Una notte senza freni

Peccati e Guai
10 hours ago

La cena ci aveva già fatti volare via con l’alcol. Risate, bicchieri svuotati uno dopo l’altro, quel calore nello stomaco che ti fa sentire leggero e ti abbatte i freni. Io e Lucrezia uscimmo insieme, ridendo, e ci rifugiammo in macchina. Lei era uno spettacolo: vestitino nero corto, aderente, che le fasciava il culo come un guanto, tacco alto che la faceva oscillare sensuale, i capelli sciolti e gli occhi brillanti.

Mi misi al volante, pronto a tornare verso casa o a cercare un altro locale, ma lei disse che voleva scambiare due parole con Carlotta e Fabio, fermi poco più in là. La osservai scendere: i suoi tacchi che picchiavano sull’asfalto, il vestitino che si sollevava appena mentre si muoveva. Si sedette accanto a Carlotta sul cofano dell’auto, e Fabio era in piedi davanti a loro. Da dove ero io vedevo solo la sua schiena larga, le risate, i gesti. Ma qualcosa non tornava. Lucrezia si muoveva in un modo strano, si contorceva leggermente, come se trattenesse un brivido. Io la fissavo, eccitato senza capire, il cuore che batteva più veloce.

Quando tornò verso di me aveva stampato in faccia quel sorriso da gatta che sa di avere un segreto. Salì in macchina, accavallò le gambe e si sistemò il vestito. Poi lo tirò su appena, lasciando intravedere il tanga azzurro, spostato di lato. La sua figa luccicava. Gonfia, bagnata, grondante. «Guarda…» disse ridendo piano, ma il suo respiro era irregolare. «Fabio era ubriaco… mi ha infilato le dita davanti a Carlotta. Non gli ho detto nulla, stavo godendo troppo.»

Il mio cazzo si gonfiò di colpo, divenne duro come marmo sotto i jeans. Le infilai subito la mano tra le cosce. La sua figa bollente mi si aprì sotto le dita, colante, accogliente. Lei ansimò e si contorse sul sedile. «Ha delle mani enormi…» sussurrò. «Dio, pensa al cazzo che deve avere.»

Quelle parole mi fecero tremare. Lei si chinò subito su di me, mi slacciò i pantaloni e tirò fuori il cazzo, iniziando a spompinarmelo con fame, sbavando, muovendo la testa come una troia in calore. Io affondavo le dita più in fondo nella sua figa, e i suoi umori colavano sul sedile, bagnandolo.

Fuori, a pochi metri, Fabio e Carlotta ogni tanto si giravano. La posizione di Lucrezia non lasciava spazio a dubbi: era chiaro cosa stesse succedendo. E questo mi eccitava da morire.

«Lo vuoi provare, vero?» le sussurrai. Lei mi guardò negli occhi, la bocca sporca della mia saliva e del suo desiderio: «Lo vorrei da morire.»

Proprio in quel momento arrivò Davide, il fidanzato di Carlotta. Ci ricomponemmo in fretta, scendemmo e lo salutammo. Lui caricò Carlotta e se ne andò. Restammo solo noi tre: io, Lucrezia e Fabio. L’aria si fece densa, carica, sospesa.

Fabio ruppe il silenzio: «Andrò a casa, vi lascio ai vostri doveri…»

Scoppiai a ridere: «Fabio, è colpa tua se stasera commettiamo atti osceni in luogo pubblico.» «Mia?» ribatté spaesato. «Sei stato tu a farla bagnare.»

Lucrezia sorrise, occhi di fuoco: «Prova tu a infilarmi quelle dita e non bagnarti… mi hai praticamente aperta.»

Fabio deglutì, imbarazzato: «Non ricordo nemmeno… non volevo… mi scuso.» «Scusarti?» replicai. «Da quando far godere una donna è una cosa negativa?» «Ma… è la tua ragazza…» Lucrezia lo fissò dritto: «E io adesso ti voglio.»

Io sorrisi: «Vuole il tuo cazzo.»

Fabio rimase lì, confuso e duro allo stesso tempo, ma lo sguardo di Lucrezia non lasciava scampo. Si sedette di nuovo sul cofano, allargò le cosce e con un gesto lento si sfilò il tanga azzurro, ormai zuppo, lasciandolo cadere a terra. La figa era lucida, gonfia, pulsante. «Ti prego… fammi godere di nuovo» sussurrò, ma con gli occhi da troia in pieno calore.

Fabio si avvicinò piano, quasi incredulo, e le passò una mano tra le gambe. Un dito sparì subito dentro di lei. Lucrezia gemette forte, arcuandosi. Poi due dita, poi tre. Le sue mani grandi la dilatavano, la riempivano. Gli umori scorrevano copiosi, colando lungo le sue cosce e sul cofano. Improvvisamente il suo corpo tremò: uno spruzzo violente le uscì dalla figa, bagnando tutto.

«Cristo, ma squirta!» esclamò Fabio, eccitato e sorpreso.

Lei ansimava, senza un briciolo di vergogna: «Continua! Non fermarti!»

Lui si chinò e incollò la bocca sulla sua figa bagnata, iniziando a leccarla con foga. La lingua che scivolava dentro, le labbra che succhiavano, il mento sporco dei suoi umori. Lei urlava, gli stringeva i capelli, gemeva come una puttana consumata. Il suo corpo tremava mentre un altro orgasmo la travolgeva, bagnandogli la faccia.

Io nel frattempo non resistevo più: cazzo duro in mano, mi segavo guardandoli, il cuore che martellava.

«Scopala, Fabio» dissi, con la voce roca. «Ne ha bisogno.»

Fabio si tirò giù i pantaloni e lo liberò. Mi bloccai a guardare: cazzo enorme, lungo e spesso, una mazza che faceva sembrare il mio più piccolo. Lucrezia lo vide e spalancò gli occhi, mordendosi il labbro. «Dio… guardalo… voglio sentirlo dentro.»

«Non ho preservativi» balbettò lui. «Non li usiamo» ribattei secco. «Scopala a pelle.»

Non servì altro. Puntò la cappella contro le labbra gonfie e lucide della sua figa e con un colpo solo glielo piantò dentro tutto. Lei urlò come se fosse stata trafitta, un urlo che si trasformò subito in godimento: «Ooooh Dio, sììì! Spaccami!»

Ogni colpo faceva sobbalzare il suo corpo contro il cofano. Il vestito nero era arrotolato in vita, le tette rimbalzavano fuori dal reggiseno. Fabio la prendeva con spinte lunghe e profonde, e io mi segavo a un passo, guardando la mia donna aperta da quel cazzo mostruoso.

«Troia, sei nata per questo» ringhiò lui. «Sìì! Scopami! Fammi tua!» gridava lei, senza freni.

Mi avvicinai, le presi la testa e le infilai il mio cazzo in bocca. Lei lo succhiò con fame, alternando gemiti e risucchi, mentre sotto veniva sfondata da Fabio. Mi guardava con gli occhi lucidi, succhiando e strozzandosi sul mio cazzo.

«Guarda come ti usiamo» le dissi, tirandole i capelli. Lei mugolò con la bocca piena: «Mmmmh sìì! Fatemi quello che volete!»

Fabio la martellava, le palle che schiaffeggiavano il suo culo, e ogni colpo faceva sprizzare ancora umori fuori dalla sua figa. Io godevo a vederla così, messa in mezzo, sottomessa al nostro desiderio.

Poi mi scostai un attimo e dissi a Fabio: «Adesso le apro il culo.»

La rigirai leggermente sul cofano, le presi i fianchi e puntai il mio cazzo al suo buco stretto. Con le dita l’avevo già preparata, ma era sempre un’impresa. Spinsi piano, poi con più forza, e sentii l’anello che cedeva e mi avvolgeva. Lei urlò forte, la voce spezzata dal piacere: «Aaaah sììì! Scopami il culo!»

Il suo corpo tremava, le mani graffiavano il cofano, e io affondavo sempre più dentro, godendo della stretta del suo buco. Fabio non perse tempo: le prese la testa e le ficcò in bocca il suo cazzo enorme. Lei si strozzò subito, ma non mollò: iniziò a succhiarlo con tutta la gola, sbavando, con gli occhi pieni di lacrime e un mugolio continuo che mi faceva impazzire.

«Guarda che troia» dissi, aumentando il ritmo. «Vuole due cazzi nello stesso momento.» Fabio ansimava, tenendole la testa: «Prendilo tutto in gola, puttana.»

Lei mugolava con la bocca piena, ma ci riusciva: «Mmm sìì, scopatemi forte! Riempitemi tutta!»

Io spingevo nel suo culo con colpi secchi, le palle che le sbattevano contro. Sentivo il suo buco stringermi e rilassarsi a ogni spinta. Lei succhiava come una forsennata, strozzandosi sul cazzo di Fabio che le occupava la gola.

«Ti sto spaccando il culo, troia» le ringhiai nell’orecchio. «E io ti riempio la bocca» aggiunse Fabio, affondando ancora più a fondo.

Io sentivo che stavo per venire. La stretta del suo culo mi faceva perdere la testa. «Ti svuoto dentro, troia! Ti riempio il culo di sborra!» urlai, aumentando la velocità.

«Sììì vieni dentro!» riuscì a mugolare lei, prima che Fabio le riempisse di nuovo la bocca.

Con un ultimo affondo esplosi. Una scarica calda e potente si riversò nelle sue viscere, riempiendola tutta. Continuai a spingere, inondandola finché non sentii il seme traboccare e colare fuori attorno al mio cazzo. Rimasi dentro a pulsare, svuotandomi completamente.

Quando uscii, il suo buco gocciolava della mia sborra, aperto e tremante.

Lei ansimava, il viso appiccicato al cofano, i capelli arruffati, ma ancora non aveva finito. Si voltò verso Fabio, con la bocca sporca di saliva e occhi da troia consumata: «Adesso scopami tu il culo.»

Fabio non ci pensò due volte. Le divaricò le chiappe con le mani grandi, puntò la cappella lucida contro il suo ano ancora dilatato e colante della mia sborra e, con un colpo secco, la infilò dentro. Lei urlò come una pazza, un urlo che vibrava tra dolore e piacere: «Aaaah sììì! Spaccami il culo anche tu!»

Io guardavo con la bocca secca. Il suo cazzo enorme spariva lentamente nel suo buco, e ogni spinta faceva schizzare fuori parte della mia sborra, che colava lungo le sue cosce e gocciolava dal cofano. «Senti come scivola bene con la mia sborra?» gli dissi eccitato. Fabio ansimava: «Cristo… è caldissimo… stringe da morire.»

Lucrezia gemeva come una bestia, con la voce roca e spezzata: «Oh Dio… sì, così… mi state devastando il culo! Continuate, non fermatevi!»

Fabio la prendeva con forza, spingendo sempre più dentro, le palle che sbattevano contro la sua carne. Io le tenevo i capelli, le sussurravo nell’orecchio: «Guarda che troia sei… due volte riempita nello stesso buco.» «Sìì, sono la vostra troia!» gridò lei, mentre il suo corpo sobbalzava sotto le spinte.

Dopo qualche minuto, con il respiro rotto e il corpo scosso da brividi, gemette: «Ti prego… adesso voglio sentirti nella figa. Riempimela tutta di sborra!»

Fabio stava già tremando di piacere, il suo cazzo pulsava dentro al suo culo stretto. Lo tirò fuori, lucido della mia sborra e dei suoi umori, e lo puntò subito contro la sua figa fradicia e aperta. Con una spinta brutale entrò tutto dentro.

Lucrezia urlò, spalancando le gambe: «Sììì! Spaccami la figa! Voglio sentirti esplodere dentro di me!»

Fabio la scopava furioso, con colpi profondi e violenti, mentre il suo cazzo enorme le apriva le pareti interne. Io mi tenevo a un passo, guardando la scena più eccitante della mia vita: la mia donna, riempita e devastata, pronta a farsi inondare ancora una volta.

«Stai per venire?» gli chiesi, con la voce tremante. «Cazzo sì!» ansimò lui, senza fermarsi. Lucrezia gridava come indemoniata: «Sììì, vienimi dentro! Riempimi la figa, fammi esplodere di sborra!»

Fabio affondò fino in fondo e urlò. Una scarica violentissima di sborra calda si riversò dentro di lei. Sentii il suo corpo sobbalzare, vidi la figa gonfiarsi e traboccare subito. Getti e getti di seme denso che uscivano attorno al suo cazzo, colando lungo le cosce, scivolando sul cofano, gocciolando a terra.

Lucrezia tremava, in preda a un orgasmo devastante, mentre la sua figa veniva riempita fino all’orlo. «Dio, sììì! Riempimi tutta!» gridava, e ogni parola era un colpo in più al mio cazzo già duro di nuovo.

Fabio la teneva ferma e continuava a pulsare dentro, svuotandosi completamente. Quando si ritirò, la figa di Lucrezia colava sborra da ogni lato, un fiume bianco che scivolava fuori in abbondanza.

Io non resistetti. Mi chinai subito tra le sue cosce spalancate, la sua figa che traboccava sborra da ogni lato, colando copiosa lungo le labbra e sulle cosce. La aprii con le dita, guardando il seme caldo che usciva a rivoli, e ci affondai la lingua.

Il sapore era intenso, salato, misto al suo gusto dolce e bagnato. Leccavo come un pazzo, bevevo tutto quello che colava, succhiavo la sborra direttamente dal suo buco ancora aperto. Lei gemeva, tremando: «Oh Dio… sì… ripuliscimi tutta… leccami bene, fammi tua.»

Fabio la guardava con gli occhi sgranati, incredulo, il cazzo ancora semi-duro che pulsava. Io invece non staccavo la lingua, spingevo sempre più dentro, raccogliendo ogni goccia, bevendola, facendola mia. Sentivo la sua figa stringermi contro la lingua, ancora in spasmi da orgasmo.

«Bravooo… leccami tutta la sborra… sei il mio uomo… voglio che la bevi tutta da me» ansimava lei, le mani che mi tenevano la testa schiacciata tra le sue cosce.

Continuai fino a quando non restò nulla, solo la sua figa lucida e ripulita, gonfia e ancora pulsante. Poi risalii verso di lei e la baciai sulla bocca. Le nostre lingue si intrecciarono, e le feci assaggiare il seme che avevo appena leccato dal suo corpo. Lei gemette, baciandomi con avidità, godendo del sapore sporco che ci univa.

Restammo così, abbracciati, sudati, ansimanti, con il cuore che martellava. Fabio ci guardava con un mezzo sorriso, ancora scosso dall’aver partecipato a quella follia. Io fissai Lucrezia, sfatta e col sorriso sporco sulle labbra, e capii che quella non sarebbe stata l’ultima volta.

Quella notte, in quel parcheggio, l’avevamo trasformata nella nostra troia, riempiendola di sborra in ogni buco. E la cosa più eccitante era la certezza che ci sarebbe stato un seguito.