trasparente, al centro della stanza.

Una vetrina per corpi che si vogliono.

Lucrezia entra e si guarda intorno.

Indossa jeans neri e un maglione morbido, lungo fino a metà coscia.

Appoggia la borsa. Mi guarda. Sorride.

Quel sorriso.

Quello da donna che ha già pianificato la prima scena del film.

Il modo in cui si muove, in cui si piega sulla valigia… è già un preliminare.

«Facciamo una doccia e poi scendiamo?»

La voce è calma, ma lo sguardo dice altro.

Sotto il maglione, un top attillato. Niente reggiseno.

I capezzoli spingono. Tesi. Vivi.

Lei mi guarda, ma non dice niente.

Non serve.

Ci spogliamo. La doccia è lunga, lenta. Le insapono le spalle, il collo, la schiena.

Le passo le mani tra le gambe, ma lei le ferma.

«Dopo», sussurra.

Usciamo. Indossiamo gli accappatoi forniti dall’hotel.

Nulla sotto. Solo pelle.

Percorriamo i corridoi in pietra chiara, attraversando il legno umido dei passaggi tra piscina, sauna e bagno turco.

L’aria sa di vapore ed oli essenziali.

Ogni passo che fa, ogni sfioramento accidentale, ogni curva del suo corpo sotto il cotone bianco mi fa salire il sangue nel cazzo.

È come avere una bomba a orologeria tra le gambe.

Entriamo in piscina. L’acqua è calda, lattiginosa.

La luce è soffusa.

Lucrezia si tuffa lentamente, poi si avvicina. I suoi piedi mi sfiorano sotto il pelo dell’acqua.

Le gambe si intrecciano. Le mani cercano il ventre, il fianco, la schiena.

La mia mano scivola fino al culo. Lo stringo.

Lei mi guarda.

Sorride.

Sa cosa mi sta facendo.

Il mio cazzo è già duro, teso sotto l’acqua.

E lei lo sente.

Lo cerca.

Mi sfiora il glande con la coscia.

Nessuno parla. Ma ci stiamo scopando già.

«Sauna?», mi sussurra.

Non rispondo.

La seguo.

Entriamo nella sauna centrale.

Legno chiaro. Silenzio irreale.

Sudore e pelle.

Lucrezia stende l’asciugamano, si siede, poi si lascia andare contro lo schienale.

Le gambe si aprono lentamente.

La figa è in vista. Rasata. Gonfia. Lucida di calore.

Una goccia di sudore le scivola dal ventre e si ferma lì.

Proprio sopra il clitoride.

Vorrei inginocchiarmi.

Vorrei leccarla finché le urla non coprono il silenzio della sauna.

Vorrei sentirla tremare sulla mia lingua.

Ma qualcosa mi blocca.

E poi entrano.

Una coppia.

Giovani.

Lei ha tette da cinema porno e un culo da cavalcata lenta.

Sguardo da brava ragazza, ma labbra da troia.

Lui è fisico scolpito e cazzo grosso, anche a riposo.

Entrano, ci sorridono.

Si siedono di fronte a noi.

Ma non è un saluto.

È un invito.

Uno scambio di tensione.

Lui guarda Lucrezia.

La osserva.

La mangia con gli occhi.

Lei lo sa.

Sorride.

Poi apre un po’ di più le gambe.

Un millimetro. Forse due.

Ma bastano.

È un gesto sporco. Bastardo. Eccitante.

Lei si sistema i capelli.

Si stira.

Il seno si tende.

I capezzoli sono duri, scuri, pronti.

Il suo corpo parla.

Dice: guardami. Immaginami.

Ma non toccarmi.

Io li guardo.

Li vedo.

La ragazza guarda Lucrezia.

Non me.

Non lui.

Lei.

I suoi occhi scendono dalla bocca al seno, poi tra le gambe.

Lecca le labbra.

Si sistema meglio sul legno caldo.

Anche lei apre le gambe.

La figa in vista.

Bagnata di sudore e pensieri.

Lui aggiusta la posizione.

Il cazzo inizia a crescere.

Senza vergogna.

Io non distolgo lo sguardo.

E il mio cazzo si gonfia con il suo.

Come due belve in sfida.

O in gioco.

Lucrezia si alza.

Il sudore le scivola lungo la schiena.

Tra le natiche.

Come un invito.

Io mi alzo e la seguo.

Torniamo in piscina.

Ci stendiamo su un lettino.

«Hai visto come mi guardava?», mi dice.

«Tutti e due lo facevano», rispondo.

Le prendo la mano.

La porto sul mio cazzo, ancora duro sotto l’asciugamano.

Lo stringe.

Mi guarda.

Sorride.

Dopo qualche minuto, anche loro escono.

Lei davanti. Il culo le ondeggia come una sfida.

I capezzoli duri.

Vorrei scoparla davanti a Lucrezia.

Vorrei che Lucrezia gliela leccasse mentre io le tengo la testa.

Vorrei tutto.

Ma non succederà.

Non oggi.

Forse mai.

E questo mi eccita ancora di più.

«Bagno turco?», chiede Lucrezia.

Io la seguo.

Dentro è buio.

Vapore ovunque.

L’aria è densa. Bianca.

Come un sogno.

Ci sediamo su una panca calda.

Le prendo la mano.

La porto sul mio cazzo.

Lei lo stringe.

«Quel ragazzo ti guardava come se volesse infilartelo in gola», le dico.

«E tu lo volevi.

Voglio vederti godere mentre lui ti guarda.

Voglio leccarti la figa con il sapore della sua voglia addosso.

Ti voglio così. Sporca.»

Lei non risponde.

Mi prende il cazzo in bocca.

Lenta.

Profonda.

Mi succhia con devozione.

Sbava.

La gola che stringe.

Il suono della bocca bagnata.

Io mi lascio andare.

Penso a lui. A lei. A noi.

Sborro.

Lei beve tutto.

Poi mi bacia.

Mi infila la lingua in bocca.

Il mio sapore.

Le infilo due dita tra le gambe.

È un lago.

Calda.

Bagnata.

Pronta.

Torniamo in camera.

Le apro le cosce.

Le lecco la figa con fame.

La mia lingua affonda.

Lecca il clitoride.

Le dita la riempiono.

Lei geme.

Si contorce.

«Sì… leccami… voglio venire sulla tua faccia…»

E viene.

Mi bagna.

Mi stringe.

Io bevo tutto.

Poi mi sale sopra.

Mi infila.

Mi scopa.

Mi guarda.

«Voglio farlo venire in bocca mentre tu mi lecchi la figa…

Voglio sentire la sua sborra colare… e poi baciarti.»

Io grugnisco.

Le vengo dentro.

Profondo.

Resta sopra di me.

Ride.

La mia sborra che cola tra le cosce.

Io la guardo.

E so una cosa sola.

La voglio.

Sempre.

Usata.

Ma mia.