Love taste, un ristorante molto arrapante

Giovanna Esse
14 September 2023

– La timidezza ti ucciderà, Fulvio! – Hai ragione; mi da fastidio ammetterlo, ma ormai mi conosci troppo bene. Basta maschere; basta trincerarmi dietro due lauree e una carriera talmente fulminante da far invidia a un manager cinquant’enne, magari volpone e navigato. Ma che ci posso fare? Le ho tentate tutte… – Ok, su questo – disse Gerry, scurendosi in viso – lascia perdere: stendiamo un velo pietoso; dopo quello che hai creato l’altra sera, con te non dovrei più neppure parlarci! Ecco… Fulvio non riuscì a trattenere un’impacciata risatina ebete; più o meno lo stesso tipo di risatina che aveva sfoggiato mentre faceva l’ennesima figura barbina e metteva in imbarazzo anche Gerry, suo collega e, sventuratamente per lui, anche amico. E certo: erano quasi due anni che viaggiavano insieme, almeno per un paio di settimane, ogni mese. Gerry, in qualità di Agente generale per il sud Italia e Fulvio, come suo diretto, se pur giovane, superiore. La loro “squadretta” aveva comunque suscitato qualche battuta sarcastica nelle alte sfere… dopotutto la proprietà dell’azienda era rappresentata da “materassari”, mica da premi Nobel. Nelle riunioni “ufficiose”, non era raro che li appellassero “Tom e Gerry”, ma nessuno li ostacolava: le loro scelte strategiche erano sempre ben accette, finché i fatturati erano più che soddisfacenti. Si sceglievano l’albergo, il ristorante, persino la macchina di servizio… Rendevano! E questo faceva di loro un’apprezzata coppia di “intoccabili”!

Comunque, anche se Fulvio aveva sorriso, non era uno sciocco; gli dispiaceva di avere rovinato tutto. È vero che Gerry era ossessivo e insisteva continuamente su quell’odioso aspetto del suo modus operandi ma, in fondo, aveva agito in buona fede e, dopotutto, lui aveva accettato la prova senza costrizioni. Così, a Cosenza, Gerry aveva organizzato un incontro a tre, con una sua amica abbastanza emancipata e discretamente troia. Certe donne dell’estremo sud sono un po’ avide rispetto alle piccole raffinatezze tipicamente “nordiche”: il manager figo, il SUV executive, il ristorante d’alto livello… insomma, uno dei pochi momenti per indossare le calze di seta, il completo di Prada e i sandali col tacco, Louboutin… uno momento che non sia il matrimonio della cugina o la festa di Laurea dell’amica del cuore. Dopo… Champagne in camera (camuffato in fattura, per la Ditta), allegria a profusione: ci si lascia andare, via i vestiti… un accenno di spogliarello e vai. Luci soffuse per qualche ora di puro sesso trasgressivo. Ma il povero Fulvio, benché in mutande e con la signora che cercava di agguantargli il pene, giusto per rompere il ghiaccio e dare inizio alle “danze”, non riuscì a sostenere lo stress del momento. Distrusse l’atmosfera, smontò l’entusiasmo e, con la sua imbarazzante risata ebete scappò via dalla Suite, scaltramente prenotata da Gerry. E sia, dirà il lettore a questo punto, che sarà mai? Fulvio si toglie dalle palle, la signora dopo un attimo di smarrimento, riprende fiducia nel sesso e ricomincia la sua attività di ricerca in un altro paio di mutande. Gerry, dal canto suo, scopatore collaudato non avrebbe avuto difficoltà a riprendere in mano le redini della nottata. Sennonché, nella fretta di fuggire dall’agguato erotico, ma pur attento a coprirsi un minimo, per pudicizia, Fulvio si accaparrò un lenzuolo il cui lembo, nel parapiglia, si agganciò al tavolino su cui era posata la guantiera, con lo Champagne, i flute e il secchiello… colmo di acqua e ghiaccio. La catastrofe venne rimarcata e resa pubblica immediatamente a causa di uno sfortunato evento: un anziano cameriere stava passando davanti alla porta, trasportando alla meglio una fronzuta Abat-jour, per motivi non inerenti alla nostra narrazione… questo, però, non vietò a Fulvio ancora più impacciato del solito per il disastro appena perpetrato nella camera di Gerry, di arretrare in lenzuola e mutande, scusandosi e chiedendo umilmente perdono. Di culo centrò il vecchio: persero insieme l’equilibrio e caddero, quasi abbracciati assumendo tutta una serie di pose, non eccessivamente plastiche. Complice la caduta, la vecchia lampada, tutta spuntoni e pendagli di cristallo, si infilò nelle loro delicate membra, ferendo entrambi in maniera più o meno grave. Insomma: una piccola, umiliante, tragedia!

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“Ebbene, adesso basta! Voglio riprendermi in mano l’esistenza!” Forse fu proprio la figuraccia in Hotel a far rivivere nella mente compartimentata del bravo Manager un ricordo umiliante e offensivo, nascosto nei meandri del suo lontano passato. Era poco più che un bambino: niente di grave alla luce degli anni ma, probabilmente, quando successe, quella magra figura lo aveva segnato ferocemente… forse per questo non riusciva a spogliarsi con altri presenti, soprattutto se si trattava di esponenti del gentil sesso. Col passare degli anni, impegnato a studiare e far carriera, questa sua incapacità a denudarsi, era diventata una vera fobia. Ma ora basta! Doveva trovare l’occasione per sbloccarsi, per smitizzare la potenza psichica di quell’antico episodio.

Per prima cosa: il problema era psicologico? Bene, si rivolse a un esperto. Per non far conoscere a nessuno questa sua ricerca di una nuova identità sessuale, non ne parlò nemmeno con Gerry. Fece tutto da solo e… quello che, a prima vista, poteva sembrare un handicap si dimostrò una scelta molto felice… A. Marra, Psicologa e Sessuologa, l’esperto che aveva lo studio nello stabile vicino agli uffici della sua Azienda, era una donna! Quando si presentò, senza neppure un appuntamento, non se l’aspettava. Prese la donna, graziosa e leggermente in carne, per la signora delle pulizie o una segretaria… – Ehm, salve! – Salve! – Io non avevo un appuntamento … io, ecco, il dottore non c’è? Quando riceve? – Beh… c’è scritto sulla targa, di fuori. Comunque: i giorni pari, dalle 15 alle 19. – Oh, bene, ok. Grazie. – Di nulla! – la grassottella adesso lo fissava e sorrideva. Gli piacque il suo cipiglio deciso, lo metteva a suo agio. La signora indossava una tuta celeste, non proprio vistosa ma quasi, una fascia rosa per trattenere i capelli… ed era violentemente sudata. – Vuole fissare un appuntamento? Fulvio deglutì; era troppo diretta… si sentiva già esposto, come fosse nudo, e quella era solo la donna di servizio… forse… forse… sarebbe stato meglio. – Oh, beh, mi ascolti signor… o dottor, non so? Abbia pazienza… – si tolse la fascia e sciolse i bei capelli crespi e bruni con un movimento estremamente accattivante. – Sto solo cercando di tirar giù un paio di chili prima della bella stagione… alle 15 mancano dieci minuti, se ha tempo di aspettarmi… faccio una doccia e sono da lei. Sarò impeccabile e professionale, glielo giuro! – sorrise, mostrando i bellissimi, graziosi, dentini, – Piacere: Adele Marra, psicologa, seppur reduce dalla mia corsetta del pomeriggio. Scappare? Ancora una volta? Cazzo, no!

– Certo… aspetto con piacere, dottoressa. Fulvio, Fulvio Tommasi. Tenderle la mano no… sarebbe stato troppo, per lui, in un pomeriggio solo. Fulvio non poteva saperlo ma Adele gliene fu molto grata. Anche lei aveva un suo piccolo e mai sconfitto complesso: era sempre preoccupata rispetto alle sue mani; qualcosa, un giorno lontano, sepolto oggi nel suo subconscio, l’aveva convinta che avere le mani sudate era sinonimo di insicurezza e, ovviamente, a lei le mani sudavano sempre più spesso di quanto avesse mai desiderato. Porca puttana!

Quando Adele tornò erano le 15 in punto. Quando Adele tornò lei non era più la stessa. Le calze nere, il raffinato tailleur grigio chiaro, la camicetta di seta rosa, tesa sul seno prosperoso… e infine i tacchi, altissimi ma estremamente ben portati, avevano trasformato la “polpettina” di poco prima in un appetitoso e succulento arrosto, tutto da assaporare. La psicologa era una donna molto affascinante… forse anche troppo.

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Oltre che bella Adele era anche brava. In solo quattro sedute aveva messo Fulvio a suo agio; con maestria aveva saputo pungolarlo fino a trovare quell’episodio che, pur se occultato, tanto potere aveva sul suo comportamento nei rapporti con l’altro sesso. Dopo un mese, poi, successe qualcosa di poco professionale ma Adele volle tentare, per amore più del suo “cliente” che della sua carriera. Diede appuntamento a Fulvio il più tardi possibile, infatti erano passate le nove. Ma Fulvio ormai si fidava e ci andò, senza opporre alcuna resistenza. – Possiamo darci del tu? – disse la “prof” dopo poco che avevano iniziato? Fulvio ebbe un attimo di smarrimento, lui era un abitudinario… ma senza pensarci troppo, accettò. – Ok! Ascoltami bene, Fulvio… d’accordo? – Certo! Sono tutt’orecchi. – sorrise; ormai era talmente spigliato in sua presenza che riusciva persino a goderne la compagnia, nonostante fossero completamente soli nello studio, forse nell’intero caseggiato! – Faccio questo lavoro per passione, lo amo! – disse Adele, mettendosi in piedi – Lasciami dire, caro “cliente”, che tu non hai praticamente niente che non va. Però… però hai bisogno di una piccola scossa, a mio avviso. Quel pizzico di energia, quel tanto di adrenalina che ti fa, come si suol dire, saltare il fosso… capisci? – Io… io credo di sì. Magari è come in montagna, ci sono dei passaggi che, a volte, bloccano il “neofita”; sta all’istruttore fargli cambiare prospettiva. Fargli capire che non è la parete ad essere scoscesa ma lui che ci si è rannicchiato tutto storto… – Bravo, bel paragone. – disse Adele, quasi sorpresa, – non avrei saputo inquadrare meglio la questione! – sorrise è lo fissò negli occhi; poi, con uno sforzo, gli prese le mani tra le sue. – Sei pronto? te la senti di… tuffarti, adesso? Fulvio deglutì, riprese il controllo sulla timidezza che cercava di soffocarlo e disse: – Devo farcela… con te sì, con te mi fido; so che non mi prenderai in giro! – E perché mai dovrei, caro amico? Seguimi…

Dietro lo studio si nascondeva un’altra grande camera, probabilmente una zona relax, dove Adele si tratteneva quando non poteva rientrare a casa; Fulvio sapeva che lei abitava in un borgo, abbastanza lontano dal Centro Direzionale. C’era un buon profumo nell’aria, la stanza era immacolata, le luci soffuse, alcune candele, sistemate strategicamente, rendevano ancor più confortevole quella preziosa alcova. – Vieni, mettiti di fronte a me… e imitami. Imita tutti i gesti che vedi fare… non importa quanto tempo ti ci vuole; io sono qui, con te, Fulvio. Io non ho fretta: possiamo metterci anche tutta la notte. Imitami e non pensare a niente. Tra le luci incerte e la deliziosa cornice delle candele, Adele era bellissima: Una donna perfetta e sprizzava femminilità da tutti i pori. Ritti, a circa un metro di distanza, per Fulvio era possibile intuirne persino il profumo. Lei, senza fretta si tolse le scarpe, lanciandole poi, con eleganza, un poco più in la. Fulvio aveva intuito qualcosa ma era deciso a vincere quel freno, a liberarsi da quella odiosa zavorra. Piano, ma con decisione, guardando Adele fisso negli occhi, si chinò di quel tanto, giusto per togliersi entrambe le scarpe. Il contatto col tappeto immacolato gli diede un senso di liberazione; di fronte a lui, la polpettina, senza tacchi, invece di perderlo aveva accresciuto il suo fascino, la sua forza di attrazione. Con una disinvoltura che ferì Fulvio come un cazzotto in pieno sterno, Adele si alzò la gonna nera, facendo sì che l’orlo lasciasse il ginocchio e salisse fino a superare le autoreggenti, a pochi millimetri dall’inguine. Le calze color carne e il bordo operato, nel controluce, brillavano di riflessi dorati, che ammiccavano verso Fulvio e sembravano dire: prendimi, assaggiami, scoprimi… Una dopo l’altra le dita esperte della donna liberarono le cosce, mettendo a nudo la sua carne, soda e appetitosa. La psiche di Fulvio fu sconfitta in pochi secondi, miracolosamente. Probabilmente era tale la voglia di vederle continuare quello spogliarello incredibile, camuffato da terapia, che l’uomo si sforzò di vincere ogni compromesso, con se stesso e con tutti i suoi sciocchi complessi. – Adesso tocca a te, amico mio! E Fulvio vinse la riluttanza. Con semplicità, spontaneamente, come se non sapesse più cos’è la vergogna, si tolse le scarpe, poi sollevò l’orlo dei pantaloni e si liberò delle calze scure. Erano di fronte, entrambi coi piedi nudi, entrambi pieni di passione per quel gioco nuovo e inebriante. Un pezzo alla volta, a poco a poco, si spogliarono del tutto. Restarono nudi a osservarsi, ad assaporarsi, mentre Fulvio superava ogni complesso e senza pudore, mostrava per la prima volta a una donna la sua vigorosa, intrattenibile, erezione. Nient’altro successe tra i due ma il loro rapporto era cambiato per sempre. Adele tese le mai in avanti e Fulvio la imitò, senza paura; le palme si toccarono, le dita s’intrecciarono in una intimità nuova, che valeva di più di mille abbracci.

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Adele si rodeva il fegato; mordicchiava la matita, mentre ascoltava la voce gentile di Fulvio, dall’altro capo della cornetta. Che fare? Erano passati all’amicizia dal rapporto professionale, e va bene! Ma essenzialmente lei si era esposta per lui. Aveva sbagliato, è certo! Ma quel bell’uomo, sicuramente affascinante nella sua spontaneità; serio; bravo e spigliato nel lavoro e… adesso che lo sapeva, pure ben dotato… insomma: un uomo così non poteva, non doveva arrovellarsi e limitarsi, nell’approcciare un’esponente del “gentil sesso”. Sarebbe stato uno spreco inaccettabile… però Adele aveva anche i suoi problemi, la sua vita. – Perchè continui a pensar male? – disse Fulvio – io non ti chiedo niente, non voglio importi niente… non so neanche bene cosa potrei mai farti… e tu lo sai! Lei sorrise nervosa cercando risposte, cercando scuse per sfuggire alle sue responsabilità… in un senso e nell’altro. – Non posso pagarti la parcella? Ok! Ma almeno un invito a cena non puoi rifiutarlo… dai, ti prego! Dove vuoi, quando vuoi; tu dici, io eseguo… mia deliziosa “maestra”. – Senti… e va bene, adesso non posso dirti altro; comunque per fine mese ho già programmato di restare due giorni a Roma, per un congresso. – si decise Adele, – qui per me è complicato liberarmi la sera, però se puoi e se ci capiti… ok, va bene! Ma ti prego non metterti strane idee in testa, te lo chiedo per favore… ho i miei problemi e poi ti spiego da vicino. – Non ti forzerei mai, lo sai… forse non ne sarei neanche capace, non so. Come tu sai perfettamente, tesoro, io non mi sono mai portato una ragazza a letto. – sorrisetto impacciato e sonoro – L’unica donna che mi ha visto nudo sei tu. – Sì, sì, hai ragione, lo so. Ma ricordati di accettare quello che è stato come un atto di estrema amicizia… una “terapia d’urto”, ecco.

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– Ehi, scemo, – disse con sarcasmo a Gerry – ho un appuntamento… – gongolava orgoglioso, mentre guidava rientrando rapidamente dalla Puglia. – Che pezzo di merda! Non ci credo… – disse Gerry veramente felice per il suo amico. – E me lo dici solo adesso, grandissimo cornuto? Tre giorni insieme e non ne fai parola. E chi ti si scopa? A chi darai la tua “verginità”, vecchio frocetto? Fulvio non raccolse le invettive, facendosi invece rapidamente serio… – Devi sapere ma, mi raccomando, resti tra noi, che… – e iniziò il racconto della sua strana, incredibile avventura con la sua psicologa. – Cacchio, – commentò alla fine Gerry – veramente una storia eccitante! Quindi, ormai è fatta… e non sei felice? – Felice, felice… che parolona! – Fulvio era comunque preoccupato, – Sì lo vista nuda e sì: mi fa impazzire. Ci vedremo domani a Roma, per una cena, ma già mi avvisato di non farmi illusioni… – Ma non fare il coglione… tranquillo, vedrai che succederà tutto spontaneamente. – Tu dici? Io sto friggendo, e sono sicuro di non combinare niente, nonostante me ne sia quasi innamorato… – Ho un’idea! Lampo di genio… Wow! Cosa faresti senza me? E gli raccontò che proprio pochi giorni prima, dal suo giro da “puttaniere” e assatanato di sesso, aveva ricevuto un WattsApp che lo aveva subito incuriosito. Proprio a Roma, una scrittrice di racconti erotici, con alcuni soci, aveva aperto un ristorante afrodisiaco; si doveva prenotare; era aperto solo a cena e prometteva un’innovazione tecnologico-artistica, assolutamente nuova! Il tempo di trovare il messaggio; una telefonata per prenotare e il gioco era fatto. Gerry esclamò, convinto: – Se non te la porti a letto stavolta, vecchio mio, allora sei un caso disperato!

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Il locale era in zona Parioli, in via dell’Orologio, un angolino tranquillo, estremamente signorile. Una discreta targhetta ammiccava sulla destra della porta scura con le finiture in ottone splendente: “Love Taste” Restaurant Privee Non c’era altro tranne il campanello. Per non incontrare contrattempi, Fulvio, aveva preferito il Taxi, era passato a prendere la sua amica speciale in albergo e adesso erano li, davanti alla porta, entrambi lievemente impacciati. Il locale era molto elegante; vennero accolti con discrezione. Davanti a un tavolino la proprietaria faceva gli onori di casa, con garbo e gratitudine; offrì loro una coppa di Cristall, come aperitivo e, in breve, espose le peculiarità di quel locale. – Se volete sperimentare veramente qualcosa di nuovo, allora vi consiglio l’Ovulo, invece di un tavolo tradizionale. Entrambi i giovani si incuriosirono e poi, tra la timidezza di Fulvio e la poca disponibilità all’avventura di Adele, qualsiasi deterrente era ben accetto pur di far passare il tempo. Erano ancora abbastanza imbarazzati. – L’Ovulo, lo stiamo dando al costo di un tavolo, in via promozionale, è un concentrato di tecnologia, dedicata esclusivamente ad offrire una irripetibile esperienza di piacere… – Oh, oh… – interruppe Adele – Forse stiamo correndo un po’ troppo, signora. Veda, questa è una cena tra amici! – sorrise, cercando la complicità dell’altra. – Ma certo, capisco, non dovete preoccuparvi, l’esperienza dell’Ovulo è del tutto individuale… prego, seguitemi, non ve ne pentirete. – e li scortò verso l’angolino più in penombra del locale.

La cena venne servita in modo impeccabile: gli assaggi erano prelibati e squisiti, sicuramente di “alta cucina”; i prodotti eccellenti, nessun ingrediente invasivo, nell’odore, nel sapore o nei grassi… L’esperienza dell’Ovulo era davvero una novità. I due commensali vennero fatti accomodare a un tavolino tondo, in materiale traslucido, sicuramente una plastica speciale. Immediatamente dopo, venne giù una specie di cappello, a forma di fungo, che si posizionò in modo tale da coprire la coppia fino all’altezza delle spalle. Solo su di un lato, di fronte alla parete in fondo, rimaneva uno spazio aperto, angusto ma utile, dal quale una cameriera sexy, in minigonna e tacchi a spillo, serviva loro le pietanze e versava il vino adatto. La cosa incredibile e conturbante, allo stesso tempo, era che la ragazza era perfettamente bendata. Indossava una mascherina nera, incorniciata da doppi strati di velette, che le avrebbero reso impossibile poter osservare nulla di ciò che avveniva sotto l’Ovulo. Altra prerogativa della strana struttura erano le due poltroncine che l’accessoriavano, la seduta era anatomica, comodissima, a forma di sella; furono addirittura indirizzati verso la sedia più adatta al loro sesso. Infatti la sedia per donna, sulla punta della sella, aveva una protuberanza estremamente più aggressiva e consistente di quella per uomo. E così iniziarono quella cena incredibile, in un ambiente irreale. Cominciarono a vivere una Fiaba sexy e sensuale… frasi carezzevoli, brani scelti tra i più evocativi della scrittrice erotica, venivano sussurrate sotto il padiglione. Le parole erano accompagnate da una delicata musica di sottofondo mentre, grazie a un complesso congegno olografico, tutto intorno a loro, immagini virtuali li inserivano, full immersion, in un mondo incantato. Panorami fiabeschi; sale arabescate; amplessi perversi che si facevano e si disfacevano, comparendo ai loro sensi come spezzoni di sogno. La poltroncina, poi, sotto le loro natiche prendeva vita, vibrando, sussultando, carezzando… masturbando le parti più sensibili. Purtroppo i loro caratteri e la loro spigliatezza non aveva ancora raggiunto un soddisfacente livello di sincronia… Adele era una donna adulta, molto sensuale; sebbene fosse cercasse di controllarsi in quel loro rapporto, per evitare equivoci, era comunque una che amava il sesso e ne godeva, felicemente, sin dalla prima pubertà. Il suo corpo e la sua mente erano avvezzi e disponibili alle stimolazioni più azzardate e appaganti. D’altro canto c’era Fulvio, eccellente membro della società ma, purtroppo, come trentenne era veramente imbranato… fino a pochi giorni prima persino sessuofobico. E le poltrone lo “sapevano”. L’intelligenza artificiale che gestiva quell’ambaradan di cavi nascosti e di elettromeccanismi camuffati, grazie a una serie di sensori sensibilissimi, rilevava lo stato d’animo del “cliente” e lo serviva di coccole erotiche, proporzionalmente al suo indice di eccitazione. Così, una lasciva e irrequieta Adele sedeva di fronte a un turbato e preoccupato Fulvio. I gridolini della bella signora, i suoi strusciamenti, le pose discinte che assumeva di tanto in tanto, lo facevano sudare freddo. A niente valsero neppure gli sguardi supplichevoli e pieni di libidine che Adele gli lanciava di tanto in tanto, né il suo increscioso aggrapparsi a un braccio del suo ospite o, peggio, quando se ne portava un dito alla bocca, succhiandolo come un Chupa-Chups. A raggelare ulteriormente il giovane tardivo c’era la preoccupazione che, mentre loro due erano isolati nella bambagia erotico virtuale, probabilmente, gli altri commensali vedevano perfettamente i loro atteggiamenti, pur se soltanto dalle spalle in giù. Ma, diciamocelo, era proprio “in giù” che stava avvenendo il peggio delle performances di Adele. Per fortuna dopo un’ora e mezzo di martirio e di goduria, quell’esperienza terminò. Solo molto dopo, nel taxi, quando Fulvio ritrovò una certa padronanza di sé; quando una sfiancata e coccolosa Adele, gli poggiava languida la testa sulle spalle, Fulvio tentò di sferrare il suo attacco: giocò il tutto per tutto, anzi, si fece audace… nella tranquillità del motore che borbottava pacato, le disse: – Che pensi adesso, cara? Che ne dici? Vogliamo andare da te, o vieni tu nel mio albergo? Adele si riprese rapidamente, persino l’effetto del vino aveva perso la sua efficacia. Si rimise i sandali, che aveva tolto poco prima e poi, guardandolo negli occhi con tenerezza infinita, disse: – Perdonami, bambino mio, te ne prego. Vedi… e mi ero ripromessa di dirtelo già dall’inizio di questa serata… io sono sposata, ho persino una figlia. Comprendimi… non ti nascondo che anche per me è stato sconvolgente, l’altra sera… e non ti nascondo che mi piaci tanto, anche come carattere, come dolcezza. Tesoro mio – gli occhi, adesso, luccicavano nella penombra – persino il tuo corpo, mi attizza tantissimo; prima di stasera non riuscivo a non pensarti nudo, al tuo membro già grosso ed eretto nonostante nemmeno ci fossimo sfiorati… Non sarò ipocrita: cercavo di convincermi che non volevo venire a letto con te ma non ero sicura di riuscire a mantenere questa posizione… ho titubato, tanto. Prima di cena, ero molto tentata… quasi pronta a cederti tutta me stessa… Ma poi, cazzo… – e qui cambiò espressione, era quasi furiosa, – co’ sto cazzo di ristorante arrapante… e quel bastone che mi vibrava sul clitoride… e porca puttana, gioia mia, io ho avuto più di cinque orgasmi devastanti. Mi spiace… veramente, ma così ho avuto tutto il tempo (e la spossatezza) per decidere. E ho dovuto decidere di restare fedele a mio marito, alla mia vita… maledizione!

Era tardissimo. Solo nella notte profonda, Fulvio decise di andarsene a piedi al suo Hotel. Il suo umore era nero! Non aveva voglia di fare niente; aveva voglia di mollare tutto… in un attimo di lucidità, prese il cellulare, compose il numero e, dopo innumerevoli squilli, strillò a chi aveva risposto con la voce impastata dal sonno: – Vaffanculo, Gerry! 

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