Brilla di piacere

Carletto Duro
2 months ago

Io e A. ci siamo conosciuti in Polonia, ero lì per un viaggio mezzo improvvisato, senza una data di ritorno precisa. Io, in procinto di cambiare nazione, di cambiare vita, e a causa di ciò in fase di ripresa da una rottura importante. Lui, ragazzo francese di origini eritree, in una pausa dalla sua di esistenza, ormai forse un po’ piatta o forse confusa.

Ci eravamo stuzzicati più volte, parlando di ciò di cui due anime sconosciute possono parlare. Ossia, tutto, senza pretese. Notavo il suo interesse per me, notavo il suo volersi avvicinare appena fosse possibile. Notavo anche una certa tensione sessuale fra noi, nel modo che aveva di prendermi quando provando ad andare sul suo skate perdevo immancabilmente l’equilibrio o rischiavo di schiantarmi. E la notai quando esplose, ma non del tutto, un giorno al parco. Un bacio, poi un altro, lungo e coinvolgente. Mi ritrovai sulle sue gambe, su una panchina, faccia a faccia, ad assaporarci come se attorno a noi la realtà fosse immobile. Lui studiava i miei fianchi, la mia schiena, sotto una maglietta verde sottile. Percepivo la sua voglia di avermi, lì, se solo fossimo stati gli unici due esseri viventi nel raggio di qualche chilometro. Sentivo le sue mani premere gentilmente ma con desiderio sulle mie spalle. Spingermi giù, far entrare i nostri corpi ancora più in contatto. Esplodevo dalla voglia di toglierci i vestiti, di accarezzare la sua pelle, il suo membro. Ma non fu quella l’occasione. Altre incombenze ci trattennero, almeno per quella volta.

Ci rincontrammo nuovamente, un po’ ubriachi, un po’ allegri. Eravamo in mezzo ad altra gente, ci ignoravamo consapevolmente, finché l’incontro fu inevitabile. E riprendemmo da dove avevamo lasciato. Questa volta, però, mi sussurrò all’orecchio con quel suo inglese colorato da un leggero accento francese: “Non ce la faccio, devi venire con me”.

Mi ritrovai a casa sua, fremente, con un calore interno di certo scaturito dall’alcol, ma anche da altro. Seduta sul bordo del letto, mi prese il viso fra le sue mani. Mi baciò dolcemente prima di accompagnarmi in giù, con la schiena. Sfiorai il rigonfiamento dei suoi pantaloni, ne percepii la turgidezza, ma non mi permise di fare altro. Voleva spogliarmi, voleva permettere ai suoi occhi di vedere ciò che finora aveva solo immaginato anche attraverso il tatto. Mi sorprese la sua abilità nei preliminari, la sua accortezza e dolcezza. Mi diede un assaggio di piacere. Ormai non volevo altro, volevo togliergli i pantaloni, stringerlo sinuosamente fra le mie mani e poi condurlo dentro di me. Baciai il suo petto, scesi verso la vita mentre con le mani tiravo giù la cerniera. Tolsi i pantaloni e leccai il suo membro ancora avvolto nei boxer. Notai con piacere le dimensioni, la durezza imponente. Questa volta era lui a non farcela più.

Afferrò un preservativo e lo indossò. Mi spinse con decisione sul letto, lui sopra di me. Riuscii solo a implorare di fare piano, all’inizio. Lui mi rassicurò, ansimante, e si aiutò con del lubrificante. Scivolò dentro, trattenni il respiro. Mi riempiva completamente, percepivo ogni movimento come mai prima d’ora. Con la voce spezzata e gli occhi socchiusi dal godere, mi sussurrò, inebriato dal piacere: “Oh, you’re so tight”. Lo ripeté un paio di volte. Gemevo, poco mi interessava d’esser silenziosa, nel rispetto dei coinquilini. Mi stringeva il collo e mi guardava fisso negli occhi mentre ad ogni affondo entrava sempre di più. I baci erano interrotti dai miei respiri ansimanti. Non ci volle molto per esplodere dal piacere. Decisi di voltarmi, decisi di aggrapparmi alla testata del letto e farmi inondare. Entrò di nuovo, ormai più deciso. Abbracciò da dietro il mio seno, piccolo e contenuto. Mi piaceva notare i colori della nostra pelle così vicini, io diafana, lui ebano. Urlavo di piacere, i suoi affondi diventavano sempre più forti, sempre più frequenti. Mi toccai, giunsi al clitoride e lo massaggiai con forza. Incontravo il suo membro, a volte, che entrava ed usciva in mezzo ad umori incontenibili. Poi dovetti aggrapparmi con più forza al ferro della testata. Lui ansimava sempre di più, al mio atto di autoerotismo perse la testa e spinse con una veemenza che difficilmente dimenticherò. Quasi singhiozzavo di piacere, lo sentivo dentro ad una velocità e ad una foga molto diversi dalla dolcezza con cui era entrato, le sue cosce schioccavano senza tregua al contatto coi miei glutei. Più bagnata che mai, mi sentivo ardere, a quel ritmo. Venne, quasi simultaneamente a me. Entrambi esausti e ubriachi di alcol e orgasmo.

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