irma la dolce
IRMA LA DOLCE
La luce del tardo pomeriggio filtrava pigra attraverso le persiane semi-chiuse, disegnando strisce dorate sul parquet lucido. L'aria, immobile, portava ancora l'eco di una giornata afosa. Piero, con la sua voce roca e l'espressione da eterno pensatore, raddrizzò la schiena sulla sedia della cucina. «Giambi arriva tra mezz'ora» disse, senza distogliere lo sguardo dal telefono. Un sospiro leggero gli sfuggì. «Ha detto che passa a prendere la busta che ho lasciato sul tavolo in salotto. Non farti trovare in pigiama, per carità.» Irma, sua moglie, era intenta a riordinare le tazze sulla mensola. Le parole di Piero, però, le avevano scosso qualcosa dentro. Giambi. Quel nome, come un interruttore, accese un ricordo lontano, un prurito antico che risaliva dalle profondità del suo essere. Non un prurito fastidioso, no. Un fremito caldo, sfacciato, che le si annidava tra le cosce. Giambi. Il fratello di Piero. Il ragazzino sfacciato con gli occhi che le si incollavano addosso, anche quando erano solo adolescenti, seduti alla tavola della signora Bertelli. Le immagini, nitide come fossero accadute ieri, le inondarono la mente: la mano di lei sotto il tavolo, la carne calda di lui che si gonfiava tra le sue dita, il suo gemito strozzato mentre le labbra di lei gli accarezzavano la punta, umida e tesa. Un sorrisetto lascivo le si disegnò sulle labbra carnose. Irma si voltò, i suoi occhi castani brillavano di una luce insolita. La vestaglietta di seta leggera, appoggiata sul letto, le sembrava chiamarla. Era quasi trasparente, un velo ingannevole che prometteva di celare ma in realtà rivelava ogni curva, ogni ombra del suo corpo. Mentre si sfilava il vestito che indossava, il tessuto scivolava via, lasciando la pelle nuda esposta all'aria fresca della stanza. Il reggiseno le cadde a terra, rivelando i seni pieni, con i capezzoli già turgidi e scuri, come bacche mature. Le mutandine, poi, si abbassarono, scoprendo un monte di Venere ben rasato, umido e lucido. Una goccia di umore, già, le scivolava lenta tra le labbra della vulva, un anticipo silenzioso del desiderio che le bruciava dentro. Si infilò la vestaglietta. Il tessuto sottile accarezzava la pelle, lasciando intravedere il contorno delle sue gambe snelle, il ventre piatto e i capezzoli eretti che premevano contro la seta. Si guardò allo specchio, girando sensualmente il bacino. Era pronta. Un trillo acuto ruppe il silenzio. Il campanello. Irma si mosse con una lentezza studiata, ogni passo un invito, ogni oscillazione dei fianchi una promessa. La porta si aprì, rivelando Giambi. I suoi occhi, inizialmente distratti, si spalancarono. La sua bocca si aprì leggermente, come se avesse dimenticato come respirare. «Irma…» la sua voce era un sussurro rauco, quasi un lamento. I suoi occhi neri la divoravano, scendendo lentamente dal suo viso ai seni che si intravedevano sotto la seta trasparente, fino alle gambe lunghe che la vestaglia non nascondeva affatto. «Ma che… che meraviglia.» Un brivido le percorse la schiena. La sua erezione era già evidente attraverso i jeans. «Giambi. Non ti aspettavo così presto.» La sua voce era un filo di miele, bassa e sensuale. Si appoggiò allo stipite della porta, inclinando leggermente il bacino, lasciando che il tessuto si aprisse un po' di più. «Non… non pensavo di trovarti così.» Giambi fece un passo avanti, i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dal suo corpo. «È… è un peccato che Piero non sia qui a godersi lo spettacolo.» Un sorriso malizioso gli increspò le labbra. «O forse no. Forse è un bene.» Il calore dentro Irma si intensificò. «Cosa intendi?» domandò, la sua voce un sussurro provocante. Giambi, con un movimento lento, si avvicinò. Il profumo della sua pelle, un misto di colonia maschile e qualcosa di più selvaggio, le riempì le narici. «Intendo che sei sempre stata una tentazione, Irma. Fin da quando eri una ragazzina.» I suoi occhi scesero di nuovo, fissandosi sul monte di Venere che si intravedeva chiaramente sotto la seta. «Ricordi? dalla Bertelli. Sotto il tavolo.» Il ricordo, già vivido, esplose nella sua mente. Un gemito le sfuggì, quasi impercettibile. «Ricordo. Ricordo ogni cosa.» «E tu, piccola puttana, non facevi altro che stuzzicarmi. Con quella bocca che…» La sua mano si allungò, sfiorando la seta sul suo fianco. Un tocco leggero, ma che le incendiò la pelle. «…che sapeva già cosa fare.» Irma si morse il labbro inferiore, il suo respiro si fece più affannoso. «E tu… tu non facevi altro che volere di più.» «E lo voglio ancora,» la sua voce era un ruggito sommesso. Si chinò, le labbra che le sfioravano l'orecchio. «Lo voglio ancora, maledetta troia.» La mano di Giambi scivolò sotto la vestaglia, risalendo lenta lungo la sua coscia. Il tocco della sua pelle calda sulla sua pelle nuda le fece tremare le gambe. «La busta…» sussurrò Irma, la sua mente annebbiata dal desiderio. «Al diavolo la busta!» Giambi la afferrò per la vita, tirandola a sé. Il suo corpo duro e teso si premette contro il suo. Sentì la protuberanza del suo cazzo contro il suo ventre. «Ti voglio, Irma. Ti voglio come un pazzo.» Le sue labbra si scontrarono con le sue in un bacio famelico. Le lingue si intrecciarono, danzando in una battaglia umida e sensuale. Le dita di Giambi si infilarono tra i capelli di Irma, tirandoli leggermente, approfondendo il bacio. Il sapore della sua bocca era intenso, un misto di caffè e desiderio. Irma ricambiò con la stessa foga, le mani che gli afferravo le spalle larghe, le unghie che affondavano leggermente nella sua carne. Il bacio si interruppe, le loro bocche si separarono con un sonoro schlick. Giambi le prese la mano, trascinandola verso la camera da letto. Ogni passo era un'anticipazione, ogni battito del suo cuore un richiamo selvaggio. Nella penombra della stanza, Giambi la spinse delicatamente sul letto. La vestaglia si aprì completamente, rivelando la sua nudità. I suoi occhi la divorarono, indugiando su ogni curva, ogni ombra. «Sei bellissima,» sussurrò, la voce roca di desiderio. Si sfilò i jeans con un movimento rapido, il suo cazzo, turgido e pulsante, balzò fuori, un'asta di carne scura e venosa. Irma lo guardò, il suo respiro accelerato. Era ancora più grande di quanto ricordasse. Giambi si inginocchiò sul letto, le mani che le accarezzavano le cosce, risalendo lentamente verso il suo centro. Le sue dita si infilarono nella sua umidità, trovando le labbra gonfie e bagnate della sua figa. «Mmmh, sei già così bagnata, puttana,» la sua voce era un ringhio sensuale. Le sue dita si mossero, accarezzando il clitoride, facendola gemere. «Giambi ti prego…» Lui si chinò, la sua bocca che le leccava il collo, scendendo verso i suoi seni. Prese un capezzolo tra le labbra, succhiandolo con foga, la lingua che lo tormentava. Irma inarcò la schiena, un gemito profondo le sfuggì. Poi, senza preavviso, Giambi si spostò tra le sue gambe. Le sue mani le aprirono le cosce, esponendo la sua figa rossa e lucida. La sua lingua calda e umida si posò sul suo clitoride, succhiandolo con avidità. Un urlo strozzato le sfuggì. La sua schiena si inarcò, le mani che afferravo le lenzuola. I movimenti della sua lingua erano esperti, precisi, facendola vibrare di piacere. La sua bocca scese, leccando le sue labbra interne, poi affondando più in profondità, succhiando la sua figa con una foga selvaggia. Il suono schlick-schlick della sua lingua sulla sua carne umida riempiva la stanza. Irma sentì il piacere montare, un'onda inarrestabile. I suoi muscoli si contrassero, il suo corpo tremava. «Si! Giambi! Sì! Ancora!» Giambi continuò, la sua lingua che la torturava, succhiandola fino a quando un orgasmo violento non la travolse. Il suo corpo si scosse, le sue gambe si serrarono attorno alla sua testa, mentre un fiume di piacere la inondava. Quando l'orgasmo si placò, Giambi si sollevò, il suo cazzo turgido e gocciolante. Si posizionò tra le sue gambe, il suo sguardo fisso nei suoi occhi. «Ora tocca a me, puttana,» la sua voce era un ringhio gutturale. Afferrò il suo cazzo, guidandolo verso la sua figa umida. La punta si premette contro le sue labbra, poi, con una spinta decisa, affondò dentro di lei. Un gemito le sfuggì, un misto di dolore e piacere. La sua figa, già dilatata, si strinse attorno alla sua grossa verga. Giambi iniziò a spingere, lento all'inizio, poi con sempre maggiore forza. Ogni spinta lo faceva affondare più in profondità, i suoi testicoli che schiaffeggiavano la sua carne. Il suono splish-splosh dei loro corpi che si univano riempiva la stanza. Irma inarcò la schiena, il piacere che la travolgeva di nuovo. Le sue mani gli afferravo i fianchi, tirandolo più in profondità. «Sì! Giambi! Più forte! Fottimi!» Lui obbedì, le sue spinte si fecero più veloci, più violente. La sua figa si strinse attorno al suo cazzo, succhiandolo con ogni movimento. I loro corpi si scontrarono, un ritmo primordiale che li portava via. «Sei così stretta, troia!» gemette Giambi, il suo viso contratto dal piacere. Le sue spinte si fecero ancora più furiose, i suoi gemiti si mescolavano ai suoi. Dopo alcuni minuti di questa furia, Giambi si tirò fuori, il suo cazzo gocciolante. Irma ansimava, il suo corpo ancora scosso dai postumi dell'orgasmo. «Non è finita, puttana,» disse Giambi, la sua voce un ringhio. Le afferrò i fianchi, girandola di lato. Poi, con un movimento deciso, la mise a quattro zampe. Irma sentì un brivido freddo percorrerle la schiena. Sapeva cosa sarebbe successo. Giambi si posizionò dietro di lei, il suo cazzo che le sfiorava l'ano. Prese un po' della sua saliva, spalmando la punta del suo cazzo. «Pronta per il dessert, troia?» Irma non rispose, il suo corpo teso dall'attesa. Con una spinta lenta e decisa, Giambi affondò la punta del suo cazzo nel suo culo. Un dolore acuto le attraversò il corpo, ma fu subito seguito da una sensazione di pienezza e piacere. «Ahhh!» Giambi iniziò a spingere, lento all'inizio, poi con sempre maggiore forza. Il suo ano si dilatò, accogliendo la sua grossa verga. Il suono squelch-squelch riempiva la stanza. Irma strinse i denti, le mani che afferravo le lenzuola. Il piacere anale era diverso, più profondo, più intenso. «Sì! Giambi! Fottimi il culo!» Lui obbedì, le sue spinte si fecero più veloci, più violente. Il suo cazzo pompava dentro di lei, riempiendola fino in fondo. I suoi testicoli schiaffeggiavano le sue natiche con ogni spinta. Irma gemeva, il suo corpo scosso da ogni spinta. Il piacere era quasi insostenibile, un'onda che la travolgeva. Giambi afferrò i suoi fianchi, tirandola più in profondità. La sua voce era un ringhio gutturale. «Sei così stretta, puttana! Mi fai impazzire!» Le sue spinte si fecero ancora più furiose, fino a quando un gemito profondo gli sfuggì. Il suo corpo si irrigidì, e con un'ultima spinta, si riversò dentro di lei, un getto caldo e denso che le riempì il culo. Irma sentì il suo corpo scuotersi, un orgasmo violento le attraversò il corpo, facendola urlare. Dopo un'ora, Giambi si alzò dal letto, il suo corpo ancora pulsante. Si vestì in fretta, i suoi occhi che brillavano di una luce selvaggia. «Devo andare,» disse, la sua voce ancora roca. Le diede un bacio rapido sulla fronte. «Ci vediamo, Irma.» E se ne andò, lasciandola sola nel letto, il suo corpo stanco e soddisfatto. Irma rimase a pancia in giù, il suo corpo intorpidito dal piacere. Il profumo del sesso riempiva la stanza, un misto di sudore, sperma e desiderio. Un sorriso lascivo le si disegnò sulle labbra. Era una vacca, lo sapeva. E le piaceva. Il suono della chiave nella serratura la riportò alla realtà. Piero. Irma non si mosse, il suo corpo ancora rilassato dal piacere. Piero entrò in camera, la sua espressione stanca. La vide, nuda, a pancia in giù sul letto. I suoi occhi si spalancarono. «Irma…» la sua voce era un sussurro, un misto di incredulità e rabbia. Si avvicinò al letto, i suoi occhi che la scrutavano. Il profumo del sesso era inconfondibile. «Che cazzo è successo qui?» Irma si girò lentamente, i suoi occhi castani che lo guardavano con un misto di sfida e desiderio. «Giambi è appena andato via.» La sua voce era un filo di miele, provocante. Il viso di Piero si contrasse in una maschera di rabbia. «Giambi? Quel figlio di puttana!» I suoi occhi si posarono sulla sua figa, ancora rossa e gonfia. Poi sul suo culo, che mostrava ancora i segni della penetrazione. «Mi hai tradito con mio fratello, troia!» Irma sorrise, un sorriso sfacciato. «Ma Giambi, hai ancora voglia?» La sua domanda fu come una scintilla che accese una polveriera. Piero la afferrò per i capelli, tirandola su. I suoi occhi erano fiamme. «No, troia! Non sono Giambi! Sono io! Il tuo cornuto!» La spinse sul letto, i suoi vestiti che volavano via. Il suo cazzo, già duro e pulsante, era visibile. «Ora ti faccio vedere io cosa succede a una puttana come te!» Si posizionò tra le sue gambe, il suo sguardo fisso nei suoi occhi. Senza preavviso, affondò il suo cazzo nella sua figa, con una violenza inaudita. Un urlo le sfuggì. Il dolore era acuto, ma sotto di esso, un fremito di piacere perverso la percorse. Piero iniziò a spingere, forte, violento, senza alcuna tenerezza. Ogni spinta era un insulto, ogni movimento un atto di possesso. «Troia! Puttana! Vacca!» le sue parole erano un ruggito, i suoi occhi pieni di odio e desiderio. Irma gemeva, le sue lacrime si mescolavano al sudore. Il suo corpo si muoveva con il suo, una danza brutale e primordiale. Piero la afferrò per i fianchi, tirandola più in profondità. Il suo cazzo pompava dentro di lei, riempiendola fino in fondo. Il suono slap-slap della loro carne che si scontrò riempiva la stanza. Irma sentiva il suo corpo scuotersi, il piacere e il dolore che si mescolavano in un'unica, violenta sinfonia. «Ti faccio urlare il mio nome, puttana!» Le sue spinte si fecero ancora più furiose, fino a quando un gemito profondo gli sfuggì. Il suo corpo si irrigidì, e con un'ultima spinta, si riversò dentro di lei, un getto caldo e denso che le riempì la figa. Irma sentì il suo corpo scuotersi, un orgasmo violento le attraversò il corpo, facendola urlare. Piero si tirò fuori, il suo cazzo gocciolante. La guardò, i suoi occhi ancora pieni di rabbia. «Ora sei mia, troia. E non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere senza dirmelo la prossima volta ti spacchiamo tutti e due. Porca.» Si alzò dal letto, lasciandola sola, il suo corpo stanco e dolorante, ma con un sorriso segreto sulle labbra.
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