Pensando a mia cugina (seconda parte)

Passarono i giorni ma il ricordo di lei e di quella sera continuavo a bruciarmi dentro, erano diventati un ossessione. Chiudevo gli occhi e rivedevo quella scollatura che aveva accarezzato l’ombra tra i seni, la gonna che si era stretta alle cosce quando si era seduta,quelle calze che esaltavano le forma delle sue gambe..."Basta" dissi a me stesso,dovevo provare a possedere un frammento di lei che mi facesse rivivere quella serata.
Le mie visite si facevano sempre più frequenti,dicendo a me stesso che erano per andare a trovare lei. Ma in realtà il vero motivo era un altro: desideravo, in silenzio, riuscire a possedere qualcosa di suo, anche solo un frammento che potesse ricordarmi quella serata. Lei non lo sapeva, non poteva saperlo.Dopo un po’ che parlavamo, seduti al tavolo della cucina, le chiedevo se potevo usare il bagno. Era sempre lo stesso rituale, una scusa collaudata. In realtà, quello che cercavo era altro: un’occasione per sbirciare nel suo cesto della biancheria. Cercavo qualcosa di suo, di intimo,piccoli frammenti che potessero riportarmi a quella sera. Le mie ricerche non portarono mai a nessuno risultato,mentre l'ultima volta le cose andarono diversamente.
Entrai e chiusi la porta alle mie spalle, il cuore batteva,come sempre, così forte da sembrare un tamburo. Il respiro si faceva corto, affannoso, e l’eccitazione mi travolgeva al solo pensiero di poter trovare qualcosa di suo nel cesto della biancheria..
Mi inginocchiai lentamente, frugai nel cesto ma trovai le solte magliette a e asciugamani ancora umidi. Ma,cercando più in fondo intravidi un paio di collant neri arrotolati..morbidi, ancora intrisi dell’odore della sua pelle, del suo profumo...gli occhi mi si illuminarono,continuai allora a cercare trovandone un altro,questo era color champagne.Non credevo ai miei occhi,ero riuscito, finalmente, a trovare quello che cercavo....ero eccitatissimo.
Li portai al volto, chiudevo gli occhi, inspiravo piano. Era un viaggio sensoriale, una vertigine. Il nylon, sottile e ancora caldo del corpo che lo aveva indossato.
Presi i collant e li infilai in tasca,tirai lo sciacquone e tornai in cucina come se nulla fosse.Lei mi sorrise ignara ,o forse no di quello che succedeva quando andavo in bagno. Forse lo sapeva...ma forse, lo aveva sempre saputo.
Nei giorni seguenti bastavano quei collant per riportarmi lì, a quella sera. Lo prendevo, lentamente tra le dita, lasciandolo scivolare sulle mani, sulla pelle. Il suo odore era ancora lì.
Mi sdraiavo sul divano, li passavo sul volto, sulle labbra, e lasciavo che la mente andasse a quella gonna che si sollevava, alla linea nera delle autoreggenti, al modo in cui il tacco le dondolava dalla punta del piede. Ogni centimetro di quel tessuto sembrava vivo, come se fosse ancora avvolto intorno a lei.
C’erano momenti in cui il desiderio mi travolgeva con una forza quasi dolorosa. Mi lasciavo andare, stringendo quel collant contro il petto, contro il ventre, immaginando le sue gambe, i suoi sospiri, la pelle che si tende sotto il nylon. E il piacere arrivava. Lento, pieno, inevitabile. Sempre con la stessa intensità.
Un mesetto dopo, mia cugina mi chiamò per chiedermi di andarla a trovare, dicendo che aveva qualcosa da dirmi. Abbiamo fissato un giorno e sono andato da lei.
Una volta arrivato a casa sua mi fece accomodare in cucina e ci mettemmo a sedere,mi offri del vino rosso,e iniziamo a parlare del più e del meno come sempre avevamo fatto.
Il vino rosso scivolava pesante tra i nostri bicchieri, sciogliendo le inibizioni insieme alle parole rimaste in sospeso
dopo quella mia uscita "infelice" su di lei.
"Devo scusarmi con te," disse, facendo roteare il vino nel bicchiere. "Quella sera... sapevo esattamente cosa stavo facendo..quelle provocazioni non erano per te," sospirò "Erano per mio marito. Volevo che vedesse che altri uomini mi desideravano ancora...volevo fargli capire che ero sempre una donna attraente e sexy."
Avevo passato notti insonni a ripensare a quel momento, a come lo spacco della gonna aveva lasciato intravedere l’elastico delle autoreggenti, quel lembo di pelle che mi aveva acceso il desiderio all’istante, facendomi sentire eccitato come un adolescente...e ora, proprio mentre quei ricordi stavano finalmente affievolendosi, lei riporta tutto a galla, facendomi rivivere ogni istante con la stessa intensità di allora."
"Ma ha funzionato"chiesi io incuriosito ?"
Lei sorrise, ma con un’ombra di amarezza negli occhi. "Sì… per una settimana mi ha toccata e guardata con la stessa passione dei primi tempi, come quando ci siamo conosciuti. Ma poi tutto è svanito, ed è tornato a ignorarmi, come se niente fosse." Bevvi un altro sorso, sentendo che l'alcol intanto, stava entrando in circolo.
All’improvviso, lei si alzò senza dire una parola, e si diresse verso il bagno. Tornò dopo poco con qualcosa di nero e lucido tra le dita...erano un paio di collant.
Si avvicinò con calma e li lasciò scivolare sul tavolo davanti a me,profumavano ancora di lei.
"Li ho messi apposta nel cesto," disse, la voce bassa ma tagliente, "volevo vedere se sparivano anche questi."
Fece una pausa, poi mi fissò dritto negli occhi. "Dimmi la verità," continuò, "quanti dei miei indumenti hai preso dal cesto e portato a casa? Quante volte ti sei masturbato con la mia roba, fingendo che fossi io a toccarti? Pensi che non me ne accorga, ogni volta che vieni a trovarmi dal bagno scompare sempre qualcosa?"
Il respiro mi si bloccò in gola. La mia ossessione, il mio segreto più oscuro, era stato smascherato. Cominciai a balbettare, cercando di spiegarle, di giustificarmi in qualche modo, ma lei mi zittì con uno sguardo tagliente.
"Se ti piacciono così tanto, prendili," disse con voce ferma, quasi severa. "Prendili pure,ma questa volta non nasconderti in bagno per annusarli o per strusciarteli addosso,fallo qui. Davanti a me."
Un silenzio denso calò su di noi,poi, la sua voce lo squarciò come una lama.
"Anzi… aspetta un attimo," disse, accennando un sorriso malizioso. "Mi è venuta un’idea. Sai che c'è,userò la tua ossessione per le mie gambe… per punire mio marito."
Si allontanò verso la camera da letto. Rimasi lì, teso, con l’alcol che ormai bruciava lento sotto la pelle. Dopo qualche minuto, il suono secco e inconfondibile dei tacchi ruppe il silenzio.
Quando riapparve in cucina, il respiro mi si bloccò in gola.
Era lei,la camicetta bianca, quella che si apriva appena sul décolleté pieno e provocante,la gonna nera aderente con lo spacco laterale che, a ogni passo, lasciava intravedere un lampo di coscia. E poi… quelle maledette calze nere,le stesse che avevano popolato i miei sogni, le mie fantasie, le mie notti insonni.
"Seguimi in salotto. Prima che cambi idea," disse con tono fermo, senza lasciarmi scampo.
La seguii, lo sguardo incollato al modo in cui le sue calze sussurravano ad ogni passo, come se mi parlassero. Mi indicò la poltrona con un cenno, e mi sedetti. Lei si sistemò sul divano, proprio di fronte, accavallando le gambe con quella lentezza studiata, accompagnata dal fruscio inconfondibile del nylon che sembrava tagliare l’aria.
"Ricordi questa scena?" sussurrò, facendo scivolare la sua mano lungo tutta la gamba.
"Come potrei dimenticarla…" risposi a mezza voce, "da quella sera sei diventata la mia ossessione. Non riesco a cancellare quell’immagine… le tue gambe accavallate, avvolte nel nylon… ci penso continuamente,giorno e notte..."
Lei sorrise appena, ma non smise di fissarmi.
"Visto che mi hai confessato di pensare sempre alle mie gambe, dimmi…" La sua voce era un sussurro, un ordine mascherato da carezza. "Le trovi davvero così belle? così desiderabili? ti eccitano tanto da farti perdere la testa?...Dimmelo…" facendo una pausa, sottile, studiata.
"Cosa faresti alle mie gambe, ora che siamo qui… io e te da soli… e niente e nessuno a fermarci? Dimmelo. Voglio sentirtelo dire!"
Deglutii,mentre il mio sguardo era fisso sulle sue cosce incrociate, appena scoperte.
"Le bacerei… lentamente, con devozione,partirei dalle caviglie, sfiorandole con le labbra,poi salirei, centimetro dopo centimetro, lungo i tuoi polpacci,li leccherei piano piano e quando arriverei alle ginocchia, mi fermerei solo per guardarti negli occhi…e poi salirei ancora, sulle cosce, sentendoti fremere ad ogni passaggio.
La mia lingua danzerebbe sulle tue gambe, e tu non potresti far altro che abbandonarti al mio tocco…lasciandoti andare completamente."
Lei mi fissò, immobile, come se ogni parola che avevo pronunciato l’avesse ipnotizzata.
"Non sapevo…" disse piano, "che qualcuno potesse desiderare le mie gambe così...non con questo ardore...non con questa… devozione."
"Lo sai?" continuo lei sussurrando e inclinando leggermente il volto, "quella sera… forse speravo proprio che fossi tu a guardarmi.
Non era per lui che avevo scelto quel vestito, quelle calze… era per uno sguardo che mi spogliasse senza toccarmi.
E adesso che sei qui, davanti a me voglio che tu mi faccia sentire cosa vuol dire essere davvero desiderata."
Mi fece cenno di avvicinarmi, con lo sguardo fermo, penetrante.
"Le mie gambe sono tutte tue, adesso mostrami se hai davvero il coraggio…di trasformare le tue fantasie in realtà."
Mi chinai senza dire nulla,la mia bocca cominciò a sfiorare le sue gambe, iniziando dalla caviglia, risalendo con lentezza, soffermandomi sui polpacci scolpiti e sulle cosce piene e perfette.
Ogni centimetro della sua pelle era un richiamo irresistibile. Il profumo del suo corpo, fuso a quello del tessuto che stavo accarezzando, era intenso, quasi ipnotico.Lei si contorceva sotto di me, ma non per fuggire,tutto il suo corpo vibrava come se stesse aspettando da anni quella devozione.
Le baciai con una lentezza disarmante..volevo che sentisse ogni secondo della mia ossessione, ogni sogno che avevo avuto su quelle gambe, ogni notte passata sveglio a desiderarle.
Intanto ero arrivato lungo l’orlo delle calze, e le dita scorrevano lente sulle sue cosce e iniziai a farle scivolare verso il basso, quando, le sfuggì un gemito e, con un movimento improvviso,allargò leggermente le gambe.
Il suo corpo parlava chiaro, il messaggio era evidente...prendimi..ora!.
Mi fermai un attimo sollevando appena il viso guardandola negli occhi."No," sussurrai...non questa volta"
Lei sorrise, quasi incredula, "Allora non vuoi prendermi?" domandò, con un filo di voce, sorpresa e incuriosita."Io sono qui per le tue gambe...io ti sto già prendendo,centimetro dopo centimetro,le tue gambe mi hanno tenuto sveglio, notte dopo notte…hanno abitato i miei sogni, consumato i miei pensieri e quelle gambe erano tutto quello che desideravo" risposi, mentre la mia lingua lambiva il bordo dell’interno coscia.
La sua voce ormai, era colma di un desiderio ormai impossibile da nascondere."Voglio che mi mostri tutto quello che hai immaginato, ogni volta che guardavi le mie gambe ...i tuoi pensieri... fammi sentire cosa significano davvero per te."
Ripresi da dove avevo interrotto,baciandole senza fretta, lasciando che le labbra si imprimessero come promesse sulla pelle.
Sfiorai con la lingua l’incavo del ginocchio, ascoltando il suo respiro spezzarsi, mentre le dita si stringevano sul tessuto del divano.
Salivo ancora, verso le cosce, dove la pelle sembrava ardere per poi riscendere verso le caviglie
Intanto le calze scivolavano sempre più giù,mi fermai un attimo per ammirare quella pelle finalmente nuda.
Dopo tutta quella adorazione le calze giunsero infine alle caviglie, le tolsi lentamente le scarpe,sfilandole le calze con cura. Prima di poggiarle sul divano, le portai al viso per assaporare ancora una volta il suo profumo, impresso sul tessuto come un’impronta invisibile.
Le rimisi le scarpe e, senza dire una parola, riprese il suo gioco di seduzione, con occhi che sapevano esattamente di avermi in pugno.
Ora le sue gambe erano nude e lucenti. Ogni raggio di luce accarezzava i polpacci tonici, scolpendo ombre morbide lungo le cosce e rendendole ancora più irresistibili. Le desideravo con una fame che mi bruciava dentro.
"Dimmi la verità… ti piacciono di più così, nude, o le preferisci avvolte nel nylon?" chiese lei con voce bassa e sensuale.
"Ora lo capirai da sola" risposi, ormai incapace di trattenermi.
Con frenesia mi gettai su quelle gambe nude, ormai private del nylon.Le sue gambe luccicavano sotto la luce fioca, ogni muscolo in tensione sembrava piu' definito.La mia bocca si posò sui polpacci, li baciava, li leccava, ne seguiva i contorni come a volerli scolpire con la lingua. Poi risalii, più lento, più affamato, e i miei denti sfiorarono l’interno delle sue cosce, mordendole piano. Lei tremò, poi un gemito le sfuggì dalle labbra.
Ero al limite. Con un gesto istintivo, liberai il mio sesso, teso e gonfio di desiderio, dalla prigione dei pantaloni. Lo afferrai, mentre lo sguardo di lei si faceva più scuro, più complice, più affamato.
"Fermati" disse lei, con un tono deciso ma seducente, invitandomi ad alzarmi.
Le sue dita sfiorarono le mie, prendendo il mio posto con una naturalezza disarmante.
Il suo primo tocco mi tolse il respiro: avevo capito subito che non sarebbe stato solo piacere, ma qualcosa che mi avrebbe segnato profondamente.
La sua mano si muoveva con padronanza, una danza perfetta tra fermezza e dolcezza. Scivolava lungo l’asta con un ritmo ipnotico, le dita accarezzavano la punta, già lucida di desiderio. Ogni gesto era studiato, ogni sfioramento un tormento delizioso.
Sentivo l’orgasmo montare, inarrestabile, come un’onda che si alza prima di frantumarsi sulla riva. Un vortice di piacere mi travolse, il corpo scosso da scariche che sembravano infinite.
Accarezzai per un’ultima volta quelle gambe perfette prima di lasciarmi andare.
Venni come un fiume in piena, schizzi caldi che esplodevano su di lei, ricoprendole le gambe, segnandole di me. Ogni getto era più profondo, più intenso. Lo sperma colava lungo le sue cosce, scivolava sui polpacci, raggiungeva le caviglie e bagnava persino le scarpe, come un atto finale di adorazione.
Lei rimase per un attimo in silenzio, sorpresa dalla mia reazione così intensa.
"Dio... da quanto aspettavi questo momento?" mormorò, "per avere una reazione così viscerale?"
Non risposi. Ero ancora tremante, senza fiato, travolto dall’onda di piacere appena esplosa.
Il mio sguardo si posò su di lei, su quelle gambe accavallate e segnate dal mio sperma. Gocciolava lento, disegnando rivoli lucidi sulla sua pelle liscia. Quelle stesse gambe che avevano turbato le mie notti, scatenato fantasie ossessive, erano lì, ora, finalmente mie.
Lei si ricompose con grazia, prese le calze dal divano e le avvolse attorno al mio sesso ancora teso. Con movimenti delicati, sensuali, raccolse ogni stilla rimasta, come se volesse custodire ogni frammento di quel piacere. Poi fu la sua mano a pulirsi, le dita colme di quel liquido denso e caldo, che colava tra le pieghe del palmo. Infine si chinò sulle proprie gambe, soffermandosi sui polpacci, dove il mio piacere si era concentrato.
Quando ebbe finito, si alzò e mi guardò con un sorriso malizioso.
"Voglio farti un regalo… per ricordarti questa giornata," disse, porgendomi le calze, ancora umide, macchiate del mio desiderio.
Lei si chinò appena, sussurrando:
"Anche se sono sporche… voglio sperare che le userai comunque. Ogni volta che le prenderai tra le mani, sarà come avere le tue mani sulle mie gambe."
Si allontanò senza voltarsi, lasciando dietro di sé solo il profumo della pelle.Dopo poco, alle mie spalle, sentii l’acqua scorrere nella doccia.
Rimasi solo nella stanza, con le sue calze ancora calde tra le dita.
Chiusi gli occhi, perdendomi nell'immagine evocata da quelle parole.
Quelle sue gambe accavallate sul divano, avvolte dalle calze che ora stringevo tra le mani ancora intrise del suo profumo…era il suo odore, il suo piacere, la sua resa.Mi alzai, lentamente e andai a riporre le calze nel mio zaino.Prima di uscire dalla stanza, le lasciai un biglietto:
"Per mesi ho immaginato le tue gambe,le ho spogliate con lo sguardo, baciate con la mente, desiderate fino al tormento.
Oggi le ho vissute. Centimetro dopo centimetro.Il mio tocco ha tracciato mappe sulla tua pelle, il mio respiro ha inciso ogni curva.
E adesso… il mio desiderio cola ancora su di loro...sui tuoi polpacci tesi, sulle cosce che ho adorato, sulle caviglie dove ho lasciato l’ultima scia.
Quelle gambe… non mi lasceranno più.Nemmeno quando chiuderò la porta dietro di me."
Chiusi la porta alle spalle, il cuore ancora martellante.
Ma sapevo che sarei tornato,perché una dipendenza così… non finisce mai davvero.
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