come tutto iniziò

sandra
17 hours ago

Sono nato a Torino alla fine degli anni 50, padre siciliano e mamma napoletana conosciuti, come succedeva spesso, durante il servizio militare di papà, miao padre già lavorava a Torino come autista in un’Azienda del posto, aspettò che mia madre avesse 18 anni, l’aveva conosciuta quando ne aveva 14, e poi la sposò, io nacqui l’anno dopo. Vivevamo in una casa di ringhiera in Corso Tassoni, tutto il palazzo era di proprietà del titolare dell’azienda dove lavorava papà e, anche lui, ci abitava, chiaramente in un appartamento ristrutturato con il bagno interno. quando avevo tre anni ci trasferimmo a  Milano come l’Azienda di papà che mantenne solo alcuni uffici a Torino, per i primi tre anni l’affitto venne pagato dalla Società, non era un brutto appartamento, il palazzo era nuovo, c’erano ancora i pittori che verniciavano le ringhiere della scale, eravamo al terzo piano e c’era l’ascensore che, cosa strana, si fermava tra un piano e l’altro, appena entrati si entrava in un lungo corridoio, di fronte una cucina decisamente abitabile con un piccolo balconcino. Subito di fianco un bel bagno con la vasca, poi la camera dei miei ed in fondo la sala che prendeva anche la larghezza del corridoio, io dormivo lì.

Papà l’aveva arredata con un grande tavolo ovale centrale su un tappeto, da un lato un mobile con un grande specchio sopra che conteneva piatti e bicchieri, quelli belli, dall’altro, una libreria svedese con un letto singolo che si estraeva , intero, dal davanti, chiaramente papà l’aveva anche fissata bene al muro, appena entrati in sala c’era un divano con la struttura in legno che diventava un letto ed in fondo, di fianco alla finestra, il televisore in bianco e nero, io ricordo che giocavo con i soldatini sul tappeto sotto il tavolo e proprio davanti alla finestra c’era una macchina a pedali bellissima, copia di una ferrari che mi aveva regalato mio zio.

L’appartamento era in Via Ripamonti, non lontano dal lavoro di papà che ci metteva 5 minuti in macchina, gli lasciavano usare una Fiat 600 della ditta, la scuola elementare era vicina, in Via Antonini, mentre per le medie dovevo prendere il tram e andare in Corso di Porta Romana.

Mia madre era la prima di 7 tra fratelli e sorelle in un piccolo paese della provincia di Caserta, quando mio nonno morì c’era la sorella più piccola che aveva 16 anni e i miei decisero di portarsela a Milano, si chiamava Rosa, tra di noi solo tre anni di differenza nonostante lei insistesse a farsi chiamare zia, papà aveva eliminato la mia macchina a pedali e ci aveva messo una bella poltrona letto per lei, quando arrivò, devo ammettere che io, che avevo tredici anni, avevo già cominciato la sana pratica della masturbazione notturna, la sua presenza, da un lato mi scocciava ma poi, divenne presto oggetto delle mie ansie notturne, era molto bella, come tutte le sorelle di mamma, ai tempi non sapevamo fosse già fidanzata, lo scoprimmo quando compì i 18 anni. Si spogliava al buio ma, quando c’era la luna la luce filtrava dalla tapparella e spiavo la sua siluette, scoprii dopo che, anche lei, di notte aveva esigenze simili alle mie, e che la sua verginità, ormai, era un ricordo di quando aveva 14 anni.

Papà le trovò un lavoro come cucitrice in un azienda proprio dietro casa ed io, ogni tanto, l’andavo a prendere all’uscita, diversi altri operai le facevano il filo, ma papà non la lasciava uscire la sera, era un siciliano abbastanza rigido e poi si sentiva investito della responsabilità.

Io, ormai alle medie, facevo atletica leggera al pomeriggio in un campo vicino a casa, la Forza e Coraggio, mamma lavorava in tintoria in Via Ripamonti, veramente avevo cominciato a correre solo perché avevo saputo che una bambina che avevo conosciuto alle elementari ci andava anche lei ed io ne ero sempre stato cotto, sua madre, poi, era la sua allenatrice, mentre il nostro era un decatleta.

Comunque, tornando a fagiolo, avevo appena compiuto i 14 anni ed una notte, mentre ero, chiaramente occupato con i miei “maneggi”, la zia si alzò e venne vicino al mio letto  scoprendomi di colpo e, senza dirmi niente ma guardandomi fissa in faccia nonostante la poca luce che filtrava dalla finestra, sostituì la mia mano con la sua, aveva addosso solo le mutandine, il seno scoperto, pieno ed invitante, quasi con timore provai ad allungare la mano e lei me la prese e se la premette contro, non passò decisamente molto che schizzai il mio seme verso il cielo, poi mi dette un bacio in fronte e tornò a letto, ma vidi che ne aveva raccolta qualche goccia con le dita e se le stava succhiando.

Quella notte si ripeté molte altre volte, fino a che , una volta, mi chiamò dal suo letto, era più largo del mio, andai da lei in mutande, era giugno, faceva caldo, la tapparella era un po’ alzata e la finestra aperta, scostò il lenzuolo e vidi che era completamente nuda, un ciuffetto di peli dove, appena sdraiato al suo fianco, infilai le dita sentendo l’umidore tra le sue cosce, non osavo andare oltre e non  lo sapevo neanche, lei mi accarezzava intanto e poi mi prese l’uccello in mano e cominciò a segarlo e poi lo prese in bocca facendomi venire tra le sue labbra, poi si tirò un po' su appoggiandosi alla spalliera della poltrona, allargò le gambe e con le mani ne divise la peluria mostrandomi quello che nascondeva, poi mi prese per la testa portandosela tra le cosce, capì con un attimo di ritardo cosa voleva  ma poi cominciai a leccarle la figa, chiaramente un po’ impacciato ma mi ripresi in fretta, il sapore non mi dispiaceva e lei si agitava sotto la mia lingua, poi mi tirò via la testa quasi di colpo e con un sospiro venne anche lei.

Da quella notte le mie visite nel suo letto furono abbastanza frequenti ed io ero sempre più infoiato anche se le nostre manovre non avevano ancora previsto la possibilità di un amplesso, devo dire che ero abbastanza insistente, come un bambino al quale avevano promesso un giocattolo che non poteva avere, finchè una sera scardinai quel fiore nascosto dalla peluria che nascondeva tra le cosce, ma solo per un momento, una penetrazione, qualche affondo e poi si tirò indietro, disse che con il suo fidanzato preferivano evitare di rischiare di andare in chiesa in tre, l’uccello mi faceva male tanta era la voglia ma lei si mise di fianco e, prendendomelo in mano lo guidò verso un altro ingresso, non ci avevo mai pensato , fu la prima volta che mettevo il mio cazzo nel culetto di una ragazza, lei, dapprima, si agitò parecchio mentre spingevo per entrare dentro di lei, poi, una volta entrato, mi disse, piano, come dovevo fare, usando le mani che erano piene dei suoi seni gonfi e dei suoi capezzoli  inturgiditi, lei teneva la bocca contro il suo cuscino per soffocare i gemiti, per fortuna, i miei genitori non sentirono mai, in quei due anni, i nostri rumoreggi notturni, solo mamma notò che spesso mi alzavo di notte per andare in bagno.

Ormai avevo 15 anni, mia madre pensò fosse il caso di farmi visitare dal nostro medico di famiglia che era anche un amico e che aveva due figlie della mia età con le quali andavo a scuola dalle elementari, mi tenne in studio una buona mezz’ora e poi mi fece una lezione sulle precauzioni.

Un giorno arrivò a casa lo zio più grande, il secondo fratello di mamma che ci disse che Rosa sarebbe dovuta tornare a casa perché il fidanzato insisteva per sposarla, scoprimmo che l’altra sorella era già sposata con un fratello del fidanzato di Rosa e che, così, nella famiglia, due fratelli avrebbero sposato due sorelle; i miei genitori se la presero perché nessuno li aveva avvisati prima della situazione, io solo perché Rosa se ne sarebbe andata, inoltre avendo in casa anche lo zio, in quei pochi giorni i nostri rapporti notturni cessarono.

Qualche mese dopo ci fu il matrimonio ma noi non ci andammo, era comunque un viaggio di 800 km e papà doveva lavorare visto che non lo fecero in estate anche perché la sposa, nonostante le precauzioni, era già incinta.

Dopo un po’ mi rassegnai, ero alle superiori, il clima in Italia, a Milano, soprattutto, non era dei migliori, era il periodo delle contestazioni studentesche, al mattino  uscivi e non sapevi mai cosa sarebbe successo, dopo il primo anno, con conseguente bocciatura, soprattutto per assenze, venni spostato in una scuola privata dove nel giro di altri tre anni, grazie a due bienni, riuscii a diplomarmi a 18 anni e volli andare a dare la maturità nella stessa scuola pubblica dove gli attivisti di sx non mi facevano entrare; nel frattempo frequentavo ormai una delle figlie del nostro medico, nonostante le divergenze di tipo politico, ma ci lasciammo quando ottenni la possibilità di partecipare al concorso per entrare in Accademia Navale a Livorno che riuscii a vincere, era il 1975, saremmo andati in crociera a fine corso, nel 1976,  negli Usa con nave Vespucci per il bicentenario degli Usa, ormai avevo avuto altre esperienze, in America, nonostante le poche libere uscite non ufficiali, noi cadetti eravamo molto apprezzati, soprattutto dalla popolazione di origine Italiana, ma questa è tutta un’altra storia.