Tra le sue cosce
Nella stanza semibuia il silenzio è rotto dalla musica che esce dal computer, a caso, bassa, a tratti quasi impercettibile e dal rumore irregolare delle dita che sbattono contro i tasti della vecchia tastiera nera e un po' impolverata.
Lettere impresse sullo schermo, senza rileggere riempiono lentamente una pagina ancora bianca diventando frasi e pensieri che escono dal cervello a tratti confusi, sordi suoni di una mente piena.
Mi giro lentamente verso un letto disfatto, il piumone caduto a terra, le lenzuola stropicciate, il cuscino con ancora l'impronta della testa, lo sguardo si ferma per qualche istante e un film scorre improvviso, come una luce bollente ritornano mille frammenti di ricordi ed emozioni, respirate a pieni polmoni, ognuna diversa e sempre nuova, altra linfa per questo vecchio corpo che stanco si trascina in una tarda mattinata ancora estiva ma che strizza l'occhio a un altro autunno che ormai bussa alla porta.
Rivedo quel suo sorriso, il taglio dei suoi occhi che mi emozionano sempre come fosse la prima volta, quel suo sguardo sornione di chi sa cosa vuole e non lo nasconde, mi entra nel profondo dell'anima donandomi mille brividi e sa accendere un fuoco che cova sotto le ceneri, lei che è come una sferzata di vento che arriva improvvisa e accende un fuoco mai spento.
Vedo il suo corpo nella penombra, le linee sinuose e provocanti delle sue curve generose, il profilo del suo seno velatamente nascosto dal tessuto estivo di un'innocente lenzuolo azzurro come il mare, come il cielo che scruto dalla piccola finestra da dove filtra quel poco di luce che illumina discretamente la stanza.
Riecheggia nel cervello il vociare dei ragazzi, l'acuto rumore di un decespugliatore, l'afa che riempiva la camera che sudava e faceva sudare mentre l'aria era smossa da un ventilatore che sapeva dare un po' di sollievo, il suo fare che aggiungeva caldo ad altro caldo, anticamera di un piacevole inferno che ci faceva volare in paradiso.
Intanto il film scorre lento, le lenzuola cadono a terra e lo sguardo è prigioniero di quelle linee che attirano mente e corpo, i capezzoli diritti ed eccitati, i capelli che cadono sulle spalle, i suoi occhi che brillano fissandomi, io che sono tra le sue cosce a cibarmi di lei, il suo odore di femmina incastrato dentro al cervello, lo sento anche che la vorrei qua, dietro a me, in questa penombra che sa di luce.
Mani impazzite che la sfiorano prima lentamente, quasi prese da una finta timidezza per diventare l'istante successivo irriverenti e sfacciate, intanto la testa è sempre incastrata tra le sue gambe serrate che mi tengono prigioniero, tra piacere e peccato ora è la sua mano che mi guida, ascolto il suo corpo pronto ad affogarla in un piacere che interrompo un attimo prima che prepotente esploda, le sue parolacce sono medaglie che mi appunto al petto, una guerra senza fine, un gioco impazzito che fa impazzire.
Lascio riposare le dita che si staccano dalla nera tastiera, mi alzo per accendere una sigaretta affidando a l'acre fumo che sale alto mille altri pensieri in una mattina di fine estate che aspetta un altro autunno che sta bussando alla porta.
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