!00 e lode, e bocchino accademico
Come forse avrete già letto in precedenti puntate, da ragazza ero parecchio nota fra i giovani studenti della facoltà di Medicina. La ragione della mia fama è presto detta, non vi suonerà strano sapere che ero nota per le mie abilità sessuali.
Ho sempre amato fare sesso, fin da quando persi la verginità, e anche prima, con alcuni “giochini” di mano o di bocca che regalavo agli amici. Ma all’università feci il vero salto di qualità. Innanzitutto ero più bella e sicura di me. A vedermi ora con qualche chilo in eccesso e un fisico “burroso” non lo direste, ma ero una ventenne magra, slanciata, pur essendo sempre stata di statura non così alta. Avevo capelli neri, corvini, che mi arrivavano alle spalle. Un seno formato e sodo, seppure non eccessivamente grande (come ora), e, a detta di tutti, un bel sedere tondo tondo, che mettevo in risalto grazie a pantaloni stretti a zampa. Ero sicura di me e questo aiutava nel rapporto con i ragazzi, e mi permetteva di avere successo. Un’altra ragione che spiega la mia facilità ad avere frequenti rapporti sessuali con così tanti colleghi di studio era il numero di maschi iscritti a medicina. Quando mi sono iscritta in Statale a Milano nel 1974 , Medicina era ancora una facoltà prevalentemente per uomini: li avevo lì, accanto, a disposizione ogni giorno, o meglio, forse ero io ad esserlo per loro.
Il primo ragazzo con cui andai a letto poi lo disse ad alcuni amici, che ci provarono con me e ovviamente accontentai tutti, uno dopo l’altro e così si sparse la voce rapidamente. Capii che ero diventata famosa come – e non mi vergogno a dirlo- “la troia della facoltà”, quando un ragazzo mi fermò nei corridoi: “Sei Laura vero?”. E io: “Sì!”. E lui: “Sei quella che fa le pompe a tutti?”. Mi prese un po’ in contropiede, non me lo aspettavo, ma dissi di sì, che ero io. “Hai tempo di succhiarmelo adesso?”. Avevo tempo effettivamente e gli dissi di sì. “Vieni andiamo nei bagni” e mi portò nei grandi bagni maschili che stavano al piano terra.
Ricordo un odore di fumo molto forte, all’epoca si poteva fumare ovunque, misto all’odore altrettanto forte di urina che proveniva dagli orinatoi a muro. Ero affascinata dallo squallore del luogo. Vidi un ragazzo fare pipì, gli guardai subito il pene e lui rimase un po’ sconvolto dal vedere una ragazza nei bagni maschili. Il ragazzo a cui dovevo succhiarlo si fermò davanti a dei colleghi, incuriositi dalla presenza di una ragazza in quel luogo, e disse: “Lei è la troia del primo anno” e uno di quei ragazzi mi disse: “Ah sì, sei Laura giusto? L’hai data a Michele settimana scorsa, mi ha raccontato che avete scopato in macchina”. Ricordavo di aver fatto sesso su una 500 bianca, molto scomoda, anche perché il ragazzo in questione era davvero sovrappeso e anche molto alto quindi lo spazio era ristrettissimo. In più aveva sudato un sacco e mi ero solo alzata il vestito, quindi, quando finimmo, il mio stesso vestito era da strizzare. Però non ricordavo si chiamasse Michele, ma confermai lo stesso. Il ragazzo alto che mi aveva portata lì disse: “La porto lì dentro in un cesso per farmi fare un pompino, poi ve la lascio”. Mi eccitava da morire che desse per scontato che avrei fatto sesso anche con gli altri, anche perché era vero.
Mi fece entrare in quel bagno ristretto che puzzava di pipì, mi sedetti sul water, privo di tavoletta completamente divelta, nonostante le gocce di urina rappresa che mi avrebbero sporcato i pantaloni attillati di velluto a coste. Ricordo che quel ragazzo si slacciò la cintura e i pantaloni e abbassò i boxer, estraendo un pene di notevoli dimensioni mezzo duro. Se lo toccò un po’ masturbandolo per fargli prendere spessore, poi me lo avvicinò alla faccia colpendomi il naso. Aveva un forte odore di cappella non lavata. Lo presi in bocca e iniziai a succhiare avidamente, masturbandolo con la mano per stimolarlo ulteriormente. Gli passavo la lingua sulla cappella e poi lo prendevo fino in fondo alla gola, risucchiando tutta la saliva. Lui si accese una sigaretta e al terzo tiro mi mise una mano dietro la nuca e spinse la mia testa contro il suo corpo, mi venne con 3 o 4 fiotti di sperma direttamente in gola. Me lo passò sulle guance per ripulirsi e poi si rimise tutto dentro. “Brava, bel pompino. Faccio entrare gli altri. A domani!”.
E così entrarono gli altri: ne succhiai altri 3 in fila. Ricordo che alla fine avevo un persistente gusto di sperma sulla lingua che non andava più via. In questo modo conobbi molti altri ragazzi, fra cui alcuni che sono oggi dei colleghi. Tanti ricorderanno l’appuntamento di metà mattina ai bagni, in cui sapevano di trovarmi lì a succhiare i loro piselli.
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