Ricordi a luci rosse 1.1

IL CUGINO 1

La nonna abitava in un cortile su cui affacciavano quattro case. Il cortile era a forma di "L" il cui lato corto terminava in un giardino di alberi da frutto e fiori. Prima di quello, le gabbie degli animali di nonna, l'orto e, sul lato opposto alla sua casa, il capanno e il bagno esterno.

La prima casa era divisa in due appartamenti, al piano terra abitava un vecchio, Eusebio e al piano superiore una delle sue figlie con le nipoti.

Nella seconda casa viveva una famiglia di quattro persone, una coppia coi figli maschi.

Poi c'era la casa di nonna, anch'essa formata da due appartamenti, al piano sopra abitava lei con figlia zitella e, al piano sotto, l'altro figlio con la moglie e i due figli


All'epoca, Chiara era una bambina, non esisteva internet e certe cose erano un tabù, erano solo per i grandi. C'erano cose che accadevano attorno a lei di cui non coglieva il significato. Ma le avrebbe capite con il tempo.

Le cose che vide succedere furono sporadiche, separate tra loro da mesi o forse anche anni, tanto che allora non vedeva nessuna correlazione e nemmeno le sembravano poi così strane. Anni dopo, ripensandoci, si rese conto che ers cresciuta in un cortile a luci rosse, dove la depravazione regnava sovrana, sotto la luce del sole. Ovviamente nessuno degli "attori" ne parlava né allora né l'avrebbe mai fatto.

Un pomeriggio entrò nel bagno esterno per lavarsi le mani, ma appena varcata la soglia sentì 'acqua della doccia scrosciare e, lenta e silenziosa, superò il muro che la nascondeva per vedere chi ci fosse. Sperava fosse suo cugino Davide che.... Beh era un gran bel ragazzo e... Sì, insomma, tra loro c'era un gioco un po' particolare, nato per caso, senza averne mai parlato.

Tempo prima l'aveva sorpresa mezza nuda in doccia mentre lavava i sandali sporchi di terra. Si ero tolta la maglietta ed era rimasta solo coi pantaloncini, impegnata a lavare i sandali ai piedi. Lui era arrivato portando lo stereo acceso e poi era entrato in doccia completamente nudo. Con la musica alta non si era accorto dell'acqua aperta né che ci fosse già qualcuno. Quando la vide restò sorpreso, ma non accennò a coprire la sua intimità, anzi, le sorrise e prese il doccino con disinvoltura dalle sue mani. Lei fece per uscire e lui le disse di restare, cosa che fece.

Era più piccola di dieci anni, lui era così bello e più grande e così intrigante... Se lui voleva che lei restasse lì a fargli compagnia... Perché no? Davide si lavò con dovizia, passando la saponetta sul corpo abbronzato, sulle braccia, sul petto, sulle cosce e poi tra le gambe. Le faceva domande sui sandali, sull'orto dove aveva detto di essere stata ma quando le sue mani cominciarono a lavare il suo "arnese", la sua attenzione alle domande scemò. Il movimento delle mani era particolare, strano, per lei bambina. Teneva il cilindro di carne in una mano e lo faceva scivolare nel palmo lentamente. Ad ogni risalita della mano il suo pene le pareva più grande, più lungo, più grosso. All'inizio, quando era entrato, gli pendeva molle tra la gambe, ora mentre si lavava, pareva dritto, duro, eretto e incredibilmente più grande di prima.

«Vuoi vedere una magia?» chiese attirando la sua attenzione sul suo viso e anche quello le parve diverso, aveva un'espressione strana, un modo di guardarla che la fece fremere. Sembrava adorante. Non rispose a parole, ma annuì.

”Sono capace di fare il latte, vuoi vedere? Però è un segreto, non lo sa nessuno. Se lo dici a qualcuno, mi portano via. Sai mantenere il segreto?»

Annuì ancora, grata della sua fiducia. Davide prese il pene tra le mani, stringendo la carne nei palmi vicini e cominciò a muoverle velocemente, facendole scivolare fino a coprire la punta smussata.

«Avvicinati, non lo vuoi il latte? Lo faccio per te»

Chiara era rimasta per tutto il tempo ad un paio di metri, ma lui la voleva più vicina e lo accontentò. Le sue mani si muovevano frenetiche a non più di mezzo metro dal suo viso.

I suoi occhi erano fissi su di lei, socchiusi ma attenti.

«Guarda cosa faccio... Guardami il cazzo!»

Quando abbassò lo sguardo lui disse una bestemmia con voce eccitata, come la diceva il suo papà quando guardava la partita e qualcuno segnava.

«Apri la bocca! Ora ti schizzo il latte in bocca»

Scioccata gli chiese se fosse buono e lui ricordò come rubava la panna sul latte, dopo che la nonna lo faceva bollire.

Si avvicinò di un passo e aprì la bocca. Suo cugino bestemmiò ancora, poi tutto successe molto velocemente: fece un passo e coprì la distanza tra loro, le mise una mano sotto il mento e appoggiò la punta del suo pisello sul suo labbro inferiore e uno schizzo denso e caldo le colpì la lingua, poi un altro il palato e ancora e ancora.

Aveva la bocca piena del suo latte viscido e ingoiò sotto lo sguardo eccitato di lui che di nuovo imprecò. Liberò il pene dalla stretta e quello rimase dritto e teso.

Davide le accarezzò le labbra poi le chiese se le era piaciuto e lei rispose che aveva un sapore strano, ma che era denso davvero come la panna. Gli chiese come aveva fatto e gli disse che non sapeva che i ragazzi potessero fare il latte e lui svelto le disse che era capace solo lui, per questo doveva mantenere il segreto.

Da ingorda gli chiese se portava farne altro e lui si leccò le labbra. Stava per dirle qualcosa quando sentirono nonna chiamarla. Davide la prese per un braccio e le fece promettere di non dirlo a nessuno e di tornare il giorno dopo per un'altra razione.

Da quel giorno, ogni volta che poteva, Chiara andava nel bagno con suo cugino per avere la sua razione di latte, anche se ormai sapeva che non era latte né una cosa "giusta" da fare, proprio perché eravamo cugini. Ma le piaceva quel gioco, sapeva che era una cosa "da grandi" e che lui lo facesse con lei la faceva sentire importante e più grande dei suoi anni.


Quel giorno entrò in bagno con l'intenzione di prendersi la sua dose ma quello che vide la immobilizzò. Sotto la doccia c'era suo cugino, di dieci anni più grande ma con lui c'era sua sorella che aveva appena finito le medie. Erano nudi entrambi ed erano di spalle: Roberta aveva le mani appoggiate al muro sul fondo ed era piegata in avanti, lui le stava dietro e la teneva per i fianchi e si muoveva lento allontanandosi dalla sorella per poi tornarle contro. Roberta alzò la testa e la sentì gemere forte.

«Ti piace eh? Il cazzo di tuo fratello... Ti piace eh, sorellina?»

«Sempre» mugolò lei e lui prese a muoversi più velocemente.

Alla parola "cazzo" Chiara si allarmò, non aveva capito subito cosa stessero facendo, si voltò ma appena oltrepassato il muro si fermai rapita dalle parole della cugina «dai, scopami forte, ti prego, sfondami la fica».

Era un linguaggio volgare, insolito ma attirò la sua attenzione.

«Che troia sei, sorellina. Vuoi che il tuo fratellone ti fotte la fica, vuoi godere vero? Dimmelo, troia, vuoi che tuo fratello ti faccia gridare di piacere? Dillo come piace a me!»

«Oh sì, d*o po**o! Sbattimi dentro il tuo cazzone fratellone, fammi impazzire!»

Le ultime parole le disse con un acuto. Lenta si sporse oltre al muro, come una spia, e vide che ora il cugino si spingeva con forza contro la sorella. Sapeva cosa stavano facendo: sesso. Era stravolta perché sapeva che quello era più di un gioco da grandi come quello che lei e lui facevamo. Quello era il modo di unirsi tra marito e moglie!

Dopo un paio di minuti la cugina urlò e lui la incitò «oh, sì, godi con il mio cazzo nella tua fica! Troia pervertita! Stai avendo un orgasmo mentre tuo fratello ti scopa. d*o cane ti sborro dentro, oh cr**to porco... Oh»

Appena si mossero lei si ritraesse, scivolò verso la porta ma prima di uscire sentì dire «tranquillo ho finito il ciclo cinque giorni fa, dovrei essere sicura. Ma la prossima volta...»

«Se imparassi ad ingoiare ti verrei in bocca, sai che odio sborrare per terra»

«Sai che mi fa schifo!» si lamentò lei. Fu l'ultima cosa che sentì prima di uscire dal bagno.

Si rifugiò nel frutteto, scioccata e anche delusa: aveva pensato di essere speciale per suo cugino, invece...

Per qualche giorno non andò in bagno quando lui entrava per la doccia, anche se... le mancava quel loro momento complice. E le mancava anche il sapore del suo "latte" sulla lingua. Era arrabbiata ma... Le mancava. Alla fine lui la cercò.


Erano i primi di settembre e con la scusa di fare un regalo per il quattordicesimo compleanno della sorella, andò a prenderla a casa e la portò via con il benestare dei genitori.

Ovviamente non andarono in nessun negozio, la portò nei campi, parcheggiò su una stradina in mezzo al nulla.

La interrogò sulle sue assenze e alla fine lei gli confesso di averlo visto con la sorella. Si fece pensieroso ma poi disse «avrai capito che non è una mia magia, ma che tutti gli uomini fanno "il latte", sborrano. Ecco... La sborra fa male tenerla dentro, specialmente quando si è giovani come me. Il fatto è che tu sei troppo piccola per fare quello che faccio con Roberta.»

Chiara fraintese e si sentì offesa: non era piccola! Quel pensiero però la confuse, non si sentiva piccola, ma non era di certo pronta a fare quello che li avevo visti fare! Quella consapevolezza le fece capire che forse era davvero troppo immatura per lui.

Aveva sentito dire quelle porcate dalla cugina, lei non era pronta nemmeno per quello.

Era lì imbronciata sul sedile e lui le accarezzò la guancia.

«Un paio di anni e poi sarai pronta.»

«Come fai a saperlo?» chiese stupidamente, dubitando potesse "vedere il futuro".

«Stai crescendo e il tuo corpo maturando. Ora sei troppo piccola per il mio uccello, ma tra un paio di anni sarai perfetta e allora potrai essere davvero la mia ragazza!»

Non c'è che dire, sapeva che cosa dire, che parole usare. Lui le piaceva da morire: aveva gli occhi chiari, non verdi e non azzurri ma grigi con scaglie più scure; ciglia folte e lunghe che gli davano uno sguardo così intenso... E poi era più grande, un adulto ai suoi occhi e le stava dicendo che la voleva come sua ragazza, come fidanzata!

«Ora è Roberta la tua ragazza?»

«No! Ora lei mi aiuta, come mi aiuti tu. Tu usi la tua boccuccia a cuore e lei un'altra parte del corpo, e lo facciamo solo perché lei è più grande e non le faccio male. Ma quando potrò farlo con te... Lei non mi servirà più e tu sarai la mia ragazza. L'unica. Guarda cosa mi fai è solo perché mi sei vicina» si sbottonò i pantaloni e il pisello balzò fuori, finalmente libero. Chiara senti un formicolio tra le gambe e in fondo alla pancia e non resistette, glielo prese in mano. Nei mesi passati le aveva insegnato come fare e lei cominciò a fargli una sega. Davide spostò il sedile più indietro e si allungò lasciandole spazio, lei si chinò per prenderlo in bocca.

«Oh, sì brava. Senti com'è duro? È solo merito tuo! Tu me lo fai diventare di pietra. Anche quando devo scopare Roberta, penso a te.»

Diede due succhiate profonde poi si tirò su per guardarlo: aveva quell'espressione stralunata ed eccitata e osò chiedergli «poi scoperai me come ti ho visto fare con lei?»

Sentì il cazzo battere nel suo palmo, come se il suo cuore si fosse spostato lì.

Pensò che il pensiero di loro due insieme, come coppia, lo avesse emozionato a dismisura, in senso romantico e ne fu compiaciuta, tanto che si rituffò a bocca aperta sul suo uccello.

Lui disse delle cose che nulla avevano di romantico, tipo "dio, hai parlato sporco e quasi sborravo. Ah mi basta immaginarti a pecora e, cazzo, mi viene durissimo. Oh sì, non vedo l'ora di sverginarti, ah... Ti sfondo il fighino e poi lecco il sangue, ah!" Ma lei era troppo concentrata sul futuro come sua fidanzata che non sentì la volgarità di quelle parole.