Irma: do il culo a mio marito

Anna Bolerani
a day ago
Irma: do il culo a mio marito

Sabato arrivò con un temporale che striava i vetri della sala da trucco. Mia madre tremava davanti allo specchio circondato da luci a led mentre le reggevo il corpetto di seta nera. "Respira," sussurrai stringendole i lacci. "Ricordati quella sera: tu volevi essere scopata come una cagna." Le mani le tremavano mentre le applicavo il rossetto cremisi sul labbro inferiore, un rosso che gridava peccato. Sentivo il suo cuore battere contro le mie dita quando le sistemai la collana di diamanti finti che sembrava vera. "Lui adorerà questo dettaglio," dissi, facendole scivolare una mano sul fianco fino a stringerle una natica. "Un simbolo di purezza... sopra un culo che sa di lussuria."

Aprì la borsetta di pelle scamosciata tirando fuori un tubetto metallico freddo. Tieni mamma, è un gel anale che ho comprato in Svizzera . "Prima di iniziare... metti un po' di questo nel buco e possibilmente anche sul suo cazzo," tremava mentre glielo passavo. "Ti farà meno male quando entrerà."

La sua mano si chiuse sul tubetto come attorno a un salvagente.

"Grazie," sussurrò con voce rotta, mentre io lasciavo la stanza. Attraversai il corridoio silenzioso, l'odore pungente del gel lubrificante che persisteva sulle mie dita come un promemoria chimico. Di là, nella sala d'attesa rivestita di velluto, il Conte Manfredi tamburellava le dita ingioiellate sul bracciolo. Lo sguardo gli si illuminò quando mi vidi: "Dov'è la mia... ospite?" chiese, la voce un rasoio avvolto in seta.

"Si sta preparando, conte. Vuole essere perfetta per lei." Sorseggiai cognac guardando l'orologio. Dieci minuti. Il tempo necessario perché quella sostanza fredda si trasformasse in calore dentro di lei. Ricordai la prima volta che l'avevo usato io stessa - quel sollievo immediato che ti faceva aprire come un fiore invece di serrarti come una trappola. Fuori, il temporale scatenava i suoi demoni contro i vetri.

La porta del salotto si aprì con un cigolio teatrale. Mia madre entrò. Uno splendore nei suoi cinquanta anni. La luce dei cristalli le accarezzava la silhouette avvolta nel vestito di raso nero che aderiva ai fianchi come una seconda pelle. Camminava con l'insicurezza trasformata in fascino - ogni passo un'esitazione studiata che faceva tremolare le perle false attorno al collo. L'odore di gardenia e nervosismo precedeva la sua ombra sul parquet lucido.

Il Conte Manfredi si alzò d'un colpo, gli occhi di ghiaccio che si scioglievano in un lago di desiderio. "Signora," mormorò afferrandole una mano per baciarla, ma le sue labbra si fermarono a un centimetro dalla pelle come ipnotizzate dal battito visibile alla base del suo polso. Mia madre ritrasse la mano con un fremito che fece tintinnare i braccialetti. "Conte," sussurrò abbassando gli occhi, il rossetto cremisi che sembrava sanguinare parole non dette. Quel gesto di finta vergogna gli accese la fiamma nello sguardo.

La guidai nel boudoir privato, dove la luce delle candele elettriche danzava sulle pareti di velluto bordeaux. Mia madre si fermò davanti al grande letto a baldacchino, le dita che si attorcigliavano nella stoffa della gonna. Il Conte le si avvicinò da dietro, il respiro affannoso che le sollevava i capelli sulla nuca. "Così... fragile," sibilò affondando il naso nel suo collo mentre una mano le sollevava la veste di raso nero. La mia pelle si drizzò quando vidi le sue dita tremanti scivolare sotto l'elastico delle mutandine di pizzo. Mia madre trattenne il fiato.

"Per favore," sussurrò con voce strozzata, "non farmi male." Ma quando la mano del Conte affondò tra le sue natiche, scoprendo il lucido bagliore del lubrificante, un gemito profondo le sfuggì dalle labbra. Il rosso cremisi sembrò incendiarsi alla luce delle candele. Lui la spinse sul letto con forza controllata, le ginocchia che affondarono nel piumone di seta. "Questo culo..." ringhiò slacciandosi i pantaloni, "è degno di un quadro rinascimentale." Mia madre girò la testa sul cuscino, gli occhi sbarrati fissi su di me mentre sentiva la punta del cazzo premere contro l'ingresso anale ancora umido di gel.

"Si, Conte... spinga," ansimò improvvisamente, le dita che si aggrapparono alle lenzuola ricamate. "Mi piace... lo sento, è grosso." La sua schiena si inarcò come un arco quando la punta affondò oltre lo sfintere stretto, un sibilo acuto che si trasformò rapidamente in un respiro tremulo. "Mi apra... apra il culo..." Le parole erano fradice di desiderio represso, quel timbro roco che ricordava le notti rubate anni prima. "Ne ho voglia... tanto." Il Conte emise un ruggito quando scivolò dentro completamente, il suo ventre che schiacciò le natiche di mamma contro il suo pube. Un fiotto di sudore le imperlò la schiena scoperta.

"Così... così forte!" urlò lei quando le sue mani le afferrarono i fianchi con violenza, iniziando a pompare. Ogni spinta era un terremoto che scuoteva il letto, le perle false che martellavano il legno del baldacchino. "Non si fermi... più forte conte!" Lo supplicò girando il collo verso di lui, gli occhi annebbiati mentre le sue natiche scricchiolavano sotto l'impatto. "Mi sta... mi sta facendo impazzire conte!" Le unghie lacerarono il tessuto del copriletto quando accelerò, il suolo umido della penetrazione che si mischiava all'odore acre del suo sudore nervoso. "Così... così veloce conte! Si sborri dentro... dentro al mio culo di troia!"

Il conte Manfredi ringhiò come un animale ferito quando le sue spinte divennero frenetiche. "Il tuo culo... come un guanto di velluto!" La pelle di mia madre ondeggiava sotto i colpi, rossa e lucida alla luce delle candele. Ogni penetrazione completa le strappava un gemito strozzato che diventava più acuto, più disperato. "Si... sì conte! Finisca... finisca in fondo!" Quando lui affondò l'ultima volta, bloccandosi mentre un tremore gli percorreva la schiena, lei urlò come non l'avevo mai sentita: un suono primordiale che riempì la stanza. Il suo corpo si irrigidì poi collassò sul piumone, la schiena solcata da striature rosse dove le dita del conte l'avevano stretta. Lui si ritrasse lentamente, il cazzo stillante che lasciava una scia lucida tra le sue natiche aperte.

Fuori, il temporale aveva smesso di urlare, sostituito dal respiro affannoso dei due corpi. Mia madre rimase immobile a faccia in giù, le spalle che tremavano lievemente. Il conte Manfredi si sistemò i gemelli di platino con mani sorprendentemente ferme, gli occhi fissi sul suo culo ancora palpitante. "Ventiduemila euro," sibilò, posando una busta di pelle sul comodino accanto al tubetto di gel svuotato. "Il miglior investimento della mia vita." Quando la porta si chiuse alle sue spalle, io entrai silenziosa. Mia madre girò la testa sul cuscino, gli occhi annebbiati dal rossetto ormai sbavato. "L'ho... fatto," sussurrò, la voce rotta come vetro. "Sono... sono una puttana anche io adesso?"

Mi sedetti sul bordo del letto, le dita che sfiorarono le striature rosse sulla sua schiena. "Dimmi se hai goduto," chiesi piano, "poi viene il resto." Il suo respiro si fece più profondo, un tremito le percorse le cosce ancora aperte. "Quando ha cominciato a spingere... quel dolore tagliente," mormorò fissando il soffitto a baldacchino. "Poi il gel si è sciolto, è diventato caldo. Una specie di... onda." Si morse il labbro, un rossore improvviso salendole al collo. "Alla terza spinta, ho sentito qualcosa scattare dentro. Come una serratura che cedesse dopo anni." Le sue dita affondarono nel piumone. "E quel rumore... il suono dei suoi fianchi che schiaffeggiavano il mio culo." Un gemito strozzato le sfuggì. "Dio, mi sono sentita così... piena."

Mi chinai, annusando l'aria pesante di sudore, sperma e quel sottile odore metallico del sangue che solo un'anima riconosce. "E poi?" La mia voce un bisturi nel silenzio. Lei girò la testa, gli occhi lucidi e selvaggi. "Quando ha urlato 'stringi, strega, stringi col culo!'... ho obbedito." Le sue mani si strinsero a pugno. "Ho stretto come se volessi spezzarglielo. E dentro... dentro è esploso tutto." Un singhiozzo le scosse il petto. "Ho sentito la sua sborra caldissima, e nello stesso istante... qualcosa mi ha travolta dalla pancia alle ginocchia. Ho urlato più forte di lui, Irma. Ho urlato come quella notte che ci spiavi." Si coprì il volto con le mani. "Sì, ho goduto. Sono venuta insieme a lui. E mi sono sentita sporca e splendente come una moneta appena coniata."

Presi la salvietta imbevuta di acqua di rose dallo scrittoio di marmo. Il tessuto fresco aderì alla pelle sudata della sua schiena mentre scendevo verso la fessura ancora aperta tra le natiche. La sborra del conte colava densa e madreperlata, frammista a un filo rosso che sapeva di sfida vinta. Con il bordo del panno, raccolsi delicatamente quel fiume ribollente che le usciva dall'ano, seguendo il percorso sinuoso verso l'interno delle cosce. Le mie dita sfiorarono lo sfintere palpitante, e lei sussultò — un fremito che fece tremare le candele. "Quando dici 'sporca'," sussurrai ripulendo ogni piega con movimenti circolari, "ricordati che questo è il tuo oro liquido." Il mio mignolo sfiorò l'ingesso ancora gonfio, e un gemito le sfuggì — dolce come il mio il giorno che Ettore mi aprì quel varco segreto anni prima.

Mia mamma si mise a sedere prese la busta. "Ventiduemila euro."

"Si mamma, il tuo culo rende più del mio, al posto tuo lo metterei a frutto. Ti troverei io i clienti adatti. E la mattina anziché andare a lavorare per mille euro al mese potresti venire qua e guadagnare mille euro all'ora."

"Tesoro. E' stato bello, ho anche goduto, oltre che guadagnato tanti soldi, ma non me la sento."

Mentre diceva queste parole il mio cellulare squillo. Guardammo insieme il display. "Conte Manfredi."

"Ecco ora ti dirà che non gli è piaciuto, che non sono stata all'altezza..."

Misi il viva voce e risposi. "Pronto, mi dica Conte, ha dimenticato qualcosa?"

"No cara Irma, volevo solo ringraziarla per avermi fatto conoscere quella meravigliosa signora. Non sono mai stato cosi bene in vita mia. Mi piacerebbe incontrarla nuovamente domani se la signora non ha impegni. Trentamila euro bastano per fissarmi un uovo incontro?"

Guardai in faccia mia madre in attesa di un suo cenna, temevo mi dicesse di no invece lei subito mi sussurrò: "Si, si ci sono, digli di si, digli di si. Fatti dire l'ora.

"Ma certo signor Conte quella donna sarà bel lieta di incontrarla nuovamente. Mi dica solo l'ora.

"Alle 11 da lei. Senza mutande."

"Certo Conte, la signora senza mutande mentre lei con i trentamila euro." dissi sorridendo

"Certo, la mia parola e sacra. A domani."

Mamma mi abbraccio felice. "Trentamila euro, ci pensi."

"Si mamma, ci penso e penso anche un'altra cosa?

"Cosa."

"Sei diventata proprio una puttana come me.. e ne sono felice."

"Irma la Rossa e Giulia la Bruna. siamo proprio una bella coppia ahahahah."

Il mattino dopo arrivò puntuale. Entrammo nel salone. Il Conte Manfredi era già lì. Non salutò mia madre, guardò solo il suo culo stretto nella gonna attillata e poi le disse: "Signora Giulia?"

"Si."

"Vorrei vedere il suo culo."

"Ma certo." Mia madre si girò da spalle e si abbassò la gonna mostrandogli le chiappe nude. Il Conte si tolse la giacca e si avvicinò alle sue spalle. Fece scivolare una mano fra le chiappe e la tastò tutta. "Un pelle morbida e vellutata. Perfetta per quello che ho in mente oggi."

"E cosa ha in mente?"

"Voglio scoparti fino a farti piangere dal piacere."

"Mi faccia vedere cosa ha."

Il Conte si sbottonò i pantaloni e si abbassò i pantaloni e le mutande mostrando un cazzo enorme eretto e palpitante.

"E' enorme."

"Si signora Giulia, e oggi lo vuole tutto nel culo?"

"Si tutto."

"Si metta a quattro zampe sul divano."

Mia madre si mise a quattro zampe sul divano di pelle bianca. Il Conte si mise alle sue spalle e senza neanche lubrificarsi la infilò tutta con un colpo solo.

"Ahhh.. faccia piano Conte, cosi mi fa male."

"Ha ragione Giulia, mi scusi, sono stato irruente ma la vista del suo culo non mi fa trattenere."

"Ora si muova dentro di me me lo spinga fino in fondo me lo faccia sentire bene...Si cos'. Lo sento tutto dentro, mi piace il suo cazzo crosso e duro."

Mia madre era entrata bene nella parte, si notava che le piaceva molto comportarsi da troia.

Il Conte Manfredi afferrò i fianchi di mia madre con tale violenza che le nocche gli sbiancarono. "Così stretta..." ringhiò, ogni spinta che scuoteva il divano faceva tremare i bicchieri di cristallo sulla credenza. Mia madre si inarcò di più, offrendogli un angolo migliore, e il gemito che le sfuggì era una miscela di dolore e piacere autentico. "Sì, Conte, più forte! Riempimi il culo!" Le sue mani affondarono nei cuscini, le unghie strappando la pelle mentre lui accelerava, il rumore umido della penetrazione che rimbombava nel silenzio della stanza.

"Sei una troia , la mia troia, dimmelo!"

"Si conte sono una troia, la tua troia. Spaccami il culo, la tua troia vuole godere con il tuo cazzo dentro."

Ogni spinta faceva schioccare le natiche di madre contro l'inguine del conte con un rumore di carne viva. "Così... così profondo!" ansimò quando lui modificò l'angolo, colpendo qualcosa che le fece contrarre le dita dei piedi nelle scarpe aperte. "Sì... lì! Continua!" La sua voce si spezzò in un pianto strozzato mentre il corpo ondeggiava come un ramo nella tempesta. Notai la mano sinistra del conte scivolare sotto il ventre di madre - le sue dita scomparvero tra le cosce mentre la penetrazione anale continuava implacabile. "Doppio... doppio piacere," sibilò lui contro la sua nuca sudaticcia.

Un grido improvviso squarciò l'aria quando le dita del conte iniziarono a massaggiarle il clitoride in sincrono con le spinte anali. Madre si sollevò sulle punte come elettrizzata, la schiena un arco teso mentre le natiche tremavano sotto l'assalto. "Sto... sto venendo!" urlò, gli occhi sbarrati e ciechi fissi sul quadro di fronte. Il conte ringhiò come un animale ferito quando il suo ritmo divenne frenetico, le sue anche che martellavano senza pietà. "Prendi la mia sborra, troia! Prendila tutta!" La stanza sembrò esplodere nel silenzio ovattato quando entrambi raggiunsero l'orgasmo simultaneamente - mia madre con un urlo gutturale che fece tremare i vetri, il conte con un ruggito soffocato contro la sua spalla.

Quando lui si ritrasse lentamente, lo sperma colò tra le natiche aperte di mia madre sul divano di pelle bianca. Lei collassò su un fianco, con il respiro affannoso che sollevava il seno seminudo. Il conte si aggiustò i gemelli di platino con mani sorprendentemente ferme, gli occhi fissi su quel culo ancora palpitante. "Trentamila euro," sibilò, posando una busta di pelle sul tavolino di cristallo accanto alla sua giacca di cashmere prima di andare via. 

Aiutai mia madre a pulirsi e rivestirsi le porsi la busta che il Conte aveva lasciato sul tavolino. Mia madre li contò, erano trenta biglietti da cinquecento, una montagna di soldi per lei e unitamente ai ventidue del giorno prima erano oltre cinquantamila euro. Lo stipendio di 5 anni di lavoro. Ora capisco come hai fatto ad arricchirti mi disse.

Mentre si vestiva il mio cellulare squillò era ancora il Conte.

Misi il viva voce e risposi. " Conte mi dica, vuole prenotare anche per domani?" dissi sorridendo.

"No, volevo chiedere a sua madre se avesse piacere di venire a cena a casa mia stasera, come due buoni amici senza implicazioni sessuali."

Mia madre, che aveva ascoltato tutto mi fece cenno di si.

"Aspetti che gliela passo cosi potrà chiederglielo direttamente."

Passai il telefono a mia madre che, impacciata, rispose. 

"Signor Conte, mi dica"

"Giulia, mi scusi se la importuno ancora. Per prima cosa le voglio dire che sono stato benissimo prima con lei"

"Anche io Signor Conte"

Poi vorrei chiederle di chiamarmi solamente Mario e non Signor Conte e terzo vorrei invitarla a cena questa sera a casa mia, come due buoni amici senza nessuna implicazione sessuale, ovviamente sempre se le fa piacere e non ha altri impegni."

"Accetto volentieri...Mario, e tanto tempo che non vado a cena fuori con un uomo...un amico."

Bene allora alle 19 manderò una macchina sotto casa di sua figlia che la condurrà a casa mia. L'aspetterò con ansia. A stasera Giulia."

" A stasera Signor Conte, anzi. mi scusi, a stasera Mario." rispose mia madre chiudendo la telefonata con il cuore che batteva all'impazzata.

" Mamma, Hai proprio fatto colpo sul Conte. Approfittane."

"No Irma, non voglio approfittare di lui e non voglio più fare sesso a pagamento con lui come una puttana. Ho gia ottenuto molto, ora mi basta la sua amicizia."

"Non dirmi che ti sei preso una cotta per lui..."

" Non è così, ma se anche fosse...cosa ci sarebbe di male."

"Niente mamma, anzi..."

"Comunque sei libera di fare quello che ti senti. Piuttosto, hai qualcosa si sobrio ma elegante da mettere per stasera?"

" Ho l'abito del matrimonio di Ettore."

"Ma no mamma, quello è un abito da cerimonie, Non è adatto per una cena a due."

"Vestiti, andiamo alla boutique qui sotto, compreremo un abito adatto, ormai telo puoi permettere." dissi io sorridendo.

Quando alle 19 la macchina nera arrivò sotto casa mia, io accompagnai mia madre giù nell'androne. Era bellissima. Aveva comprato un abito di seta blu notte che le aderiva al corpo senza scoprire troppo. Non portava collane ma solo dei piccoli orecchini di perla. Elegante e sobria mi sembrava perfetta per una cena tra due amici. Salì sulla macchina sorridendomi. "Avvisa Ettore che farò tardi." mi disse.

"Tranquilla mamma, goditi la serata.." risposi io mentre la macchina nera partiva silenziosa verso casa del Conte Manfredi.

Il mio cellulare squillò proprio mentre risalivo le scale: era Ettore. "Dove sei?" chiese con voce secca. "Sono a casa mia," risposi aprendo la porta di casa. . "Mamma?" domandò "È andata a cena con un amico, mi ha detto di avvisarti che farà molto tardi." "Ti preoccupi?" 

"No, solo che io e Gianna avevamo fame e volevamo sapere se tornava a cenare con noi."

"Cenate tranquilli, nostra madre è in buone mani. Ciao"

Mi versai un bicchiere di vino rosso e mi affacciai al balcone della mia casa. L'aria frizzante di Milano mi accarezzò il viso mentre osservavo le luci della città accendersi una dopo l'altra. Pensai alla strana ironia della vita: dopo anni di sacrifici, mia madre sembrava finalmente felice. 

Alle 23:50 sentii il rumore di un motore fermarsi sotto casa. Mi sporsi di più: un uomo alto in smoking aprì la portiera dell'auto nera aiutando Giulia a scendere. La vidi ridere, una mano appoggiata sul suo avambraccio. Il Conte Manfredi le baciò la guancia prima che lei entrasse nel portone.

Quando mia madre salì le scale, il suo passo era leggero come una foglia autunnale. Aveva ancora il sorriso stampato sulle labbra e gli occhi brillavano. "Ha fatto preparare ostriche e champagne," sussurrò appena varcò la soglia, lasciandosi cadere sul divano. "Abbiamo parlato di libri, della sua villa sul lago... mi ha detto che ho occhi come notti d'agosto." Tirai fuori dalla sua borsetta un piccolo pacchetto avvolto in carta pergamena: dentro c'era una spilla d'argento a forma di foglia. "Un regalo... per niente impegnativo, ha detto." 

La guardai sciogliersi nella poltrona mentre mi raccontava del giardino pieno di ortensie blu. Nel suo sguardo c'era una tenerezza che non vedevo da quando papà se n'era andato.

Il mio cellulare squillò proprio mentre la aiutavo a sfilarsi i sandali: era Manfredi. "Giulia è arrivata?" chiese con quella voce vellutata che ricordava whisky invecchiato. "Sì, conte. D'altronde doveva fare solo tre rampe di scale dopo che lei l'ha lasciata sotto il portone" dissi sorridendo. "Comunque sembra felice. Grazie da parte mia per la serata che le ha regalato" Dall'altro lato della linea, un sospiro carico di sollievo. "Ho ritrovato un frammento di bellezza che credevo perduta... questa sera... è stato come trovare acqua nel deserto." Chiusi gli occhi immaginandolo davanti al caminetto, la giacca dello smoking sbottonata.

Mamma intanto aveva aperto il pacchetto della spilla, le dita tremanti mentre sfiorava la foglia d'argento. "Mi ha chiesto se voglio andare alla sua tenuta lunedì... dice che hanno laghi dove si specchiano gli aironi..." Aveva lo sguardo annebbiato quando alzò gli occhi su di me. "Ma tu cosa ne pensi, tesoro? È troppo presto?" Le prese la mano, notando il rossore sottile sui polpastrelli dove Manfredi aveva premuto le labbra. "Mamma, tu meritavi champagne e ortensie già quando lavavi le scale dell'Hotel Majestic per mantenerci." Le piegai la palma aperta contro la mia guancia, sentendo il battito accelerato del suo polso. "Non lasciarti sfuggire niente. Neanche il più piccolo frammento di felicità."

Mia madre dopo due anni sposò il Conte Manfredi e diventò la Contessa Manfredi Spina, io la smisi con quella vita, tornai con capelli castani e, dopo aver venduto casa, diedi l'addio a Irma la rossa. Mi trasferii nell'appartamento che avevo acquistato, in attesa di quel momento, e diventai la Contessina Irma Manfredi Spina. Dopo tre anni mi sposai anche io e finalmente persi la verginità la prima notte di nozze come si confà ad una nobildonna. Le sue parole dopo avermi sverginato furono: "Amore è stato bellissimo ma, se non ti offendi vorrei una cosa da te."

"Dimmi amore, puoi chiedermi quello che vuoi"

"So che per una donna raffinata come te, potrebbe risultare un affronto ma..."

"Ma...insomma dimmi cosa vorresti."

"Vorrei scoparti culo."

 Mi voltai verso di lui e gli dissi: "Il culo? Ma questa cosa una moglie onesta non lo fa."

 "Ecco, lo vedi, ora ti sei offesa."

"No non mi sono offesa, però se hai veramente voglia di farlo e mi prometti che non mi giudicherai male, Lo farò.

"Certo che no, anzi, sarà una maggiore dimostrazione d'amore da parte tua ed io l'apprezzerò tanto

"Ok ma non farmi troppo male." Mi sono girata a pancia sotto e ho alzato il sedere. "Fa piano, mi hanno detto che fa male"

"Non temere. sarò delicato. "Ha messo del gel sul suo cazzo e poi sul mio culo e mi ha detto: "Così scivola meglio quando entra".

Ho sentito la punta del suo cazzo sul mio ano e piano piano lui ha iniziato ad entrare. Ho dovuto stringere le natiche per non fargli capire che ero gia abbastanza aperta. Piano piano è entrato tutto . Quando ha iniziato a muoversi lentamente la sensazione di piacere è aumentata sempre di più fino a quando non ho sentito il suo cazzo pulsare dentro il mio culo ed ho avuto un orgasmo fortissimo mentre lui sborrava dentro di me. Le sue parole furono: "Ho sborrato dentro il tuo culo perché lo amo tanto."

"Anch'io ho raggiunto l'orgasmo. Ora lasciamo perdere la figa e scopiamo solo culo?" Gli ho detto io.

"Da adesso in poi scopiamo sempre il culo" mi rispose lui. Ed infatti è stato così: non ho più dato la figa a mio marito perché da quella sera abbiamo fatto sempre sesso anale. Neanche una volta abbiamo fatto la penetrazione vaginale perché scopare il culo era diventata la nostra unica modalità di fare sesso. Soltanto per avere figli abbiamo fatto sesso vaginale. Tutti e due i parti sono stati cesarei perché dopo anni di scopate anali la vagina era rimasta stretta mentre l'ano si era un po' allargato. Mio marito mi ha detto: "La tua vagina è rimasta stretta come quella di una vergine quindi non c'è problema. Anzi il problema è il tuo ano che si è un po' allargato ma va bene lo stesso perché quando ti scopo il culo mi piace sentirlo stretto ma non troppo". Adesso sono una donna ricca con un marito innamoratissimo che mi scopa il culo ogni sera ed io sono felicissima. La mia storia finisce qui con il lieto fine.