Il secondo lavoro di Vincenza
Capitolo 5 - Tomb Raider e Duke Nukem 3D
Il pavimento della hall dell’hotel Monte Grappa Palace è di marmo, così come le colonne lucidate a specchio. I muri sono rivestiti di pannelli di legno scuro e piccole applique e strisce luminose sul soffitto creano un’atmosfera accogliente. La poltrona dove il concierge mi ha consigliato di sedere è comoda e rivestita di un tessuto rosso.
Il tizio dalla reception continua a fissarmi, e sembra incapace di decidere se odiarmi perché sono una puttana o spogliarmi con gli occhi perché glielo faccio diventare duro. Sono tentata di fargli l’occhiolino come a dirgli che non indosso le mutandine, aprire bene le gambe mentre le accavallo nell’altro senso come la tipa in quel film e scoprire se cerca di vedermi la passera.
Sorrido all’idea e torno a scrollare verso l’alto i reel di Instagram. Mi compare un altro video di gente attorno ad un tavolo colmo di pietanze e bevande. Il mio stomaco borbotta: ho avuto appena il tempo di arrivare a casa, gettarmi sotto la doccia per togliermi l’odore di limone chimico e spazzatura e mettermi una lingerie nera sotto il primo vestito decente che ho trovato nell’armadio. Sono uscita di casa senza nemmeno avvicinarmi alla cucina. Se avessi saputo che dovevo aspettare tutto questo tempo, mi sarei fermata a mangiare qualcosa di più di un toast al volo al Mc.
Mi passo la lingua sui denti. No, non è rimasto del formag—
Dei passi risuonano al mio fianco e un uomo orientale vestito elegantemente si accosta a me. «Signorina Lara Croft?»
Mi alzo e metto nella tasca della giacca il telefono. «Sono io.» In fondo le assomiglio, per quanto le bocce siano più simile a quelle della Lara dei remake che alle maestose tette piramidali dei giochi che amavo da piccola. Potrei imparare come fare una treccia francese per i miei capelli…
«La ringrazio per essere venuta.» L’uomo si esibisce in un inchino appena accennato. Avrà cinquant’anni e, per quanto parli correttamente l’italiano, gli resta una leggera inflessione da orientale. «È già a conoscenza del suo compito?»
Mi avete pagato in qualità di puttana, spero non vogliate pure voi mi metta a lavare pavimenti… «Mi è stato accennato solo di recarmi qui.» E spero che tu non sia il mio cliente.
«Il mio nome è Kim Min-Jun e lavoro per la TecNova Korea, conosciuta nel suo Paese per la catena di elettronica TecnoCity.» L’uomo mi indica di seguirlo. «Oggi è stato nominato il nuovo responsabile per il personale e per festeggiare la sua promozione abbiamo…» Tentenna.
Raggiungiamo l’ascensore. Entro dopo di lui. «…pagato una squillo come premio?»
Lui accenna un nuovo inchino. «Esatto.» Mi studia meglio. È evidente che apprezza. Vorrei ben dire, una verace fica mediterranea come me in mezzo a scialbe biondine tutte uguali… «Sarà felice di fare la sua conoscenza.»
Non ne ho dubbi, soprattutto dopo che gli dimostrerò in che modo avevo intenzione di stracciare Francesca, Linda e quell’altra troia bionda alla gara di pompini a Caregan. Io, invece, lo sarò quando avrete aperto il borsellino e messo una buona parola con Stefano su di me.
⁂
La stanza è grande quanto il mio monolocale e ha più marmi ed intarsi di una cattedrale. Il letto è a tre piazze e il televisore ha le dimensioni di un tavolo da ping pong. Se questi occhi a mandorla buttano tutti questi soldi per far scopare al loro nuovo – cos’ha detto che è? Quello delle risorse umane? - una puttana, o hanno i soldi che gli escono dal culo o vogliono leccarlo per bene al loro superiore per tenerselo buono. In ogni caso, chi ci guadagna siamo io e la Spicy Goddess.
Il materasso è morbido e il copriletto mi fa venire voglia di sdraiarmi e dormire un po’. Sbuffo: è un altro quarto d’ora che sono in attesa, e non oso prendere il cellulare per svagarmi un po’. Mi alzo e mi avvicino a quello che dev’essere il frigobar. No, meglio non bere. Spero solo che in questa occasione non mi capiti un altro assessore con l’età di mio nonno, che a drizzarglielo è stato più faticoso che pulire le scale di quel dannato complesso di uffici…
Delle voci attutite provengono da oltre la porta. Una è quella del coreano. Stanno arrivando.
Il letto sembra dall’altra parte del mondo: non farei in tempo ad arrivarci prima che entrino e non voglio essere in mezzo alla stanza, peggio ancora di schiena. La maniglia scende. Dove posso… Mi appoggio al frigobar. I cardini della porta cigolano. No: faccio un balzo avanti e mi appoggio con la spalla al muro.
Mi metto in faccia il sorriso più seducente che abbia. «Ciao, bel…»
Entra quel dannato coreano. Vaffan—
Un uomo di una trentina di anni è subito dopo di lui. Indossa uno spezzato blu, è alto almeno trenta centimetri più dell’orientale e ha la barba folta e i baffi biondi. Le spalle sembrano quelle di un giocatore di rugby. Gli occhi castani si posano sui miei, penetrano i miei.
Inspiro profondamente, l’odore della mia passera bagnata riempie le mie narici, il cuore mi batte sotto i seni che stanno diventando più duri. Deglutisco.
Lui si ferma sulla soglia, sbarra gli occhi, sbatte le palpebre, sembra fare un passo indietro. La confusione che pare averlo colpito scompare e sorride, le labbra gli si schiudono appena mentre mi spoglia con gli occhi. Mi divora con gli occhi.
Il bastardo asiatico mi riporta alla realtà. «Signorina Croft, le presento il dottor—»
Il dottor fa un passo e solleva una mano davanti al suo segretario senza nemmeno guardarlo. «Grazie, Kim, puoi andare.» La sua voce è come un paio di dita infilate completamente nel mio utero, lo fa grondare nelle mutandine.
Il coreano fa un inchino, ben più profondo di quanto si fosse sforzato con me, e se ne va, chiudendo la porta alle sue spalle.
Inspiro di nuovo, sono sola con quel modello. Cazzo, non riesco a ricordare qualcuno bello come lui in tutta la mia vita… Apro la bocca, ma non riesco a spiccicare parola.
Si avvicina a me, passa alla mia sinistra. L’angolo della sua bocca si solleva. «Croft? Come la figa dei videogiochi?» Passa il mio corpo ai raggi x. Annuisce. «Sì, direi di sì.»
Ho la bocca secca, il cuore sembra farmi vibrare un seno. «E… e tu, come ti chiami?»
Lui continua a fissarmi. Mi sento bagnare.
«Dai, voglio stare al gioco: chiamami Nukem, come quello di Duke Nukem.»
Gli assomiglia: non mi ero mai resa conto di quanto fosse figo quel personaggio. Chissà se ha mai chiavato Lara in qualche porno? Possiamo risolvere subito una simile mancanza…
Ho una serie di passi della lista che mi hanno fatto imparare a memoria prima di arrivare a questo, ma ‘fanculo! Mi fiondo su di lui e mi metto in punta di piedi. Le nostre labbra si uniscono. La sua lingua scivola nella mia bocca e si strofina contro la mia. Una sua mano afferra un mio gluteo e lo stringe. La mia figa sembra spruzzare un goccio di eccitazione al suo tocco, come quei giochi di gomma dei bambini.
Voglio che mi sfondi, che distrugga il mio corpo con il suo cazzo. Sono la sua troia, e non perché mi stanno pagando…
Si stacca dalle mie labbra. «Baci bene, puttanella.» Mette le mani sulla mia camicetta bianca e comincia a sbottonarla. Mi ritrovo con i lembi che pendono ai miei fianchi e il reggiseno nero e la pancia in vista.
Lui infila le mani dietro la mia schiena e senza sbagliare una mossa sgancia il reggiseno. Me lo sfila e ammira le mie bocce. Le stringe, mi fanno male tanto sono diventate dure ma al contempo vorrei non smettesse mai.
«Hai due gran belle tette, non vedo l’ora di scoparmele…» La voce è bassa, mi eccita ancora più del suo tocco deciso e virile. Mette una mano sulla mia testa e mi spinge verso il basso, «Adesso vediamo se la tua bocca vale quanto costi.»
Mi fa inginocchiare. Si sfila la cintura e muove il braccio per lanciarla ma si ferma.
Sorride verso di me, un sorriso cattivo.
Prende con tutte e due le mani la cintura e la tira di colpo, facendola vibrare. Mi irrigidisco, come se si preparasse a colpirmi…
Invece la porta dietro alla mia testa e la avvolge attorno al collo, infila il capo della cinghia nella fibbia e la stringe fino a chiudermela sulla pelle. «Adesso sei di mia proprietà, puttanella…»
Tiene in mano la fibbia e con l’altra si apre la zip e il bottone. I pantaloni cadono a terra. Li scalcia con un movimento della gamba contro il mobile bar. Le mutande bianche sono piene, un rigonfiamento scende dal centro verso sinistra.
Il cuore perde un colpo, il fiato mi si mozza. La foto che mi ha mandato mia madre ieri pomeriggio compare nella mia mente. Mio cugino Gaetano ha lo stesso cazzo, la stessa forma fisica. È lui!
L’afrore di eccitazione maschile colma l’aria. Nukem infila la mano nelle mutande e afferra il rigonfiamento.
No, che stronzata: lui lavora per i cinesi, ha detto mamma, e poi che probabilità ci sono che…
Il cazzo appare davanti a me, un tubo di carne grosso quanto il mio polso che pende semi eretto. Una vena bluastra percorre la parte superiore dalla base alla cima; altre, più piccole, si spargono attorno come radici di alberi. La cappella è esposta, rossa, con una goccia trasparente che scivola fuori dal meato. L’afrore è ancora più intenso, riempie l’aria come a prendere il posto dell’ossigeno. Ogni volta che respiro la mia figa si bagna ancora di più e le tette diventano sempre più dure.
Inghiotto tanta di quella saliva che ho paura di strozzarmi.
Nukem mi strattona il collo con la cintura. «Succhiamelo.»
È il cazzo di mio cugino. Quello stronzo di mio…
Altro afrore di maschio riempie le mie narici. Morirò se non lo metterò in bocca…
Prendo con una mano il cazzo e non ne stringo un terzo della lunghezza. L’indice non si avvicina nemmeno al pollice. È un tronco d’albero, e quando me lo pianterà in culo e in figa mi spaccherà… Le mutandine si bagnano ancora più, l’effluvio della mia passera è una nota appena distinguibile nella cappa di virilità.
Accosto la cappella alle mie labbra, protendo la lingua e lappo la goccia di precoito. L’odore di cazzo è fisico, si infila con forza nelle mie narici. Mi gira la testa, il petto sembra svuotarsi.
Il bulbo è salato, liscio come seta. Lo passo tutto con la lingua, le labbra che lo racchiudono per metà. Sollevo lo sguardo e lui si sta togliendo la maglietta e la getta sulla camicia azzurra e la giacca. I suoi occhi penetrano nei miei e mi scopa con lo sguardo.
Le mutandine sono fradice ma sto bruciando tra le gambe. Non devo toccarmi… è poco professionale…
La mano spinge la mia testa avanti, il cazzo scivola nella bocca. Le labbra diventano una “O”, respiro solo dal naso. La cappella sprofonda lungo la lingua, mi riempie la cavità orale. Si ferma in gola, e il mio naso non è ancora nemmeno ai peli neri dell’inguine.
«Brava, troietta…» Sorride, un lampo di cattiveria brilla nei suoi occhi.
Mi sta soffocando.
Trattengo il vomito.
Fottimi come una cagna e riempimi di sborra…
La sua mano mi afferra i capelli della nuca, mi tira appena indietro la testa e mi costringe a vedere il suo viso. Ritrae il tronco di carne.
Respiro.
Rimettimelo dentro di nuovo, ti prego...
Fa una smorfia di rabbia e spinge, il cazzo mi sprofonda tra le fauci come se fosse un pugno infilato in bocca fino in gola.
Ritrae. Ha le labbra aperte e i suoi occhi ardono di odio.
Lascia i miei capelli e la cinghia e mette le mani sulle mie tempie.
Rientra di botto, sprofonda, ritrae, dentro fino in fondo, fuori, di nuovo dentro.
Lui ansima, il mio cuore cavalca a spron battuto e sono certa che sto bagnando anche i pantaloni… La mia bocca si riempie di saliva e ad ogni colpo inferto con il cazzo emetto un suono viscido. Una parte della bava scivola nella mia gola e devo trattenere i colpi di tosse, altra ruscella dalle mie labbra e cola sulle mie tette.
Nukem solleva la testa all’indietro come se volesse ululare. «Sì, fatti fottere quella bocca da troia!» ringhia.
Il suo movimento rallenta, la profondità diminuisce. Tira fuori il suo cazzo bagnato per metà di sputo e macchiato di rossetto. Apro la bocca e respiro a fondo, affamata di ossigeno, un capogiro mi assale e la bava che mi cola dalle labbra. La testa mi cade avanti quando toglie le mani dalle tempie ma mi afferra di nuovo i capelli e me la spinge indietro.
Ha uno sguardo assassino, si lecca le labbra.
Ansimiamo entrambi, ma non per lo stesso motivo…
Punta il suo cazzo contro il mio viso e si sega, la cappella scompare nella pelle e riappare tutta, fino in fondo. Sorride e chiudo appena in tempo le palpebre: una scarica di sborra bollente finisce sulle mie labbra e l’occhio destro, una seconda cade poco distante, una terza sul naso. La quarta e la quinta, meno intense, sul collo e sul seno, in mezzo alla saliva.
«Adesso ti ho marchiata e sei mia, puttana.» Le parole gli passano tra i denti con gli ansimi.
Mi libero gli occhi dalla sborra con un dito, lui mi strattona con il guinzaglio attorno al collo. Apro le palpebre e mi fa cenno di alzarmi.
Le gambe mi fanno male nel rimettermi in piedi, barcollo appena e devo appoggiarmi al suo corpo per non rischiare di cadere. Lui mi afferra per le chiappe e mi stringe a sé. Il suo corpo è caldo, duro, odora di maschio e virilità, vorrei abbracciarlo, spingere i miei seni contro di lui, fargli sentire quanto sono eccitata e desiderosa di essere usata per il suo piacere…
…ma il suo sguardo…
…deglutisco. Il suo sguardo mi riempie il petto di paura. Quelle braccia così grosse potrebbero proteggermi da chiunque, quel corpo così perfetto potrebbe portarmi in salvo… ma in quello sguardo, in quegli occhi… potrebbe non esserci nessuno in grado di difendermi da lui, se solo usasse la sua potenza contro di me…
Lo stringo contro il mio esile corpo, appoggio la testa sulla sua spalla. Non posso difendermi da Nukem. Lo voglio scopare fino a renderlo mio…
Staccarmi da lui richiede uno sforzo di volontà, è come se mi fossi incollata a lui. L’aria della camera ruba il calore che il suo corpo mi aveva donato. Ma da distante posso godermi la sua splendida figura. Il suo cazzo pende luccicante, una goccia di sborra cola dalla punta rossa per l’eccitazione che gli provoco.
Un’ondata di orgoglio riempie il mio petto.
Indietreggio fino al letto e mi lascio cadere supina sulle coperte. È talmente morbido che rimbalzo.
Apro le gambe e gli sorrido, passo una mano tra l’inguine e una coscia, mordendomi le labbra. «Mi stai facendo bagnare tutta… vuoi costringermi a darmi piacere da sola guardandoti o…»
«Vederti che ti ditalini fino a venire mentre mi guardi sarebbe fantastico, ma il mio cazzo sta meglio nella tua figa che nella mia mano…» Una striscia di pelo passa in mezzo ai pettorali e divide a metà gli addominali. Ne ha quattro paia al posto dei soliti sei…
Mi slaccio la cintura e mi abbasso i pantaloni e le mutandine. Sono intrise a tal punto di liquido di figa che, esposte all’aria, rilasciano un odore di sesso che colma la camera. Combatto con le scarpe per togliermele.
Nukem è nudo appena oltre i miei piedi. Annusa l’aria, si passa la lingua tra le labbra e mi fissa. Mi scopa con lo sguardo, sorride quando nota una goccia di desiderio allargare l’imbocco del mio utero e sgorgare fuori.
Si inginocchia.
Il cuore mi manca un colpo… Sento già la sua lingua scivolare sulla mia pa—
Afferra una scarpa e me la slaccia. La lascia cadere a terra. «Se ti rimorchiassi per strada ti scoperei con i pantaloni a metà delle cosce in un vicolo, ma in una stanza da letto come questa…» Mi toglie anche l’altra scarpa, la getta accanto alla prima. Mi afferra il fondo dei pantaloni e me li sfila: senza guardare, li lancia accanto ai suoi.
Prendo con una mano il bottone della manica della camicia.
«No, tienila addosso, sarà più erotico così.» Mi afferra le caviglie e mi tira a lui.
Il copriletto scivola sotto il mio culo e la camicetta mi resta sotto la testa. Tanto valeva togliermela… Mi ritrovo con le gambe fuori dal letto.
Nukem apre le mie cosce, ci si mette in mezzo con il suo bacino e si appoggia con le mani sul letto all’altezza dei miei seni.
Il mio cuore batte tanto forte che mi meraviglio che le mie tette non ballonzolino. Il senso di eccitazione e di paura si mescolano di nuovo nella mia pancia. Non sono certa che il sorriso che rivolgo a Nukem riesca a nascondere la mia agitazione. «Sei… sei già pronto?»
Lui alza le spalle, come se avessi detto una sciocchezza. «Come posso non essere sempre pronto, con una figa come te sotto le mie mani…»
Muove il bacino, qualcosa di caldo e bagnato scorre tra le mie piccole labbra, si ferma all’apertura della mia vagina, preme leggermente.
Il cuore martella ancora più forte, i miei intestini sembrano fatti di spaghetti cotti. Nemmeno la mia prima volta mi sono sentita così… Deglutisco. «Sarai… delicato?»
Nukem sorride, quel sorriso bestiale di prima. «No.»
Il suo cazzo sprofonda nella mia figa, la sua cappella mi impala, mi sta sverginando una seconda volta.
La bestemmia mi muore in gola, non ho aria nei polmoni per pronunciarla anche se la mia bocca è spalancata, la mia schiena si stacca dal letto e la mia testa è piegata all’indietro.
Lui mi prende, un braccio cinge la mia schiena, l’altra mano afferra una mia chiappa. Rotoliamo su una piazza del letto, il suo cazzo sprofonda, fuoriesce e torna dentro di me.
Il mio fiato viene e va con la stessa frequenza della scopata. Gli occhi non vogliono essere che spalancati.
Lui mi stringe, mi possiede completamente, sono diventata parte di lui. Mi sta distruggendo. La sua cappella sta aprendo le pareti della mia passera come se usasse una mano, mi strappa crampi di dolore, il suo odore di maschio mi soffoca, le sue braccia mi assoggettano a lui.
Non fermarti mai più, bastardo, ti prego!
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