la storia di Clara

Prologo
Clara aprì gli occhi lentamente, lasciando che la luce del mattino filtrasse piano tra le tende leggere della loro camera. La prima sensazione fu il calore del lenzuolo che le accarezzava la pelle nuda, la seconda fu quella presenza familiare accanto a lei: il respiro profondo di Andrea, regolare e rassicurante, che da diciotto anni era la sua costante, il ritmo silenzioso delle sue mattine.
Si voltò appena, osservandolo. Dormiva ancora, con un braccio piegato sotto il cuscino e il torace ampio che si sollevava a ogni respiro. Persino nel sonno Andrea aveva un’aria autorevole, la mascella decisa, le labbra rilassate, i tratti virili che il tempo aveva reso ancora più affascinanti. A quarantasei anni non aveva perso nulla della sua forza, anzi: lo sguardo scuro, intenso, la corporatura grande e piena, la sicurezza con cui si muoveva e si imponeva nel mondo… tutto lo rendeva l’uomo che era sempre stato, forse persino di più.
Clara, al contrario, si sentiva fragile. Piccola accanto a lui, con il corpo esile e le forme delicate che non riuscivano mai a sembrarle abbastanza. Si era abituata, in tutti quegli anni, a convivere con la sensazione di inferiorità fisica e persino esistenziale: lui uomo di successo, proiettato verso carriere internazionali, con il destino pronto a spalancargli le porte di New York o di Chicago; lei donna di casa, con giornate scandite da silenzi, letture, passeggiate, a volte qualche corso che non portava a nulla di concreto.
Non era sempre stato così. All’inizio lavorava, aveva sogni e ambizioni, ma poi Andrea le aveva sorriso dicendole che non era necessario, che poteva occuparsi di lei, che voleva prendersi cura di tutto. E lei si era lasciata convincere, perché in fondo l’amava, e perché era dolce sentirsi protetta.
Il tempo però aveva scavato un vuoto sottile: i figli mai arrivati, le giornate vuote, le sere a volte troppo lunghe. Andrea non l’aveva mai fatta sentire manchevole: aveva saputo abbracciare quel dolore, sminuirlo con la sua presenza, amarla come se nulla mancasse davvero. Ma Clara, dentro, sentiva che una parte di sé non si era mai realizzata.
Ora, mentre lo guardava dormire, provava insieme gratitudine e un’inquietudine difficile da nominare. Era bello, incredibile, desiderabile come sempre. Eppure, da un po’ di tempo, c’era in lei un turbamento nuovo: un risveglio dei sensi, un bisogno di sentirsi viva, femmina, non solo la sua dolce metà silenziosa e compiacente.
Si sfiorò distrattamente la coscia sotto le lenzuola, seguendo con le dita il profilo della pelle liscia e sensibile. Era un gesto piccolo, inconsapevole, ma che la fece rabbrividire leggermente. Si rese conto di quanto fosse da tempo in attesa: in attesa di qualcosa che non sapeva nemmeno definire con precisione, forse un nuovo inizio, forse semplicemente un modo diverso di guardarsi.
Andrea si mosse nel sonno, girandosi verso di lei. Il suo braccio, pesante e caldo, le cadde sopra la vita. Clara sorrise piano, catturata dal contatto. Sentirlo vicino così le dava sicurezza, ma anche un brivido che non voleva ignorare. Era come se la sua pelle, a quarantadue anni, avesse deciso di riscoprirsi, di reclamare attenzioni che lei stessa aveva imparato a soffocare.
Chiuse un attimo gli occhi, lasciandosi andare all’immagine di sé riflessa negli occhi di Andrea: i capelli biondi sparsi sul cuscino, il corpo minuto accostato al suo gigante buono, i lineamenti delicati che lui diceva sempre di amare. C’era qualcosa di dolce nel sentirsi la sua bambola fragile, ma anche qualcosa di bruciante nel desiderare di essere molto più di questo.
Il mattino avanzava piano, con i suoni lontani della città che cominciava a svegliarsi. Ma nella stanza sembrava esserci solo silenzio, solo il respiro di Andrea e il battito più rapido del cuore di Clara. In quel momento comprese che la giornata non sarebbe stata come le altre. Forse perché in lei qualcosa stava cambiando. Forse perché il corpo chiedeva spazio, libertà, intensità. Forse perché, dopo anni a guardarsi attraverso lui, aveva bisogno di sentirsi finalmente padrona della propria fiamma.
La tarda mattinata
La porta si richiuse piano dietro ad Andrea e Clara rimase immobile per un istante, ascoltando l’eco dei suoi passi che svanivano lungo il vialetto. Sapeva che sarebbe tornato presto, due soli giorni, eppure ogni volta che lui partiva la casa le sembrava improvvisamente più grande, silenziosa, quasi estranea. Rimase così qualche minuto, con le braccia strette attorno a sé, assaporando la sensazione di vuoto che si era già riempita di attesa: quella per Marianna.
Era da tempo che non la vedeva, e l’idea di riabbracciarla la rendeva nervosa come una ragazzina. Marianna non era solo un’amica, era stata per anni una presenza luminosa, intensa, capace di smuoverle dentro emozioni profonde. Clara si accorse che la stava aspettando con un entusiasmo quasi febbrile, quasi fosse una ciambella di salvataggio in un mare di noia.
Si avviò verso la camera da letto per cambiarsi. Aprì l’armadio con gesto lento, lasciando che lo sguardo scorresse sui vestiti allineati. Non voleva sembrare troppo formale, ma nemmeno trascurata. Scelse un abito leggero, color avorio, che accarezzava le sue forme senza metterle in mostra troppo. Davanti allo specchio si passò le mani lungo i fianchi, lisciando il tessuto. Un filo di trucco, giusto per illuminare gli occhi azzurri, un tocco di rossetto tenue. Si fermò a guardarsi con attenzione, chiedendosi cosa avrebbe pensato Marianna nel rivederla: “Sono cambiata? Mi vedrà più fragile o più donna?”
In cucina accese la macchina del caffè, mentre sul tavolo aveva già disposto un vassoio con pasticcini e frutta fresca. Aveva fatto in modo che tutto fosse ordinato, persino le tende erano state scosse e risistemate per lasciar entrare più luce. Ogni gesto era diventato rituale, un modo per colmare l’attesa, per preparare non solo la casa ma anche sé stessa.
L’orologio segnava quasi le undici quando si accorse di sentire un piccolo brivido di agitazione. Non era solo curiosità di conoscere Patrizia e suo figlio, Claudio - un nome che le evocava una giovinezza ormai lontana - ma soprattutto l’emozione di rivedere Marianna. C’era in lei il desiderio di ritrovare uno sguardo che la facesse sentire diversa, meno moglie silenziosa e più donna viva.
Si fermò sul divano, lisciando con cura i cuscini, poi passò la mano tra i capelli per sistemarli ancora, anche se erano già in ordine. Il campanello avrebbe suonato da un momento all’altro, e Clara sentì il cuore accelerare, come se dietro quella porta non ci fosse soltanto un’amica, ma la promessa di qualcosa che ancora non sapeva nominare.
L’arrivo
Il campanello suonò con un trillo squillante, e Clara ebbe appena il tempo di lisciarsi l’abito e inspirare a fondo. Corse alla porta con un sorriso che già le tremava sulle labbra.
Appena aperto, Marianna le si gettò tra le braccia. L’abbraccio fu caldo, lungo, quasi a voler recuperare tutti i mesi di lontananza. Clara sentì il profumo familiare dell’amica, quell’essenza leggera che le ricordava pomeriggi di confidenze, risate, segreti sussurrati. "Finalmente!" esclamò Marianna, stringendola forte. "Non sai quanto mi sei mancata."
"Anche tu," rispose Clara, accarezzandole i capelli. Le guance si sfiorarono in un bacio doppio e affettuoso, quasi infantile, che però le lasciò addosso una scia di calore.
Dietro di lei, una donna dai tratti eleganti si fece avanti. "Lei dev’essere Patrizia," disse Clara, allungando la mano. La cugina di Marianna sorrise con garbo, stringendo con decisione. "E lei è Clara, vero? Che splendida casa, davvero raffinata."
Clara arrossì lievemente. "La ringrazio, ma è molto semplice… mi piace che sia accogliente."
Si scambiarono altre cortesie, il tempo di togliersi i soprabiti, di lasciarsi avvolgere dal clima ordinato del salotto. Clara offrì subito il caffè, i pasticcini, seguendo il copione della buona padrona di casa. Marianna la osservava con affetto, annuendo ogni tanto, mentre Patrizia commentava i dettagli: la luce che entrava bene dalle finestre, il gusto sobrio dell’arredamento, la scelta dei fiori freschi sul tavolino.
Tutto procedeva con naturalezza, tra sorrisi educati e piccoli complimenti. Clara si sentiva in equilibrio, persino sollevata: la tensione che l’aveva agitata in mattinata sembrava essersi sciolta nell’abbraccio dell’amica.
Poi la porta si richiuse ancora, e una voce maschile si annunciò dall’ingresso. "Scusate il ritardo, parcheggiare qui fuori è un’impresa."
Clara si voltò, e il mondo smise di muoversi.
Il ragazzo che entrava nella stanza era alto, spalle larghe, capelli neri appena arruffati, occhi scuri e intensi. Un viso giovane, deciso, eppure con lineamenti che a lei risultarono devastantemente familiari. Per un istante credette di trovarsi di fronte ad Andrea vent’anni prima: stesso portamento, stessa fierezza naturale, lo stesso magnetismo che l’aveva travolta quando si erano conosciuti.
Il respiro le si fermò letteralmente in gola. Sentì il cuore battere all’impazzata, come se un colpo improvviso l’avesse scossa da dentro. Ogni dettaglio di Claudio - il modo in cui si passava una mano distratta tra i capelli, l’inclinazione del sorriso sicuro ma non arrogante, persino il timbro della voce - era un’eco precisa, quasi crudele, del suo Andrea da ragazzo, quando l’aveva conosciuto e se n’era innamorata perdutamente.
Marianna fece le presentazioni con naturalezza: "E questo è Claudio, il figlio di Patrizia. Ti avevo detto che ci avrebbe accompagnate."
Clara cercò di rispondere, di stendere un sorriso cortese, ma le labbra le tremarono. "Piacere…" mormorò appena, tendendo la mano. La stretta di Claudio fu ferma, calda, e quando i suoi occhi incontrarono i suoi, un brivido le corse lungo la schiena.
Patrizia rideva: "È sempre di corsa, non conosce la calma. Claudio, questa è Clara, la cara amica di Marianna."
"Un piacere davvero," disse lui, e le sorrise in modo diretto.
Clara avvertì un nodo allo stomaco. Era come guardare il passato incarnarsi davanti a lei, come se qualcuno le avesse restituito un Andrea giovane, incontaminato, nella sua fase più travolgente. Lo shock era tale che dovette abbassare lo sguardo, fingendo di sistemare il vassoio sul tavolino. La mente le ronzava, incapace di scindere quel presente dal ricordo.
Mentre gli ospiti prendevano posto, parlando con naturalezza, Clara restò in bilico su quella rivelazione silenziosa. Claudio non era soltanto un ragazzo di venticinque anni: per lei era uno specchio inquietante del desiderio, della memoria e di tutto ciò che, dentro, non aveva mai smesso di bruciare.
Caffè e chiacchiere
Clara aveva sistemato tazze e zuccherini sul tavolino, cercando di concentrarsi sulle parole di Marianna e Patrizia, ma il suo sguardo tornava inevitabilmente verso Claudio. Lui era seduto poco più in là, rilassato, con le mani appoggiate sulle ginocchia, e parlava con un tono cordiale, ma i suoi occhi neri sembravano riconoscerla, catturando ogni dettaglio.
"E tu cosa fai, Clara?" chiese Patrizia, rompendo per un momento il suo tranello interiore.
"Oh… niente di speciale," rispose lei, con un sorriso che cercava di essere naturale. "Passo il tempo in casa, leggo, faccio qualche passeggiata…"
Marianna la guardò con complicità. "E bene, almeno ti riposi un po’!"
Clara annuì, ma le parole di Patrizia e Marianna sembravano lontane, sfumate in un sottofondo irreale. Ogni tanto Claudio sorrideva, appena accennato, come se leggendo i suoi pensieri sapesse esattamente cosa provava. Quel sorriso la fece sussultare, e un calore le salì alle guance.
"Sei distratta," commentò Marianna, ridendo leggermente. "Osservi troppo il nostro giovane accompagnatore?"
Clara arrossì e abbassò lo sguardo. "Non… non è vero," mormorò, tentando di ricacciare la sensazione che le stringeva il petto.
Ma Claudio, colto in flagrante, inclinò appena la testa verso di lei e le rivolse un sorriso ampio, aperto, complice. Clara sentì il respiro farsi più corto. Il cuore le batteva forte e improvvisamente il caffè e le chiacchiere divennero uno sfondo lontano.
"Allora, Claudio," chiese Patrizia per interrompere il silenzio imbarazzato che stava prendendo forma, "come va l’università?"
"Bene, grazie," rispose lui, ma non si mosse, continuando a guardare Clara con la stessa intensità discreta. "E lei, Clara, cosa legge di bello ultimamente?"
Clara schiarì la voce, cercando di riprendere il controllo. "Romanzi, perlopiù. Narrativa contemporanea… mi piace perdersi nelle storie."
"Interessante," disse Claudio, inclinando la testa, "ti capisco. Anche a me piace immergermi nei libri… soprattutto quelli che ti fanno pensare."
Ogni parola sembrava destinata a lei, e Clara sentiva la tensione crescere. Cercò di concentrarsi sulle battute leggere, sulle risate di Marianna e Patrizia, e fece uno sforzo cosciente per resistere alla distrazione crescente. Riuscì a ridere di alcune osservazioni di Marianna, a commentare con Patrizia i piccoli dettagli della casa, ma ogni volta che Claudio la guardava, un brivido le correva lungo la schiena.
Il tempo volò senza che se ne accorgessero. Le tazze di caffè si svuotarono, il vassoio ormai leggero, e la conversazione continuava tra risate e piccoli aneddoti. Patrizia controllò l’orologio e sospirò: "Dovrei proprio tornare a casa…"
"Giusto," confermò Marianna, alzandosi. "Vieni, non voglio lasciarti sola troppo a lungo."
Clara fece un passo indietro, cercando di nascondere la punta di delusione. Claudio rimase seduto, come se non avesse fretta, continuando a sorseggiare il caffè e a osservare lei con calma, senza invadenza. Era evidente che fosse lui a voler prolungare il tempo insieme.
Le donne si salutarono, strette in abbracci e sorrisi: Patrizia con gesti formali ma calorosi, Marianna con la leggerezza di sempre. Poi arrivò il momento dei saluti finali. Patrizia si voltò verso di lei: "Clara, è stato un piacere… la casa è splendida davvero."
"Grazie, Patrizia," rispose Clara, cercando di sorridere sinceramente.
Marianna le diede un ultimo abbraccio: "Non lasciare passare tanto tempo prima di rivederci."
E infine Claudio si alzò. Clara si preparò al gesto cortese e automatico: la stretta di mano. Ma invece lui si avvicinò, le mani che invece la circondarono con decisione, avvolgendola in un abbraccio. Il contatto fu immediato, caldo, e Clara sentì un brivido intenso partire dalla schiena e scendere fino alla pancia, un calore che la lasciò senza fiato.
"Grazie…" mormorò, quasi incapace di parlare.
"Non ringraziarmi," sussurrò lui con voce bassa, come se fosse una complicità solo loro. "È stato bello conoscerti."
Clara rimase per un attimo avvolta nel suo abbraccio, il cuore che le martellava nelle tempie, il respiro breve e rapido. Quando finalmente si staccarono, si sentì stranamente leggera e nello stesso tempo completamente destabilizzata. Non era solo il gesto fisico: era la sensazione di calore, di presenza, di forza giovane e familiare insieme, che le aveva scosso l’anima.
Marianna e Patrizia erano già sulla porta, salutando con gesti allegri, ma Clara rimase ferma un istante, come se il mondo fuori fosse sparito. Claudio le rivolse un ultimo sorriso, leggermente inclinato, e poi si voltò per seguirle. Clara sentì le ginocchia tremare e dovette appoggiarsi leggermente al tavolo.
Il caffè e le chiacchiere erano finiti. Ma dentro di lei qualcosa, per la prima volta dopo molto tempo, era accesa, vibrante, pronta a lasciare traccia.
Il pomeriggio da sola
Dopo che la porta si richiuse alle spalle di Marianna, Patrizia e Claudio, la casa parve improvvisamente più silenziosa, e Clara rimase ferma per un istante, con le mani ancora appoggiate sul tavolo dove erano rimaste le tazze di caffè.
Il ricordo dell’abbraccio di Claudio le riempiva la mente con una chiarezza quasi dolorosa. Non era stato solo un gesto cortese: era stato un contatto che l’aveva scossa, un calore improvviso che le aveva percorso la pancia e le spalle. Ogni dettaglio - la pressione delle sue braccia, il sorriso, gli occhi neri che l’avevano fissata senza timore - era vivido, impossibile da ignorare.
Si sedette sul divano, cercando di controllare il respiro, e tentò di concentrarsi sulle parole che avevano scambiato, sulle risate degli altri, ma ogni ricordo di Claudio le tornava come un eco insistente. Si alzò e camminò lentamente per la stanza, toccando distrattamente i cuscini e il dorso del divano, come se quel gesto potesse radicare le emozioni e darle un senso.
Si fermò davanti allo specchio del corridoio, studiando il proprio riflesso. Cercò di respirare piano, di riportare ordine nei pensieri, ma ogni volta che chiudeva gli occhi lo vedeva lì, sorridente, familiare e stranamente familiare, un giovane riflesso di Andrea vent’anni prima. Il cuore le batteva forte, le mani tremavano appena.
Tornata sul divano, Clara si avvolse nelle proprie mani, cercando di contenere il calore che le saliva dalla pancia. Era un miscuglio di eccitazione, sorpresa e inquietudine, un sentimento che non aveva mai provato con tanta intensità. Ogni gesto del ragazzo, ogni suo sorriso, ogni attimo condiviso l’aveva lasciata sospesa tra ricordo e desiderio.
Si appoggiò alla finestra, osservando fuori, cercando di distrarsi, e in quel silenzio la solitudine della casa sembrava accogliere il suo stato d’animo: sospeso, vibrante, pronto a trasformarsi in qualcosa di nuovo. Clara sentì crescere dentro un calore sottile ma insistente, e per la prima volta in molto tempo riconobbe quella sensazione: il pomeriggio non sarebbe più stato come prima.
Pochi minuti dopo cedette al desiderio e al calore che sentiva nella pancia, si mise sul letto e si tolse tutto restando nuda, e le mani cominciarono ad esplorare, e a toccare, e a sfiorare… E il piacere arrivò rapido, brutale, togliendole il respiro. E quando il fuoco fu spento restò la vergogna.
Mezz’ora dopo
Il silenzio della casa era tornato ad avvolgere Clara, e lei si era appena seduta sul divano, cercando di mettere ordine nei pensieri, quando un suono familiare la fece sobbalzare: il campanello.
"Chi è?" chiese al citofono, la voce leggermente più alta di quanto volesse.
"Sono Claudio," rispose una voce maschile dall’altra parte del microfono, calda e riconoscibile, "Ho dimenticato una cosa… posso entrare?"
Il cuore di Clara balzò nel petto, quasi le mancò un battito. Per un attimo rimase immobile, paralizzata dalla sorpresa e da un brivido che le percorse la schiena. "S… sì, sì, certo…" riuscì a rispondere, la voce tremante. Premette l’apricancello e aspettò.
Perché era tornato? E perché il suo cuore reagiva così?
Si fermò davanti alla porta, aspettandolo. E lui arrivò poco dopo, sorridente, a passo veloce, scuotendo la testa con un’aria tra il divertito e l’imbarazzato. "Ho perso una penna USB, forse è scivolata fuori dalla tasca dei jeans" disse, mentre Clara lo guardava senza riuscire a parlare. "Non è che per caso è rimasta tra i cuscini del divano?"
Ma Clara nemmeno lo ascoltava davvero. Era imbambolata, il respiro leggermente corto, il cuore che continuava a battere forte. Lo osservava come se fosse la prima volta, notando ogni dettaglio: il movimento deciso, il sorriso aperto, la sicurezza che emanava, e il modo in cui i suoi occhi sembravano ancora una volta catturarla senza sforzo.
Claudio si avvicinò, pronto a cercare tra i cuscini, ma Clara restava ferma sulla soglia, incapace di muoversi. La sua mente era completamente assorbita da lui, da quel sorriso, da quella presenza così familiare e insieme così destabilizzante.
"Clara?" disse Claudio, con una leggera esitazione, come se avvertisse il suo stato. Lei riuscì solo a balbettare: "S… sì… certo… vieni…"
Il ragazzo entrò, muovendosi con naturalezza, ma Clara non riusciva a distogliere lo sguardo. Ogni passo che faceva verso il divano le sembrava un piccolo terremoto interiore. Il suo cuore batteva a un ritmo che sentiva in tutto il corpo, e un calore nuovo e intenso le si diffuse dalla pancia alle spalle.
Claudio si piegò leggermente, passando le mani tra i cuscini del divano, cercando la penna USB. "Ah, eccola," disse, e Clara sentì solo il suono della sua voce, come un’eco lontana che rimbalzava dentro di lei. Non era più la ricerca di un oggetto che contava, era la presenza di lui, l’energia sottile che le invadeva la pelle, a catturarla completamente.
Per un momento il mondo attorno a loro scomparve: non c’erano caffè, tazze, risate o campanelli, solo lui, la sua presenza e il cuore di Clara che batteva all’impazzata.
La penna USB
"Sono… felice che l’hai trovata…" riuscì a dire Clara, la voce più bassa di quanto volesse. Cercò di distogliere lo sguardo, di guardare altrove, ma i suoi occhi tornavano inevitabilmente a lui. Claudio si accorse del suo imbarazzo, e per un attimo il sorriso si fece più malizioso, ma mai invadente.
"Sì, anch’io," rispose lui, con calma. "Immagino che tu non ti aspettassi di vedermi tornare così presto."
Clara scosse leggermente la testa, ancora imbambolata. "No… non me lo aspettavo…" ammise, cercando di controllare il tremito delle mani.
Claudio fece un passo verso la porta, poi si fermò, quasi esitante, come se il tempo da trascorrere insieme fosse diventato più prezioso del semplice saluto. Clara sentì un brivido correre lungo la schiena. "Allora… io… devo andare," disse lui, ma il tono tradiva una riluttanza appena percettibile.
Clara inspirò piano, cercando di ritrovare compostezza. "Sì… certo," disse, la voce appena più ferma. Ma dentro di sé sapeva che non sarebbe stato facile. La stanza sembrava carica di un’energia sottile, un legame improvviso e intenso che le faceva tremare le mani e accelerare il respiro.
Claudio si avvicinò al portone, e per un istante i loro sguardi si incontrarono. Non c’era bisogno di parole: Clara sentì tutto ciò che non era stato detto nell’abbraccio di prima, nei sorrisi, nelle pause. Un calore le attraversò la pancia, le mani, le spalle, lasciandola sospesa tra eccitazione e stupore.
"A presto, allora," disse infine Claudio, con un sorriso che lasciava intravedere complicità e leggerezza insieme.
Clara lo guardò uscire, il cuore ancora in subbuglio, cercando di ricacciare l’emozione travolgente. La porta si chiuse alle spalle di lui, ma nella stanza rimase il ricordo della sua presenza, del calore, del sorriso che aveva scosso ogni sua certezza. Rimase ferma un momento, respirando a fondo, consapevole che qualcosa dentro di lei era cambiato, e che quel pomeriggio non sarebbe mai più stato lo stesso.
Il bacio inatteso
Clara era appena tornata a sistemare il soggiorno quando un nuovo bussare alla porta la fece trasalire. Il cuore le balzò nel petto. "Chi…?" iniziò a dire, e subito la voce dall’altra parte la fece rabbrividire.
Era Claudio. Stava lì, serio, lo sguardo fisso su di lei. Istintivamente fece un passo indietro, tacitamente invitandolo a entrare.
Lui varcò la soglia con calma, chiudendo la porta alle sue spalle. Si fermò davanti a lei, a pochi passi. Il silenzio tra loro era denso, carico di un’energia palpabile. Claudio le mise le mani sulle spalle, e un brivido di calore le attraversò il petto. Clara sentì il cuore accelerare, le ginocchia leggermente molli, un fremito che percorreva tutto il corpo.
Lentamente, inclinandosi verso di lei, avvicinò il volto. Clara inspirò a fondo, incapace di distogliere lo sguardo dai suoi occhi, e percepì il momento sospeso, come se tutto il mondo fuori fosse scomparso.
Poi le labbra si sfiorarono. Clara sentì un calore esplodere in mezzo al petto, un’ondata che le tolse il respiro. L’istante dopo, la tensione tra loro si fece ancora più intensa.
La lingua di lui si infilò di prepotenza dentro la bocca di Clara, sorprendendola ed elettrizzandola al tempo stesso. Le sue mani le presero la nuca e la tirarono contro di lui e il bacio diventò profondo, pura passione.
Poi sentì le sue mani, le sentì sulla schiena e sulle spalle, e poi le sentì scendere sul culo tastandole le chiappe e cercando di aprirle per poi scivolare davanti, sulla pancia, e sfiorarle il pube.
Clara reagì senza esitazione, persa nell’emozione del momento, lasciandosi trasportare dall’impulso improvviso e travolgente. Ogni secondo sembrava dilatarsi, il tempo fermo mentre la stanza diventava un luogo sospeso tra desiderio e sorpresa.
Quando si staccarono anche solo per un attimo, Clara rimase con il cuore in subbuglio, il respiro accelerato, la mente confusa ma completamente assorbita da lui. Gli occhi di Claudio erano ancora fissi sui suoi, e in quel silenzio carico di emozione, entrambi capirono che niente sarebbe più stato come prima.
La tensione cresce
Clara sentì un fremito percorrerle la schiena quando Claudio prese la sua mano. Non disse nulla: il gesto era deciso, sicuro, e lei lo seguì senza esitazioni, in silenzio, il cuore che le martellava nel petto. Camminarono attraverso la casa, i passi leggeri ma carichi di tensione, fino alla porta di quella che lui credeva essere la camera degli ospiti, non certo la camera che lei condivideva con il marito, risparmiandole, forse, l’umiliazione.
Senza una parola, Claudio aprì la porta e vi entrò, e Clara lo seguì, sentendo un brivido percorrerle le spalle mentre la luce morbida del pomeriggio filtrava attraverso le tende. La porta si chiuse alle loro spalle, e il mondo esterno sembrò sparire di colpo.
Si fermarono nel centro della stanza. Claudio si avvicinò a lei, lentamente, lo sguardo intenso, e le labbra si incontrarono di nuovo in un bacio profondo. Clara sentì il cuore accelerare, il respiro farsi breve, e rispose immediatamente, lasciandosi trasportare dalla forza del momento.
Claudio ricominciò a baciarla con passione e le sue mani ripresero a toccarla e a tastarla e a cercarle le pieghe più nascoste, e quando si staccarono per un attimo, Clara riuscì a respirare a fatica. Claudio restava lì, vicino, lo sguardo fisso su di lei, e lei sentiva una tensione che la attraversava tutta, dal petto alle mani. Ogni movimento di lui era misurato, ma carico di intenzione, e Clara percepiva l’attrazione che li legava senza riuscire a fermarsi.
Lui non perse tempo, le prese le spalline e gliele fece cadere sulle spalle, le abbassò e il vestito di Clara cadde ai suoi piedi lasciandola con le sole mutandine e il reggiseno.
La stanza era silenziosa, ma vibrava di energia. Clara sentiva ogni gesto, ogni respiro di Claudio, e sapeva che non avrebbe potuto resistere a lungo. Il desiderio era palpabile, intenso, sospeso tra esitazione e abbandono. Ogni secondo sembrava dilatarsi, ogni sguardo, ogni tocco, una promessa di ciò che poteva accadere.
Claudio non si fermò, le fece passare le mani dietro la schiena e con sapienza le aprì il gancetto aprendole il reggiseno, e in un istante Clara si trovò con le tette di fuori, esposte, indifese. Ma non si coprì, non ne ebbe nemmeno il tempo, perché le voraci labbra di lui erano già richiuse sui suoi capezzoli, alternando i baci da una all’altra, strappando gemiti e profondi sospiri a Clara che ormai era abbandonata al suo destino.
Quando infine si fermarono, Clara restava avvolta da un calore intenso, il cuore in tumulto, completamente assorbita da lui. La stanza, la luce, i respiri e i silenzi diventavano una tela sospesa, pronta a contenere tutto ciò che il desiderio avrebbe trasformato in azione.
Tensione e passione sospesa
E ovviamente non si fermò a quello, si abbassò davanti a lei e con un gesto né veloce né lento le abbassò gli slip scoprendole il pube rasato di fresco e profumato di donna eccitata. Clara tentò di coprirsi ma lui le tolse le mani tenendole nelle sue e cominciò a baciarle la pelle della pancia e delle cosce, riservando gli ultimi baci proprio lì, dove il profumo era più intenso.
Clara sentiva il cuore martellare, le mani tremare leggermente e il respiro corto, ogni battito amplificato dalla vicinanza di Claudio. La stanza sembrava restringersi intorno a loro, eppure ogni centimetro di spazio era carico di energia e tensione. Ogni gesto di lui, ogni sfioramento, le faceva vibrare la pelle, come se ogni contatto fosse amplificato dall’emozione.
E lui la prese di nuovo per mano, la condusse sul letto e la fece stendere con la schiena, le aprì le cosce e Clara di nuovo si trovò esposta, e vulnerabile.
Lui le sorrise, rassicurante, e sempre guardandola negli occhi si abbassò su di lei, pronto per prepararsi la strada. E quando Clara sentì le sue labbra e ancora di più la lingua di lui che le scavava dentro perse il controllo. Cominciò a gemere e a sospirare, e in pochi istanti, furiosamente, raggiunse l’apice del piacere.
Il primo orgasmo emotivo di Clara si fece strada lentamente, come un’onda che cresce fino a travolgerla completamente. Il respiro si fece affannoso, il cuore accelerò, e un calore profondo le si diffuse nel petto e nello stomaco. Ogni respiro di Claudio, ogni suo sguardo fisso su di lei, amplificava la sensazione di abbandono totale e desiderio.
L’orgasmo arrivò improvviso e travolgente, facendole mancare il fiato. Claudio non smise di leccarla portandola ad un livello di piacere inimmaginabile per lei, e mentre Clara ancora si riprendeva dall’onda iniziale, un secondo climax consecutivo la investì con forza doppia. Il corpo reagì automaticamente, il cuore accelerato, le mani che cercavano un appoggio, il respiro irregolare che tradiva la passione interna. L’intensità del momento era totale, e ogni gesto, ogni respiro, ogni sguardo di Claudio contribuiva a rendere l’esperienza travolgente.
Claudio allora si alzò, estrasse il cazzo già pronto e prendendola per le spalle la fece girare mettendola a quattro zampe, le aprì le cosce allargandole le gambe e sputandosi sulla mano usò la saliva per lubrificarlo, poi a passi lenti si avvicinò a lei e glelo appoggiò sul solco delle chiappe, lo strusciò a lungo e poi, piegando le ginocchia, lo abboccò alla fessura. E bastò dare un colpo di anche per penetrarla.
Giulia gridò più per il piacere che per il dolore.
Claudio, intanto, era immerso nella propria frenesia. Ogni respiro affannoso, ogni battito accelerato, ogni gesto deciso tradiva un desiderio incontrollabile. La sua attenzione era completamente catturata da Clara, dalla sua reazione, dai brividi e dai tremiti che emanava. Il climax interno che provava era profondo e totale, senza bisogno di parole o permessi, un’energia che esplodeva in gesti e sguardi, visibile solo nei dettagli della tensione fisica e nella concentrazione su di lei.
Bastò poco, l’uomo l’afferrò per i fianchi e cominciò a scoparla con forza, sbattendola più che poteva squassandole il corpo e la mente, e gli bastarono due minuti di lavoro intenso per arrivare a conclusione.
E di nuovo Clara sentì il calore dentro, questa volta dato dalla copiosa sborrata che Claudio le aveva iniettato dentro, senza nemmeno chiederle il permesso.
I loro corpi restavano vicini, sospesi in quell’istante di pura passione emotiva. La stanza pulsava di energia e desiderio, ogni movimento era amplificato dalla frenesia reciproca, e il tempo sembrava rallentare per consentire a ogni sensazione di essere percepita e assaporata fino all’ultimo respiro.
Di nuovo Claudio si chinò su di lei e le fece scivolare la lingua dentro, baciandola con passione. E quando finalmente l’onda di emozioni si placò, Clara e Claudio rimasero fermi, respirando profondamente, il cuore ancora in tumulto. Gli sguardi si incrociarono, pieni di intesa e complicità. L’eccitazione, il desiderio e la frenesia di entrambi avevano lasciato un segno indelebile: una consapevolezza intensa che quello che avevano appena vissuto li aveva trasformati, anche solo per pochi minuti, in qualcosa di completamente nuovo, irripetibile.
Dopo l’intensità
Clara rimase distesa sul letto, il corpo ancora tremante, il respiro affannoso, le mani poggiate sulla pancia come se cercassero un appiglio per rimanere ancorate alla realtà. Il suo petto si alzava e si abbassava in un ritmo irregolare, mentre il sudore le imperlava la pelle, ricordandole ogni istante di quello che era appena accaduto.
Un bruciore intenso le percorreva l’addome, un promemoria della passione travolgente e forse un po’ troppo intensa che le aveva sconvolto la vagina, ma non provava rabbia né rimpianto. Aveva lasciato che accadesse, si era abbandonata, e ora si trovava sospesa tra stupore e eccitazione, ancora immersa nella consapevolezza del contatto, del calore, della vicinanza che avevano condiviso.
Claudio si alzò senza una parola. Il suo sguardo non incontrava il suo, ma Clara non poteva distogliere gli occhi: lo osservava mentre si rivestiva, ogni gesto misurato e rapido, e ogni movimento le faceva sentire un nodo nello stomaco. La stanza era silenziosa, eppure sembrava carica di energia, del peso di ciò che era appena successo.
Il suo corpo nudo, i capelli leggermente appiccicati al sudore, il respiro ancora corto: Clara sentiva ogni dettaglio amplificato dalla sua attenzione. Non c’era rabbia, non c’era rimprovero. Solo un senso di vulnerabilità e sorpresa, mescolato a una tensione intensa. Ogni gesto di Claudio, mentre si rivestiva, la faceva fremere ancora, il pensiero di lui pronto a lasciare la stanza che le serrava lo stomaco.
Quando finì di vestirsi e si fermò per un istante davanti alla porta, Clara non riusciva a parlare. Il suo cuore batteva all’impazzata, e lei sentiva un misto di eccitazione, paura e stupore. Lo osservava, immobile, mentre il ragazzo sembrava pronto a lasciare la camera, e con ogni passo verso l’uscita la tensione dentro di lei cresceva, un brivido che partiva dalle spalle e scendeva lungo la schiena.
Il silenzio era rotto solo dal respiro affannoso di entrambi. Clara, nuda e tremante sul letto, restava sospesa in quell’attimo, incapace di distogliere lo sguardo, incapace di fermare il pensiero che lo stava vedendo andare via, consapevole che qualcosa dentro di lei era cambiato per sempre.
Tensione e promessa, o minaccia?
Claudio si chinò su Clara, le labbra sfiorarono le sue in un bacio intenso, lasciando Clara chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dall’emozione. Il cuore le batteva forte, e un brivido le percorse la schiena.
"Quando torna tuo marito?" chiese lui, la voce calma ma carica di intenzione.
"D-domani sera…" rispose prontamente Clara in un sussurro, il respiro ancora irregolare.
Lui sorrise, un sorriso malizioso e sicuro. "Allora stasera posso passare ancora da te…?" disse, lasciando sospeso nell’aria un senso di promessa e possibilità. Clara restò immobile, incapace di rispondere, travolta dal turbinio di emozioni.
Si avvicinò di nuovo, e Clara sentì un brivido correre lungo la schiena. "Stasera… alle nove… passo di nuovo e ti scopo, ok?" le disse, la voce decisa ma calma. Clara si sentì improvvisamente vulnerabile, come se ogni certezza fosse sospesa. Cercò di coprirsi, ma lui le prese delicatamente le mani. "E non fare così…" disse con voce bassa, "lo vogliamo entrambi… non nascondiamoci, ok?"
Le loro labbra si incontrarono ancora una volta, e poi lui si mosse verso la porta. Prima di uscire, si fermò e la guardò intensamente. "Stasera, alle nove… arrivo, ti scopo un'oretta e poi me ne vado, ok?"
Clara lo fissò, tremante, il cuore che le martellava nel petto. "Ok…" rispose a fatica, la voce un filo di sussurro, "a-alle nove…"
“Ciao Clara” la salutò, e poi se ne andò.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle, restò sola nella stanza, il respiro ancora affannoso, le mani che tremavano leggermente, e la mente piena di emozioni contrastanti: sorpresa, desiderio, tensione, e un senso di attesa che le faceva accelerare il cuore.
Clara da sola
Clara rimase sdraiata sul letto, il corpo ancora caldo e tremante, il respiro irregolare che cercava di calmarsi. Le mani poggiate sulle lenzuola, il cuore che continuava a battere a ritmo accelerato. Non riusciva a distogliere il pensiero da Claudio, dal suo sorriso, dal modo deciso con cui le aveva parlato e dalle promesse sospese nell’aria.
Ogni istante di silenzio era carico di tensione. La stanza sembrava pulsare insieme al suo cuore, come se ogni battito amplificasse il ricordo della sua presenza. Clara si sentiva vulnerabile, sospesa tra eccitazione, sorpresa e confusione.
Chiuse gli occhi, cercando di respirare lentamente, ma l’eco di quei momenti le attraversava ancora la mente. Si voltò leggermente sul fianco, abbandonandosi al silenzio e alla consapevolezza della propria vulnerabilità. Ogni respiro era un promemoria della frenesia emotiva che aveva appena vissuto. Non c’era rabbia né senso di colpa, solo la sensazione di essere completamente catturata da un turbinio di emozioni che non sapeva come gestire.
Il tempo passava lentamente, le ore si inseguivano interminabili e il pensiero che Claudio sarebbe tornato quella sera le faceva sentire il corpo e la mente in tensione, come se ogni fibra di sé fosse pronta a reagire all’istante. Rimase così, sospesa tra emozione e attesa, il cuore ancora martellante e il fiato corto, completamente immersa in ciò che aveva appena vissuto e in quello che sarebbe potuto accadere.
E arrivò la sera, come una sentenza. Clara era pronta, pronta per accoglierlo di nuovo in casa e dentro di sé, forse non pronta come voleva ma era… pronta. L’orologio segnava le otto e mezza quando il telefono squillò. Sul display apparve il nome di Andrea. E fu come piombare nella realtà, dura e cruda.
Tremò appena vide il numero, e quando rispose, la voce del marito la riportò immediatamente alla realtà.
Telefono, suspense e tensione
Clara teneva il telefono stretto al volto, il cuore che le martellava nel petto, le mani tremanti. Parlava con Andrea cercando di sembrare calma, ma ogni parola tradiva il tremito, ogni respiro era corto.
"Ciao… come va?" chiese Andrea, la voce calda e familiare.
"B-bene… tutto bene…" balbettò Clara, cercando di mascherare il fiato affannoso. Ogni battito del cuore le ricordava il momento precedente, l’eco della presenza di Claudio nella stanza.
"Sei sola?" domandò Andrea, con tono tranquillo.
"Sì… sola…" rispose lei, cercando di sembrare naturale, mentre il corpo le tremava leggermente.
Un suono improvviso la fece trasalire: il campanello. Clara si alzò e guardò fuori dalla finestra e vide Claudio, arrivato in anticipo. Il cuore le saltò in gola. Istintivamente aprì, il telefono ancora vicino al volto, il microfono premuto contro di sé.
Claudio entrò in silenzio, senza dire una parola. Clara lo osservava di sfuggita, il respiro che diventava più corto, mentre cercava di continuare la conversazione con Andrea parlando del ritorno di lui, la sera del giorno successivo.
"Clara… va tutto bene?" chiese ancora Andrea, quasi divertito nel sentirla così distratta, pensando di averla svegliata.
"S-sì… sto solo… parlando con te," disse, la voce tremante, cercando di mantenere la compostezza. Claudio rimase fermo nella stanza accanto a lei, ogni movimento misurato ma carico di presenza.
Ma poi si avvicinò, e le sue mani ricominciarono ad esplorare il corpo di lei.
Andrea continuava a parlare, ignaro: "Sei sicura che va tutto bene?"
"S-sì… sì… tutto bene…" balbettò Clara. Ogni tocco di Claudio su di sé le faceva battere il cuore più forte, il respiro diventava irregolare e la mente le girava.
Clara parlava e Claudio continuò a toccarla, e poi la spogliò, abbassandole i pantaloncini insieme alle mutandine, sfilandoglieli dai piedi nudi, e subito dopo le tolse la maglia e il reggiseno, lasciandola nuda.
"Stai tranquilla, ok?" chiese Andrea, preoccupato per quella che aveva cominciato a sospettare essere agitazione. Clara annuì, anche se nessuno poteva vederla. "Sì… tranquillo… sto solo… respirando…"
Clara sentiva il microfono vibrare leggermente tra le mani mentre Claudio si muoveva più vicino. La sua presenza era intensa, quasi dominante, e ogni gesto di lui amplificava la tensione e la vulnerabilità di Clara. Sentiva le sue mani dappertutto, sulla pelle e dentro di lei, incapace di reagire.
E allora Claudio non si fermò, la prese per mano e di nuovo la portò nella camera da letto, la fece sedere e poi la costrinse a stendersi. Nonostante cercasse di parlare normalmente con Andrea, il corpo di Clara reagiva in ogni fibra. Tremava, il cuore accelerava, il respiro corto tradiva ogni emozione. L’intreccio tra realtà e desiderio era totale: la voce rassicurante di Andrea al telefono contro la presenza di Claudio nella stanza la lasciava sospesa, incapace di pensare chiaramente.
Claudio le aprì le cosce e ancora una volta cominciò a baciarla e a leccarla, finendo la sua corsa proprio tra le grandi labbra della figa di Clara, che di nuovo dovette trattenere il fiato per non gridare di piacere.
Ogni parola che pronunciava, ogni sguardo scambiato con Claudio, aumentava la frenesia e la tensione interna. Il contrasto tra parlare con Andrea e sentire Claudio vicino la rendeva vulnerabile, confusa e sopraffatta dalle emozioni.
Ma Claudio la costrinse anche ad andare oltre. Si staccò e la fece alzare, la girò mettendola alla pecorina e senza aspettare oltre glielo infilò dentro.
Clara continuava a parlare al telefono, mentre il cuore e la mente erano completamente assorbiti dalla presenza di Claudio dentro di lei, che la scopava con decisione. Tremava, il respiro affannoso, e ogni gesto di Claudio la faceva fremere, intensificando il conflitto tra realtà e desiderio.
Quando la tensione raggiunge il culmine, Clara resta sospesa tra eccitazione, desiderio e senso di colpa, con il corpo e la mente in tumulto. La voce di Andrea al telefono continua a riempirle la testa di un contrasto tra realtà e passione, lasciando Clara completamente sopraffatta, tremante e immersa nelle emozioni.
Clara tenne duro ancora per qualche minuto, cercò di controllarsi ma senza riuscirci, ma finalmente Andrea la salutò e chiuse la comunicazione, e allora Clara esplose, lasciandosi andare ad un orgasmo vulcanico e convulso che galvanizzò ancora di più Claudio che intensificò ancora di più i suoi movimenti.
Quel sesso disperato durò per quasi un’ora, tra pause e riprese. Le sborrò dentro senza riuscire a trattenersi mentre lei era sopra di lui, e lo cavalcava lentamente, e quando la fece smontare se la tirò addosso facendole capire che cosa doveva fare, pulirlo con la lingua. E Clara non si fece pregare, si accomodò con la testa sull’addome tonico di lui e glielo prese in bocca, sferzata dal sapore acre dei suoi umori mescolati allo sperma ancora fresco.
E mentre Clara succhiava e leccava lui la penetrava con le dita, e guardandola dritta negli occhi arrivò con le dita all’ano di lei, vedendola chiudere gli occhi.
Successe tutto improvvisamente, lui le entrò nell’ano con un dito e lo fece. Se la tirò sopra, facendola mettere a cavalcioni, usò i fluidi viscosi che le uscivano dalla figa per lubrificarle l’ano e poi passandoseli anche sulla cappella e poi glielo puntò al buco del culo. Clara non riuscì a dire un “a” che già le stava entrando dentro.
Gridò di dolore mentre lui la inculava, entrandole dentro millimetro dopo millimetro e dilatandola in modo innaturale. Sentì dolore, forte, ma strinse i denti e non mostrò cedimenti e quando lui si fermò riaprì gli occhi e riuscì anche a piegare le labbra come se fosse un sorriso. Erano anni che non lo faceva più, e il dolore era intenso.
Claudio non infierì e si mosse lentamente, aiutandola a fare su e giù con il sedere per tenere il ritmo, e quasi volesse abbreviarle il dolore le sborrò dentro velocemente, grugnendo e ringhiando per il piacere intenso di sentirselo stretto da quei muscoli praticamente vergini.
Dopo, quando tutto è finito
Clara rimase sdraiata sul letto, il corpo ancora tremante, il cuore che batteva all’impazzata. Il dolore al culo era forte, pulsante, ma lo tenne sotto controllo. Ogni respiro era affannoso, il petto che si sollevava e abbassava velocemente, le mani poggiate sulle lenzuola come se cercassero un appiglio.
Claudio si era già rivestito senza una parola, lasciandola sola, nuda e vulnerabile. Clara sentì un brivido correre lungo la schiena. Non c’era rabbia, non c’era rancore nel vederlo andare via, ancora una volta, dopo averla usata: solo un senso travolgente di shock, confusione e turbamento. Ogni fibra del suo corpo percepiva ancora la presenza di lui, come un’eco che rimbalzava nella stanza silenziosa.
Si sentiva usata e sopraffatta, ma allo stesso tempo intrappolata in un vortice di emozioni contrastanti. Il pensiero di ciò che era appena successo la faceva tremare, il battito del cuore accelerato, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo dal punto in cui Claudio aveva lasciato la stanza per andarsene, come se fosse a casa sua.
Rimase lì, immobile, con il silenzio della stanza che sembrava amplificare ogni ricordo di lui, ogni sguardo, ogni gesto. Il cuore continuava a martellare, e il respiro affannoso le ricordava quanto fosse stata sopraffatta, quanto fosse vulnerabile, quanto la presenza di Claudio dentro di lei avesse lasciato un segno indelebile.
Per un lungo istante, Clara rimase sospesa tra emozione e consapevolezza, il corpo ancora acceso e dolorante, la mente che faticava a tornare alla realtà, mentre il mondo intorno a lei sembrava essersi fermato.
Reazione psicologica di Clara
Il silenzio della stanza era opprimente, eppure carico della presenza di Claudio, anche se ormai era uscito. Le parole che lui aveva pronunciato rimbalzavano nella sua mente, insistenti e inesorabili.
“Domani mattina, alle nove, torno. Torno e ti scopo, e ti sborro dentro. Preparati bene, lo facciamo ancora nel culo. Poi me ne vado.”
Ogni frase, ogni tono, ogni promessa lasciava un’eco che le faceva accelerare il cuore e paralizzava allo stesso tempo la sua volontà. Lui la usava, la abusava, la umiliava. E lei cedeva, e si concedeva.
Il pensiero di Claudio che sarebbe tornato il giorno successivo la fece sussultare. Una parte di lei voleva dimenticare, ricacciare indietro tutto, cercare di ritrovare il controllo e la razionalità. Ma un’altra parte, più nascosta, sentiva un brivido lungo la schiena al pensiero del suo ritorno, un’anticipazione che la lasciava paralizzata e nello stesso tempo desiderosa. Ogni fibra del suo corpo sembrava ancora all’erta, pronta a reagire a ogni gesto, a ogni parola, a ogni sguardo futuro.
Clara si sollevò leggermente, le mani tra i capelli, cercando di organizzare i pensieri. Si sentiva come se fosse sospesa tra due mondi: quello reale, con Andrea, con la vita di sempre, e quello segreto, fatto di desiderio, pericolo e frenesia. La confusione era totale. Sapeva di aver lasciato che accadesse qualcosa che non avrebbe mai potuto confessare, eppure il senso di eccitazione e vulnerabilità era così intenso da farle dimenticare momentaneamente la prudenza e la razionalità.
Si rannicchiò sul letto, abbracciando se stessa, cercando un contatto con il proprio corpo per ritrovare un briciolo di sicurezza. Il respiro si calmava a tratti, ma ogni pensiero su Claudio riportava la mente a correre, il cuore a battere forte, le mani a tremare. Sentiva il peso della colpa e della vergogna, ma anche la consapevolezza di un’emozione intensa che non riusciva a negare.
Dopo Claudio: sospensione, tensione e attesa
Le parole di Claudio continuavano a girarle nella testa. "Torno domani mattina… e lo facciamo ancora nel culo… preparati bene." Ogni frase era un nodo nella sua gola, un brivido che le percorreva la schiena e le faceva tremare le mani. Il senso di vulnerabilità si mescolava all’eccitazione, e Clara sentiva il corpo ancora scosso da una frenesia difficile da controllare.
Si accovacciò sul letto, le mani strette tra i capelli, cercando di calmare il respiro, ma ogni pensiero su Claudio la faceva rabbrividire e il cuore battere più forte. Il senso di colpa si mescolava all’anticipazione: da un lato la realtà con Andrea, dall’altro il ricordo della presenza e della tensione di Claudio.
E di nuovo sentì quel calore nella pancia, nell’utero. Le mani scivolarono giù, in un gesto automatico e istintivo, e le dita si richiusero sul suo sesso ancora gonfio e pulsante. Le dita si mossero velocemente disegnando dei piccoli cerchi attorno al centro di piacere, e l’ondata calda la travolse scatenando un inferno di sensazioni e di brividi. E l’orgasmo arrivò, frenetico e inarrestabile, e dopo ne arrivò un altro che le fece mancare il fiato nei polmoni, lasciandola ansimante.
Dopo Claudio: turbamento e pensieri su Andrea
Ogni fibra del suo corpo ricordava la presenza di Claudio, il calore, il respiro vicino, la frenesia e il controllo, ma la mente si spostò subito su Andrea. Su suo marito, sulla vita che avevano costruito insieme, sulla fiducia e sull’amore che lui le aveva sempre dimostrato. Un dolore sottile le serpeggiava dentro: stava tradendo qualcuno che amava, qualcuno che non le aveva mai fatto mancare nulla, qualcuno che l’aveva amata incondizionatamente. Il pensiero la colpì come un lampo, e per un attimo il cuore le si serrò.
Eppure, non riusciva a sentirsi veramente colpevole. Il senso di colpa sembrava destinato ad arrivare più tardi, quando la frenesia e i brividi, l’eccitazione che ancora le percorrevano ogni nervo, si fossero raffreddati. In quel momento, mentre il corpo era ancora acceso e la mente percorsa dal ricordo di Claudio, Clara decise di sospendere ogni giudizio su se stessa. Sapeva che Andrea avrebbe dovuto attendere, che la realtà del suo matrimonio sarebbe riemersa, ma non ora. Non adesso, non con il corpo e la mente ancora immersi nel vortice di ciò che era successo.
Clara chiuse gli occhi, cercando di calmare il respiro, ma era impossibile. Ogni memoria, ogni battito, ogni fremito faceva saltare alla mente il pensiero di Claudio accanto a lei, e ogni immaginazione la riportava lontano dalla razionalità. Lontano dal marito. La consapevolezza che lo stava ferendo, che lo avrebbe ferito, era presente, ma distante: qualcosa di troppo intenso, troppo vicino, troppo fisico, la impediva di cedere al senso di colpa.
Dopo Claudio, sonno e attesa
Clara si trascinò in bagno, il corpo ancora scosso e il cuore che martellava. L’acqua calda scivolava sulla pelle, il vapore avvolgeva ogni angolo del corpo, e il rumore del getto sul piatto doccia sembrava assorbire ogni pensiero. Si concentrava sul calore dell’acqua, sulla sensazione di pulizia, cercando di liberarsi dei ricordi e dei fluidi di Claudio, ogni goccia portando via un frammento della frenesia che ancora la attraversava.
Usò le dita per pulirsi dentro, facendo uscire più fluido di lui che riusciva, lavandosi con il detergente intimo e il doccino, nel vano tentativo di togliere quelle tracce viscose.
Uscita dalla doccia, Clara si asciugò lentamente, il respiro ancora irregolare, le mani tremanti. Provò a calmarsi, provò a chiudere gli occhi e abbandonarsi alla stanchezza ma il sonno non arrivava. Prese un sonnifero, sperando di trovare sollievo, ma il corpo e la mente restavano troppo attivi, troppo percorsi dai brividi e dai ricordi.
Dopo un po’, prese un secondo sonnifero. Questa volta il corpo cedette, di schianto. Si lasciò andare sul letto, il respiro lento e regolare, e il sonno la avvolse come una coperta pesante, finalmente ristoratore.
Risveglio e preparazione
Quando aprì gli occhi, la luce del mattino filtrava dalla finestra: erano le otto. Il cuore accelerò immediatamente: mancava poco al ritorno di Claudio. Clara si alzò, il corpo ancora leggermente indolenzito e tremante, e si diresse verso il bagno per prepararsi.
Ogni gesto era misurato, consapevole. Si truccò lentamente, curando ogni dettaglio del volto, mentre la mente correva tra eccitazione, ansia e anticipazione. Scegliere l’intimo speciale fu un piccolo rito, una combinazione di tensione e brivido che la faceva sentire viva e nervosa allo stesso tempo.
Scelse un perizoma rosso scuro, trasparente. E un reggiseno della stessa linea, con le coppe trasparenti e in pizzo traforato che lasciava vedere il capezzolo.
Seduta davanti allo specchio, Clara controllava ogni dettaglio, ogni filo di capelli, ogni curva del corpo, respirando a fondo, il cuore che batteva sempre più forte. La stanza sembrava restringersi intorno a lei, ogni suono amplificato, ogni respiro accentuato dalla consapevolezza che il momento stava per arrivare.
Arrivo di Claudio
Il suono del campanello la fece sobbalzare. Il cuore balzò in gola, il respiro si fece corto. Aperta la porta, lo vide: il volto familiare eppure carico di tensione, la presenza intensa che la faceva tremare dall’interno.
Ogni secondo sembrava dilatarsi. Claudio entrò, gli occhi fissi su di lei, e la tensione nella stanza aumentò. Clara sentì l’adrenalina percorrerle le vene, la mente in subbuglio, il corpo tutto vigile e pronto.
Claudio entrò da dominatore, la prese tra le braccia e le labbra si incollarono, e di nuovo la lingua di lui scivolò dentro nella bocca di Clara cercandole la lingua e la saliva.
Clara si irrigidì quando sentì le sue mani scivolarle dentro gli slip e inarcò la schiena quando le dita di lui le entrarono nella figa, muovendosi per darle piacere.
La suspense e l’eccitazione la travolgevano completamente. Ogni battito, ogni respiro, ogni movimento era carico di attesa. La stanza diventava un campo di tensione, e Clara era completamente immersa nel vortice di emozioni contrastanti: eccitazione, paura, anticipazione e turbamento.
Claudio si staccò e di nuovo la prese per mano, e la riportò in camera. Lì lo tirò fuori e glielo presentò davanti, e mettendole una mano sulla testa la fece andare giù, ai suoi piedi, le appoggiò il cazzo sulle labbra e spingendolo glielo cacciò in bocca più che riusciva, facendole lacrimare gli occhi. E Clara cominciò a succhiare, e leccare, e pompare, gli tastava le palle e lo leccava dalla base alla punta per poi risucchiarlo dentro e fare avanti e indietro con le labbra sul fusto.
Senza dirle nulla le sborrò in bocca, dritto giù in gola. Clara sentì lo schizzo e sobbalzò pronta per toglierselo, in un gesto istintivo, ma lui la bloccò e le scaricò in gola tutto quello che aveva nelle palle, lasciando che Clara se lo sfilasse solo quando lui ebbe finito, vedendola tossire e sputare saliva mista a sperma.
Ma non le diede il tempo di protestare. La prese e la gettò sul letto, facendola atterrare di schiena, le sfilò gli inutili orpelli che aveva indossato lasciandola nuda e ancora una volta si tuffò tra le cosce di lei leccandola furiosamente.
Clara esplose in un orgasmo praticamente istantaneo, la vagina si contrasse e lasciò uscire fiumi di umori che le colarono lungo il solco delle chiappe. E allora Claudio ne approfittò, le andò sopra e la infilzò nella figa al primo colpo facendola gemere di piacere, e cominciò a scoparla con forza, spingendola così forte da far tremare il letto.
Clara venne due volte di fila, ormai gli orgasmi erano continui e incontrollabili, ma quello non era il gran finale…
Claudio glielo tolse dalla figa ormai slabbrata e la fece girare, a malo modo, piazzandola ancora alla pecorina. Clara obbedì, passivamente, già sapendo qual era il suo destino. E quando sentì che glielo infilava di nuovo nel culo cacciò un grido di dolore, secco e terribile, che tuttavia non scalfì Claudio e il suo intento. Continuò a penetrarla nel culo ignorando i gemiti di dolore e le richieste di fermarsi, anche solo per un istante, e spinse e le invase in retto fino a restare fuori con solo le palle.
Clara serrò i denti e strizzò gli occhi, sentiva le sue pompate e le penetrazioni che diventavano via via sempre più profonde e decise, e quando - dio volle - anche lui raggiunse l’orgasmo lo sentì grugnire e gridare “SI! VENGO! TI SBORRO NEL CULO!” e finalmente tutto finì, glielo lasciò dentro ancora per qualche istante e poi lo tolse, permettendole di ritirarsi sul letto in posizione fetale, con una mano a tamponarsi il culo che pareva in fiammo e a recuperare il fiato.
Lui non si scompose, la guardò quasi sprezzante e con quel misto di… pietà che la fece stare male, poi, senza un minimo gesto d’affetto, una carezza o un semplice “Come va?” ricominciò a vestirsi, senza fretta.
E senza un saluto, senza un “Ci vediamo”, o un “E’ stato bellissimo” se ne andò lasciandola sola. Uscendo dalla sua casa come se fosse ancora lui il padrone.
Panico e disperazione
Clara rimase immobile per un istante, il cuore che martellava furiosamente nel petto, mentre la consapevolezza le colpiva la mente come un pugno. Claudio non sarebbe tornato. Non aveva detto nulla di “stasera”, non aveva lasciato alcuna promessa di ritorno prima che Andrea tornasse. Il vuoto nella sua mente si allargò improvviso e glaciale. Ogni pezzo del suo comportamento, ogni scelta, ogni momento della notte precedente le esplodeva davanti agli occhi con una chiarezza dolorosa.
Il panico la travolse. La sensazione di essere intrappolata, di aver oltrepassato un limite irreversibile, le serrava lo stomaco. La sensazione di aver… saltato il fosso, e dall’altra parte non c’era nulla, non le era rimasto nulla se non il dolore e lo schifo. Ogni respiro era corto, ogni battito del cuore sembrava martellarle le tempie.
Clara scivolò verso il bagno come se cercasse un rifugio fisico da cui potersi liberare. L’acqua calda scivolava sul corpo, ma non riusciva a lavare via il peso di ciò che aveva fatto, la memoria dei gesti, dei brividi, della frenesia. Le lacrime mescolate al vapore scendevano sul viso, e un singhiozzo le scoppiava in gola, improvviso e incontrollabile.
Si accasciò sul pavimento del bagno, il corpo tremante e bagnato, lasciando scorrere le lacrime, cercando un sollievo che non arrivava. Ogni goccia d’acqua sembrava solo amplificare la consapevolezza di ciò che aveva fatto. La disperazione la sommerse, un peso opprimente che le stritolava il petto. Cercò di calmarsi, di respirare lentamente, di trovare un minimo di controllo, ma nulla funzionava.
Il panico cresceva, serpente instancabile dentro di lei, e la mente correva senza sosta tra il rimorso e la paura di essere scoperta. Alla fine, si alzò a tentoni, le gambe tremanti, i piedi nudi sul pavimento freddo. Si trascinò in soggiorno, dove i pensieri si fecero ancora più confusi e la mente gridava disperazione, quasi volesse cercare un appiglio che la riportasse alla normalità.
E gli occhi caddero su una bottiglia di cognac ancora nuova, abbandonata su uno scaffale. Senza pensare troppo, la afferrò e ne stappò il tappo. Il primo sorso fu un bruciore che le incendiò la gola e le scosse lo stomaco, ma le muscolature tese cominciarono a rilassarsi appena un poco, come se una parte di lei potesse finalmente respirare. Bevve ancora, lentamente, cercando di ritrovare un minimo di controllo, di anestetizzare la mente che continuava a tormentarla. L’alcool scendeva in profondità, e un sottile calore iniziava a diffondersi nel corpo, ma non cancellava la colpa, non attenuava il panico.
Quando sentì che stava finalmente respirando un po’ più regolarmente, si fermò. La bottiglia ormai vuota a metà le restava accanto, ma Clara sapeva che non avrebbe trovato pace lì. Si trascinò verso la camera da letto, il corpo pesante, le gambe ancora tremanti. Si sdraiò sul letto, cercando di chiudere gli occhi, di distendersi e trovare sollievo. Ma tutto girava: il pavimento sembrava inclinato, il cuore continuava a martellare, e le mani le tremavano. La mente, pur stanca, non riusciva a fermarsi. Ogni immagine, ogni pensiero, ogni memoria della notte precedente continuava a tormentarla.
Il sonno sembrava impossibile e il tempo passava lentamente, il silenzio era assordante, e ogni ora trascorsa sola le ricordava quanto fosse vulnerabile, quanto avesse perso il controllo e quanto la sua mente fosse ormai intrappolata tra panico e disperazione.
La notte e il giorno si mescolavano nella sua mente in preda ai fumi dell’alcool che le bruciava lo stomaco, e il peso di ciò che aveva fatto sembrava schiacciarla completamente. Nessuna doccia, nessun respiro lento, nessun sorso d’alcool riusciva a liberarla. Restava solo la consapevolezza della sua colpa e della fragilità della propria anima, sospesa tra il panico e il rimorso, incapace di trovare tregua.
L’angoscia di Clara
La testa le girava, le mani tremavano, la gola era secca, e il cuore sembrava pronto a esplodere. Sentiva quasi la nausea dell’anima, quella consapevolezza acuta di aver superato un confine, di essersi smarrita, di essere completamente fuori controllo.
Cercava di parlare a se stessa, di trovare un appiglio, “Va tutto bene, respira, cerca di calmarti…”, ma le parole non avevano forza. Non riuscivano a placare il turbine di pensieri, di sensazioni, di colpe che continuavano a martellarla.
Con un gesto quasi automatico, quasi ubriaca dalla stanchezza e dall’ansia, si sedette sul letto e aprì il cassetto del comodino. Gli occhi sfiorarono i sonniferi rimasti, e con mani tremanti ne prese “qualcuno”. Li mise sulla lingua, li inghiottì con un mezzo bicchiere d’acqua, e sentì un leggero sollievo, come se una piccola tregua fosse possibile. Ma il sollievo era fragile, temporaneo. L’angoscia continuava a pulsare, lenta ma costante, come un’ombra che non la lasciava mai.
Si sdraiò di nuovo, la testa sul cuscino, cercando di chiudere gli occhi. Cercava di convincersi che le sarebbe bastato dormire per tornare quella di prima.
“Dormo, recupero, e stasera, quando Andrea torna, sarò come nuova!”, ma ogni parola si frantumava subito nella mente, sostituita da un pensiero più oscuro, più insistente, più doloroso. La realtà del suo comportamento, il senso di colpa, la paura di non essere più la stessa, continuavano a tormentarla.
Chiuse gli occhi e immaginò Andrea che sarebbe tornato. La sua voce, il suo sguardo tranquillo, il modo in cui la amava senza condizioni… eppure, quella immagine non riusciva a cancellare ciò che aveva fatto. E il pensiero di dover affrontare la realtà con Andrea la faceva stringere i denti.
Il letto le sembrava troppo grande, vuoto e freddo, mentre il cuore continuava a battere come un tamburo impazzito. Si sentiva piccola, fragile, persa. Cercava di respirare lentamente, di trovare un ritmo, ma ogni respiro riportava il ricordo di ciò che aveva fatto, della sua frenesia, della sua incapacità di fermarsi. Era sola con i propri sensi e con la propria mente, e la solitudine la inghiottiva come un abisso.
“Dormi… dormi… e stasera sarà diverso…” continuava a ripetere come un mantra, cercando di forzare il corpo e la mente a cedere. Ma il sonno non arrivava subito. Ogni ticchettio dell’orologio, ogni respiro del vento fuori dalla finestra, ogni piccolo rumore del palazzo sembrava amplificare l’angoscia. La mente correva, tornava indietro, avanti, oscillava tra rimorso e paura, tra desiderio di dimenticare e coscienza del danno fatto.
“Adesso… dormo… e stasera… tutto sarà come prima…” mormorava, “lui non mi vedrà diversa, forse solo un po’ stanca, ma non… non sospetterà… no, non sospettera!”
Ma la voce interna le rispondeva con il sordo rumore dell’angoscia: nulla sarebbe come prima. Il senso di colpa era lì, invisibile ma potente, e la paura del giudizio, di se stessa e di Andrea, continuava a stringerla.
Alla fine, tra sonno frammentato e respiro affannoso, Clara sentì i farmaci fare effetto. Il corpo si rilassò improvvisamente, forse troppo, i battiti rallentarono, forse troppo, e la mente cominciò a cedere alla stanchezza vagando leggera, persa tra i fumi dell’alcool e quel sonno chimico indotto.
Il pensiero fisso, l'ultimo ad abbandonarla, era sempre lo stesso: dormire, sopravvivere, ritrovare un po’ di forza, prepararsi a vivere con il rimorso e la paura, cercando di ricomporre la propria vita prima che Andrea tornasse.
Provò a restare ancora un po’ sveglia ma ormai le palpebre non rispondevano più ai suoi comandi. Ma anche mentre chiudeva gli occhi, il cuore non smetteva di battere, e la mente continuava a ricordarle, in ogni ombra, in ogni respiro, in ogni brivido residuo: nulla sarebbe più stato semplice.
Il ritorno di Andrea
Andrea entrò in casa alle sette, e subito percepì qualcosa di strano. Tutto era buio. La luce filtrava fioca dalle finestre non schermate dalle tende, ancora legate, la tv era spenta, nessun odore di cucina l'aveva accolto. Un silenzio pesante aleggiava in ogni stanza. Aveva chiamato Clara mezz’ora prima senza ricevere risposta, e un piccolo nodo di preoccupazione gli serpeggiava nello stomaco.
Percorse il corridoio a passo veloce e raggiunse la camera da letto. La porta era socchiusa, e un raggio di luce proveniente dall’esterno illuminava il letto. La trovò rannicchiata, con il cuscino stretto al petto, in posizione fetale. Un sorriso gli attraversò il volto: pensò che fosse crollata dal sonno, stanca e fragile per la sua assenza. E avvertì una stretta al cuore, una dolcezza improvvisa. E sorrise, pronto per svegliarla, e ricevere il suo abbraccio.
Avvicinandosi, allungò la mano per accarezzarle la guancia. Ma l’istante dopo, il sorriso gli morì sulle labbra: la pelle di Clara era gelida.
Il cuore gli si fermò per un attimo, mentre la consapevolezza lo travolgeva. Clara non respirava. Tutta la vitalità, la luce, l’amore che aveva conosciuto in lei, erano svaniti. Andrea si inginocchiò accanto a lei, tremante, incredulo, il mondo che sembrava collassare intorno a lui.
Provò a scuoterla ma quando le scostò la ciocca di capelli che le copriva il viso vide i suoi occhi ormai vitrei, che fissavano un punto che stava oltre la comprensione dei vivi. La bocca socchiusa, con un grumo di saliva mista a sangue che le incrostava il mento.
IAndrea stringeva le mani tra i capelli, incapace di credere, incapace di muoversi, incapace di fermare il dolore che lo travolgeva. E rimase lì, accanto al corpo immobile di Clara, consapevole che nulla avrebbe mai potuto restituirle la vita. Il suo amore, la loro quotidianità, tutto era svanito in un istante, lasciando solo un nero totale, un vuoto impossibile da colmare.
La donna che aveva amato incondizionatamente era scomparsa per sempre, sprofondata nel nero in cui era precipitata, e Andrea rimase solo, con il cuore spezzato e la disperazione assoluta.
Epilogo…
Clara aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita come una candela consumata dall’interno, una luce fioca e tremolante che non riusciva più a riscaldare se stessa né chi le stava vicino. Ogni giorno era stata una piccola rinuncia, una soppressione dei desideri, dei brividi, delle emozioni, fino a sentirsi quasi un’ombra di quello che era stata.
E poi, nelle ultime ore, tutto quel torpore si era trasformato in un incendio improvviso. Una vampa intensa, travolgente, che l’aveva attraversata dall’anima ai nervi, facendole sentire ogni battito, ogni respiro, ogni vibrazione del corpo e della mente. Era stata viva in modo totale, per la prima volta da anni, ma quell’intensità l’aveva consumata, bruciata completamente. Non c’era stata colpa, non c’era rimorso: solo la pienezza, feroce e dolorosa, di un’emozione che non le aveva lasciato scampo.
Era finita, sì. Ma in quella fine c’era anche la bellezza feroce di una donna che aveva saputo, per un breve lampo, accendere tutta se stessa e consumarsi fino in fondo. Forse in modo del tutto inconsapevole, perché era un'anima buona...
E forse resterà anche nella memoria di chi, qualche ora dopo, ricevette la notizia che gli sconvolse la vita. Sapendo che il ricordo di quella donna, da lui usata, abusata, e sfruttata in un momento di debolezza, lo avrebbe tormentato per il resto dei suoi giorni.
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