Lo spettatore

Era cominciato come sempre.
Due bicchieri di vino bianco, freddo, che le lasciavano le labbra umide e dolci. Rideva con quel tono basso, appena rauco, mentre si passava la lingua sulle labbra come se stesse già assaporando qualcos'altro. La cucina era in penombra, spaziosa, ma sembrava rimpicciolirsi ogni volta che lei si avvicinava. Aveva i capelli sciolti, lisci, profumati di vaniglia e fumo leggero. Indossava solo una camicetta larga — la mia — e niente sotto.
Si appoggiò al bancone, le cosce nude, le gambe incrociate con nonchalance.«Sono ubriaca,» sussurrò, e quel sorriso storto bastò a farmi perdere lucidità.Mi avvicinai.Lei non aspettò. Mi baciò.
Una lingua lenta, decisa, sporca. Quel tipo di bacio che sa già dove porterà. Uno di quelli che ti lasciano il sapore della sua saliva in gola e il cazzo già mezzo duro. Le sue mani mi presero il viso, mi graffiò leggermente con le unghie. Poi scivolò giù, lungo il petto, la pancia, fino a fermarsi lì. Mi toccò sopra i jeans, dritta al punto. Nessuna esitazione. Mi afferrò il cazzo da sopra il tessuto, lo strinse con forza, con un possesso che non lasciava spazio a dubbi.
«Già duro, eh? Lo sapevo. Sei proprio il mio porco preferito.»
Si mise in ginocchio.Lì, sul pavimento freddo della cucina, tra le mattonelle lucide.Mi guardò dal basso con quegli occhi da puttana vera. La bocca semiaperta, la lingua che accarezzava il labbro inferiore.Mi slacciò i jeans lentamente, con quella malizia da attrice porno navigata. Tirò giù la zip come se stesse scartando un regalo, ma con l’aria di una stronza che già sapeva cosa stava per prendere.Me lo tirò fuori.Era già duro. Vivo. Pulsante.Mi baciò sulla punta.Poi se lo infilò in bocca.
Caldo.Bagnato.Lento all’inizio.Poi più a fondo.Fino in gola.
Le presi i capelli con entrambe le mani. Li strinsi forte. Iniziai a guidarle la testa avanti e indietro. Nessuna delicatezza. Nessuna tenerezza. Solo bisogno.Affondavo. Lei gemeva.Sbavava.Ogni tanto si strozzava, ma non si fermava mai. Anzi, sembrava goderne.Era brava. No. Era allenata.
E lì, mentre la guardavo inghiottirsi il cazzo come se fosse nata per quello, mi entrò in testa quel pensiero bastardo.Per chi cazzo ti sei allenata così?Chi altro ti ha spinta fino a questo punto?Chi ti ha fatto diventare così?
Invece di frenarmi… mi eccitava ancora di più.E lei lo sapeva.
Mi prese le palle. Le succhiava. Le leccava come se stesse pulendole col piacere. Non l’aveva mai fatto così. C’era precisione, c’era cattiveria.Poi una sua mano scese dietro.Mi sfiorò l’ano.Un tocco leggero, esplorativo.Istintivamente mi irrigidii.
«Che fai?»Lei non rispose.Spinse.Un dito.Poi due.Dentro.
Mi stava scopando con le dita mentre mi succhiava.E io… io godevo.Come un animale in calore.
«Sì… così… scopami… fammi godere, porca…»
Le cosce mi tremavano. Il cazzo durissimo. La gola di lei che si chiudeva su di me. Le dita che mi scavavano dentro.Ero al limite.
«Tienila… non ingoiare… voglio la mia sborra nella tua bocca… voglio leccartela via…»
Lei iniziò a succhiare più forte, più a fondo.Fino a quando esplosi.
Una scarica.Fiotti caldi.Densi.Le riempirono la bocca.Lei si staccò lentamente, con un filo di sperma che le colava dal labbro. Mi guardò. Aprì la bocca. Me la mostrò. Poi me la sputò in bocca.
La baciai.L’accolsi.L’ingoiai.Le nostre lingue si mescolarono nel sapore del mio stesso piacere.
«Ti amo,» disse. Ma con quel tono da stronza consapevole. Quello che ti entra nel cervello e ti frega il cuore.Non risposi.Lei lo sentì.Fece una pausa.Poi si avvicinò all’orecchio.Sussurrò.
«Stavi pensando a un altro, vero?»
Mi si bloccò il respiro.Lei si staccò.Mi guardò con quel mezzo sorriso bastardo. Quello che sa di colpa e controllo.
«Non negare. Lo so che ti eccita. L’idea che un altro mi scopi. Che mi tenga aperta davanti a te… e che tu resti lì, a guardare.»
Non dissi nulla.Ma il mio cazzo… stava di nuovo duro.Lei lo sentì sotto le dita.«Vedi? Ti eccita davvero. Mi vuoi vedere con un altro cazzo dentro. Uno più grosso… più duro…»
Si alzò.Mi prese per mano.Mi trascinò in salotto.
Le luci soffuse.Il divano grande.Un odore misto di sesso e vino.Lei si lasciò cadere a gambe larghe.Niente mutandine.
Si aprì.La figa brillava.Bagnata da far paura.
Iniziò a toccarsi.Le dita veloci sul clitoride.Mi guardava dritto negli occhi.Sporca.Perversa.
«Lo immagini, vero? Io a quattro zampe… mentre lui mi apre la figa. E tu lì… a guardare. Magari a leccarmi dopo. A ripulirmi. Come un bravo spettatore.»
Io tremavo.Dei brividi lungo la schiena.Ogni parola un colpo alle palle.Lei godeva mentre parlava.Il clitoride gonfio, le labbra aperte, dita che scomparivano dentro.
«Non succederà,» disse. Poi sorrise.«A meno che tu non me lo chieda.»
Continuò a masturbarsi.Più forte.Gocciava sul divano.Io ero lì, con il cazzo in mano, come un cagnolino in attesa.
Lei abbassò la voce.Sussurrò come se stesse invocando una bestemmia.
«Voglio che ti fai una sega guardandomi… e pensando a un altro che mi scopa meglio di te.»
Si avvicinò.Mi prese la mano.Se la infilò tra le gambe.Un lago.
«È questo che fa una vera troia. Si masturba pensando a un altro… mentre il suo uomo guarda.Ma tu… non sei il mio uomo.Tu sei solo il mio spettatore.»
Generi
Argomenti