due cuginette in calore

Io e Antonella siamo cugine, abbiamo la stessa età, solo che lei vive in Calabria con i suoi ed io a Milano con i miei, mio padre e sua madre sono fratello e sorella e noi, ogni estate, da che mi ricordi, andiamo in Calabria in vacanza a casa loro dove prima, c’erano anche i nonni, la casa è al limite del Parco Nazionale, una bella casa in pietra dove i nonni tenevano anche degli animali che, però ora i miei zii non hanno più.
Io e Antonella, fin da bambine, d’estate abbiamo diviso lo stesso letto nella sua cameretta, da un paio d’anni, da quando ne abbiamo 14, lei si è spostata in mansarda dove il papà le ha fatto la camera nuova e invece di un lettino abbiamo a disposizione un matrimoniale francese fatto tutto in legno dallo zio con tanto di baldacchino e dormiamo sempre insieme.
Diciamo che dormire non è proprio solo quello che facciamo, da piccole giocavamo, da un po’ continuiamo a giocare ma in modo diverso adesso, a 16 anni facciamo le amanti, i nostri genitori non sanno che tutte e due non siamo più vergini grazie alla scuola, o meglio agli amici che frequentano la scuola con noi, lei in Calabria ed io a Milano, lei ha un esperienza in più perché anche il suo culetto è già stato oggetto di attenzioni da parte di un suo compagno che l’ha convinta che così era più sicuro, quindi di notte ci strusciamo, baciamo, masturbiamo a vicenda e lei ha recuperato anche delle manopole di gomma di una vecchia moto che dopo aver bollito nell’acqua e lavato molto bene usiamo come fossero dei dildo, le nostre notti sono molto piacevoli.
Per il resto facciamo con i nostri genitori delle belle gite al mare che non è lontano approfittando delle belle spiagge che ci sono qui e poi in campagna,, ogni anno facciamo la salsa che anche noi ci portiamo a Milano per tutto l’anno, poi noi facciamo anche delle belle camminate nel Parco.
Io e Antonella siamo anche molto simili, tutte e due more con i capelli lunghi e ricci, gli occhi neri, non siamo altissime, un metro e sessanta a parte qualche etto di differenza pesiamo 48 kg e da quest’anno possiamo scambiarci i reggiseni della terza misura che, comunque, portiamo poco.
I nostri genitori, scherzando dicono che sembriamo due sorelle e, spesso, per accentuare la cosa, ci vestiamo uguali.
Un giorno, dopo aver finito di preparare tutta la salsa abbiamo deciso di fare una bella camminata nel Parco portandoci anche il pranzo, saremmo andate un po’ più in alto, ma non troppo, fino a dove un altopiano con delle rocce e dei prati divideva il bosco, ci dettero il permesso come sempre accadeva ricordandoci di tornare prima che facesse buio e preparammo gli zainetti.
Il mattino presto, belle abbronzate con le pedule, gli shorts di jeans, e due magliette bianche, con lo zainetto sulle spalle ed il k-way allacciato in vita partimmo per la nostra gita, l’intenzione era arrivare fino alle rocce, mangiare lì e poi tornare giù con calma, una bella camminata.
In montagna il tempo cambia in fretta, arrivate a circa mezzo kilometro dalle rocce cominciò a piovere e noi cominciammo a correre verso il gruppo di massi per trovare un riparo, perché in caso di temporale, come quello, non era il caso di fermarsi sotto gli alberi. Arrivate finalmente vista un apertura ci infilammo lì dentro, all’interno si allargava come una specie di caverna, in alto un apertura lasciava entrare un po’ di pioggia ma per terra c’era come della sabbia morbida, accendemmo le nostre lampade che portavamo sempre nelle escursioni e trovammo anche una specie di braciere fatto con le pietre e delle legna secca in un mucchio non lontano, probabilmente un rifugio usato d’inverno dai pastori disse Antonella, eravamo comunque fradicie, non avevamo fatto in tempo neppure ad aprire i k-way nello zaino c’erano i fiammiferi, prendemmo un po’ di legna, la carta che avvolgeva i nostri panini ed accendemmo il fuoco per poi spogliarci ed appendere i vestiti usando alcuni dei rami che piantammo per terra, due perfette campeggiatrici, avevamo anche un po’ di freddo e ci sedemmo su due pietre vicino al fuoco mettendoci sotto il sedere i k-way che avevamo aperto e dentro non erano bagnati, spente le lampade per risparmiare le batterie eravamo illuminate dal fuoco che scoppiettava allegramente e così nude, cominciammo a mangiare i nostri panini.
Fuori continuava a piovere, sentivamo l’acqua rimbalzare sulle rocce e poi il suono di campanelle, quelle che attaccano al collo delle pecore e due ombre chine in avanti che si appoggiavano a due bastoni entrare nella grotta seguite da un cane, appena vicino al fuoco si raddrizzarono in tutta la loro altezza e ci guardarono, erano due uomini, due pastori, avevano una pelle di pecora sopra le spalle, e noi non avevamo nulla per coprirci se non le mani, parlavano in dialetto che non capivo, si tolsero i cappelli e lasciarono le pelli di pecora in un angolo, poi continuarono a guardarci, come noi guardavamo loro, erano abbastanza anziani, la barba incolta che gli stava crescendo sulle guance era grigia, i capelli anche oltre che un po’ lunghi, parlavano in dialetto e ridevano, poi anche loro si cominciarono a togliere i vestiti bagnati ma non persero tempo ad appenderli, li buttarono per terra sulle loro pelli di pecora e rimasero come noi con solo le scarpe ai piedi ma senza mostrare la nostra stessa vergogna, anzi si misero davanti al fuoco girandosi più volte senza curarsi del fatto che i loro cazzi penzolassero a destra e sinistra ogni volta che lo facevano.
Io e Antonella non avevamo profferito una sola parola, avevamo una mano in mezzo alle gambe ed un braccio a coprirci i seni e ogni tanto lanciavamo uno sguardo ai nostri vestiti appesi come sperando che ci dicessero che erano asciutti, anche loro tirarono fuori dalle bisacce del pane e del formaggio e con due coltelli ne tagliarono un pezzo offrendocelo ma noi scuotemmo la testa e allora cominciarono a mangiare, poi fecero lo stesso con una bottiglia che, probabilmente era vino che noi rifiutammo con lo stesso gesto e ne bevvero lunghe sorsate a testa.
Poi mentre il cane in un angolo finiva quello che loro gli avevano gettato si chinarono verso di noi prendendoci il braccio che ci copriva il seno e con forza spostandolo e con l’altra mano, tutti e due cominciarono a palpeggiarci prendendoci anche con due dita i capezzoli che, immagino anche Antonella, li avesse induriti come i miei, poi continuarono a farlo parlando in dialetto e continuando a ridere accennammo una minima reazione provando ad alzarci ma così ci scoprimmo di più e, dall’alto i loro cazzi si vedevano già tesi verso di noi, in un attimo eravamo sulla sabbia soffice con loro sopra di noi ed i loro uccelli duri che ci penetravano con forza, il mio era duro come l’acciaio e decisamente più grosso e lungo di una manopola di motocicletta e andava avanti e indietro dentro di me provocandomi un leggero dolore ma quasi subito un forte piacere che mi provocò un primo orgasmo, lui continuava imperterrito senza diminuire la forza che ci metteva, vidi Antonella che aveva lo stesso mio atteggiamento un po’ sofferente ed un po’ sognante, godeva come facevo io di quella scopata così decisa, urlammo quasi insieme il nostro orgasmo quando ci riempirono con il loro sperma, anche il cane ululò e dopo mi venne quasi da ridere pensandoci, lavoravano in coppia, uscirono da noi e poi ci fecero sedere per terra inginocchiandosi al nostro fianco e obbligandoci a prendergli in bocca i cazzi ancora sporchi di sperma per leccarli e succhiarli, almeno fossi riuscita a capire quello che dicevano, i nostri seni intanto venivano smanacciati dalle loro mani dure e callose, i loro cazzi crescevano e si intostavano ancora nelle nostre bocche, e poi, mentre eravamo ancora sedute ci presero per una spalla e, facendoci girare ci spinsero di nuovo a terra ma questa volta a pancia in giù, due mani mi artigliarono le natiche sode, poi le schiaffeggiarono un paio di volte abbastanza forte, poi le presero ancora allargandomele e poi lo sentì spingere il suo cazzo contro il mio buchino, con colpi brevi e continui, lì fui io ad ululare, Antonella aveva un braccio in bocca per non urlare mentre il suo la scopava con la stessa forza che aveva usato prima però nel culetto, poi toccò anche a me ed io la imitai, tutte e due però, godevamo, il mio ad un certo punto mi prese per i capelli tirandomi indietro la testa e mi scaricò un litro di sperma nel culetto, o almeno mi sembrò così tanta, poi ci lasciarono così vicine che le nostre mani si unirono ed io e Antonella ci guardammo rimanendo sempre sdraiate nella stessa posizione, non so come ma tutte e due stavamo sorridendo. Quando ci girammo sentendo il rumore delle campanelle se ne stavano andando, ci avevano lasciato su una pietra un pezzo di pane ed uno di formaggio, non fu semplicissimo rialzarci, lavarci con l’acqua delle borracce e rivestirci con gli abiti ormai asciutti, tornammo verso casa sbocconcellando il pane ed il formaggio ma, soprattutto io con una certa attenzione a come camminavo, il culetto mi faceva un po’ male, Antonella ridendo mi disse che poi sarebbe passato.
A casa ormai era pronta la cena e con Antonella andammo in camera subito dopo e, siccome tra di noi ci dicevamo tutto ci raccontammo quello che avevamo provato, dopo la paura iniziale a essere scopate in quel modo forte, forse un po’ violento da quei due sconosciuti, avevamo scoperto che così godevamo di più che con la gentilezza, piaceva ad entrambe essere un po’ strapazzate, intanto, comunque ispezionammo i nostri corpi a vicenda mentre ci docciavamo insieme e ci spalmammo un po’ di crema sul buchino dello sfintere che bruciava un po’ a tutte e due.
Antonella a tavola chiese al papà se ci fossero tanti pastori in giro per quelle montagne e lui le rispose che non erano più molti come anni prima ma qualcuno c’era ancora e che a settembre sarebbero scesi con le loro greggi più in basso e le pecore d’inverno sarebbero state messe al coperto soprattutto di notte.
Io e Antonella ci guardammo, peccato che a Settembre io ero già a Milano, passò una settimana, ormai mancavano pochi giorni alla nostra partenza, come ogni anno io e lei eravamo tristi, un paio di giorni dopo arrivò dalla montagna un pastore con un cane, non era uno dei due che avevamo conosciuto, portava in valle dei formaggi di pecora da vendere, anche i nostri genitori ne comprarono, parlando ci disse che lui ed i fratelli continuavano l’attività che aveva fatto il loro padre, in totale erano in quattro, ci tradusse tutto mio zio perché il dialetto del pastore era molto stretto, ci disse anche che il loro accampamento era a tre ore da lì andando sempre verso le cime delle montagne.
Avevamo raccontato ai nostri genitori che avevamo trovato una grotta molto comoda dove ci eravamo fermate a mangiare e riposare aspettando che la pioggia cessasse e Antonella se ne uscì con un’idea, perchè non passarci una notte con i nostri sacchi a pelo?, mamma e lo zio dissero che anche loro, alla nostra età ogni tanto lo facevano anche se non avevano i moderni sacchi a pelo che usavamo noi e i nonni li lasciavano andare perché anche a loro piaceva stare in mezzo alla natura e, addirittura, d’estate non dormivano in casa ma sotto una tettoia che copriva il fieno dormendo sulla paglia e che i due asinelli che avevano ai tempi gli si mettevano vicino.
Eccitate preparammo gli zaini, saremmo partite dopo pranzo e preparammo anche i panini, io, come al solito con la cotoletta impanata che mi piaceva tanto.
Facemmo una bella camminata con passo veloce e arrivate alla grotta non c’era nessuno, però qualcuno, dopo di noi, ci aveva acceso il fuoco, di notte, anche se è agosto, non fa caldissimo. Accendemmo il fuoco e poi rimanemmo a chiacchierare per buona parte della serata finchè, ad un certo punto sentimmo scampanellare, molto più forte dell’altra volta, per primi entrarono due cani che si accovacciarono in un angolo, poi arrivarono i padroni, erano in quattro, noi avevamo già steso i sacchi a pelo sulla sabbia soffice e tolto gli scarponcini e le calze rimanendo accanto al fuoco a scaldarci.
Si fermarono un attimo appena entrati, poi uno dei quattro che riconobbi, disse qualcosa agli altri tre che si misero tutti a ridere , poi si sedettero anche loro vicino al fuoco e tirarono fuori dalla bisacce, pane, salame e formaggio oltre ad un paio di bottiglie, ce ne offrirono ma rifiutammo e cercammo di spiegargli che eravamo lì a campeggiare per la notte, lo facemmo in italiano ma sembravano capissero.
Fuori dalla grotta c’erano le pecore ed un asinello con tre boccioni pieni d’acqua, come quelli che io avevo visto in qualche ufficio o a scuola sopra a delle colonne refrigeranti, poi dopo mangiato uscirono tutti e quattro, di spostammo per sbirciare, praticamente si stavano lavando, a dorso nudo, usando i boccioni si versavano l’acqua fredda addosso, anche sulla testa, rientrarono con delle coperte chiacchierando nel loro dialetto tutto il tempo e, dopo averle stese ci sdraiarono sopra, on prima di aver tolto il resto dei vestiti e le scarpe ed essere rimasti con i boxer due e con degli slip gli altri due , noi non eravamo così e finimmo di spogliarci da dentro i sacchi a pelo che avevamo unito a farne uno solo matrimoniale, uno dei tre si alzò per rifornire il braciere , di altra legna, poi tornò a stendersi a fianco dei fratelli, fuori dal sacco a pelo avevamo solo la testa e le spalle nude, però continuavano a guardarci, i due dell’altra volta avevano capito che la nostra gita era solo una scusa per vedere di ritrovali, probabilmente era quello che stava dicendo agli altri.
In fondo al sacco a pelo c’erano i nostri vestiti, comprese le mutandine, anche noi lanciammo uno sguardo verso di loro, nella penombra avevano il cazzo in mano e si stavano facendo una sega tutti e quattro, ad un certo punto i due dell’altra volta si alzarono e vennero vicino a noi dicendo qualcosa, Antonella che aveva capito qualche parola mi guardò e poi fece cenno di si , quello fu il segnale, i due pastori tirarono giù le cerniere del sacco a pelo e poi ne spostarono la parte superiore, mettendoci in vista completamente nude, poi ci vennero sopra con il cazzo già pronto e ci penetrarono, li accogliemmo dentro di noi con un grosso sospiro e poi cominciarono a scoparci, gli altri due intanto si erano alzati ed avvicinati tenendosi il cazzo in mano, se possibile il mio godimento fu maggiore dell’altra volta, io e Antonella mugolavamo come due gatte in calore mentre i loro colpi si facevano sempre più profondi, l’orgasmo finale lo urlammo quasi insieme e i due si alzarono, ma il loro posto fu preso quasi subito dagli altri due che sembravano molto colpiti dal nostro atteggiamento e anche molto presi dai nostri seni che finirono sotto le loro mani e dentro le loro bocche, venimmo scopate abbastanza a lungo fino a che anche l’orgasmo di loro due si mischiò ai nostri. Ci fermammo tutti e stavolta accettammo un pezzo di pene col salame ed un orso di vino a testa.
Finito di mangiare ci vennero vicino tutti e quattro insieme, ci lasciammo prendere dalle loro mani, due si sedettero sulla sabbia e ci presero per la vita portandoci sopra di loro, puntavano ai nostri buchini dello sfintere e, non senza qualche leggero dolore, ci si accomodarono, ma non ci aspettavamo, almeno io che gli altri due ci si mettessero davanti cercando le nostre fighe che avevano già goduto, infilandocisi un'altra volta, io e Antonella sbattevamo la testa da un lato e dall’altro mentre ci facevano sobbalzare sui loro cazzi, mi sentivo piena e immaginai la stessa sensazione che nel medioevo avevano provato altre donne ad essere impalate, loro ridevano e noi godevamo, orgasmi multipli squassano il mio corpo da sedicenne in calore, fu una marea di sperma che mi e ci inondò.
Continuarono a bere dalle loro bottiglie mentre noi raccoglievamo dai nostri corpi i residui di sborra usando le dita ed infilandocele in bocca a vicenda per succhiarle, ma la notte era solo all’inizio e i quattro pastore volevano godere dei nostri corpi ancora un po’ prima di addormentarsi, si scambiavano i posti e gli obbiettivi continuando a scoparci in figa e nel culo facendoci godere, arrivarono anche a farci bere il loro seme caldo e denso, poi ci sdraiammo stanche e sazie sul nostro sacco a pelo e loro sulle loro coperte, non sazi, durante la notte qualcuno di loro si alzava ogni tanto e veniva da noi per una scopata estemporanea.
Ci svegliammo e già se ne erano andati, lasciandoci due pelli di pecora conciate che ci portammo a casa e che Antonella mise per terra ai due lati del suo letto come scendiletto.
Una doccia era obbligatoria, così come la crema rinfrescante ed emolliente.
Mentre in macchina tornavamo a Milano la buttai l’, perché non andiamo a passare il Natale dagli zii?
I miei si dissero d’accordo e che avrebbero organizzato, avremmo anche l’occasione per festeggiare insieme il mio compleanno e quello di Antonella, i nostri 17 anni, ma io sapevo già il tipo di festa che io e lei avremmo fatto.
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