La cena può aspettare

estasi io
5 months ago

Ti passo a prendere a casa dopo il lavoro, dobbiamo andare a cena da amici in campagna, non ho tempo di cambiarmi, ti faccio uno squillo e tu scendi.

Hai messo il vestito rosso, quello che non metti mai, perché dici che è troppo scollato e mette troppo in risalto le curve dei tuoi fianchi, è troppo appariscente, troppo rosso, hai messo il mio vestito preferito.

Non ti dico niente, ma aspetti che finisca la radiografia, poi mi sorridi.

“Ora parti che siamo in ritardo e tieni le mani sul volante che la strada è piena di curve”

Rido di gusto pensando a quanto mi conosci e metto in moto.

Parcheggio assieme alle auto degli altri che sono arrivati prima di noi.

La casa è tutta illuminata, piena di gente e di voci, ti stringo la mano e ci lanciamo nella festa.

Salutiamo i padroni di casa, poi ci dividiamo richiamati dai saluti degli amici, le donne sono quasi tutte sui divani a bere quello che sembra essere spritz, mentre gli uomini li trovo in cucina, stanno discutendo di birra davanti al frigo aperto.

La serata va avanti tra chiacchiere e risate, io non ti perdo mai di vista, sei senza dubbio la più bella della festa e non sono l’unico a pensarlo visto gli sguardi che attiri su di te. Ogni volta che mi capita l’occasione ti stringo a me o meglio ancora ti accarezzo le chiappe fasciate dal quel vestito che amo tanto.

Dopo mangiato mi prendi per mano e mi porti sul terrazzo a vedere il panorama della costa in lontananza: illuminata da mille lucine è davvero uno spettacolo.

Mentre ti bacio ti stringo con forza una chiappa sperando che il buio copra le mie mosse e poi… chi se ne frega sei mia moglie.

Ma in quel momento me ne accorgo. 

“Sei senza mutande!? Quando le hai tolte?”

Mi sorridi facendomi l’occhiolino. 

Mi guardo attorno, dal terrazzo parte una scala che porta in giardino, ti spingo da quella parte. 

“Che fai?!”

“Zitta”

Ti trascino sul prato fino ad un punto più buio tra gli alberi, lungo il percorso raccatto anche una sedia da giardino.

Tu non capisci e continui a guardare verso la casa per vedere se qualcuno ci ha visti.

Sistemo la sedia davanti a te e mi metto dietro di te, inizio a sollevarti il vestito, prima scopro le tue lunghe gambe abbronzate, poi arrivo al tondo bianco latteo del tuo culo.

È uno spettacolo che ogni volta mi commuove, fa quasi luce in questa penombra.

“Ma cosa fai!? Dai che ci possono vedere!!”

Ti metto una mano aperta sulla schiena e ti costringo a chinarti in avanti, ad appoggiarti con le mani alla sedia.

Mi guardi per un attimo con uno sguardo spaventato ed eccitato allo stesso momento, ma poi torni a guardare verso la casa, verso quelle finestre illuminate, verso quel terrazzo dove eravamo poco prima.

Con studiata lentezza mi slaccio i pantaloni ed estraggo il mio uccello già bello pronto, sei nervosa, hai paura di essere scoperta.

Ti faccio sentire sulle chiappe, sulla figa, quanto ho voglia di te, gioco un po’ strofinandomi su di te, ti agiti, mi vuoi ma allo stesso tempo vorresti scappare.

Ma poi mi prendi l’uccello con una mano e ti ci impali sopra, hai deciso.

Inizio a scoparti con foga, voglio farti perdere il controllo, voglio farti urlare, vorrei che qualcuno uscisse in questo momento nel giardino e ti vedesse così, ora.

Te lo dico, ti dico che se qualcuno sentisse i tuoi versi ed uscisse sul terrazzo ci vedrebbe, vedrebbe quanto ti piace scopare, quanto ami essere riempita dal mio grosso cazzo.

Vedrebbe come perdi la testa, tu sempre così misurata e perfetta.

Aumenti il ritmo e il volume dei tuoi versi, vuoi davvero essere scoperta da qualcuno!?

Sai che casino se succedesse!? In fondo ci sono quasi tutti i nostri amici in quella casa.

Ti tappo la bocca con una mano mentre sento che non ne puoi più, mi mordi la mano che soffoca il tuo grido, ti irrigidisci tutta poi ti accasci sulla sedia e mi sfuggi.

Sono in piedi con l’uccello duro e fradicio dei tuoi umori. 

Mi stai guardando con uno sguardo che non capisco.

“Davvero ti sarebbe piaciuto essere scoperta?!”

Non mi rispondi ma ti avvicini a me ed ingoi il mio uccello, basta poco, ed esplodo nella tua gola, che mi lascia solo quando non c’è ne più.

Mi chiudi i pantaloni e mi dai una rassettata poi ti alzi controllando e sistemandoti il vestito.

Sono interdetto, sto per rifarti la domanda, ma mi fai l’occhiolino e sorridendo mi prendi per mano e mi riporti alla festa.

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