Ricordi a luci rosse 1.2

Il cugino 2
Chiara era alle medie e Davide andava a prenderla all'uscita da scuola in accordo coi suoi genitori. Lui non aveva un lavoro stabile e si era offerto come il buon samaritano che aiutava sia loro che la nonna, in cambio di qualche soldo. L'accordo era portare a casa la cugina e poi seguirla coi compiti, almeno due volte la settimana.
Quello che succedeva realmente era che lui la andava a prendere, ma appena lei saliva in macchina, lui tirava fuori il cazzo e lei prontamente lo prendeva in mano e, non appena lontani dal caos, se lo infilava in bocca. Davide parcheggiava in fondo alla via, dietro al frutteto e si godeva il pompino della cuginetta tenendole la testa. Quando stava per venire la fermava e muoveva lui il bacino affondando il cazzo nella bocca, la sua grossa cappella le arrivava in gola e, a volte, le sollecitava dei conati di vomito ma, il continuo movimento, li bloccava sul nascere.
Sborrava sulla lingua, in gola e lei mandava giù, cercando di tornare a respirare normalmente.
«Sei la mia troietta, la fidanzata perfetta. Mi piace scoparti la bocca... È un po' come metterlo nella fichetta.»
Così le diceva e Chiara, troppo innamorata e inesperta, prendeva quelle parole rudi come confidenze romantiche, le parevano parole al miele.
Poi andavano in casa, pranzavano e, il pomeriggio, in salotto, faceva i compiti. Lui non era una cima, controllava che scrivesse corretto, nulla di più. La nonna, ignara, era sulla poltrona in cucina, con il televisore acceso su qualche telenovela. Dopo i compiti, Davide andava alla porta e le diceva che Chiara doveva studiare, leggere e ripetere a voce alta, questa era la scusa per chiudere le porte, così che non avesse distrazioni. Chiudeva la porta della cucina ma non quella del salotto, per sentire meglio ogni rumore. Metteva una sedia dietro quella e vi si sedeva sopra, sbottonava i pantaloni e tirava fuori il cazzo. Si segava sotto gli occhi della cugina in attesa di farle bere il suo seme.
Con il passare dei mesi le cose si evolsero, ogni volta facevano un passetto in più. In primavera, la ragazza, per potersi avvicinare a lui, doveva denudarsi della parte sotto dei vestiti e rimanere mezza nuda, sedersi in braccio a lui con la fica liscia sopra il cazzo duro e muoversi come se lo stessero facendo. Lei pensava fosse l'iter per arrivare al sesso completo, al momento in cui sarebbe stata pronta per prenderlo dentro di sé. In quei mesi le insegnò anche a baciare e a limonare. Così passavano il tempo a strusciare le loro parti intime mentre pomiciavano. Per lei era bellissimo perché era quello che sentiva fare dalle amiche coi ragazzi che frequentavano, ragazzi delle medie, ovviamente. Lei le faceva con suo cugino e questo le rendeva segrete. Ancora di più a pensare che lui aveva dieci anni più: le amiche non avrebbero capito, Davide glielo aveva spiegato bene e le era ben chiaro che la loro situazione era diversa e sbagliata agli occhi di tutti. Per questo non poteva confidarsi con nessuno.
Era eccitante quello sfregamento, si sentiva stimolata in un punto che... Nessuno mai le aveva parlato di masturbazione e non credeva potesse sentire certe cose con il suo corpo, senza che lui le entrasse dentro. Non sapeva fosse giusto o meno e nell'incertezza non sbandierava il suo piacere. Non poteva controllare il respiro, ma soffocava tutto il resto. Alla fine lui aveva il pisello tutto bagnato e appiccicoso e anche lei era bagnata là in mezzo, ma non capiva che era lei a produrre quel liquido. E lui nemmeno si premurò di dirglielo. Smettevano di muoverci quando sentivano la sigla della telenovela della nonna, dopo poco ne sarebbe cominciata un'altra che però durava poco e dato che lui doveva venire non potevano continuare. Davide le lasciava il posto sulla sedia dietro la porta, Chiara si sedeva con il sedere sul bordo e raccoglieva le gambe, lui si metteva davanti e si faceva una sega, poggiando la cappella sulle labbra bagnate del suo sesso e fissava lo sguardo lì, ogni tanto lo gettava sul suo viso e le diceva che era la sua piccolina, la sua magnifica troietta, che lo faceva impazzire (anche se lei capiva che era pazzo di lei) poi diceva il suo nome, staccava il cazzo e si infilava tra le sue gambe, in cerca della sua bocca e sborrava.
Un pomeriggio, Chiara vide uscire suo cugino dalla casa della vicina, la figlia del vecchio, quella che aveva due figlie. A lasciarla di stucco fu il modo in cui si salutarono sulla porta. Lei gli mise una mano tra i capelli e lo spettinò come un gesto amorevole.
Bea era grande, almeno dal suo punto di vista. Era a metà tra Davide e i suoi genitori quasi quarantenni. Aveva una figlia di otto anni e una di quattro. Era sola ma non vedova, il marito era in carcere, per cosa non lo sapeva. Ma già che fosse in carcere per lei era gravissimo. E se lui era in quel posto non poteva essere una brava persona e così non lo era nemmeno la moglie.
Era sul balcone di nonna, quando li vide e si ritrasse per non farsi scorgere, quando Davide scese la scala furtivo. Lo vide avvicinarsi alla strada che portava fuori al cortile per poi tornare sui suoi passi e riemergere come fosse appena tornato.
Andò dritto nel bagno esterno e lei scese di corsa per raggiungerlo. Era tutto il pomeriggio che lo aspettava per avere il loro momento da fidanzatini. Appena entrò lui si voltò, era mezzo nudo davanti alla tazza e stava pisciando.
«Ehi, mi hai spaventato» disse ridendo.
Lei rimase seria e lui lo notò.
«Lo so, amore, mi stavi aspettando... Ma non è giornata. Sono stanco morto. Stamattina ho lavorato e dopo pranzo ho dovuto accontentare Roberta. Sai che devo farlo, finché non posso farlo con te... Devo usare lei.»
«Ma sapevi che sarei venuta, potevi aspettarmi» Nella sua ingenuità, Chiara, aveva inteso che la cugina lo accontentasse per dovere, non per piacere, quindi era certa lui avrebbe potuto aspettare lei per limitare il dolore che provava se non svuotava i testicoli.
Non aveva preso in considerazione che Roberta potesse goderne o, addirittura, volerlo, ma lo capii dal suo sguardo e percependo totalmente le sue parole: aveva dovuto accontentare sua sorella, non il suo bisogno.
Davide si asciugò il cazzo e lei vide che era arrossato come dopo le loro sessioni pomeridiane. E moscio. Da che avevano iniziato non lo aveva più visto moscio. Quando glielo presentava era sempre in tiro, pronto all'uso: glielo aveva ripetuto all'infinito che bastava vederla perché gli venisse duro. Ora lei era lì, lui era mezzo nudo, i suoi occhi incollati al cazzo e quello era molle? Com'era possibile?
E poi perché era arrossato? Quando aveva scopato con Roberta?
«Te lo ha succhiato?» chiese con una punta della gelosia nella voce. Di nuovo la sua ingenuità le aveva impedito di vedere oltre.
Aveva sempre inteso che fosse l'unica a prenderlo in bocca, che fosse una cosa solo loro, come lo strusciamento sulla sedia. Che fosse una distinzione netta e chiara a tutti. Aveva dato per scontato che Roberta sapesse quale fosse il suo ruolo: era la fica che lui scopava in attesa che lei fosse abbastanza grande fisicamente per essere scopata.
«Certo» la semplicità della sua risposta la ferì. Voleva andarsene ma temeva lui si arrabbiasse e rimase, ma era visibilmente turbata.
«Me lo deve succhiare per farmelo diventare duro, altrimenti come la scopo con questo?» mosse la mano sul pene floscio e lei si senti stupida. Ma poi, quella sua condizione inusuale, le fece chiedere come mai non lo avesse duro, come glielo faceva diventare di solito.
«Se fai piano, puoi provare a farmelo diventare duro. Ma non so se riesco a venire, prima che arrivi zia a prenderti» indicò l'orologio alla parete e la ragazza vide che mancava mezz'ora. Si morse le labbra delusa per il tempo perso, ma poi si ricordò che altre volte erano riusciti a fare tutto in meno di venti minuti: lo aveva segato, succhiato e lui le aveva scopato la bocca per poi sborrare non appena sentiva il motore della macchina della madre che arrivava. Ricordò che una volta le aveva tenuto il cazzo in bocca anche mentre quella parcheggiava e le aveva detto «Oh sì, tua mamma e venuta a prenderti! Lei ti crede innocente: sei la sua bambina ma sei anche la mia troietta! Bevi tutto puttanella mangia sborra e poi bacia tua mamma con queste labbra da bimba troia!» era venuto tanto, più del solito e le aveva tenuto il cazzo in bocca anche mentre mamma aveva sbattuto la portiera per salire da nonna. Lo aveva ancora durissimo e aveva ripreso scoparle la bocca. Quando la mamma aveva urlato il suo nome dal balcone, un altro gocciolone di sborra era caduto sulla sua lingua accompagnato da una bestemmia sussurrata.
Poi l'aveva liberata e la aveva baciata sulla bocca «vai, amore, mamma ti chiama.»
Quella volta aveva fatto tutto quello e ora faceva storie per trenta minuti?
Svelta, chiuse l'asse del water e si sedette, prese il pisello in mano ma lui la allontanò e disse «solo la bocca, usa solo quella».
La ragazzina imboccò la cappella e sentì subito un sapore diverso, diverso anche dal sudore, quello era più... acido, più... Ma bastò poco e quel sapore svanì e il cazzo prese vigore nella sua bocca.
«Cr**to ho sborrato quattro volte questo pomeriggio ma nulla... La tua bocca è sempre la migliore. Uhm.... Oh, sì... Succhia, mmmm... Sei la mia troia preferita, sempre... Sei la mia ragazza, vero?» sfilò il cazzo dalla bocca e si chinò per baciarla. Di nuovo, sulla sua lingua, sentii quel sapore acido di prima... Ma le piaceva troppo quel modo intimo e peccaminoso di baciarla che lasciò perdere. Limonarono a lungo fino a che sentirono la macchina di mamma entrare nel cortile, subito lui si rizzò in piedi e le spinse il cazzo in bocca, le tenne la testa e affondò nella sua bocca. Iniziò a scoparle la bocca con forza spingendo forte e a fondo.
«Se tua mamma ora apre la porta scopre il nostro segreto, scopre che la sua bambina è una bocchinara nata, che prende il mio cazzo in gola e che le piace, D*o po**o sto scopando la bocca di una bambina delle medie.... Di prima media! Oh! Oh! Ah!»
Venne. Ma non come al solito. Venne in gocce liquide, quasi insapori. Sfilò il cazzo quando sentì la zia chiamarla e la baciò.
«Vai, troietta, torna a fare la bambina innocente. Mamma ti sta chiamando.»
Da tempo, Chiara aveva capito che parlare sporco lo eccitava tantissimo, che dire quelle cose eccessive lo mandava su di giri e lo aiutava a finire, ma quel giorno qualcosa non le quadrava. Aveva detto di essere venuto quattro volte?? Con la sorella?
Poi ricordò di averlo visto uscire dalla casa della vicina con il marito in prigione, ricordò quella carezza tra i capelli...
E il cazzo arrossato, come se lo avesse appena usato. Ma... Non era possibile no? Aveva già la cugina, non serviva che andasse con quella no? Poi Bea... Insomma era sposata, non poteva, no? E quanti anni aveva? Più di trenta! Troppo grande per Davide.
Ma poi pensò da quanto non vedeva il marito di quella e... Se lei stesse usando suo cugino? Ma lui perché si lasciava usare?
Questi pensieri erano dettati dall'ingenuità: ancora credeva a tutto quello che lui le diceva, alle sue motivazioni.
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