La faccio fottere per soldi
l giovedì usciva con le sue amiche e spesso tornava a casa mezza ubriaca.
M. era una florida ragazza di 30 anni con un meraviglioso seno, le sue rotondità ben s’intonavano col suo perenne sorriso, che a vederla faceva pensare all’abbondanza ed al piacere.
Malgrado le sue fattezze evocassero lussuria e sensualità, M. non era affatto incline ai piaceri sessuali, avevamo sì dei rapporti intimi regolari, ma incentrati sulla sobrietà e privi di qualsiesi eccesso o trasgressione.
Fantasticavo da sempre sulla mia compagna coinvolta in orge sfrenate, ma queste voglie non trovavano minimo riscontro nella realtà.
M. era una donna pratica ed il suo godimento era quello di spendere soldi.
Amava acquistare in grandi quantità scarpe, vestiti e gioielli e sotto questo punto di vista era veramente ingorda.
Ogni giorno tornava a casa con dei nuovi capi e per questo rimaneva sovente senza denaro.
Era di nuovo giovedì e come al solito tornò a casa alticcia, aveva il seno che straripava dalla camicetta, i capelli arruffati e la gonna sciatta, sembrava avesse avuto una serata movimentata e la immaginavo con eccitazione tra le braccia di un amante perverso che la costringesse a scopare anche con altri uomini.
Ad interrompere il flusso di pensieri viziosi fu il suo candido -porca puttana, ho forato una gomma, non ho trovato un cane che mi aiutasse ed ho dovuto fare da sola -.
Di colpo cadde il castello perverso che mi ero creato, il suo stato di trasandatezza era purtroppo pienamente giustificato dal racconto di M.
La sua mania per lo shopping prosciugò anche le mie risorse e fino al prossimo stipendio nel modo più assoluto non avrebbe potuto fare altri acquisti.
Era un animale in gabbia, divenne ben presto scontrosa e si spense quel perenne sorriso, capii che aveva una autentica patologia compulsiva e che stava soffrendo perchè era in crisi d’astinenza.
Il 27 del mese era lontano ed M. dava chiari segnali di sofferenza, era sempre triste, aveva scarso appetito e passava le notti insonni.
In un primo momento pensai che avesse bisogno d’aiuto, pensai di rivolgermi ad un terapeuta oppure ad uno psichiatra per attenuare il suo disagio.
La mia parte depravata ebbe invece il sopravvento e mi lambiccavo il cevello per cercare di proporle qualcosa di perverso per farle guadagnare soldi per soddisfare la sua pulsione all’acquisto.
Non era facile, la privazione aveva aumentato la sua permalosità ed era tanto frequentemente tanto inusualmente aggressiva.
Iniziai a prenderla alla larga, le ricordai che aveva un seno opulento e le dissi che in molti avrebbero pagato soltanto per vederlo.
Stranamente la feci sorridere e da donna pratica qual era mi disse scherzando -se ci sono persone disposte a pagarmi per mostragli il seno, figuriamoci quanto potrei chiedere per farmelo tastare-
Le sue parole fecero breccia nella mia mente come un coltello nel burro.
La vidi col pensiero vestita da puttana a battere le strada poi come una squillo di periferia andare nelle case di uomini infoiati, l’immaginai coinvolta per denaro in storie lussuriose ed accoppiata con uomini, donne ed animali.
La razionalità della mia compagna gettò ancora acqua sul fuoco e spense ogni mio entusiasmo quando mi disse che la sua amica del cuore le aveva prestato un ingente somma di denaro che avrebbe potuto in seguito restituire con calma.
Nascose i soldi in una delle scatole delle sue innumerevoli scarpe e quando ruppi il vetro della finestra per inscenare i ladri in casa, non dimenticai di mandare all’aria il guardaroba, scatole delle scarpe comprese.
Sporgemmo regolare denuncia e quando il commisariato certificò il furto la storia sembrò ancora più vera.
Era in uno stato catatonico, insensibile agli stimoli esterni assunze le sembianze di una statua.
Rispondeva a monisllabi ma incurante si lasciava docilmente tastare.
Le tastai in strada ripetutamente il culo e non proferì parola, nei pantaloni a vita bassa riusciì a infilarci la mano e camminai palpando le sue chiappe nude, non parlava ancora e nei approfittai per arrivare al buchino maneggiandolo lievemente.
Sembrava non accorgersene nemmeno, ritrassi la mano e le diedi una lieve sculacciata.
Lei dissi: –per questo palpeggiamento avrebbero potuto pagarti 30 euro- -Dici?- Rispose sommessamente.
Le dissi che potevo procurarle clienti che non doveva nemmeno vedere in viso e che per tastare tette e culo avrebbero pagato profumatamente.
Una donna pratica ama guadagnare denaro facile, ed accettò, mi rivolsi agli amici più fidati, a cui davo il denaro, preso dalla scatola di scarpe per pagare M.
Era un giro perfetto, i miei amici ci godevano a tastare mia moglie, lei beneficiava dei soldi ed io m’incantavo a guardare.
La prima volta la portai in un parcheggio, la regola era che il cliente prima di salire in auto doveva accettare di essere bendato.
Erano seduti dietro e lei diresse le sue mani sulle tette nude e lo lasciò fare.
Il mio amico strizzò quel seno florido e bianco, stuzzicò insistentemente i capezzoli e graffiò leggermente quella pelle bianca.
Lasciò 30 euro sul sedile, si tolse la benda e scomparve.
La rapidità di guadagno piacque molto alla mia compagna, ma visto che la somma da restituire era cospicua mi disse che era disponibile a concedere qualcosa in più per massimizzare i guadagni nel più breve tempo possibile.
Quel suo concedere qualcosa di più non l’approfondii ulteriormente perchè le mie fantasie superavano sicuramente di gran lunga le sue reali intenzioni.
Organizzai l’incontro in una di quelle aree di sosta lungo l’autostrada, ne scelsi una isolata e fuori mano.
Arrivammo in anticipo, cacciai dalla tasca cinquemila euro in contanti e contai banconota su banconota sulle sue gambe.
Quasi incredula di tutto quel denaro, disse che la metà l’avrebbe subito restituito ma che l’altra l’utilizzava per appagare il suo impulso compulsivo all’ acquisto.
Poi si destò e mi chiese -Cosa mi chiederà in cambia?-
-Amore- le sussurrai -Non ho preso precisi accordi, anche perché per concordare una simile cifra non è stato facile e non so cosa ti chiederanno-
E lei -Perché usi il plurale?-
Ed io – Perché sono tre amore-
Arrivò in quel momento il furgone che ci fece un cenno con gli abbaglianti.
Le chiesi se volesse rinunciare, non rispose ma scese dall’auto e si avviò verso il camioncino, la seguii.
I miei complici ci fecero accomodare e come convenuto si sincerarono che M. avesse ricevuto la somma e il suo assenso segnò l’inizio dell’ immolazione.
La bendarono ed iniziarono a toccarle la bocca, a turno le introdussero le dita in gola fino a farle venire i conati di vomito, vedevo i suoi occhi riempirsi di lacrime ed un rivolo bianco di saliva scendere dalla bocca.
La misero a pecorina su una panca improvvisata e la sculacciarono da sopra i vestiti prima lievemente poi sempre più vigore.
Sopportava queste sevizie con eroismo, non emetteva alcun suono e sembrava essere assente.
La cosa ci innervosì non poco e le tirammo fuori quell’imponente seno smanacciandolo per bene, le sue mammelle sobbalzavano sotto le nostre implacabile pacche e mi chiedevo come facesse a non urlare.
Le tirammo giù pantaloni e mutandine senza toglierle, dopo qualche buffo passo cadde sulle delle tavole sistemate a posticcio sul fondo del furgone.
Vederla in quelle condizioni, con il culo di fuori rosso dalle sculacciate e le tette tumefatte dai colpi ricevuti mi eccitava terribilmente e capii cosa potesse sopportare M. per un po’ di denaro.
Ci togliemmo allora le scarpe e mentre uno le strusciava i piedi sul viso cercando d’entrare nella bocca, l’altro le tormentava le tette, io cercavo di farmi strada con l’alluce nella fica mentre l’ultima provava ad aprirle le chiappe per arrivare a forzare il buco del culo.
La spogliammo completamente e le fu applicato alla bocca uno di quei dispositivi che la costringevano a tenerla aperta, di nuovo le infilammo le dite in gola fino a farla quasi vomitare e poi uno dopo l’altro le inserimmo completamento il cazzo fino a sentire con la cappella nitidamente la sua gola.
Ogni tanto emetteva involontariamente dei suoni orribili ed il più perfido dei miei complici ogni volta le mollava un leggero ceffone in pieno viso.
Le umettammo per bene sia la fica ed il culo con del gel, e la mettemmo a cavalcioni del più fornito dei quattro che le infilò il cazzo in fica in un solo colpo senza troppi complimenti, subito dopo da dietro le riservai lo stesso trattamento nel culo, mentre i due rimasti alternativamente la prendevano per i capelli, e girandole la testa implacabilmente le forzavano la gola.
Restavamo fermi con un cazzo inserito completamente nel culo, l’altro interamente nella fica ed il brusco avvicendamento dei due cazzi in gola.
Fu lei inaspettatamente a muoversi ed imprimere un ritmo al martirio, dapprima piano poi sempre più velocemente, sembravo scorgere sul suo viso di pietra una smorfia di qualcosa.
Un flebile lamento uscì come un sibilo dalle sue labbra che si faceva via via più intenso.
Iniziò a cavalcare i due cazzi con gioia e vigore, si tolse la benda e volle guardare dritto negli occhi i suoi aguzzini.
La fica ed il suo culo si umettarono in modo naturale e i due buchi ricevettero i due cazzi con rinnovato entusiasmo.
Tolse quella specie di museruola e ingoiò naturalmente fino ai coglioni quei cazzi puntati come cannoni sul suo viso.
Urlò il suo intenso orgasmo con tutto il fiato che aveva in gola come una liberazione.
Fu nuovamente giovedì, come consuetudine tornò a casa mezza ubriaca per l’uscita con le amiche. Aveva, a colpi di fica e di culo quasi interamente ripianificato il suo debito.
Ed aveva sempre meno voglia di spendere soldi e sempre più voglia di cazzo.
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