Il suo cazzo nel buio
Era tutto programmato. Da settimane. Tutto doveva essere gestito con il massimo della precisione, senza tralasciare nessun dettaglio. Era quello che ci eravamo scritti per mesi. Era il giorno in cui, quella fantasia che ci ha fatto bruciare dentro, finalmente vedeva la realizzazione.
Tutto era dettagliato. Avrebbe dovuto farsi trovare legato mani e piedi sul letto. Avevamo escogitato un sistema, provato anche nei giorni precedenti, che gli permetteva di legarsi i polsi con una mano sola. In questo modo tutto sarebbe stato perfetto al dettaglio.
La stanza doveva essere totalmente buia e sugli occhi avrebbe dovuto indossare una bandana. Doveva essere assolutamente cieco ed immobilizzato.
Avevamo anche scelto il giorno in cui in casa non ci sarebbe stato nessuno. Nessun rumore esterno, nessuna interferenza, nessuna interruzione.
Zero musica, zero tutto.
Doveva essere un ambiente buio e praticamente insonorizzato. Solo in questo modo avremmo potuto entrambi godere dei suoni, dei piccoli, impercettibili rumori emessi dai nostri corpi.
Udito, olfatto e tatto. Gli unici sensi a cui avremmo concesso di partecipare al nostro incontro.
Ci eravamo stuzzicati per mesi. Questa idea ci faceva ribollire il sangue nelle vene. E più ci si avvicinava al giorno, più tutto sembrava amplificato.
Così eccomi davanti alla porta. Sono completamente nuda. La mia pelle color latte profuma di bagnoschiuma alla mandorla. Ho i capelli legati in maniera abbastanza disordinata. Ho il cuore che mi batte all’impazzata e la patata che mi fa sentire tutta la sua voglia sciogliendo il desiderio tra le labbra. Come quando davanti ad una fetta di torta ti viene l’acquolina. Uguale.
Entro.
C’è un buio pesto. Non si vede nulla, neanche dopo essermi concessa qualche secondo per far abituare gli occhi.
La stanza per fortuna la conosco a memoria. È la mia.
Muovo lentamente i passi verso il letto e lo raggiungo. Sento la struttura in legno svedese poggiarsi sui miei stinchi.
Non si vede un tubo. Il silenzio è assordante. Lentamente abbasso le mani verso il letto alla ricerca di qualcosa. Dopo qualche attimo di niente, ecco i miei polpastrelli toccare qualcosa. Muovo appena le dita. È una sua caviglia. Sento la corda di un accappatoio legata attorno ad essa, bravo ragazzo, hai fatto quello che ci siamo detti.
Lo sento sussultare, neanche lui si aspettava quel tocco.
Mi avvicino e gattono sul letto. Capisco dal movimento delle mie mani sulle sue ginocchia di essere esattamente tra le sue gambe. Lo accarezzo e risalgo piano piano. Lo sento tremare. Ho la sensazione di sentire anche il battito del mio cuore che si intreccia con il suo respiro.
Le mani scivolano lente sulla sua pelle, sento i muscoli delle sue cosce irrigidirsi. sono arrivata alla fine del percorso, e me ne accorgo perché i pollici sfiorano i suoi testicoli. Lo sento sobbalzare ma no, non è ancora il momento.
Nonostante tra le gambe io sia in fiamme, non è ancora il momento.
Le mie mani salgono ancora dal suo inguine su verso i suoi addominali e poi lente verso il suo petto. Ci affondo le unghie mentre gattono a cavalcioni sulla sua pancia. Trema. Al contatto del mio sesso con la sua pelle mi scopro bagnata. Non ne sono affatto stupita. Siamo entrambi eccitati da impazzire.
Mi abbasso verso il suo viso che tengo tra le mani. Gli sfioro le labbra con le mie. Sento il suo respiro più affannato e lo divoro, baciandolo con passione. Le nostre lingue lottano e si intrecciano, mescolandosi di saliva e desiderio. Mi stacco da quel bacio e gli infilo due dita in bocca.
Lui me le lecca, me le succhia proprio come vorrei. Poi me le porto tra le gambe e tenendogli una mano sul collo, mi passo quelle due dita sulla mia patata fradicia. Il suono sembra amplificato. Mi massaggio e le lascio sguazzare nei miei umori, prima di tornare nella sua bocca.
Lui si accorge del mio sapore, lo accoglie, mugola eccitato.
Mi sollevo sulle ginocchia, poi in piedi. Mi volto e di nuovo giù. Mi siedo sul suo viso ed inizio a muovermi sulla sua bocca.
La sua lingua fruga tra le mie grandi labbra, che gli concedono subito, ruffiane, il mio clitoride gonfio di voglia. Mi lecca bene, da impazzire, e io mi massaggio mentre mi muovo sulla sua bocca. La sua lingua mi penetra e i miei mugolii di piacere sembrano urla, in quel silenzio.
Poggio le mani sul suo petto e le faccio scivolare giù, verso il suo inguine. Lo sento sobbalzare. Afferro con entrambe le mani il suo cazzo duro come pietra dalla base. Muoio dalla voglia di sentirlo dentro, ma ancora no. Chino leggermente il busto senza smettere di offrirgli la mia figa. Siamo un meraviglioso triangolo isoscele. Mentre continuo a danzare contro la sua bocca assetata inizio a masturbarlo lentamente.
È talmente duro che ho paura di spezzarlo. Una mano si muove lenta, su e giù, su e giù. L’atra gioca. Gli sfioro le palle gonfie, piene, risalgo con i polpastrelli lungo tutta l’asta e gioco con i suoi umori che bagnano la cappella. Lo sento affannato.
Mi metto a quattro zampe, staccando controvoglia il mio sesso dalla sua bocca. Gli regalo un po’ d’aria. Se l’è meritata.
Abbasso la testa verso quel cazzo. Me lo passo sulle guance, sul viso. Lui lascia una scia di “bava” che segna il suo cammino sul mio volto. Lo bacio sull’asta, lo bacio sulla cappella. La sento bagnata e non resisto.
Parto dalla base. Cerco con la lingua di raggiungere i suoi testicoli. Li lecco, respiro il suo odore. Risalgo, leccando e baciando quel sasso fallico come fosse un gelato che si sta sciogliendo. Raccolgo con la lingua tutto ciò che cola da quella cappella che è il mio punto d’arrivo.
Ora la mia bocca si schiude. Lo accolgo tra le labbra. Prima solo la punta, appena un millimetro. Inizio a succhiare dal buchino mentre muovo la testa su e giù, ma solo di pochissimi millimetri. Cerco di accentuare tutti i suoni, sono la nostra unica colonna sonora. Il suo corpo sotto di me si muove come se lo stessi torturando. La sua voce che ansima e grugnisce eccitata è benzina sul fuoco.
Piano gli regalo (e mi regalo) qualche altro centimetro di cappella gonfia e calda. Succhio, lecco, muovo la testa, sempre lentamente. Ho la patata in fiamme.
Divento più avida. Ora inizio a succhiarlo e a spompinarlo davvero. Il ritmo e la velocità aumentano. La mia mano e la mia bocca viaggiano all’unisono. Rallento solo quando lo voglio tutto, fino in gola. Mi auto-soffoco finché non tossisco. Sputo saliva densa sul suo cazzo e poi ancora. Sento una lacrima scendere sul mio viso e intanto lui fremere.
No, non deve azzardarsi a venire così.
Oggi comando io.
Mi sollevo sulle ginocchia lasciandolo così, senza orientamento. Sento il suo respiro affannato riecheggiare nella stanza buia.
Gli mollo uno schiaffo, non troppo forte, ma neanche uno schiaffetto, sul viso. Stava per venire senza il mio permesso.
Poi però lo bacio sulla bocca. Il mio viso impiastricciato di saliva mista ai suoi umori si attacca al suo mentre gli regalo le mie labbra e la mia lingua per qualche secondo. Poi basta.
Giro attorno al letto navigando con un dito sul lenzuolo per non perdermi. Gli occhi ormai si sono abituati al buio, ma è così pesto che non si vede nulla.
Salgo nuovamente in piedi tra le sue gambe. Gli tocco le palle e il cazzo duro e fradicio con la punta di un piede. Mi piego sulle ginocchia e lo afferro dalla base, iniziando a passarmi la punta tra le grandi labbra.
“Vuoi che me lo metta dentro?” gli sussurro.
“Sì… sì…” dice lui con un filo di voce.
“Vuoi che me lo infili tutto dentro?” chiedo ancora.
“Mhhh… sì…” risponde.
“Devi implorarmi di farlo!” gli intimo senza accennare a fermare quelle carezze della sua cappella sul mio sesso.
“Ti prego… Ti prego Mimì… scopami… fammi godere, ti prego…”
Non me lo faccio ripetere.
Cerco di essere lenta, nell’infilarmi quel bel cazzo nella mia passerina, ma ho talmente voglia che credo di aver accelerato un po’.
Lui è completamente legato, mani e piedi, e dovrei essere io, a condurre i giochi, ma lui è bravo a muoversi con abili colpi di reni. Se non mi tenessi sui piedi, con le mani appoggiate dietro di me, forse mi sfonderebbe. E allora tanto vale.
Inizio a muovermi e a godere anch’io, perfettamente sincronizzata a lui. Ansimo, urlo di piacere, vengo. Le mie gambe tremano e il mio piacere mi si scioglie nel ventre per inondare il suo arnese.
Nel buio e nel silenzio l’unica colonna sonora sono i nostri respiri affannati, le nostre voci che godono, i nostri corpi che sbattono l’uno contro l’altro.
Mi riprendo dal mio orgasmo, ho la figa ipersensibile ma non voglio smettere di cavalcarlo.
Muovo la schiena per appoggiare il mio petto al suo. Mi sollevo sulle ginocchia e lui, con i talloni puntati sul letto, inizia a sbattermelo dentro con una violenza ed una eccitazione che mi spezza il fiato. Godo, urlo qualche “sì” e qualche parolaccia, e vengo ancora.
Lui non si ferma. Sta per godere. Non faccio in tempo a fare nulla che lo sento urlare. Le sue braccia legate dai polsi alla testiera del letto, si piegano al punto che credo stia per spaccarmi il letto.
“Vieni… schizzami dentro… riempimi…” gli dico in un orecchio.
E lui gode. I suoi colpi diventano secchi, violenti. Mi sbatte il suo cazzo dentro grugnendo e ansimando. Sento il suo carico di sperma inondarmi. È caldo, è tanto. Mi fa eccitare da morire, sentirmi riempita così che potrei quasi…anzi, godo.
Lui si rilassa, abbandonandosi sul letto. Io resto addosso a lui. Sfilo via dopo qualche secondo il suo cazzone dalla mia patata e la sua sborra cola fuori da me regalandomi un brivido. La raccolgo con le dita e passo il suo nettare misto al mio sulla sua bocca.
Lo bacio. Piccoli baci, piccole leccate alle labbra.
Prendo il telefono sul comodino. Apro Whatsapp. Cerco la chat col mio ragazzo, via per lavoro.
“Amore… ho appena fatto una cosa stupenda di cui devo parlarti. Ti chiamo più tardi. O domani.”
Metto via il telefono e poggio la testa sul suo petto. Forse non lo slego. Forse ci gioco ancora un po’.
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