Vacanza in Grecia
Vacanze in Grecia
Convivevo con una bella donna da 5 o 6 anni, andavamo molto d’accordo, specialmente a letto. Nell’approccio amoroso all’inizio Lei era piuttosto fredda, poi non non c’era modo di fermarla, avevo scoperto che con un un bicchiere di vino in corpo l’avvio di certi giochetti era più facile e veloce. Per fortuna ero giovane e le risorse fisiche non mancancavano mai.
Correva l’anno 1981, per me le vacanze estive si godevano nel mese di giugno. Le giornate lunghissime favorivano il vagabondaggio tra spiaggia e bar.
Quell’anno decidiamo di andare in Grecia, in una isoletta con poco turismo, Spetzae.a sud del Pireo, due ore di aliscafo.
Isola poco abitata, poche strade, quasi tutte di terra. Il motorino era il mezzo giusto per muoversi, per la quiete dei turisti il traffico era completamente fermo dalle 12 alle 16. Per cui in quelle ore ero obbligato a stare al mare o in paese.
Amavamo ricercare angoli nascosti, anche camminando sugli scogli per un’ora. Ci piaceva stare isolati e divertirci, nuotare o dormicchiare tutti soli. Eravamo profondamente innamorati, e non sentivamo la necessità di condividere con altri i nostri desideri un po’ particolari che tutte e due volevano esaudire.
Ogni mattina, fatto il borsone da mare con cibo acqua telo maschera ce ne andavamo alla ricerca di scogli isolati dove fare gli affari nostri, ovvero scopare a più non posso.
Avete letto bene? Non ho scritto costumi. Infatti sotto i vestiti da mare non mettevamo nulla. Tutte le mattine quando uscivamo il portiere dell’albergo si dava da fare ad aiutare la mia compagna. A me si notava il pisello che dondolava, ma a lei si vedeva di tutto. Io godevo a vederla mezza nuda, e lei più di me si divertiva a farsi vedere, o meglio a far intravedere di tutto.
Indossava canottiere aperte di lato che non coprivano nulla e le tette stavano più fuori che dentro, allora aveva le tette gonfie di gioventù. Per pantaloni usava quelli da atletica larghi e sgambati, come lei diceva: faccio prendere un po’ d’aria alla mia passera.
A quei tempi le avevo chiesto di non tagliare i peli del pube, volevo che la sua figa fosse coperta totalmente da peli lunghissimi. Mi piaceva pettinarglieli, mi piaceva cercare le labbra della figa in una foresta bionda.
Andavamo in una spiaggia isolata, in riva al mare c’era un ristorantino dove si mangiava da dio, lasciavamo il motorino e ci incamminavamo sugli scogli. Scarpe da ginnastica per non scivolare, e via. Una volta fuori dalla vista ci spogliavamo e così rimanevamo fino al ritorno.
Ci conoscevamo perfettamente, ognuno di noi due sapeva tutto dell’altro, ma quello che ci eccitava, in quelle lunghissime passeggiate sugli scogli, era il continuo cambio della visuale del corpo soprattutto nei gli aspetti più intimi.
Sapevamo entrambi di essere un po’ esibizionisti, ci piaceva farci vedere, ma in questo caso era un esibizionismo più intimo, esclusivamente nostro.
Io cercavo sempre di stare sotto di lei quando saltava da uno scoglio all’ altro. La spiavo da sotto e mi eccitavo a vedere come la sua figa si allungava quando doveva allargare le gambe per saltare.
Così anche il suo lato B, che non era fantastico, ma aveva l’ano molto in vista , e come apriva le gambe mostrava il mio desiderio vivente.
Ero un guardone della mia donna che si divertiva a rimanere a gambe spalancate tra due rocce, talvolta si accucciava per meglio esporsi e si masturbava , poi si lasciava leccare da sotto la figa e il culo umidi di sudore e dei propri umori.
I nostri occhi si incrociavano e restavano bloccati, consapevoli del piacere che ci davamo l’un l’altro, sguardi maliziosi, provocatori,e perversi.
Mi riempivo l’anima di quei profumi e di quei sapori.
Lei faceva altrettanto, ci scambiavamo la posizione, io correvo sulle rocce più alte e lei si insinuava nei passaggi più bassi e con le rocce giuste io mi accucciavo e lei, con mio sommo gaudio, mi lappava il culo, mi succhiava i coglioni per poi leccare il cazzo che pendeva tra le gambe.
E come per me, lei adorava leccare e sentire il sapore forte del culo sudato.
Eravamo fatti così, eravamo coscienti dei nostri vizi e felici di quello che facevamo.
Trovato un posticino adatto a passare la giornata, stavamo al sole come lucertole, per ore.
In acqua trovavamo sempre il modo di giocare e di toccarci. I suoi seni gonfi erano preda delle mie mani e della mia lingua. I suoi capezzoli erano piccoli ma sensibilissimi, come li pizzicavo con le dita la sua figa si riempiva di dolcissimo liquido che le bagnava le cosce.
Dopo varie perlustrazioni avevamo trovato un posto che faceva per noi. Uno scoglio piatto sovrastato da un immensa roccia che formava una vasta zona ombrosa.
Lí tornammo per il resto della settimana.
Un pomeriggio, forse un po’ annoiati chiesi a Gianna, questo il suo nome, di inventarsi un nuovo giochino. Il contesto non era di aiuto, ma un suo sorrisino mi fece capire che qualcosa aveva in testa.
Proprio vicino al nostro rifugio vi erano due enormi alte rocce distanziate tra loro di quel tanto da permettere giusto il passaggio di una persona.
Mi chiese di salire sopra e di mettermi accucciato come al solito per farmi leccare il culo.
Così inizió a passarmi la lingua, prima delicatamente, avanti fino allo scroto poi indietro, e con la punta a stimolare lo sfintere.
Gianna era una maestra in questi giochetti, lei sapeva che godevo da matti quando mi toccava e stimolava la zona perianale.
Lo stimolo mi saliva dall’ano al cervello, per poi scendere fino al cazzo che si gonfiava in pochi secondi.
Più lei leccava più ero eccitato e cominciai a masturbarmi. La cappella era rossa e gonfia, sarei venuto in pochi minuti, ma non era questa l’intenzione di Gianna.
Cominciai a sentire che intorno al mio culo c’erano due cose, la lingua e un dito, che Gianna delicatamente infiló nel mio sfintere, non era la prima volta che lo faceva. Infiló tutto il dito e continuó a leccare lo sfintere allargato, per poi infilare il secondo forzando il muscolo anale.
Cominció a trastullarmi con due dita, su e giù, e la lingua che addolciva, il godimento mi arrivava al cervello, mentre io continuavo a menarmi il cazzo, stavo per venire. Chiamai Gianna sotto di me, lei aprí la bocca ed io col pisello piegato verso il basso le schizzai in faccia e le riempii la lingua protesa, senza mai perdere i suoi diabolici occhi verdi.
Gianna non si scompose, anzi mi sfilò le dita dall’ano e mi chiese di scendere e leccarle la faccia, cosa che feci ben volentieri. Non ingoió nulla ma appena fui a portata di bocca mi diede un bacio pieno del mio sperma che condivisi con avidità ed amore.
Ci perdemmo in un abbraccio infinito, due corpi sudati e coperti dei propri umori, le sue cosce erano fradicie del suo umore vaginale. Aveva goduto più di me a leccarmi il culo e a infilarmi nel sedere le sue dita.
Passó un po’ di tempo, facemmo una nuotata, e tutto quello che si fa normalmente al mare.
Il sole cominciava a scendere e pensavamo a rientrare, prima avrei voluto rendere a Gianna quanto lei aveva perversamente fatto a me.
Le chiesi di salire sugli scogli come io avevo fatto in mattinata.
Stessa posizione accucciata e da sotto le potevo leccare tutta la figa pelosissima, bagnata, larga e calda.
Il suo sfintere, in quella posizione, era totalmente esterno e leggermente allargato di suo, leccavo e leccavo, tanta saliva si mescolava con i suoi liquidi, avevo il viso e il petto bagnati.
Gianna, durante i rapporti anali, raggiungeva l’orgasmo in pochi minuti, ed era violentíssimo, la scuoteva tutta e le faceva serrare lo sfintere intorno al cazzo. In quel buchetto posteriore, che avevo aperto centinaia di volte, ci infilai le mie dita, come lei aveva fatto con me.
Gianna cominciava a dimenarsi come il suo solito, più si agitava più il suo ano si allargava, più si allargava più dita mettevo dentro, quattro ne misi alla fine.
Infilai anche due dita nella figa, ma tanto era calda e larga che non se ne accorse, allargai ancora , forzai e ci infilai tutta la mano, mentre leccavo la fonte dei dolcissimi umori.
Ero letteralmente ricoperto del dolce succo di Gianna. Avevo ricevuto fiotti di liquido ad ogni suo orgasmo, ne avevo perso il conto, tra quelli provocati leccando e quelli provocati con le mia dita nel suo ano.
La lasciai tranquilla un minuto per calmarsi. Lei era estasiata nel vedere il mio corpo coperto dal liquido del suo piacere, ne godeva profondamente. Vidi i suoi occhi verdi guardarmi lucidi di goduria, ma perversi.
Mi chiese di rimanere a guardarla da sotto, piaceva a tutti e due. I miei si perdevano tra le pieghe del sua ano e i peli che nascondevano la mia perdizione.
Allargai le labbra della figa per leccarla ancora,ma Gianna mi bolccó, chiudi gli occhi mi disse, e lentamente mi inondó il viso ed il corpo di una caldissima pioggia d’orata.
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