Da amante a bull 1 - l'inizio

ero nel mio ufficio, e nonostante fosse un sabato pomeriggio, mi ero messo a lavorare e mandare un po’ di email.

Un rumore di tacchi a spillo mi fece comprendere che Rosa stava arrivando.

“sei in ritardo” le dissi quando mi fu davanti, senza staccare gli occhi dal pc.

“hai ragione…” rispose lei, in tono quasi sommesso, “...Mario non era convinto che avessimo così tante urgenze, ho dovuto inventarmi un sacco di dettagli per spiegargli perchè abbiamo così tante urgenze e perchè non posso occuparmene da casa.”

Mario è il marito di Rosa, sono sposati da 15 anni, e lavorano nella stessa azienda. Rosa è alle mie dirette dipendenze, mentre Mario in un altro settore. Non è semplice per Rosa condividere marito e amante nello stesso luogo di lavoro.

Con Rosa abbiamo iniziato a divertirci circa 6 anni fa, quando ero da pochi mesi entrato in azienda, e non ero ancora il suo diretto responsabile. Per ovvi motivi, abbiamo spesso evitato di farlo in azienda: muovendosi assieme al marito, non poteva trattenersi a sera, perciò al massimo ci concedevamo qualche sveltina in bagno durante la pausa pranzo. A parte quello, siamo sempre stati professionalmente distaccati e impeccabili sul luogo di lavoro, in modo da non dare adito a nessun sospetto o pettegolezzo.

Tuttavia, soprattutto da quando sono il suo capo, l’idea di farlo in ufficio è diventata sempre più stuzzicante e ossessiva, e sebbene Rosa sia estremamente paranoica, abbiamo organizzato la scusa perfetta per essere soli in ufficio,sfruttando il weekend.

“beh, se lunedì chiederà un po’ in giro, molti gli confermeranno che sono stato particolarmente rompicoglioni, questo weekend…”, le risposi, finendo di inviare l’ennesima mail. “...per il resto, non ha che da venire a parlarmi.” ho aggiunto, inviando la mail e distogliendo finalmente lo sguardo da pc.

Rosa portava tutto sommato bene i suoi 43 anni. Nonostante fosse sabato, aveva indossato uno dei suoi tailleur da lavoro, giacca e gonna color bordeaux, ed una camicetta bianca a righe, che premeva contro il suo prosperoso seno. I capelli neri raccolta in una coda alta, il filo di trucco sul viso, il rossetto rosso e gli occhiali le davano proprio l’aria da collega porca, soprattutto grazie alle collant scure ed alle scarpe decollete con tacco a spillo.

Posò la sua borsa su una sedia, aggirò la scrivania e si sedette sulle mie gambe, baciandomi appassionatamente.

“direi che per oggi basta lavoro, no?” mi disse, mentre la mia lingua si intrecciava con la sua

“non mi dispiacerebbe farmelo succhiare da te mentre lavoro” le confessai, leccandole il collo.

"oggi concentrati su di me, e magari un giorno ti accontenterò” rispose, staccandosi da me ed inginocchiandosi.

L’idea di spingerci oltre e farlo anche in un giorno normale mi eccitava tantissimo, e quando mi abbassò i pantaloni la mia verga esibiva già il suo vigore.

Lei afferrò l’asta alla base, massaggiò lentamente ruotando il polso, e le sue labbra si posarono sulla cappella.

Leccò la punta, mentre con una mano mi segava e con l’altra mi massaggiava le palle.

La lasciai fare finchè il mio cazzo non raggiunse tutto il suo vigore, poi le afferrai i capelli, e le spinsi la testa contro il mio cazzo.

La mia asta veniva accolta dalla sua bocca calda, sentivo la sua lingua premere mentre affondavo la sua testa verso la base.

Non riusciva a prenderlo per intero, rivoli di saliva colavano dalla sua bocca sul mio inguine, mentre tossiva e tirava indietro la testa.

Mi alzai in piedi, le presi la testa con entrambe le mani, ed iniziai a fotterle la bocca senza ritegno.

Le sue mani si avvolsero attorno ai miei glutei, mentre io muovevo il bacino avanti e indietro sempre più veloce, affondando il cazzo nella sua gola.

Le lascia la testa e mi fermai, mentre lei fece scorrere le labbra e la lingua lungo la mia verga fino all’inguine, raccogliendo la sua stessa saliva.

Si alzò in piedi, tolse la giacca, e nonostante il reggiseno, i suoi capezzoli erano ben visibili, come spilli pronti a bucare il tessuto. La aiutai a sbottonarsi la camicia e spostai le coppe del reggiseno, liberando le sue grosse tette. Quella di non spogliarla del tutto all’inizio era un’esigenza data dai tempi ristretti, ma in quel momento la rendeva ancora più porca.

Le leccai e strizzai i capezzoli, strappandole un gemito di piacere, mentre infilai una mano sotto la sua gonna, accarezzandola tra le gambe attraverso il tessuto dei collant

“hai visto.. non ho messo le mutandine per te…” mi disse con un gemito, mentre armeggiava per togliersi la gonna.

Fece per abbassare anche i collant, ma la fermai

“queste le tieni…” le dissi staccandomi dai suoi capezzoli

Prima che potesse obiettare, la presi dai fianchi e la feci sedere sulla scrivania, divaricandole le gambe. Quindi strappai le collant nella parte centrale, liberando la sua figa già grondante di umori. Lei gemette, mentre infilai due dita dentro di lei, massaggiandole il clitoride col pollice.

Ripresi a baciarla sul petto ed a leccarle il seno, mentre lei gemeva a mugolava.

Tolsi le dita, facendole leccare i suoi stessi umori, e poggiai la punta della mia verga, sfregandola lungo le grandi labbra dilatate.

Lei gemette ancora, avvinghiandosi con le cosce attorno ai miei fianchi, mentre ondeggiava con il bacino, desiderosa di avermi dentro di sè.

Sfregai ancora la cappella su e giù, torturando il suo clitoride, e con un movimento secco del bacino entrai in lei, strappandole un gridolino di piacere.

Uscì quasi completamente, e spinsi più forte.

Ansimava e mugolava ad ogni mia spinta, e da movimenti lenti e profondi passai a fotterla velocemente, mentre lei gemeva senza ritegno.

Si distese sulla scrivania, mentre io la tenevo per i fianchi e spingevo sempre più veloce, gemendo con lei.

Fu in quel momento che, distogliendo per un istante lo sguardo, lo vidi.

Fuori dalla porta del mio ufficio, seminascosto, c’era Mario.

Che guardava me intento a fottere sua moglie come fosse una puttana.

Lui si accorse di essere stato visto, perchè sebbene stesse sbirciando, il nostro sguardo si incrociò per un istante.

In quell’istante io capì che lui era lì da un po’, anche se non sapevo esattamente da quanto, e continuai a scopare Rosa come se niente fosse, anzi con foga ancora maggiore.

Gli feci capire che sapevo che lui era lì, ma feci come se non ci fosse.

Rosa, con il busto disteso e lo sguardo verso di me, non si accorse di nulla, perchè da parte mia non ci fu nessun tentennamento, nessun cambio di espressione, nessuna sorpresa, nessun blocco.

Uscì da lei, ma non perchè stavo per venire.

“voltati…” le dissi, mentre la aiutavo a scendere dalla scrivania.

Lei obbedì, e guidata da me piegò il busto in avanti, appoggiando le mani ai braccioli della sedia, in piedi a 90 gradi.

Da questa posizione, rivolgevamo il fianco verso la porta, verso Mario.

Volevo che vedesse il mio cazzo, e che vedesse meglio come fottevo sua moglie.

La presi nuovamente dai fianchi, e ricominciai a martellarla, le mie palle che impattavano contro di lei ad ogni spinta.

Mi voltai per un istante. Lui era ancora là, il volto atterrito. Sembrava pietrificato.

Lo ignorai ancora, e continuai a spingere, alternando movimenti lenti e profondi, a spinte veloci e intense.

Rosa ansimava e gemeva sempre più forte, mentre il suo bacino tremava per effetto dell’orgasmo.

Mi staccai da lei solo quando ero all’apice, lei si voltò in tutta fretta, s’inginocchiò e lo prese in bocca, succhiando avidamente mentre fiotti di sperma invadevano la sua bocca.

Quando ebbi finito mi voltai nuovamente, ma Mario non era là.

Di certo aveva visto abbastanza, questo era l’importante per me.

Mentre mi tiravo su i pantaloni, e Rosa si rivestiva, decisi di dirglielo

“sai che tuo marito ci ha visti?” le domandai, con un tono quasi soddisfatto

“cosa!?” esclamò lei, incredula e allarmata, “...ma che stai dicendo? Quando?”

Indicai verso la porta con un cenno dello sguardo “era lì, a godersi la scena”

“cosa!?” Rosa si guardò intorno, completamente nel panico “...non è possibile, mi ha seguita! ci ha scoperti! perchè… perchè non mi hai detto nulla!”

“calma, calma…” la rassicurai, mettendole le mani sulle spalle, “non ha fatto nulla, non è entrato urlando con la voglia di spaccarmi la faccia, non sarà più un problema”

“ma.. come fai a essere così tranquillo!”

“ascoltami… probabilmente già sospettava, magari addirittura sapeva. Se non è intervenuto, è perchè ciò che ha visto, è esattamente ciò che voleva vedere: molti uomini si eccitano a veder le proprie donne trattate in un modo che loro sognano, ma non sono in grado di compiere”

“ma che stai dicendo!” rispose lei, quasi presa da una crisi isterica "...potrebbe volere il divorzio, potrebbe dirlo in azienda e farci cacciare entrambi”

“non lo farà, perchè in questo modo diventerebbe pubblicamente il marito cornuto. Sarebbe fin troppo umiliante per lui”

“quindi secondo te gli starà bene che io e te continuiamo le nostre vite nonostante sa tutto?”

“non solo: arriverà ad essere lui a chiederci di scopare. Dorà solo riuscire ad ammetterlo”

“ma è impossibile!”

“in realtà no: basta fargli notare che ad averci scoperti e ad averci visti, tutto sommato, si è molto eccitato”

“pensi si sia eccitato?”

“penso si sia fatto una sega” il mio era un po’ un azzardo, perchè nascosto com’era, non ero stato in grado di stabilirlo, ma ne ero abbastanza confidente, avendo inquadrato il tipo d’uomo, in base a ciò che vedevo sul lavoro, ed ai resoconti di Rosa sulla loro intimità.

Ancora sconvolta, Rosa incrociò le braccia al petto “cosa dovrei fare ora?”

“vedrai che non ti dirà nulla, lascia fare a me”

“e se invece lo farà?”

“allora ricordagli le conseguenze per lui, se la cosa dovesse diventare pubblica. E i piaceri che potrebbe trarne se rimanesse tra noi, con lui a partecipare. è sufficiente questa domanda diretta: ti è piaciuto ciò che hai visto?”

Rosa se ne andò, e poco dopo io feci lo stesso. Mai come quella volta, non vedevo l’ora che fosse lunedì.