Il problemino: la rivelazione

La prima volta che l’ho fatto con Agnese, ho avuto una paura boia di deluderla. A dirla tutta, era l’ultimo di una lunga serie di timori che si sono accumulati da quando ci siamo conosciuti. L’età, tanto per iniziare: io poco sopra i quaranta, lei una decina di anni di meno. Poi la nostra condizione: Io reduce da un divorzio, lei single dopo essere stata abbandonata dall’amore della sua vita; io alla ricerca di una compagnia senza impegno, lei di una relazione stabile. Eppure, funziona.
Agnese è una ragazza dolce e romantica, dalle forme morbide, una BBW, non eccessivamente “Big”, però molto “beautiful”. Prima di conoscerla, la vedevo spesso al parco col suo cagnolino, mentre io facevo la mia camminata giornaliera, per mettere a posto la coscienza che la mia pancia prominente non è alla mia pigrizia genetica. La nostra conversazione si limitava a un ‘ciao’’ e un sorriso di circostanza. Poi, un paio di mesi fa, mi decisi e mi feci avanti. Entrammo subito in confidenza, e persino quando mi propose di uscire, accettai senza pormi problemi. Cenammo in un locale della mia zona, poi facemmo una lunga passeggiata, parlando delle cose più svariate.
Alla fine di quella serata sentivo il cuore gonfio, Agnese è una bella persona, dentro e fuori, e a quanto pare, dopo quella sera, anche lei pensò la stessa cosa: prima di uscire dall’auto mi diede una carezza e poi mi baciò. Arrivai a casa felice, poi, a una a una, tutte le paure vennero a galla. Dopo quella sera, iniziammo a frequentarci, scoprendo che le mie paure erano anche le sue, e insieme le smontammo, a una a una. Agnese è una donna d’altri tempi, dopo lo scotto della sua storia precedente, decise di andare adagio con me, e io lo accettai, anche se un mese di uscite senza sesso, vanno ben oltre il normale concetto di “andarci piano” almeno per due adulti.
Eccoci, quindi, alla sera decisiva, un mesetto fa. Stiamo facendo petting da mezz’ora sul divano di casa mia, quando lei dice, sospirando eccitata: «Sono pronta, facciamolo.»
A quel punto non posso più rimandare, meglio avvertirla, prima che se ne accorga da sola
«Prima, però, ti devo dire una cosa.»
Lei appoggia la mano sui boxer e dice maliziosa: «Sei gay? A me non pare proprio …»
E da una strizzata.
«No … è che non sono molto dotato. Non vorrei deluderti.»
Lei mi squadra.
«Non sei un po' vecchietto per avere ancora l’ansia da prestazione?»
«No, non è quello …»
«Le tue ex erano soddisfatte?»
«Mi pare di sì …»
Vedo il viso cambiare espressione, e mi rendo conto che sto rovinando il momento.
«C’è qualcosa che non va?»
A quel punto desisto: tanto vale andare fino in fondo, e affrontarne le conseguenze.
«No, niente. Ti amo, andiamo in camera da letto.»
Mi abbraccia, poi andiamo in camera e ci spogliamo. Quando sono nudo, lei guarda, poi prende in mano il pene strusciando il prepuzio avanti e indietro.
«E ti preoccupi per questo? Va più che bene, vedrai.»
Poi si mette a quattro zampe sul letto, porgendo il sedere enorme alla mia vista.
«Dai, leccami.»
Una visione che rinvigorisce la mia eccitazione. Le allargo le natiche e immergo il viso sul suo sesso liscio e gonfio.
Il mio amore per lei è dettato anche dal voler dare uno strappo al passato. Le donne che ho avuto prima di Agnese sono tutte minute, l’esatto contrario di lei. Godo, quindi, per l’abbuffata e sento che anche lei è partecipa al banchetto. Poi, però, mi sollevo e struscio la punta sulla vulva bagnata e aperta, e la sproporzione dei due sessi smonta l’erezione. Mi sento come Gulliver, che dopo aver passato una vita come un gigante tra i nani, si ritrova ad essere un nano tra i giganti. Il mio pisello sembra un dito, se confrontato alla vulva di Agnese, e si ritira intimidito in mezzo al cespuglio di pelo, sotto la pancia prominente.
«Va tutto bene?»
«Ehm, mi serve un aiutino.»
Lei sbuffa e si gira, poi lo prende cin le sue mani piccole e lo massaggia. Faccio un sospiro di sollievo, sentendo la virilità che riprende forma. Lei, a questo punto, vuole essere sicura che non ci siano altri intoppi e inizia un pompino sublime. Solo quando sente che l’erezione è robusta, si stende.
«Vieni, facciamolo alla vecchia maniera.»
Scopiamo alla missionaria. Dopo che è venuta, esco e inizio a masturbarmi, giustificandomi
«Sei troppo bagnata, non ti sentivo più.»
Da anni non riesco a venire dentro una donna per quella ragione, e anche perché godo di più masturbandomi mentre lei mi guarda, o mi aiuta. Lei capisce al volo, con una mano strizza le palle. Quando poi capisce che sono quasi in dirittura, inumidisce il dito medio.
«Scommetto che ti piace …»
Annuisco, felice della proattività della mia giovane amante. Subito dopo vengo sulla sua pancia, con il suo medio infilato nel culo.
Da quella sera, lo facciamo sempre così. Alla fine lei mi rassicura dicendo di essere soddisfatta, e io, sentendo il suo orgasmo, mi sono sentito sollevato. Almeno fino a ieri sera!
Siamo andati a una festa e lei ha alzato il gomito. Non è una novità, ad Agnese piace divertirsi. Ballare, cantare, stare con gli altri, e anche bere. Quando l’ho accompagnata a casa sua, mi ha chiesto di salire. Appena dentro, si è spogliata, barcollante.
«Facciamolo, dai spogliati.»
L’ho seguita in camera da letto.
«Meglio di no, sei ubriaca.»
«Può darsi, ma ho voglia.»
E si è stesa a letto, iniziando a toccarsi. Io sono rimasto immobile, senza sapere bene cosa fare. Non l’avevo mai vista fare cose del genere, a dire il vero è la prima volta che vedo una donna toccarsi dal vivo, davanti a me.
«Allora?»
Mi guarda e sbuffa, poi tira fuori da un cassetto un dildo anatomico enorme.
«Se non mi vuoi scopare, almeno renditi utile. Succhialo!»
Lo prendo in mano, e appoggio la punta di gomma alle labbra, poi lo inumidisco di saliva. Il sapore forte e pungente della fica di Agnese è mischiato a quello tipico del lattice.
«Di più, bagna tutta l’asta, lo voglio infilare tutto dentro, dove il tuo non arriva.»
Ho un guizzo. La percezione della forma di un pene nella bocca è sgradevole, però, è compensato da quello che ha appena detto la mia ragazza. Mi viene un dubbio atroce.
«Lo usi spesso?»
«Intendi da quando sto con te? Sì.»
Una nuova scossa di libidine mi attraversa. Non riesco a resistere e faccio scorrere una mano dentro lo slip.
«Ecco bravo, toccati, è l’unica cosa che sai fare.»
La guardo in faccia e capisco che sono i fumi dell’alcool a parlare, non lei. Lei non direbbe mai cattiverie del genere. A questo punto decido, però, di approfittarne, anche perché nel frattempo il cazzetto mi è diventato duro.
«Eccolo, posso toccarmi mentre lo fai?»
Lo prende in mano e gioca con la punta sulle sue labbra.
«Sì, basta che mi succhi i capezzoli.»
Tolgo i vestiti e mi inginocchio sul bordo del letto. Agnese ha dei capezzoli enormi, duri e sporgenti. Li torturo mordicchiandoli come piace a lei, e, infatti, inizia subito a mugolare.
«Ah, sì, bravo. Avrai il cazzo piccolo, ma ci sai fare con la bocca. Adesso lo metto dentro, guarda come si apre quando riceve un cazzo come quello di un vero uomo.»
Sposto lo sguardo un attimo e vedo la vagina che inghiotte il pezzo di gomma, fino ai testicoli finemente riprodotti.
«Quindi mi hai mentito, ti piacciono i cazzi grossi e lunghi.»
«Non ho mai detto il contrario. Adesso stai zitto e lecca.»
Lo sconcerto per il suo cambio di carattere mi fa venire all’istante. Agnese, la mia dolce ragazza romantica e sensibile, sembra essersi trasformata in una mistress assatanata di sesso.
Con le mani, a questo punto libere, mi concentro sui suoi seni per aumentare il piacere che le scuote il corpo. Ha chiuso gli occhi e si sta concentrando solo su sé stessa. Quando, infine, emette un sospiro più profondo e subito dopo sfila il dildo, capisco che ha goduto di più mezza ubriaca con un dildo che con me, da sobria.
Mi rivesto. Si è assopita col pezzo di gomma in mano. La copro e poi esco dalla stanza. Sono turbato più dalla mia reazione che dal constatare che i miei sospetti erano fondati: non la soddisfo sessualmente. Esco dal suo appartamento, ma quando arrivo davanti alla macchina, mi accorgo di aver lasciato le chiavi su da lei, e risalgo. Apro il portoncino senza far rumore, per non svegliarla, e mi accorgo che le luci sono accese. Entro, la camera è vuota, sento lo scroscio della doccia.
Quando lei rientra nella stanza, con l’accappatoio addosso, mi trova seduto su un lato del letto.
«Ciao, come mai sei tornato?»
Mostro quello che tengo su una mano.
«Ho dimenticato le chiavi. Per fortuna mi hai dato quelle del tuo appartamento. Non eri ubriaca, vero?»
Si siede di fianco e mi prende una mano.
«Mi spiace, ma non sapevo come fartelo capire …»
«Quando siamo insieme fingi, vero?»
«No, mi piaci tantissimo, ti adoro. Il problema è che quando mi penetri … insomma …»
«Non senti niente.»
«Già.»
«Se devo essere sincero: nemmeno io.»
«Questo lo aveva già capito.»
Mi fa il dito medio. Ci mettiamo a ridere, poi rimaniamo un poco in silenzio. Sono il primo a rompere il ghiaccio.
«Ti amo, non voglio perderti.»
«Anch’io, e sono certa che troveremo una soluzione, insieme.»
«Già. Non a caso prima ho detto che è una fortuna che io abbia le tue chiavi e sia potuto entrare e scoprire che hai finto. Non avrei sopportato l’idea che la mia ragazza gode di più da ubriaca che da sobria!» La bacio. «Mi è piaciuto quello che abbiamo fatto prima … molto.»
Lei si morde il labbro.
«Anche a me … molto»
«Parlami del tuo ex. Come se la cavava a letto?»
«Bene.»
Fa un cenno al dildo che giace sul lato opposto del letto.
«Sei passata dalle stelle alle stalle …»
«Assolutamente no. Lui è un vero stronzo.»
«Però ti faceva godere.» Non risponde. «Hai mai fatto sesso a tre?»
Esita, e capisco che, sotto quella patina angelica, si cela una donna molto più disinibita di quello che appare.
«Tu?»
«Io no, ma mi piacerebbe provare con te.»
«Un paio di volte. Solo cose soft. Non potremmo farlo come stasera?»
«Certo, mi piacerebbe. Ma sono convinto che tu vuoi qualcosa di più di quello.» Deglutisco. «E ho appena capito che lo voglio anch’io. E lo voglio esattamente come è successo stasera.»
«Ti è piaciuto veramente?»
«Sì, e vorrei rifarlo, con un altro uomo.»
Rimango a dormire da lei. Non abbiamo sonno, passiamo tutta la notte a parlare, complice l’oscurità, e scopro che Agnese è molto più complessa di quanto immaginavo. Prima di tutto il suo primo nome è Giuseppina, Giusy per tutti. Sapevo che si è trasferita da qualche anno da Verona, per seguire il suo ex.
«È con lui che hai fatto le cose soft?»
«Più che altro con quello prima di lui. Era uno come te.»
«Cosa intendi?»
«Uno cui piace guardare la propria ragazza che gioca.»
«Adesso capisco perché eri così a tuo agio con certe proposte …»
«A lui piaceva. E mi pare anche a te.»
«Parlami di lui. Cosa facevate?»
«Mi esibivo in una video chat, al tempo non esisteva of, o simili. Lui viaggiava molto per lavoro, quindi mi guardava ma non era quasi mai presente. Quando tornava a casa organizzava delle serate con altri uomini. Si sedeva e guardava mentre lo facevamo. Poi, quando l’altro se ne era andato, lo facevo venire con la bocca.»
«Ti piaceva?»
«Non sempre. Stranamente, era molto geloso, per questo li sceglieva poco attraenti e li faceva venire da posti lontani. Unica cosa su cui, ovviamente, non lesinava: la dotazione.»
«Fammi indovinare, uno di quelli è il tuo ex.»
«Sì, l’ultimo. Per me è stato un colpo di fulmine. Ho mollato tutto e l’ho seguito fino a qui.»
«E adesso ci sei ricaduta.»
Mi bacia, i suoi occhi sorridono.
«Sarà il destino. Ti amo.»
«Anch’io, Giusy.»
[Continua ...]
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