Un cazzo imperdibile per la mia signora
Il signor Mario ha ormai settant’anni, è pensionato ed ha iniziato il suo viaggio nella perversione quando era solo un ragazzo. (Vedi: Ero solo un ragazzino...)
La coppia da cui venne attirato e addestrato come un vero “Bull”, fece di Mario un giovane che aveva conosciuto il vizio molto presto. Fino ai venticinque anni, cercò di ottenere sempre di più dai rapporti con le ragazze e non disdegnava situazioni promiscue, dove la sessualità personale non sempre era ben delineata e certa, infatti e senza remore, oggi si definisce un bisex.
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Come spesso accade, Mario prese una decisione quando conobbe Tiziana, una brava ragazza, estranea al suo “giro”. Di sani principi, ancora vergine; lui pensò bene di formarsi una famiglia, aveva pure iniziato a lavorare.
Così, tra fidanzamento, organizzazione della loro vita di coppia e lieti eventi, trascorsero circa dieci anni. Come spesso accade, ancora una volta i figli e la routine, resero il matrimonio benedetto ma sempre meno frizzante, soprattutto per Mario, che sempre più spesso rimembrava il suo passato burrascoso e intrigante.
Tiziana era una donna del tutto normale, la maternità e le esigenze familiari, riempivano quasi tutta la sua sfera sentimentale e assorbivano le sue energie. In quel contesto, per la signora, un po’ di sesso canonico era più che sufficiente mentre Mario voleva l’intrigo; desiderava fare di tutto e, magari, non nel loro letto. L’insistenza di Mario ebbe l’effetto opposto, allontanò Tiziana che non si sentiva amata né capita.
Mario, a pochi passi dal suo ufficio, frequentava un piccolo bar accogliente; la figlia del proprietario, una giovane brunetta, restava spesso da sola all’ora di pranzo. Non chiudevano per devozione, per quei pochi habitué che restavano a mangiare un tramezzino o un supplì, o a cercare un momento di relax davanti a una cioccolata calda, quando fuori, l’inverno si faceva più pungente.
Per il suo lavoro, Mario, già difficilmente tornava a casa per colazione, adesso che aveva scoperto un feeling, e una certa simpatia da parte della giovane, cercava di presentarsi al bar verso le quindici, per starsene da solo con lei, a chiacchierare del più e del meno.
Anche lei era impegnata, aveva un fidanzato che presto sarebbe diventato suo marito, ma anche in lei gli occhi sembravano infiammarsi, alle battute ironiche di Mario, appena si sfioravano argomenti libidinosi.
Poi si capirono, si amarono e, per anni, la brunetta gli fu compagna di giochi erotici, complessi e articolati, una vera fortuna, eppure…
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La storia più intrigante nella sua vita è stata anche la più strana (sessualmente parlando)! Per assurdo, Mario nemmeno vi ha partecipato mai, personalmente, nonostante si sia trattato di un avvenimento notevole e fuori dal comune. Per questo motivo, il suo atteggiamento nei confronti della sua signora cambiò per sempre, trovando eccitante e forse, sopravvalutando, ogni successiva intimità tra di loro.
Per motivi di lavoro al sig. Mario tornò utile ospitare, per circa una settimana, un giovane algerino, Abdel con la sua fidanzata. Poi la ragazza tornò al paese, mentre il giovane funzionario rimase in Italia; però si stabilì regolarmente negli appartamenti riservati, dell’ambasciata.
In famiglia i rapporti non erano più tesi, la tolleranza reciproca li aveva stabilizzati, e, ogni tanto, senza troppe pretese, riuscivano persino a scopare.
Una sera prima di andare a dormire Tiziana gli riferì un fatto curioso, capitato qualche giorno prima. La donna era uscita, come al solito, ma era rientrata pochi minuti dopo, per recuperare dei documenti che aveva scordato. Aprì silenziosamente la porta, era presto e non voleva disturbare gli ospiti, che, per l’etichetta, dormivano divisi. Passando davanti alla porta del salone, occupato in quei giorni da Abdel, non potè fare a meno di trovarsi di fronte a una scena inattesa: insomma, la promessa sposa, probabilmente vergine, stava accontentando il fidanzato come poteva, nella fattispecie, gli stava tirando una sega, con mano decisa e a gran velocità.
Tiziana, guardava sul soffitto i ghirigori ambrati creati della lampada e narrava divertita la sua “disavventura”. I due amanti erano proprio “al clou” e si accorsero di lei troppo tardi. Erano in piedi, lui aveva solo la maglietta bianca e niente sotto, indagava estasiato dalla spalla i seni, scuri e sodi, della fanciulla. Lei gli teneva il membro con due mani e lo masturbava… erano troppo oltre, infatti, anche sussultando per la sorpresa, Abdel se ne venne copiosamente, saltando all’indietro e rovesciando tutto il suo succo opalino sul pavimento. Sorpresa almeno quanto loro, Tiziana incapace di altro, arretrò verso l’ingresso e, senza una parola, uscì di casa col cuore che batteva per l’emozione e l’imbarazzo. Successivamente l’argomento non venne mai toccato; due giorni dopo, Abdel e la sua ragazza, perdendosi in mille ringraziamenti, lasciarono la casa di Mario e tutto tornò alla normalità.
Il racconto di Tiziana fece provare a Mario un brivido d’eccitazione. Sapere che la sua morigerata moglie aveva assistito a uno spettacolo tanto estremo, e nel suo salotto, lo divertì invece di farlo infuriare. Fece una battuta che non venne ben rilevata da Tiziana:
– Immagino la tua ira quando ti sei accorta che ti avevano sporcato il salotto buono… –
Tiziana aggiunse, invece:
– Abdel ha un pene molto grosso: enorme. Non avevo mai visto niente del genere. – Poi sorrise, come volesse minimizzare la sua affermazione – Insomma, non è che io ne abbia visti tanti, dopotutto! – Quelle parole dette da una donna che sembrava un’educanda, eccitarono Mario. E quella notte Tiziana si lasciò fare molto volentieri, dal suo uomo.
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– Attento con quel “coso”: sai che hai sconvolto mia moglie? – la battuta del sig. Mario colpì il povero Abdel come una stilettata. Si erano già visti in Ambasciata, quel giorno. Erano circa due mesi che non veniva.
Abdel aveva temuto quel momento, invece, Mario era stato cordialissimo, quasi affettuoso; gli aveva persino chiesto di Fatma, la fidanzata: tutto regolare insomma.
Prima di scendere a colazione, si era completamente rilassato; era quasi certo che “l’incidente” con la signora Tiziana fosse superato, anzi, probabilmente Mario non ne era mai venuto a conoscenza. Una sosta veloce nel bagno, per la pipì e, proprio mentre la stava facendo, Mario entrò, lo vide, e gli lanciò la frecciatina, quando meno se l’aspettava. Nonostante l’accentuato colorito olivastro, Abdel arrossì come un tizzone. Mentre arrancava per recuperare il suo pisello, si sentì completamente indifeso e restò muto, non sapendo cosa rispondere.
Quando si voltò, si trovò di fronte un sig. Mario che sorrideva bonario, più divertito che arrabbiato. Un po’ rincuorato, Abdel farfugliò qualcosa, cercando le parole per presentare le sue scuse ma non ce ne fu bisogno. L’uomo, assai confidenzialmente, gli mise la mano sulla spalla e, fattosi serio, gli sussurrò:
– Va bene così, figliolo, non c’è niente di male… anzi, in un certo qual modo ti devo ringraziare… –
Abdel era giovane, timorato e inesperto, non subodorò alcun messaggio particolare nelle parole dell’italiano, si limitò a non capire, ma Mario lo incalzò e lo invitò a pranzo:
– Dai, amico mio, lavati le mani; ti porto in un posticino che conosco solo io… – poi entrò in uno dei cessi, a sua volta.
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– Pomodori ripieni di riso; carciofi stufati; supplì… – disse allegro il sig. Mario rientrando col grosso cartoccio.
– Abdel, non ti puoi tirare indietro: tutto rigorosamente vegetariano, non hai scusanti! – rise, poggiando tutto sul tavolo della cucina. Aveva organizzato in fretta e furia, aveva persino recuperato un permesso “speciale” dal capo di Abdel, per fargli avere il pomeriggio libero. Nella grande cucina, parlava solo lui. Si accorse che il clima, tra Abdel e Tiziana era freddo, erano entrambi impacciati ma Mario non se ne curò.
Passarono un paio d’ore liete, Abdel si convinse e assaggiò persino un po’ di birra. Due sere dopo all’Ambasciata davano un Party: non poteva mancare! Mario fece di tutto per andarci con sua moglie, e dopo, fece di tutto per far sì che il giovane algerino e la sua signora si trovassero a proprio agio, spesso soli, nell’ampio giardino, addobbato e illuminato.
Tra i due passavano oltre dodici anni ma Tiziana era una gran bella donna. Il marito l’aveva convinta a indossare un abito, niente pantaloni. Le calze nere, con la riga, facevano contrasto con le scarpe color crema e, quando sedettero su una panchina, Abdel non potè fare a meno di sentire un grande calore al basso ventre; dopotutto la sua ragazza se n’era andata da mesi e, il seme di Allah non va “sprecato”. Tiziana era sempre imbarazzata davanti al ragazzo, non riusciva a rompere il ghiaccio, non riusciva a fingere di non aver mai visto la scena della sua nudità.
Non dimenticava l’immagine del grosso pene, scuro, eretto come un bastone: la perseguitava provocandole risposte contrastanti persino a livello fisico, una specie di curiosità imbarazzante che non l’abbandonava. Tiziana era seria, fedele più alla sua figura sociale che al marito, lui da tempo la trascurava. Desiderava da lei “cose” che non si sentiva di concedergli, senza poi vergognarsi di averle fatte…
Alla fine, si ritrovarono su una panchina nella penombra, col sorbetto al limone, che Mario aveva corroborato con una dose di Gin, non parlavano… si godevano l’arrivo della notte, ognuno un po’ solo, perso nei suoi pensieri. Abdel non era stupido ma non capiva dove Mario volesse andare a parare, ma non si tirava indietro, ora che aveva focalizzato la figura di sua moglie come una donna semplice ma attraente, non riusciva più a far finta di niente… restava in gioco come uno che vuol vedere come andrà a finire.
Qualche flute di champagne aveva surriscaldato anche la fedele Tiziana: “Che mi succede?” pensava, accorgendosi di stringere le gambe per una sensazione umida che non si placava.
Il ragazzo scambiò qualche battuta generica, alzandosi per avere la coppia di fronte, nessuno sforzo riusciva a trattenerlo dal fascino di quelle cosce, fasciate dalle calze nere, nel buio più sopra immaginava un “giardino delle delizie”
Mario chiacchierava e faceva finta di nulla, intanto scambiava poche ma rarissime effusioni con Tiziana, che non si schernì per non metterlo in imbarazzo; il marito, distrattamente, le carezzava i capelli poi, fingendosi infervorato dal discorso, le poggiava la mano sulla coscia, carezzandola senza troppo rigore, e godendosi visibilmente il piacere della seta pura sulla carne tenera.
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In quel giardino, tra tanta gente, non poteva accadere niente di più! Tiziana rimase scossa da quella strana serata ma, nei giorni seguenti, a mente fredda, era certa di aver intuito il desideri pazzi del marito: avrebbe voluto tentare un “ménage a trois”. Una fissa erotica di Mario; una depravazioni che aveva provato in gioventù. Ebbene, nonostante Abdel e il suo cazzone le avessero turbato i sensi sopiti, lei non ci stava!
Mario non capiva: Tiziana non riusciva a collimare due figure in una donna sola. La donna metodica, la madre etica e premurosa, non poteva “sdoppiarsi” la notte e divenire una “porca gaudente” nell’intimità. La sua quotidianità, la sua osservanza quasi clericale, tolleravano i rapporti occasionali con Mario; fargli sesso orale era un lusso raro; accettare di essere profanata contro natura, insomma, quella sodomia che mandava il marito in estasi, era del tutto irripetibile. Si godeva i racconti del suo sposo nel momento dell’amplesso, li subiva eccitandosi senza controllo ma tra il dire e il fare… insomma: quei pensierini notturni dovevano rimanere tali, ne era convinta, per non turbare l’equilibrio prezioso di una famiglia all’antica.
Forse aveva sbagliato a raccontargli di quella stupida avventura, ora lui si era “caricato”, sapeva che avrebbe gradito di vederla fare sesso con quel giovane dotato.
Maledetto il giorno in cui aveva visto Abdel nudo! Era stata ingenua: adesso lui la incalzava, con la speranza di portare a termine il suo progetto perverso. Magari sognava veramente di vederle assumere tutte quelle posizioni sconce, che le raccontava di notte, facendola rabbrividire mentre godeva. Mario, spinto dal suo inconscio eccitato e peccaminoso, voleva puntare sul desiderio di sua moglie di provare il membro di Abdel, magari in tutti i buchetti che il suo corpo, prosperoso e femminile, nascondeva. Non capiva che, piuttosto che “prenderlo” davanti a suo marito, Tiziana avrebbe preferito sprofondare nell’abisso, per la vergogna.
Abdel era musulmano e circonciso. Però era in Italia da cinque anni, amicizie e convivenza con gli “infedeli”, lo avevano molto ammorbidito riguardo le regole morali; nonostante promesso sposo, non si rammaricava dei pruriti e delle erezioni che gli provocava pensare alla moglie di Mario. Dopo la “disavventura” a casa sua già pensava spesso a lei, ma dopo il ricevimento si era addirittura masturbato, ricordando le sue gambe, scoperte dal marito ben oltre la fine della calza nera. Abdel, aveva visto le sottilissime mutandine color carne: forse era la sua immaginazione, però era convinto che, tra le cosce socchiuse, una macchiolina umida tracciasse il centro della sua natura di donna. Ora si sforzava di cancellare tutto: ricordo e desiderio!
Attribuì lo strano comportamento dei suoi amici all’euforia di una serata pazza e si rassegnò, concentrandosi, sereno e casto, sul suo prossimo matrimonio con la bella, virginale, Fatma.
Invece Mario una mattina lo seguì nei bagni di proposito e parlò senza mezzi termini, lasciando Abdel sconvolto, senza parole.
Per definire meglio la sua proposta, Mario invitò il ragazzo a raggiungerlo, poco dopo, nei sotterranei del palazzo. Laggiù, durante i lavori, usufruiva di un ripostiglio, e lo aveva trasformato, provvisoriamente, in una specie di ufficio.
Mentre delineava il suo piano all’algerino, Mario lasciò scorrere sul PC immagini incredibili della bella Tiziana, alcune di quando era più giovane, altre abbastanza attuali. Forte della sua attrezzatura nel campo della sicurezza, l’uomo aveva anche filmato la moglie in momenti intimi irripetibili, persino durante le sue masturbazioni segrete.
Abdel suo malgrado si eccitò come un mandrillo, l’altro, senza vergogna e con molta dimestichezza, gli sbottonò la patta e gli prese in mano il batacchio:
– Aveva ragione lei, è enorme! – disse sorpreso, soppesandogli il cazzo. Abdel non ebbe il tempo di ribellarsi, perché l’eccitazione vinse la sua timidezza e si arrese a quella situazione clandestina e arrapante. Mario ci mise poco a inginocchiarsi davanti al suo amico e a prendergli in bocca, con grande sapienza, l’asta, gonfia e tesa. Mario lo lavorò per pochi minuti fino a fargli spargere il seme, caldo e copioso, che, come vuole il Corano, non venne sprecato ma bevuto meticolosamente, con estremo gusto.
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