Stefania. Triplete in garage

Dopo quella famosa sera, io e Lucia avevamo oltrepassato la linea. Nessun film, nessun divano. Solo letto. Ormai era diventato il nostro appuntamento fisso. Lei non faceva mistero del suo godimento. E, da come gemeva, ne traeva una grossa soddisfazione.
Quello che non sapevo era che sua sorella Stefania ne era completamente all’oscuro.
Finché un giorno, passando nel giardino mentre stavo rientrando, ho sentito le due sorelle discutere. Le voci si sovrapponevano, ma poi è arrivata una frase secca di Lucia:
«Ma piantala, Stefania… se provassi anche solo una volta com’è Diego a letto, ti passerebbe quella rigidità da monaca. Altro che yoga. È un toccasana. E poi… è più dotato di quanto tu possa immaginare.»
Silenzio.
I passi rapidi di Stefania che rientrava in casa, e io ho fatto finta di non aver sentito nulla e mi sono velocemente diretto verso il mio appartamento.
Poi, una sera, verso le 19, scendendo in garage, ho visto la loro basculante aperta.
Stefania era lì. In piedi, pantaloni neri attillati, una semplice t-shirt aderente. Capelli legati a coda, come sempre. Nessun sorriso. Solo uno sguardo diretto.
«Diego. Ho bisogno di te. Adesso. Qui. Senza troppe storie.»
«Scusa?»
«Hai capito. Mia sorella parla tanto, io no. Ma quando voglio qualcosa, lo prendo. Chiuditi dietro.»
Richiusi lentamente. Il cuore iniziava a battere più forte. Aveva già sfilato i pantaloni. Niente mutandine. Il fondoschiena, scolpito, alto, teso, era lì. La t-shirt ancora addosso, i capezzoli duri sotto il cotone teso. «Guardami.» disse a bassa voce.
«Non voglio coccole. Solo una cosa. Vedere se è vero quello che dice Lucia.»
«Niente parole,» sussurrò, «solo fatti.»
Non aspettò una risposta. Mi venne addosso. Mi baciò con forza, senza esitazione. Le mani già sulla mia patta dei pantaloni.
Era splendida. Vera. Senza finzioni.
Sfiorai la pelle del fianco, poi scesi con le dita fino alla curva interna della coscia. Era già umida. «Niente parole, Diego,» ripeté. «Usa le mani. E poi il resto.»
Iniziai da lì. Le dita lente, esploratrici. Il respiro di Stefania si fece più corto. Ma non emetteva suoni: si controllava, stringeva i denti. La sentivo fremere sotto le mani, cercare il contatto, ma non cedeva. Una lotta contro sé stessa.
Entrai in lei con un dito, poi due, lei sussultò. «Adesso. Scopami»
Lentamente entrai in lei. Calda, stretta, già bagnata. Il respiro le si spezzò in gola. Ma non emise alcun suono. Solo gli occhi che si chiusero forte. Solo il corpo che tremava.
Scivolo dentro, centimetro dopo centimetro. Comincio a muovermi, i miei fianchi si spingono contro di lei mentre la scopo forte e in profondità.
Mi chino e i miei denti ti sfiorano l'orecchio. «Ti piace, Stefania?» «Ti piace come si sente il mio cazzo dentro di te?» chiedo, con voce bassa e roca. «E’ così grosso come dicono?».
Annuisci, con il respiro affannoso.
Vedo i tuoi capezzoli che si induriscono e non posso resistere a chinarmi per prendere uno in bocca. Sussulti, le tue mani si aggrovigliano ai miei capelli mentre succhio e lecco, i miei denti segnano la tua pelle.
Passo all'altro seno, dedicandogli le stesse attenzioni, e tu ora gemi.
Sento il calore della tua figa.
«Guardami.» disse a bassa voce
Il primo orgasmo arrivò veloce. Silenzioso. Ma evidente. Il suo corpo si contorse contro di me, aggrappata al mio collo con forza.
Mi prese per la maglietta e mi tirò a sé. Mi baciò forte, spingendomi all’indietro. Mi fece sedere sul cofano dell’auto.
Si inginocchiò.
Mi accarezzò con la mano prima ancora di prendermi in bocca. Guardava. Esplorava. Mi guardava dal basso, i suoi occhi scuri pieni di una fame composta. Mi sfiorava con la lingua, poi risaliva. Poi stringeva. Poi si fermava. Quando si tirò su, si pulì con la lingua l’angolo della bocca, si girò e si piegò a 90 sul cofano.
Entrai a fondo. Il contatto fu pieno, immediato. Mi avvolse tutta. Era calda. Scivolosa. Stretta.
Il suo bacino si muoveva in piccoli cerchi. Respirava piano. Poi più forte. Il secondo orgasmo lo riconobbi dai suoi tremiti. E non si fermò.
Continuò a muoversi, più veloce. Io ormai affondavo a ogni spinta. Il rumore dei corpi che si incontrano riempiva il garage più delle parole.
Lo tirai fuori, mi abbassai e da dietro la leccai con lentezza.
«Voglio assaggiarti» dissi e la mia lingua guizzò fuori.
I suoi fianchi si muovono contro il mio viso mentre lecco e succhio il clitoride.
Portò una mano sulla bocca per soffocare un gemito. Le cosce si stringevano e si aprivano a ritmo.
Allungo la mano verso il tuo culo. E’ tesa, i suoi occhi si allargano quando inizio a spingere un dito dentro. Mi mettei una mano sul polso per fermarmi.
«Non oggi», dici, con voce affannata. «Scopami la figa. Voglio che tu venga dentro di me. Lucia non ti ha sicuramente mai dato il suo culo. Io lo farò. La prossima volta».
Sorrido, il mio cazzo pulsa alle sue parole. Scivolo di nuovo dentro, muovendo i fianchi più velocemente e più forte. Sento il tuo corpo tendersi di nuovo e so che sei vicina a un altro orgasmo. Ogni discesa, un colpo secco, i miei denti ti sfiorano il collo mentre ti scopo forte e in profondità.
«Voglio che tu venga di nuovo per me», dico, comando. Annuisci, il tuo corpo si tende mentre aumento il ritmo. Gridi, il tuo corpo è in preda alle convulsioni mentre vieni con forza, la tua figa si stringe intorno al mio cazzo.
«Sei così fottutamente stretta», gemo, il mio corpo si tende mentre sento l’orgasmo crescere.
«Sto per venirti dentro. Ti riempirò».
Tu gemi. Mi graffi il petto. Vieni di nuovo, e sento la tua figa pulsare. Mi spingo dentro di te un'ultima volta, vengo, esplodo, ti riempio con il mio seme.
Tiro fuori il mio cazzo completamente bagnato dei tuoi succhi.
«Adesso capisco» disse. Senza guardarmi. Senza baci. Senza parole dolci.
Prese i pantaloni, se li infilò. «Nessuno deve sapere di questo. Neanche Lucia. Soprattutto Lucia.»
«Come vuoi.»
Si avvicinò. Mi guardò dritto. «Però… forse ti richiamo» Sorridi
«Ogni promessa è un debito e poi vediamo se riesci a farmi venire una quarta volta.»
Aprì il basculante. Uscì.
E io rimasi lì, nel garage, disteso sul sedile posteriore, ancora mezzo nudo, col petto segnato dalle sue unghie.Inizio modulo
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