Una bella famiglia

Capitolo 1 - Una bella famiglia 1 Alfredo e Livia

geniodirazza
5 days ago

Una bella famiglia 1

Non aveva avuto vita facile, Alfredo, che a 24 anni si considerava quasi sistemato, perché la sua laurea in economia gli aveva ottenuto un posto importante in una Banca Nazionale; l’entusiasmo per l’equilibrio raggiunto lo aveva indotto a sposare senza esitazione Anna, la ragazza che corteggiava da tempo e che a malapena sembrava accorgersi di lui; non fu un matrimonio d’amore, scivolò via tiepidamente e fu rallegrato dopo un anno dalla nascita di Gianluigi, che amò dal primo momento.

L’amore era invece mancato tra lui e la moglie; dopo un anno dalla nascita del bambino, le cose precipitarono perché lei di tutto aveva voluto occuparsi fuori che di quel marmocchio che impediva il suo modo di vita ispirato alla vacanza perenne, tra bar, amici, scampagnate e fughe non sempre lecite; trovarsi cornuto fu un lampo; dopo pochi mesi, lei gli comunicò che si era innamorata e che andava via col nuovo amore; gli lasciò l’affidamento di Gianluigi e non se ne seppe più niente.

Fu un avvocato a rappresentarla alla causa di divorzio, pochi anni dopo; avvertì solo che la signora era irrintracciabile perché persa nei mari del sud in eterna crociera; Alfredo si rimboccò le maniche e visse quasi solo per suo figlio; molte volte tentò di dargli una madre alternativa; ogni volta si dovette rendere conto che l’egoismo individuale era predominante sul senso della famiglia e preferì rimanere single molto appetito ma poco disposto a grandi avventure.

Non gli mancarono invece gli incontri occasionali, spesso assai rapidi; i periodi di convivenza più lunghi erano quelli in cui, in genere solo d’estate, poteva affidarlo a qualcuno; a scadenza annuale, quindi, trovava occasionali compagne di vacanze, affidando il ragazzo ad associazioni, organizzazioni ed oratori che garantissero, in contemporanea alle sue ‘fughe’, campi estivi di utile formazione; in qualche modo, il limite invalicabile dei suoi rapporti amorosi diventava la presenza del figlio.

Gianluigi era arrivato così a 20 anni vissuti in simbiosi totale con suo padre, del quale amava e cercava tutto, dal gusto delle sigarette da fumare al colore preferito dei calzini; la coesistenza sembrò interrompersi quando si iscrisse all’università; in un’altra città, dovette per forza adattarsi alla condizione del pendolare che tornava a casa per i fine settimana; ma la dipendenza quasi fisica rimase inalterata, ad onta della distanza.

La vicenda personale di Livia era parallela a quella di Alfredo; troppo giovane si era legata a Nicola, sull’onda di un grande amore, prima solo estivo poi coinvolgente per tutto l’anno; era stata anche felice per molto tempo; erano riusciti ad evitare una maternità precoce, perché lei non voleva rinunciare al lavoro in banca che le consentiva autonomia da suo marito; ma poi si erano arresi e, a 23 anni, si trovò madre di una bellissima Roberta che divenne presto la luce dei suoi occhi.

La nascita della figlia segnò in negativo i rapporti col marito che ben presto rivelò la natura farfallona che solo l’entusiasmo dei primi anni aveva tenuto sotto controllo; presto lei venne a sapere delle frequentazioni femminili di suo marito; non se ne curò e si dedicò a Roberta, amandola fino alla paranoia, seguendola e curandola in ogni momento della vita; c’era fra loro un’intesa che spesso, da adolescente, faceva pensare a rapporti di ben altra natura, insinuati dal marito che voleva andarsene.

Resistette quasi dieci anni al disinteresse ed alla sinecura verso la figlia del marito insistente e maniacale nella sua ricerca di nuove donne, di nuovi amori, di occasioni per finire a letto anche con oche giulive; quando si provò a portarne una, assai più giovane di lui, nel letto matrimoniale, lo beccò a sorpresa rientrando con colleghi che poterono poi testimoniare, chiese la separazione ed ottenne l’affidamento totale della figlia che amava parossisticamente.

L’incontro tra i due fu causato da una delle tante convention che la banca organizzava, dove fraternizzavano dipendenti di varie agenzie e, soprattutto, dirigenti ed impiegati; Alfredo non era esattamente ‘in caccia’ quella sera, perché alcune esperienze recenti lo avevano disgustato, forse perché gli erano capitate ragazze giovani, per lui un mondo lontanissimo e totalmente inesplorato; la bella quarantenne che si muoveva con enorme classe lo colpì al centro del cuore.

Dopo poche battute sulla vita privata, si resero conto che c’era tra loro un feeling innegabile che poteva anche essere foriero di un buon rapporto; scoprirono che i rispettivi figli frequentavano la stessa università e che l’indomani pomeriggio partivano per la città vicina, con lo stesso treno; non fu proprio un appuntamento, ma si cercarono alla stazione e non ebbero difficoltà a incontrarsi; decidere di cenare insieme, alla partenza del treno, fu naturale come bere.

Qualcosa in un breve battibecco faceva temere che i rispettivi figli non avessero legato come i genitori; ma erano certi, o almeno speravano, che col tempo si sarebbero intesi; senza dirsi niente, avevano deciso che quell’incontro non fosse frutto del caso ma di un destino bizzarro che li aveva messi sulla stessa strada; dopo la cena in una trattoria modesta, ma appartata ed elegante, si trovarono quasi senza volerlo a casa di lei per l’ultimo bicchiere.

Non era nelle previsioni di nessuno dei due, ma si trovarono all’improvviso faccia a faccia, nella sala da pranzo; baciarsi fu spontaneo e immediato; Livia per un momento fu tentata di tirarsi indietro; per nove anni non aveva concesso il suo corpo ad un maschio, soprattutto perché voleva evitare a sua figlia la visione di un uomo diverso da suo padre, nella sua vita; di colpo, le sue buone intenzioni si infrangevano contro l’attrazione che provava per Alfredo.

Gliene parlò, ma si rendeva conto, mentre si confidava, dell’esagerazione contenuta nella motivazione, che diventava assai fragile di fronte all’età della figlia, 19 anni, della quale sapeva che aveva fatto già le sue prime esperienze di sesso, perché vivevano in simbiosi e lei non le aveva nascosto mai niente; si buttò dietro le spalle anni di stupida rinuncia e ricambiò con ardore il bacio passionale che lui le stava dando.

Sentì risvegliarsi in lei antichi piaceri soffocati per anni e, istintivamente, accostò il pube all’inguine finché avvertì la consistenza del grosso cazzo picchiarle sul ventre; si sentì sciogliere in orgasmi e chiuse gli occhi abbandonandosi alla libidine; Alfredo di esperienze ne aveva fatto lungo tutto il periodo dal divorzio e da sempre aveva parlato con chiarezza a Gianluigi, che aveva imparato ad apprezzare suo padre fino a desiderare le donne che si scopava.

In quella situazione, la sua libidine si alzò di livello; l’idea che una donna bella e desiderabile come lei avesse per quasi dieci anni rinunciato a scopare lo catturava come se avesse tra le mani una vergine da guidare al piacere, o almeno alla sua riscoperta; vide che, oltre al bagno e alla cucina, c’erano due porte, presumibilmente una per lei e l’altra per Roberta; la spinse dolcemente verso la più vicina, ma lei aprì l’altra e si trovarono nella sua camera.

Mentre la spogliava, per uno strano gioco della mente, gli venne in mente quello che faceva l’ex moglie con la sua collezione di bambole; ebbe la sensazione di toccarla come lei toccava le più preziose, quelle di ceramica rivestite di abiti in tulle, seta e stoffe pregiate; lui apriva e sfilava a Livia i singoli capi con la stessa delicatezza, con lo stesso amore, quasi stesse spogliando un bambola preziosa; si vergognò un poco di se stesso ma si emozionò continuamente spogliandola

Baciava e leccava ogni brandello della pelle che appariva dai vestiti che cadevano; cominciò dal viso che percorse tutto con piccoli baci, lungo il profilo fino al mento, poi scivolò sul collo e sul seno; sentiva il cazzo pulsargli fremente mentre baciava le mammelle sode e ricche; sentiva che le vibrazioni si diramavano dall’uno all’altro come se si stimolassero continuamente mentre si eccitavano; le dita scivolavano sulla pelle di seta e sentiva di desiderarla oltre il lecito.

Quando le labbra sfiorarono i capezzoli, la sentì fremere in tutto il corpo e si lanciò a succhiarli come fosse l’ultima azione della vita; in piedi, piegato sul suo petto, in una posizione impossibile, non avrebbe retto a lungo se lei non si fosse seduta sul letto, si fosse rovesciata supina e avesse attirato la sua bocca sui capezzoli duri come chiodi; capì che l’emozione non era solo sua e, quasi naturalmente, andò a cercare con una mano il bordo della gonna e lo sollevò finché le sue dita incontrarono lo slip.

Spostatolo, sentì l’umido delle grandi labbra che colavano umori di orgasmo; scoprì che non era rasata e quasi si emozionò all’idea del bosco di peli naturali; quasi a forza, le sollevò la gonna, le sfilò lo slip e si fermò a guardare estasiato il pube di lei nero corvino per il pelo lasciato crescere curato e disegnato lungo l’inguine; si abbassò quasi d’istinto ad affondarci la bocca per sentirsi solleticare mento e lingua che si intrufolava alla ricerca del clitoride.

Lei un poco si vergognava; ormai aveva anche dimenticato cosa fosse un cunnilinguo; poi si abbandonò fiduciosa, accarezzò la testa fra le cosce e la guidò con piccoli tocchi a cercare il centro del piacere; lui sentì sotto la lingua il bocciolo delle piccole labbra, lo forzò e raggiunse il clitoride gonfio di desiderio; lo prese tra le labbra e succhiò come un poppante; lei soffocò quanto possibile i gemiti che le sgorgavano spontanei e si lasciò andare ad un potente orgasmo, emozione quasi dimenticata.

Gli prese la testa e lo costrinse a staccarsi, balzò in piedi e cominciò a spogliarlo con tratti decisi; lui fece lo stesso con lei e in breve furono nudi l’uno di fronte all’altra; Livia non gli lasciò l’iniziativa; prese il cazzo a due mani, si sedette sul letto e cominciò una lenta e dolce masturbazione; le era sempre piaciuto moltissimo sentire il cazzo gonfiarsi tra le mani, con i coglioni raccolti nel palmo caldi e gonfi di desiderio, di lussuria, di sborra.

Questo cazzo, poi la attirava intensamente, forse perché da anni non faceva quel gesto, forse perché lui la intrigava molto, forse perché stava scivolando dalla passione verso l’amore; sta di fatto che lo menò a lungo, dai coglioni alla punta, e lo masturbò sapientemente, ma senza portarlo a sborrare; lo guardava affascinata e desiderava moltissimo sentirlo in bocca; quando vide gocce di precum apparire, stese la lingua e le raccolse; lui fremette come per una scossa elettrica.

Di colpo, lo spinse tra le labbra socchiuse come una figa vergine da violare; lei lasciò entrare in bocca la cappella; la tormentava con la lingua, mentre scivolava avanti e indietro sul palato; le mani raccoglievano la parte maggiore del cazzo, compresi i coglioni, e lo accarezzavano in una lenta masturbazione; lui spinse la mazza in bocca fino a farle superare l’ugola, si bloccò al primo cenno di asfissia; lei era felice di quel pompino e non avrebbe mai smesso.

Ma Alfredo desiderava la sua figa con altrettanta voluttà; la spinse col corpo sul letto e le si sdraiò a fianco, spostò la testa fra le cosce e la succhiò; lei lo invitò a gesti a spostarsi fino a portarle il cazzo sulla bocca; lui la ribaltò, si mise supino ed ebbe davanti agli occhi non solo la figa boscosa che aveva ammirato ma il culo disegnato alla perfezione, forse da un angelo, tutto da godere, da palpare e, forse, da stuprare, vista la dimensione e la condizione dell’ano.

Misero in quel sessantanove tutta la sapienza che possedevano, tutto l’amore di cui ancora non si rendevano chiaramente conto, tutta la passione che li faceva vibrare ad ogni tocco; erano scatenati ormai e non mancava che scopare come fosse il giorno del giudizio universale; Livia avvertiva sempre più netta la voglia di sentire quella mazza sfondarla, riempirla e farla godere in tutto il ventre, in tutto il corpo; succhiava come un’idrovora ma bloccava ogni accenno di orgasmo.

Si staccarono per un momento; lei rimase distesa supina e allargò le gambe fino a scosciarsi del tutto per offrirgli la figa aperta e grondante; lui si inginocchiò, puntò la cappella e cominciò a penetrarla lentamente, saporosamente.

“Riempimi, ti prego; entra tutto; ho voglia di sentirti fino al cuore!”

Lui spinse ed entrò fino alle palle, si sdraiò su di lei e la costrinse a chiudere le gambe intorno al cazzo che rimase prigioniero della figa avida; si distese a coprirla tutta, la baciò con voluttà e lasciò che il cazzo si gonfiasse nel canale vaginale; lei sentì che la vagina stringeva e succhiava, quasi, la mazza che la riempiva, mentre i muscoli dell’utero pareva volessero mungere lo sperma e farsene inondare; lui non resse a lungo e si lasciò andare ad una sborrata alluvionale che accompagnarono con urla.

Mentre gridavano al cielo e al mondo il piacere che la scopata scatenava in ambedue, ad Alfredo venne spontaneo sussurrarle.

“Dio, quanto ti amo; questo è amore, non solo passione!”

“Zitto, maledetto; non lo diciamo così presto; anch’io sento che è amore; ma è meglio non dirlo!”

“Meglio un corno; io ricordo solo un momento simile a questo; e fu quando una ragazzina neanche maggiorenne mi diede la figa vergine e mi fece impazzire; purtroppo, quando diventò mia moglie cambiò registro; ma tu mi dai la sensazione che non scherzi con l’amore; lo capisci che mi sto abbandonando a te come un ragazzino alla prima scopata importante?”

“Alfredo, io dovrei dirti che, per la diversità di dimensioni, tu mi stai sverginando ancora; solo un cazzo mi aveva penetrato, quello di mio marito, che è la metà del tuo; sono quasi dieci anni che lì non entra niente; non voglio caricarti di responsabilità, ma sappi che ti sto veramente offrendo una mia anomala verginità.”

“Credi forse che non abbia capito che sei un’altra cosa? Non sto scopandoti, Livia, ti sto amando con tutto me stesso; in questo momento mi sento di giurarti eterno amore come da ragazzini, quando si ignora che c’è un divorzio in agguato.”

“Smettiamola coi sogni; è stata un’esperienza meravigliosa; pensiamo a godere; il futuro lo vedremo vivendo.”

Si erano staccati e lui stava sdraiato a fianco a lei; ogni tanto si giravano sul fianco e si baciavano con passione, lui le passava le mani lungo la schiena fino al culo, allargava le natiche e andava a stuzzicare l’ano che sentiva stretto, verginale quasi.

“Sbaglio a pensare che questa verginità è intatta?”

“Si e no; amavo moltissimo mio marito, anzi il mio ragazzo, e gli concessi tutto, anche il culo; ma, come ti ho detto, lui non ha la tua dotazione; so bene che, se e quando decideremo che ti prenderai anche il mio culo, mi sverginerai di nuovo; dopo dieci anni sono certa che ha ripreso una condizione verginale; ma non stasera, per favore; cerchiamo almeno di conoscerci meglio.”

“Io non credo che avremo bisogno di conoscerci meglio, come dici tu; ho la sensazione che è esplosa una nuova fase della nostra vita e, stanne certa, non mi sfuggirai, se mi convincerò che posso essere ancora felice, con te.”

“Se ti infiammi così facilmente, com’è che, con tante che ti sono passate dal letto, non ti sei mai fatto accalappiare?”

“Perché mi volevano accalappiare e le trappole si vedono subito; tu mi hai amato dal primo bacio, non hai fatto calcoli, ti sei lasciata andare; io adoro la lealtà, la vedo alla radice di tutto; tu sei trasparente e meravigliosa; mi sembra di leggerti dentro continuamente; per questo, entro nella tua trappola, se c’è.”

“Nessuna trappola, uno stupido innamoramento da ragazzina; mi sono sentita come tanti anni fa quando un ragazzo mi affascinò ed entrai nella sua aura; poi è andata male; ci riprovo con te e non sai quanto ho dovuto lottare con le mie preclusioni, né quanto dovrò lottare perché ho una figlia, non lo dimenticare.”

“Ti ho detto che sei trasparente; ho letto tutte le battaglie che hai vinto per lasciarti andare; per questo mi è esploso l’amore; anch’io ho un figlio; l’unico rischio è che si innamori di te, perché lui ama tutto quello che è mio; non so come si regolerà con una donna che mi ha incantato; finora si limitava a guardare le altre con desiderio; credo che si masturbasse all’idea di scoparsi le ‘donne di papà’; con te, rischia di innamorarsi e dovrò tenerlo a bada.”

“Benvenuto al club; Roberta usa il mio stesso rossetto, il mio intimo, imita i miei gesti; è patologicamente innamorata di sua mamma e di quello che le appartiene; anche lei rischia di innamorarsi di te, se scopre che ti amo; anch’io dovrò stare attenta ai colpi di testa; per questo, ti ho detto che abbiamo bisogno di un ‘rodaggio’, prima di lasciarci andare.”

“Il rodaggio non si fa più nemmeno alle auto; escono rodate dalla fabbrica; io voglio uscire da questi giorni con te con test anche severissimi, ma sono convinto che siamo rodati ‘prima’, con le nostre esperienze e il colpo di fulmine di stasera.”

“Senti, venditore di auto rodate; domattina dobbiamo andare in ufficio, meglio se in orario; che fai? Dormi qui da me o vai a casa tua?”

“Visto che faccio rodaggi, ti faccio una proposta; ho una casa bella grande e vicina all’ufficio; ci devo tornare per forza; non me ne vado da solo; adesso ti rivesti, metti in una borsa l’essenziale e andiamo a rodare a casa mia la tenuta di una notte nello stesso letto. E’ una proposta ragionevole o hai bisogno di consultare il consiglio di amministrazione?”

“Stupido! Hai proprio deciso di attaccare il carro davanti ai buoi! La tua proposta nasconde l’idea di sperimentare la vita in comune a cominciare da stasera; fino a giovedì non riusciamo a rodarci, ma almeno sapremo se ci sopportiamo mentre russiamo o facciamo cose non gradevoli; se funziona, venerdì prossimo affrontiamo i ragazzi; è questa la tua idea?”

“Vedi che c’è addirittura la consonanza? Se russi non preoccuparti, l’appartamento ha molte camere, se mi impedisci di dormire, mi rifugio in un’altra camera!”

“Maledetto, io non russo; tu piuttosto … Basta con gli scherzi; tu proponi una nuova vita e mi sembra che ci credi molto; ti voglio seguire, adesso; se funziona, ti seguirò sempre.”

“Allora, ragazza mia, prendi le cose essenziali, mettile in una borsa e andiamo ad occupare la casa che speriamo di rendere nostra!”

Ci misero poco a rivestirsi; lei ancora meno a raccogliere in un borsone le sue cose essenziali, montarono in macchina e andarono a casa di lui; dentro, lei si fermò ad osservare l’arredo elegante.

“Ecco, qui sta la differenza tra un dirigente e una povera impiegata!”

“Si vede che non sai guardare; non ti sei accorta che tutto si è illuminato?”

“Certo; hai acceso tante di quelle luci … “

“No, ragazza, sei entrata tu; tu illumini questa casa e presto sarai la regina, credimi.”

Lo mandò al diavolo con un gesto; lui la prese sulle braccia e la portò nella camera; la depositò sul letto.

“Che diavolo combini?”

“Rispetto il rito ancestrale della sposa sul talamo … “

“Ragazzo, dimentichi che un’ora fa abbiamo scopato? Altro che vergine sposa!”

“Abbiamo scopato solo una volta e in maniera canonica; ora scoperemo alla grande ancora una volta, poi giuro che dormiremo fino a domani.”

Non lo ascoltava quasi; liberandosi di tante remore, decise il lato preferito per dormire e si spogliò come una vecchia moglie, al lato del letto, poggiando ordinatamente gli abiti su una sedia; restò nuda e si stese sul letto; lui si spogliò dall’altro lato, si stese nudo accanto e rotolò su di lei baciandola con passione e premendole il corpo sul corpo; il cazzo scivolò naturalmente tra le cosce; lei lo strinse a se, afferrò le natiche forti e premette il pube al suo, muovendosi impercettibilmente.

“Cosa pensavi, quando parlavi di scopare alla grande? Prima abbiamo scopato alla piccola?”

“Noi scoperemo sempre alla grandissima, perché c’è chimica tra di noi; vorrei sentire il tuo culo; non ti chiedo di darmelo; ma voglio scoparti a pecorina; mi piace infinitamente sentire le natiche contro il ventre mentre ti penetro. Ti va?”

“L’hai detto che c’è non solo chimica ma anche sintonia, tra noi; tu ancora non sai come mi piace essere scopata a pecorina, a patto che mi fai sentire le mani sulle tette; adoro sentirmi titillare i capezzoli mentre mi scopi.”

“Mi sa che questo, da adesso, diventa il talamo; sei la donna perfetta per me; non ti mollo più; girati, amore, per favore.”

Si sistemò carponi sul letto e attese che lui la infilzasse; le accarezzò a lungo la schiena, provocandole brividi feroci; massaggiò e palpò le natiche, le allargò e si chinò a leccare il culo e la figa; si alzò in ginocchio, accostò la cappella e la penetrò fino alle palle, lei ebbe un gemito tra la libidine e il doloretto, quando la cappella urtò la cervice dell’utero; lui allungò le mani sui fianchi ed artigliò i capezzoli; lei vibrò e si scosse tutta.

La scopò con garbo e calma, facendole assaporare il cazzo per tutta la lunghezza; sentì i piccoli orgasmi che in lei provocava la cavalcata e si inebriò del piacere di lei; spinse la mazza fino in fondo per qualche minuto, strappandole gemiti e, alla fine, decise di sborrare; la avvertì che stava per godere e lei lo incitò a concludere perché anche lei era vicina all’orgasmo; la sborrata esplose violenta e le inondò utero e canale vaginale; si abbatterono sul letto senza forze.

Si sistemarono per dormire; lei, ricordando quello lui le aveva detto, si accoccolò contro il ventre col culo piantato sulla pancia; lui la circondò con le mani e le titillò i capezzoli; lo respinse perché avrebbe voluto dormire; per due volte, nella notte, lui si trovò col cazzo duro fra le natiche di lei e tentò un approccio; una volta lei si lasciò penetrare con amore ma non lo lasciò sborrare e si sottrasse; poi lo minacciò di cambiare camera; si addormentarono.

La settimana fu l’occasione per verificarsi e decidere se era stato un fuoco di paglia o se poteva avere un seguito; bastò poco per adattarsi all’idea che lei si preoccupasse, alzandosi presto e mentre faceva le sue cose in bagno, di preparare la colazione come era abituata a fare per lei sola o per lei e la figlia, quando erano insieme; quando lui uscì dal bagno rimesso a nuovo per la giornata di lavoro, le raccomandò di non viziarlo per non schiavizzarsi alla casa; Livia gli obiettò che erano sue abitudini ataviche.

Uscirono insieme e raggiunsero il posto di lavoro, con una certa curiosità dei colleghi che, coi giorni, si abituarono a vederli in coppia; nell’intervallo per pranzo, andavano in una mensa operaia lì vicino o risolvevano al bar con panini; ma la sera lei impose il suo ritmo, quello di preparare cena per due, respingendo l’offerta di rivolgersi alla trattoria d’angolo; non uscivano dopo cena e preferivano rilassarsi davanti alla tv; talvolta, lui nello studio curava le carte di lavoro per il giorno seguente.

La sera, al momento dell’intimità, scoprirono tutta la loro energia sessuale, per la prima volta ricondotta negli argini di una vita di coppia, di cui si ricordavano bene ma da cui si erano staccati da anni; ma percorsero tutti i sentieri del sesso, scegliendo le posizioni più assurde, scopando in ogni possibile buco, tranne il culo, la cui violazione rimandarono a momenti diversi; lui si sentiva continuamente esaltato dalla foga amorosa di lei; lei scoprì un amante appassionato e sempre in tiro.

Il venerdì mattina si pose il problema di andare ad accogliere i ragazzi alla stazione; Livia gli assicurò che tra lei e la figlia non esistevano né segreti né zone d’ombra; le avrebbe detto tutto e sapeva che l’avrebbe resa felice comunicandole la sua nuova gioia di vita; anche Alfredo, però, poteva parlare apertamente col figlio e non si poneva quesiti se non come alloggiare; decisero che avrebbero spedito all’appartamento di lei i ragazzi, abituati ai coinquilini, e si sarebbero tenuto quello di lui per la coppia.

Quasi a preannunciare la novità che avevano taciuto nelle telefonate della settimana, attesero allacciati, sul marciapiede, l’arrivo del treno; i due scesero insieme, sostarono per un attimo sorpresi, poi corsero ad abbracciarli.

“Vedo che mi hai nascosto grandi novità, Livia!”

“Sei turbata?”

“Felice, piuttosto; poi Alfredo mi piace un sacco e sai che mi piace tutto quello che piace a te. Lo ami? E lui?”

“Dopo solo cinque giorni, amare è una parola grossa … scherzavo; non è vero, sento di amarlo e che mi ama.”

“E tu, Alfredo, che mi dici? Hai saltato il fosso, dopo anni di resistenza?”

“Ti dico solo che sono felice di avere aspettato di incontrare Livia; sono al settimo cielo!”

“Lo so che hai buon gusto; la tua nuova compagna mi intriga molto; è bella, dolce e intelligente; ha anche una figlia bellissima, peccato che non leghiamo!”

“Peccato! Pensavo proprio che un qualcosa fosse scattato anche tra voi … “

“Roby, non hai trovato un feeling con Gianluigi?”

“Lui se ne sta troppo sulle sue e vive in un appartamento con un amico e con due ragazze, sono certa che non ha bisogno di cercarsene altre, fuori; poi lo sai che, se non mi innamoro, non faccio niente!”

“Sentite, io non credo che sia il caso di costringere Livia a sfaccendare in cucina; andiamo da ‘Osvaldo’ sotto casa?”

“Livia, dove vivi ora?”

“Tra poco vedrai la casa; anzi, pensavo che voi due potreste sistemarvi nel nostro appartamento e io e Alfredo continueremmo a vivere da coppia nel suo; io credo proprio che questa storia non finirà presto … “

“Io spero che non finisca mai … “

Andarono alla trattoria dove i due erano ormai quasi di casa; non sorprese nessuno che ci fossero Gianluigi, che con suo padre era stato spesso cliente, e una bella ragazza, Roberta, che si vedeva subito essere la figlia di Livia; per chi si era abituato a vedere i due in coppia, diventò lampante che una nuova famiglia, allargata, si era costituita; considerato l’affetto che circondava i personaggi, furono maggiori gli sguardi di apprezzamento che i commenti sull’anomalia.

Cenarono con gusto, scherzando; Livia, in particolare, stuzzicò la figlia sul fatto che avrebbe dovuto condividere l’alloggio con Gianluigi e sulle possibili conseguenze; Roberta ribatté che, tra padre e figlio, si sentiva più attratta dal padre; avrebbe fatto bene lei, a difendere il suo amore dalla fascinazione di giovani ardenti; in risposta, Livia le rimbeccò che, se faceva la schizzinosa, poteva pensare di concupire anche il figlio che la attizzava parecchio.

Gianluigi si inserì nello scherzo e fece presente a Roberta che lui, di suo padre vorrebbe rubare tutto, anche la donna amata; stesse quindi attenta a respingere altre ipotesi; Alfredo intervenne alla fine, invitando alla calma ed al realismo; per ora, si trattava di definire le sistemazioni; per l’amore e per le conseguenze, ci sarebbe stato tempo; stabilito che i ragazzi andavano a dormire nel vecchio alloggio di Livia, ricordò a Gianluigi di recuperare le sue cose; ma non ce n’era nemmeno bisogno.