Scopata dal negro sul regionale

Il treno regionale procedeva lento, scivolando nel buio delle campagne.
Carlotta si maledì per essersi sobbarcata quel lavoro ed aver fatto tardi in ufficio. Era la prima volta che prendeva il treno così tardi.
Sedeva nella parte centrale della carrozza, dove le due file di sedili erano disposte frontali, dal lato finestrino; teneva un libro aperto sulle ginocchia, ma non riusciva a leggere.
Ogni tanto alzava lo sguardo, guardandosi intorno: lo scompartimento era praticamente vuoto, tranne che per uomo sulla cinquantina, seduto qualche fila più in là, in diagonale rispetto a lei.
Una situazione opposta rispetto a ciò a cui era abituata di solito: prendeva abitualmente il treno all’ora di punta, quando i vagoni erano completamente pieni di pendolari, e bisognava sgomitare per trovare non un posto a sedere, ma un angolino di pochi centimetri cubi. Solitamente non le piaceva l’assembramento da carro bestiame, ma rispetto a quell’inquietante deserto, si rese conto che lo preferiva decisamente.
Carlotta si sistemò dietro l’orecchio una ciocca dei lunghi capelli castani che le ricadeva sul viso; teneva lo sguardo basso sul libro, ma le parole su cui posava lo sguardo quasi non arrivavano alla sua mente.
Sollevò di nuovo lo sguardo, e lo distolse immediatamente dopo, mentre il cuore iniziò a batterle più freneticamente. Quell’uomo la stava fissando insistentemente.
Strinse a sè la giacca, come a cercar riparo dietro quell’indumento, sentendosi improvvisamente vulnerabile.
Sotto la giacca indossava un abito semplice ma femminile: un vestitino leggero, color bordeaux, che seguiva le forme del suo corpo senza costringerle, scendendo appena sopra le ginocchia. Il seno, pieno e proporzionato, disegnava curve che nè la giacca nè il piccolo scollo a V dell’abito potevano nascondere.
Le calze velate nere rendevano le gambe naturalmente sensuali, e gli stivaletti con un piccolo tacco slanciavano la sua figura morbida e formosa. Quando si muoveva appena sul sedile, l’orlo del vestito si sollevava appena, lasciando intravedere un minuscolo scorcio di pelle chiara che contrastava con la trasparenza della calza.
Al collo portava un foulard di seta chiaro, che le scivolava spesso di lato rivelando la linea delicata del collo e la scollatura morbida del vestito. Niente gioielli vistosi, solo piccoli orecchini dorati che brillavano sotto la luce del neon del treno.
Si morse nervosamente il labbro, indecisa su come comportarsi, mentre non smetteva di sentirsi osservata: se si fosse alzata per andare a cercare qualcuno, quello avrebbe potuto raggiungerla e bloccarla facilmente; non sapeva dove fosse il controllore, e quando era salita sul treno, anche le altre carrozze sembravano deserte.
L’uomo si alzò, e prese a camminare nel corridoio, un po’ barcollante, forse a causa degli improvvisi dondolii e scossoni del treno, forse perchè -considerata la birra da discount che teneva in mano- non era esattamente lucidissimo.
Carlotta sentì il cuore batterle all’impazzata, mentre alla paura si mescolavano nuove, diverse emozioni.
Quando viaggiava in modalità “carro bestiame”, diverse persone approfittavano degli spazi angusti per qualche palpata di troppo: al suo sedere, ai fianchi, alle cosce, perfino al seno.
Una parte di sè ne era infastidita, ma un’altra decisamente no. Anzi, aveva scoperto che riceve fugaci attenzioni da sconosciuti la eccitava.
E mentre l’ubriacone si avvicinava, avvertì una sensazione di calore tra le cosce.
La sua parte più razionale e controllata però le ricordava quanto le cose fossero diverse: un conto era una toccatina, ma essere a tarda sera in un vagone deserto con un ubriaco era ben altra cosa; avrebbe potuto derubarla, o picchiarla.
Fece un profondo respiro, e finse di ignorarlo, assorta nella lettura.
“bella ragazza…” la salutò lui, con un marcato accento slavo, avvicinatosi, ed una zaffata di alcol investì Carlotta così violentemente che dovette sforzarsi per non fare alcuna smorfia. Sì, quell’uomo aveva decisamente bevuto molto. “...viaggi sola?” le domandò, e senza chiedere alcun permesso, si sedette di fronte a lei.
Era un uomo sulla cinquantina, barba incolta e capelli spettinati, con un tanfo di alcol così forte che quasi si poteva vedere.
"Mi scusi, sto leggendo.” rispose lei, guardandolo fugacemente, per poi abbassare di nuovo lo sguardo sul libro.
Quell’uomo la stava spogliando con gli occhi, e se non fosse stato per la nauseabonda puzza di alcol, avrebbe quasi potuto concedergli qualcosa, pensò.
Tuttavia, il suo buon senso le impose di mantenersi distaccata e di ignorarlo.
“ti faccio compagnia io! viaggio lungo e noioso!” biascicò lui, in tono mellifluo e invadente, mentre il treno si era fermato in un’altra piccola stazione e si accingeva a riprendere velocità.
Carlotta sentì la porta scorrevole aprirsi, ma non alzò lo sguardo. Strinse il libro fra le mani, sentendo il disagio crescere.
“no, grazie” rispose lei, calcando con una certa enfasi le due parole, a rendere evidente il suo fastidio, e soprattutto per accertarsi che il nuovo arrivato le sentisse distintamente. Il tanfo di alcool stava spegnendo ogni libidinoso pensiero, e la sua parte razionale stava ora prendendo il sopravvento.
In tutta risposta, l’ubriacone bevve un sorso dalla lattina, e allungò il braccio verso di lei
“tu troppo rigida! bevi un po’, aiuta a sciogliere!”
Mentre alzava gli occhi per rispondergli con un altro rifiuto, il nuovo arrivato si palesò accanto a loro, nel corridoio. Era un ragazzo di colore, di qualche anno più giovane di Carlotta, alto e magro. T-shirt e pantaloncini rivelavano braccia e gambe lunghe e robuste, e la pelle scura e uniforme aveva un riflesso caldo sotto la luce artificiale del treno, mettendo in risalto i tratti netti del viso: zigomi marcati, mascella forte, labbra piene che sembravano disegnate per un sorriso sicuro e pericolosamente seducente.
“amico, ha detto di no” interviene il ragazzo, con la sua voce bassa e gutturale
“cazzo vuoi tu…” borbotta infastidito l’ubriacone, senza distogliere lo sguardo da me, “...sto solo offrendo da bere alla ragazza”
Carlotta si sentiva quasi pietrificata, non riusciva nè a parlare nè a fare un cenno della testa. e si rese conto che stava fissando intensamente il ragazzo di colore. Come se quella pelle scura esercitasse su di lei un’attrazione quasi magnetica, rendendole impossibile fare qualunque altra cosa.
In tutta risposta, il nero afferrò di peso l’ubriacone e lo sollevò in piedi, guardandolo severo.
“togliti dalle palle” lo minacciò, con la sua voce potente e gutturale, e spinse l’ubriaco nel corridoio della carrozza, facendolo incespicare. Sarebbe caduto, se non avesse usato la mano libera per aggrapparsi ad un sedile.
Carlotta aveva il cuore in gola, temendo che la cosa degenerasse in una rissa. Anche se il nero sembrava abbastanza sicuro di sè.
“va bene, va bene, è tutta tua” biascicò l’ubriaco, dandogli del tutto le spalle mentre si allontanava barcollando
“via da qua!” gli urlò contro il nero, a rimancare il suo ordine.
L’ubriacone non si voltò, gli fece il gesto del dito medio, ed andò ad aprire la porta scorrevole, entrando in un’altra carrozza e lasciandoli soli.
Le sue parole avevano colpito Carlotta. è tutta tua.
Ripetendole mentalmente, si rese conto che in effetti era passata dall’essere in balia di un ubriacone molesto, ad un aitante e vigoroso nero, che avrebbe potuto far di lei quel che voleva.
E non le dispiaceva affatto.
“tutto bene?” le chiese, sedendosi accanto a lei
Carlotta lo guardò inebetita, e inspirò profondamente, riscuotendosi da quella sorta di torpore “S-si… credo di si”
“lo incontro spesso. Lui sempre ubriaco. Ma non da problemi. Lui cacasotto” rispose lui. La osservava con discrezione, senza mai essere invadente, ma ogni movimento di lei sembrava catturarlo.
Carlotta mise da parte il libro, ed accavallò le gambe. Ogni sobbalzo del treno faceva scivolare l’orlo del vestito un poco più su, e lui non poteva fare a meno di notare quella porzione di coscia che si rivelava e si nascondeva.
“quindi…” disse Carlotta, “...sei intervenuto già altre volte?”
“No. prima volta che c’è ragazza bellissima qui” rispose lui. Il suo italiano era un po’ stentato, ma la sensazione di calore che provava Carlotta sembrò farsi un incendio
“grazie…” rispose, imbarazzata, “...non capita spesso che qualcuno intervenga così”
Lui rise piano “forse non capita spesso di incontrare qualcuno che merita di essere difeso. Non ti ho mai vista”
“non viaggio mai a quest’ora”
uno scossone più forte del treno fece ondeggiare entrambi, avvicinandoli. la gambe di lui le sfiorò la coscia, e lei si ritrovò con la propria mano sulla coscia di lui, a contatto con la sua pelle scura e calda. La muscolatura esile ma tonica gli conferiva un’aria virile che lei trovava irresistibile.
“allora era destino incontrarti” rispose, e la sua mano, grande e forte, sfiorò quella di Carlotta, facendola vibrare.
Lei abbassò lo sguardo sulle sue mani forti, poi tornò ai suoi occhi scuri e profondi.
“Mi stai guardando come se…” iniziò lei, ma non concluse.
“Come se voglio spogliarti?” completò lui, con naturalezza.
Un brivido le percorse la schiena. Lei trattenne il fiato, poi rise piano, cercando di sciogliere la tensione. “Sai che sei molto diretto?” accarezzandogli la coscia, risalì oltre l’orlo dei pantaloncini
“Quando qualcosa mi colpisce, non riesco a fingere”, replicò lui.
Carlotta sorrise, avvicinandosi all’inguine, e afferrò l’orlo della sua t-shirt
“allora perchè non inizi tu, e vediamo se qualcosa colpisce anche me…”, lo provocò, melliflua.
Quello non se lo fece ripetere: sfilò via la maglietta, e si abbassò mutande e pantaloncini.
Carlotta lo osservò estasiata: quel corpo d’ebano, modellato e perfetto. Il suo cazzo non era ancora nel pieno del vigore, ma già sembrava pronto a ergersi maestoso e potente
“colpita?”
“molto…”
Carlotta gli accarezzò il petto, giocò con un capezzolo, e tracciò con le unghie delle linee lungo il suo addome, fino a raggiungere la base della sua verga
“Ora tocca a te” propose lui
Carlotta si tolse la giacca
“sicuro che a quest'ora non passa nessuno? “
“sicuro” Rispose lui, palpandole il generoso seno, che iniziava a sentirsi stretto tra gli abiti.
Si scambiarono un lungo, appassionato bacio, le lingue che vorticavano voraci, mentre Carlotta abbassava le spalline del vestitino e del reggiseno, liberando finalmente le sue grosse tette
“wow” Commentò lui, afferrandogliele con entrambe le mani, che non riuscivano a contenere, mentre Carlotta gli accarezzava il pene, che diventava sempre più grande e duro.
Si tirò su il vestitino fino alla pancia, gli si inginocchiò davanti, e baciò lentamente quel cazzo scuro.
Poi schiuse le labbra, e lasciò che affondasse nella sua calda bocca.
Aveva un odore forte, che sapeva di maschio, la eccitava.
Succhio voracemente, il cazzo pulsava e cresceva, premendo tra le sue labbra. Avviluppava la lingua attorno alla cappella, ed il negro mugolava di piacere.
Lo osservò, compiacendosi di quanto fosse vigoroso e duro, con le spese vene che pulsavano lungo tutta la sua lunghezza, massaggiandolo alla base, e infilò la cappella in bocca.
Si sentiva sempre più eccitata, e quasi senza accorgersene, con la mano libera prese a masturbarsi a sua volta: le dita della sinistra si insinuarono sotto le sue mutandine, sfregarono le grandi labbra, che presero ad allargarsi, mentre con il pollice stuzzicava il clitoride.
Il cazzo le riempiva la bocca, riusciva ad accogliere poco più della metà, la lingua che vorticava attorno alla cappella mentre le labbra succhiavano avidamente, tra i suoi mugolii ed i respiri pesanti del negro.
Si staccò per un momento, per riprendere fiato e deglutire la saliva
“mai preso cazzo così?” le domandò lui
“mai…” rispose lei, ancora con l’altra mano tra le gambe.
Lui prese il suo cazzo dalla base, schiaffeggiandola sulla guancia, poi le prese la nuca e glielo ficcò in gola.
Carlotta si sentì soffocare da quella verga, e la mano di lui le impediva di ritrarre indietro il capo, mentre le veniva da tossire e non riusciva a liberarsi da quel cazzo opprimente.
Eppure non smise di masturbarsi, anzi si rese conto di avere un lago tra le mutandine.
Lui premeva sulla sua nuca e al contempo muoveva il bacino, forzandola a prenderne sempre di più. Quando lasciò la presa sulla testa, Carlotta si tirò indietro e tossì violentemente, rischiando di soffocarsi con la sua stessa saliva.
Lui si chinò su di lei, e la baciò voracemente.
“si vede che tu non abituata…” le disse lui col suo marcato accento, staccandosi da lei, “...tu come verginella, devi fare pratica”
Carlotta non rispose, troppo impegnata ad ansimare e riprendere fiato, con gli occhi fissi su quel cazzo enorme, e una mano ancora tra le sue gambe. Non era certo vergine, ma con cazzo di quelle dimensioni, si sentiva come se lo fosse.
Ancora in ginocchio, lui la fece voltare di spalle, sfilandole le mutandine bagnate e tenendole sollevato il vestitino per contemplare il suo culo.
Carlotta si chinò in avanti, e divaricò appena le gambe, tenendo il bacino inarcato per meglio esibire la sua figa. Lui le palpò le natiche, e vi ficcò il viso, leccandogliela avidamente, e provocandole incontrollati mugolii di piacere.
Le sue mani ruvide le massaggiavano le chiappe, e le diede anche un paio di schiaffi, facendola sussultare, prima di infilarle due dita nella sua fica bagnata
“scopami…” sussurrò lei.
Lui non se lo fece ripetere, sputò sulla sua fica, e un attimo dopo Carlotta sentì la punta della grossa verga premere per farsi largo dentro di lei.
Poi le mani di lui le afferrarono le tette, e prese a spingere.
“ahhhh!” Carlotta gemette di dolore: non aveva mai sentito qualcosa di così grosso!
Non riusciva a capire quanto fosse dentro, ma quando lui si tirò indietro quasi fino alla punta, capì che non era entrata neppure la metà.
Con un colpo deciso entrò più in profondità di quanto non avesse fatto in quel momento, senza smettere di tormentarle le tette.
Aveva appena iniziato e già le faceva male, eppure quando lui si tirò di nuovo indietro, Carlotta ondeggiò col bacino, desiderando che uscisse meno possibile da lei.
Lui riprese a spingere con più velocità e vigore, ad ogni colpo tornava indietro e spingeva più in profondità, mugolando di piacere anche lui.
Poi le mise le mani sui fianchi, e continuò a montarla con foga sempre maggiore, schiaffeggiandole il culo.
Carlotta ansimava e gemeva, ogni spinta la faceva sobbalzare, i suoi grossi seni dondolavano, mentre col bacino cercava di assecondare le spinte del nero, ma non riusciva a stare al suo ritmo.
Lui la tenne stretta per i fianchi, impedendole di muovere il bacino, e prese a pompare come un forsennato.
Carlotta urlò senza ritegno mentre sentiva le palle di lui sbatterle contro la pancia, mentre dal suo bacino spasmi incontrollati si fecero sempre più forti, sempre più violenti
“si! si! SII!” urlò lei, travolta da un orgasmo così forte che si sentì contorcere dentro, mentre le braccia sembravano cederle e dovette piegare il busto in avanti.
Le girava la testa ed il suo corpo era scosso da fremiti provocati da quell’intenso orgasmo, mentre il nero dietro di lei non accennava a rallentare il ritmo, e continuava a fotterla senza sosta.
“ah! ah! ti prego basta…” ansimò lei, mentre i tremori dell’orgasmo di affievolivano, e con essi la sensazione di piacere lasciava spazio a dolori sempre più intensi.
“ci sono quasi…” disse lui, la voce strozzata dal piacere.
Carlotta quasi si lasciò cadere per terra, completamente esausta, sfilandosi da lui, prima che potesse riafferrarla e riprendere a penetrarla.
Voleva che anche lui avesse il suo piacere, quindi fu rapida a voltarsi.
DIstesa carponi davanti a lui, che era ancora in ginocchio, gli prese il cazzo tra le mani, con una tenendolo alla base, e con l’altra massaggiandogli le palle, e lo portò alla bocca.
Lui le prese la testa, e ricominciò a scoparle la bocca con la stessa foga con cui la stava scopando pochi istanti prima.
Il bacino del nero si muoveva incessantemente, come il treno sul quale si trovavano, le palle sbattevano contro il mento di Carlotta, che si sentiva soffocare da quell’imponente verga.
Il nero gemette più forte, poi rallentò le spinte, tenendole comunque la testa bloccata, e Carlotta sentì tra le sue labbra il cazzo pulsare, e fiotti di sperma le finirono direttamente in gola, mentre una parte di essi, mista alla sua stessa saliva, le colava dalla bocca.
Quando ebbe ingoiato tutto, lui si staccò da lei, l’aiutò ad alzarsi, e la baciò ancora, con passione. In quel momento il treno rallentò, segno che stava per raggiungere una stazione.
“merda! è la mia fermata!” esclamò Carlotta, allarmata, infilandosi in fretta e furia spalline e reggiseno, che erano abbassati sul suo ventre.
“dove sono le mie mutan…” face per dire, ma si interruppe vedendo che le aveva già prese lui, e le teneva vicino al naso, con un sorrisetto trionfale
“queste le tengo io. Per sentire odore di tua fica” rispose lui
Carlotta sbuffò, non aveva tempo per mettersi a litigare per un paio di mutandine. Abbassò l’abitino, cercando di renderlo presentabile nonostante fosse completamente spiegazzato.
Indossò in fretta e furia la giacca, prese le sue cose, e corse giù dal treno, giusto un attimo prima che le porte automatiche si richiudessero.
La stazione era deserta, e mentre il treno ripartiva, lui era in piedi, ancora completamente nudo, a salutarla con la mano.
Ansimò, accennando un piccolo gesto di saluto a sua volta.
Era ridotta un disastro. Aveva i capelli completamente in disordine, il vestito completamente stropicciato, se non fosse stato per la giacca si sarebbe potuto notare che il reggiseno era messo in malomodo; le facevano male le natiche e l’interno coscia, le sue ginocchia erano arrossate, con le calze sul punto di strapparsi; ed intorno alle labbra le colava un misto di saliva e sborra.
Ma alla fine, prendere l’ultimo treno non era così male.
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