Prima volta cornuto

Con Lucrezia avevamo una fantasia ricorrente.
Parlare di altri uomini. Di altri cazzi.
Di lei che si lasciava scopare, usata, riempita…
Solo parlarne ci faceva impazzire.
Ma non era mai successo davvero.
Poi, una sera, mi chiese:
«Amore… posso uscire con un collega? Solo un aperitivo.»
Le sorrisi, già mezzo eccitato.
«Certo… Ma poi lo scopi, vero?»
Lei rise.
«Ma no, scemo. È solo un collega.»
Ma lo sapevo.
Quel sorriso, quello sguardo… qualcosa stava cambiando.
Uscì. E sparì per ore.
Nessun messaggio. Nessuna notizia.
La mia testa iniziò a girare.
Il mio cazzo a pulsare.
Le scrissi prima di andare a letto:
“Tutto bene? Io vado a dormire.”
Mi rispose dopo un po’:
“Tutto ok. Sono ancora fuori. Ti raggiungo a letto.”
Provai a dormire. Invano.
Ogni posizione era un pensiero. Ogni pensiero, un’immagine.
Lei in macchina con lui. Un bicchiere in mano. Un bacio.
Un cazzo che le apre le gambe.
Alla fine mi addormentai.
E fu il suo corpo a svegliarmi.
Era sopra di me. Nuda. Calda.
«Svegliati amore… ho voglia…»
La sua figa era fradicia.
Gocciolava letteralmente.
Si sedette sul mio cazzo e iniziò a cavalcarmi con fame.
Sembrava posseduta.
Ogni affondo era un gemito. Ogni gemito, una confessione mancata.
«Com’è andata la serata?» le chiesi.
Lei, ancora ansimante, disse:
«Bene… abbiamo parlato, bevuto, riso…»
«Avete scopato.»
«No amore! Solo un po’ di tensione… mi ha fatto venire voglia, ma non potevo tradirti…»
Sospirai.
«Amore… lo sai che mi avrebbe fatto piacere.»
Lei si accoccolò su di me.
Ci addormentammo stretti.
Ma qualcosa… bruciava dentro.
All’alba, mi alzai piano.
Andai in bagno.
E lì vidi le sue mutandine.
Quelle della sera prima.
Le presi.
Il cuore martellava. Il cazzo si irrigidiva.
E sulla parte interna… una chiazza bianca. Spessa. Inconfondibile.
Sborra.
Non mia.
Sua. Di lui. Del collega. Di Salvatore.
Il respiro si fece corto.
Non c’era più dubbio.
Mi aveva scopato un altro uomo.
E io ero eccitato. Terribilmente.
Tornai in camera.
Lei dormiva.
Mi infilai sotto le coperte.
La sua figa era calda. Umida. Gonfia.
Iniziai a baciarla. A leccarla piano.
Ma lei si mosse, agitata.
«No amore… fermati…»
«Amore, aspetta… sono sporca…»
Le sue parole erano sussurri, tremanti.
«Lo so… e mi piaci così.»
«Amore…»
Mi fermai. La guardai.
Lei abbassò gli occhi.
Poi, con voce rotta e sincera:
«Ieri sera… non ho resistito. Mi ha baciata… mi ha presa… e mi è venuto dentro.»
Silenzio.
Un brivido mi attraversò tutto.
Fu come una scossa. Uno shock.
Una frustata di verità.
E fu lì che sorrisi.
«Brava, amore. Ti amo.»
Lei si rilassò.
«Dentro ho ancora la sua sborra… e la tua…»
«Lo so.»
Scesi con la bocca.
Le aprii le cosce.
E la leccai. Profondo.
La sua figa aveva un odore forte, un sapore nuovo.
Era piena. Di lui. E di me.
Bevvi tutto.
La ripulii.
La feci godere, più volte.
Con la lingua, con le dita, con il cuore.
Ero finalmente cornuto.
E felice.
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