gemelle

Come ogni estate io e mia sorella Chiara siamo in vacanza in Sicilia, dai nonni, veniamo giù in aereo a fine scuola, poi i nostri genitori ci raggiungono ad agosto e torniamo tutti insieme a casa a Milano prima dell’inizio dei corsi, facciamo questo da quando avevamo 12 anni, ora ne abbiamo 17 e sì, siamo gemelle, per questo abbiamo la stessa età.
I nonni, oltre la casa in Paese hanno anche una casa in campagna, non lontano dal mare, dove passano l’estate, purtroppo, anche se il mare non è lontano, non ci lasciano andare se non ci sono i nostri genitori o qualcuno che ci accompagni, quindi passiamo quasi tutto il tempo in campagna, che, comunque, è molto bella e facciamo delle gran girate in bici nelle tante stradine circondate da muretti di pietra a secco dove, oltre ai campi, oggi, purtroppo molti dei quali sono incolti, ci sono tante costruzioni, piccole e grandi abbandonate all’incuria del tempo.
Ce n’è una in particolare, seminascosta dalla vegetazione che la circonda, dove veniamo volentieri per prendere il sole senza nessuno che ci guarda o ci disturba, ci spogliamo e ci sdraiamo su dei grossi blocchi di pietra e ci abbronziamo senza i segni, antiestetici, dei costumi.
Io e Chiara siamo praticamente identiche, bionde, occhi azzurri, papà dice che è la discendenza normanna, alte un metro e sessantacinque per 50 chili, giochiamo tutte e due a palla volo a scuola, anche se non siamo altissime, ma non giochiamo a livello agonistico, giusto durante l’ora di educazione fisica.
Purtroppo, quest’anno non è andata come gli altri, è successa una cosa che ci ha cambiato completamente, in uno dei nostri pomeriggi di bagno di sole, ad un certo punto ci siamo viste circondate da una decina di ragazzi di colore, sicuramente immigrati che erano approdati con qualche barchino su una delle spiagge vicine che hanno cominciato subito a toccarci e a tenerci ferme, nonostante cercassimo di liberarci erano troppo forti per noi, la musica dei nostri cellulari copriva le nostre urla mentre i massi sui quali prendevamo il sole diventavano gli altari sui quali venivano sacrificate le nostre verginità, dopo poco non urlavamo più, i nostri corpi erano diventati dei parchi divertimento, sporche di sangue e sperma venimmo lasciate su quello che restava dei nostri asciugamani.
Il sole stava tramontando quando riuscimmo a muoverci e, aiutandoci riuscimmo ad arrivare al fontanile, l’acqua fresca, oltre a consentirci si lavarci in qualche maniera ci dette un po’ di sollievo, non avevamo più i cellulari e neppure le biciclette, anche se l’idea di metterci a pedalare su dei sellini non ci aveva neppure sfiorato, ci rivestimmo in qualche maniera e a piedi lentamente, ci dirigemmo verso casa, i nonni ci trovarono su una delle mulattiere sterrate, ci stavano cercando in macchina, ci portarono subito in ospedale in Paese, nonna piangeva mentre il nonno guidava cercando di evitare le buche e i dossi e bestemmiava in siciliano. Il giorno dopo arrivarono i nostri genitori da Milano, non avevo mai visto nostro padre così, vennero anche o carabinieri, io e Chiara venimmo messe nella stessa stanza, eravamo piene di dolori e con qualche livido e rimanemmo in ospedale una decina di giorni coccolate da mamma e nonna, avemmo anche alcuni incontri con la psicologa dell’ospedale ma parlavamo poco sia con loro che con lei, mentre tra noi due non facevamo che chiacchierare.
Provare il sesso completo per la prima volta in quel modo ci aveva fatto provare una miriade di sensazioni spiacevoli ma anche estremamente piacevoli e ce lo confessammo a vicenda, la psicologa disse che era rimasta stupita della nostra forza ma a lei non confessammo tutto.
I nostri genitori furono d’accordo nel permetterci di saltare un anno di scuola affidandoci anche ad un’altra psicologa una volta rientrate a Milano, papà era diventato intrattabile, non con noi o con mamma ma bestemmiava ogni volta che sentiva per televisione parlare di immigrati irregolari.
Cambiammo l’arredamento della nostra stanza sostituendo i due letti singoli con un matrimoniale, volevamo dormire insieme, e non solo, passavamo molto tempo a letto a chiacchierare e ad autogratificarci, quando mamma e papà erano al lavoro usavamo di tutto per masturbarci ma la voglia era sempre tanta, lo stupro era stato l’elemento scatenante che aveva fatto scattare la nostra ipersessualità.
Un po’ per volta ricominciammo ad uscire, anche se non la sera, brevi passeggiate in quartiere, all’inizio e poi solo qualche giro in centro per negozi, però ricominciammo a truccarci e adesso ci piaceva vestirci in modo più provocante di come avessimo mai fatto prima.
Poi prendemmo coraggio e, invece di prendere il tram in direzione centro cominciammo a prendere quelli in direzione periferia dove avremmo trovato più facilmente quello che cercavamo e cioè gruppi di ragazzi con i quali soddisfare le nostre voglie, frequentammo giardini, case occupate, qualunque posto dove praticare sesso di gruppo, ci lasciavamo rimorchiare, per la nostra protezione però usavamo sempre i preservativi , tranne che per i pompini di cui eravamo diventate maestre, i ragazzi si eccitavano molto quando ci scambiavamo il loro sperma baciandoci.
Chiaramente mamma e papà erano completamente all’oscuro di quello che facevamo, ormai avevamo 18 anni, cambiammo psicologa perché ci rendemmo conto di avere bisogno di aiuto e, quella nuova, grazie anche alla nostra maggiore età e alla riservatezza tra medico e paziente non avrebbe mai rivelato ai nostri genitori i ostri problemi.
Io e Chiara ci siamo diplomate e poi iscritte all’università, abbiamo deciso di fare del nostro handicap il nostro futuro, ci siamo iscritte in un sito di escort come coppia e abbiamo cominciato a lavorare. Ormai viviamo per conto nostro ma abbiamo sempre mantenuto i contatti con i nostri genitori tranquillizzandoli circa la nostra salute.
Abbiamo un appartamento nostro dove conduciamo una vita normale ed un altro in affitto dove , invece, lavoriamo e dove ci possiamo permettere anche una guardia del corpo per la nostra sicurezza, guadagniamo molto e soddisfiamo le nostre esigenze, finchè ci va.
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