Giovanna e il carsex doloroso
Nella notte milanese, la Mercedes argentata dai finestrini fumé procedeva come se nulla fosse.
In certi momenti, a qualche pedone sul marciapiede sembrò di sentire alcune urla provenire da quell’ automobile elegante, ma quando si voltavano per accertarsene la vedevano ormai lontana e la curiosità faceva presto a svanire.
Solo ogni tanto, la luce al neon delle insegne illuminava con il suo fascio di luce il parabrezza, filtrando all’interno dell’abitacolo e soltanto in quei momenti capitò che alcuni passanti si accorsero che qualcosa di strano stava succedendo su quella macchina.
Qualcosa di molto, molto eccitante.
Una donna completamente nuda, con il volto sfigurato dal piacere e dalla fatica, stava seduta a cavallo di un uomo cui dava le spalle, e si dimenava come una baccante. I suoi seni abbondanti si muovevano disordinatamente, sobbalzando ad ogni movimento.
Intanto l’autista, come se nulla fosse, continuava a guidare.
Solo ogni tanto gettava uno sguardo allo specchietto retrovisore. Dietro le spalle sentiva le mani della donna, aggrappata ai due sedili anteriori.
Le sue orecchie erano piene dei suoi gemiti, delle le sue urla.
Tutto era iniziato poco prima, ad una stazione di servizio con annessa tavola calda.
La macchina si era fermata di fianco ad una serie di camion e dallo sportello del guidatore era sceso un uomo dall’aspetto elegante, in giacca e cravatta.
Con passo deciso si era avvicinato alla trattoria e, proprio sulla porta, si era fermato a parlare con un uomo piuttosto robusto, forse un camionista, in quel momento intento a fumarsi una sigaretta.
Nessuno potè udire cosa si stessero dicendo, tuttavia dopo alcuni secondi alcuni avventori del ristorante, attraverso i vetri appannati, videro i due avvicinarsi alla macchina in questione.
Il camionista, un ragazzone sui trentacinque, si chinò verso il finestrino posteriore. Rimase un’ attimo in quella posizione, a parlare; poi si voltò verso l’uomo in giacca e cravatta e sembrò rivolgergli un cenno di assenso. A quel punto l’autista riprese posto in macchina, mentre il ragazzone salì sul sedile posteriore.
Sul suo volto campeggiava un sorriso a dir poco sguaiato.
Un ragazzone grande e grosso, proveniente dalla campagna milanese. Di professione autotrasportatore. Quella sera, quando si era fermato a quell’area di sosta, in mente non aveva altro che di farsi una bella cena, bersi un quartino di vino e poi di ripartire con il suo carico, diretto a Firenze.
La proposta di quell’uomo in giacca e cravatta, inizialmente, gli era sembrata uno scherzo.
Lo voleva forse prendere in giro?
Eppure sembrava serio: proprio per questo l’aveva seguito fino alla macchina.
- Guardi dentro. – gli aveva detto l’uomo – Cosa ne dice? -
Seduta sul sedile posteriore, appoggiata contro la portiera del lato opposto, una donna sui quarant’anni, capelli castani, ricoperta da un vestito da sera piuttosto elegante, incrociò lo sguardo con il suo.
Non indossava le mutandine e, a gambe aperte, si stava masturbando pesantemente. Il ragazzo rimase un attimo interdetto. Gli occhi ipnotizzati da quell’immagine sconvolgente ed inaspettata.
Da quelle dita affusolate immerse in quelle carni umide e luccicanti alla luce di un lampione.
- Allora – l’aveva incalzato l’autista – Che vuole fare? -
Non esitò neppure un attimo. Annuì con il capo ed entrò nella vettura, che dopo pochi secondi ripartì nella notte stellata.
Mentre l’autista prendeva la strada verso il centro la donna fece segno al ragazzo di avvicinarsi a lei..
Lo vedeva piuttosto impacciato, a disagio: non si era mai trovato in una situazione del genere!
La donna lo aveva capito immediatamente, ma non era nuova a queste avventure, perciò iniziò a muoversi con studiata abilità.
Per prima cosa allargò la scollatura del vestito facendo fuoriuscire un seno abbondante e sodo.
- Dimmi un po’… Ti piaccio? - gli chiese, con voce sinuosa. Ed intanto riprese a masturbarsi con la mano destra
Lui si limitò a far segno di si con la testa
- E allora fammi godere, da bravo…
Come nelle gare di atletica è necessario uno sparo per dar inizio alla corsa, in quella situazione bastarono quelle parole per dare l’inizio alle danze.
Il ragazzo si avvicinò a lei. Le sue mani grandi e ruvide si impadronirono prima dei suoi seni, poi scivolarono verso il basso.
Non con troppo romanticismo. Sicuramente non vi era abituato.
Immediatamente le sue dita grandi e tozze presero il posto di quelle affusolate della donna e senza tanti preamboli scivolarono rapidamente verso l’interno della sua vulva.
Era così bagnata!
- Si, fammi godere, da bravo…
Avanzò ulteriormente verso di lei. Le si avvicinò al viso; cercò le sue labbra e queste si schiusero.
La sua lingua incontrò quella della donna. Una lingua fradicia di saliva, che cercava di penetrare nella sua bocca e poi scivolava via.
Questo bacio crudo, accompagnato da un ditalino profondo eccitò incredibilmente la donna che, quando non riuscì più a resistere spinse indietro il camionista e si gettò a capofitto sulla cintura dei suoi jeans.
Sotto la patta dei pantaloni poteva sentire un evidente rigonfiamento. In un attimo gli sfilò la cintura e gli sbottonò i pantaloni.
Mutande bianche, pessime. Ma in quel momento non andò troppo per il sottile.
Presa dalla foga e dall’eccitazione ne abbassò l’elastico e immediatamente si ritrovò tra le mani un cazzo di notevoli dimensioni, duro come la pietra.
Il ragazzo era eccitatissimo, lo si vedeva bene. Allungò una mano sulla testa della donna e gliela spinse verso il basso.
Lei non era certo una verginella, capì subito cosa doveva fare.
Schiuse leggermente la labbra e si abbassò su quel tronco di carne, stringendo leggermente gli angoli della bocca, in modo da scoprirgli la cappella e abbassare quella pelle morbida e sottile fino alla base.
Immediatamente un gusto acre, pungente, le riempì le fauci. Quel porco non doveva essere granchè abituato alla pulizia. Soprattutto, quel sapore acidulo sembrava tanto quello dello sperma lasciato seccare… Quel cretino doveva essersi già fatto una sega in quella giornata e non si era ancora lavato!
Ciononostante, la donna capì che certo non poteva bloccarsi in quel momento. La mano del ragazzo, poi, le dettava il ritmo, così iniziò a scivolare su e giù sopra quel palo di carne. Era grosso, la cappella molto larga e curva alla base. Non lo vedeva ma era la sua lingua a dirglielo. Già si immaginava il piacere che avrebbe potuto trarne al momento della penetrazione!
Aiutandosi con la mano iniziò a scappellarglielo lentamente, mentre con la lingua gli sollecitava il tronco in tutta la sua lunghezza, fino alle palle. Gliele succhiò anche, ma lui la riportò sulla cappella tirandola per i capelli. Allora lei ricominciò a prenderlo in bocca, ora con maggior intensità, quasi volesse aspirare fuori la sborra dai coglioni.
In quel momento avrebbe tanto voluto un cambiamento di posizione. Gli sarebbe piaciuto sentirsela leccare per bene, sentirsi penetrare con un numero di dita man mano crescente… sentirsi succhiare i capezzoli.
Ma il ragazzo non era di quell’idea.
- Togliti il vestito, dai! – le ordinò
Fino a quel momento la donna non lo aveva ancora sentito parlare.
Ubbidì. Si sfilò il vestito dalla testa e rimase completamente nuda. Non indossava né reggiseno ne mutandine.
Anche il ragazzo si sfilò i calzoni, rimanendo in calzini e camicia mezza sbottonata
- Vieni sopra, adesso
Il ragazzo scivolò in centro all’abitacolo e attirò a sé la donna che gli salì a cavalcioni.
- Infilatelo tu
Ora che aveva preso coraggio, quel ragazzone non dava che ordini.
La donna non si compose, né si offese. Allungò la mano da dietro, impugnò quel cazzo fradicio di saliva e se lo spinse nella fessura immersa nella pelliccia scura e riccia
Come aveva immaginato quella cappella rotonda entrò con un leggero sforzo, permettendole di godersi tutta la sensazione piacevole data da quello scalino pronunciato.
- Su, Fammi impazzire, troia!
Quanto era eccitante sentirsi dare della troia da uno sconosciuto! Si aggrappò alle sue spalle ed iniziò a dondolarsi in avanti e indietro, come una contorsionista. A tratti si allungava all’indietro, incurvando la schiena e lasciandoselo scivolare da dentro fin quando non percepiva la cappella all’altezza dell’imboccatura; allora si faceva avanti conficcandosi quel tronco di carne nel ventre.
In quel momento poteva godersi appieno le dimensioni di quella cappella. Se la godeva! Si sollevava leggermente e leggermente scendeva. Lo stuzzicava, lo solleticava!... Attorno a loro i rumori della città accompagnavano come una colonna sonora i loro movimenti, ma non distraevano la donna che era completamente concentrata sui suoi movimenti e sulla pressione che riusciva ad esercitare su quella carne dura infilzata nella sua guaina.
Ma al camionista, non abituato a certe raffinatezze, d’un tratto scappò la pazienza: se la afferrò per i fianchi e se la strinse al petto, iniziando una feroce stantuffata.
La donna fu presa alla sprovvista; quei colpi decisi erano proprio ciò che voleva… La pressione esercitata da quello sfregamento, proprio sotto il clitoride, le procurò immediatamente una vertigine di piacere! E il respiro affannoso si trasformò presto in un rantolo ed infine in gemiti e urla di piacere.
Intanto la macchina continuava tranquillamente il suo viaggio nel centro di Milano.
L’uomo al volante manteneva una calma incredibile, ma la sua attenzione ora era sempre piu distratta dallo spettacolo riflesso nello specchietto. Ora, la strettezza dei pantaloni iniziava a dargli fastidio, specie all’altezza dell’inguine dove, un’abbondante erezione gli gonfiava la patta.
La luce del semaforo rosso illuminò prepotentemente il fondoschiena sudato della donna proprio nel momento in cui l’orgasmo la travolgeva. Una fitta di piacere, una scossa elettrica dal clitoride serpeggiò lungo la sua spina dorsale raggiungendo la testa e i nervi del collo.
Urlò di piacere, senza remore. Senza freni.
Un ragazzo su una vespa, poco davanti alla macchina si voltò proprio in quel momento e rimase a bocca aperta di fronte a quella donna nuda, di spalle, la schiena inarcata all’indietro, tra i due sedili anteriori. Ma fu lo spazio di un attimo perché il semaforo scattò sul verde e la Mercedes era già ripartita.
Quando il ragazzone si era accorto che la sua partner stava per raggiungere l’orgasmo si inarcò così da permetterle di assaporare al meglio il piacere del suo cazzo. Lei glielo stringeva come in una morsa, poi lo lasciava libero per una frazione di secondo, ma subito dopo se lo riagguantava, vibrando ogni volta di un nuovo piacere.
- Ti piace, eh, troia!
Ma la troia non ascoltava. Godeva e basta. Aveva la capacità di prolungare l’orgasmo a piacimento quando poteva contare su di un cazzo resistente come quello.
D’un tratto quel volume dentro la sua pancia iniziò a darle leggermente fastidio, allora fece per sgusciare fuori, ma subito il ragazzone la fermò afferrandola per i fianchi.
- Hey, non vorrai mica scapparmi adesso?
- Non ti scappo, stai tranquillo – rispose la donna, che si sollevò da quel formidabile bastone di carne e, con una certa difficoltà (la macchina, intanto, continuava a viaggiare, con tutti i sobbalzi e i movimenti del caso) ruotò su se stessa per posizionarsi a cavalcioni sul suo uomo, ma dandogli le spalle.
Si appoggiò con una mano al sedile dell’autista e con l’altra si inumidì le dita della destra con gli umori della sua passera bollente. Allora scivolò verso il basso e iniziò ad inumidirsi il buco del culo.
Era questa la sua idea. Lo sapeva da quando aveva percepito le dimensioni di quella cappella. Voleva godere fino in fondo quella sera!
- Ti piace il mio culo, eh, porco?! – chiese al ragazzone, che se ne stava ammutolito di fronte a quella scena che stava capitando proprio sotto i suoi occhi.
Le dita che continuavano a massaggiare quel bocciolo di carne lo ipnotizzavano. Le vedeva scivolare lentamente verso l’interno, poi sgusciare fuori… rotearci attorno… e quando erano di nuovo umide ritornare alla carica.
- Certo che mi piace! – rispose dopo un momento di attesa. In quel momento il ragazzo ce l’aveva durissimo. Quella scena l’aveva rapito. Forse nessuna donna, mai, gli aveva offerto il suo culo così, su un piatto d’argento.
Si sputò sulle dita e appoggiò il suo indice al bocciolo carnoso.
Un suo dito era spesso come due dita della donna messe insieme. Aumentò leggermente la pressione e senza difficoltà scivolò dentro completamente. Quel culo doveva essere abituato a certi giochetti! Dopo averle inumidite ben bene con gli umori della fica, provò ad inserirne due insieme. Questa volta la difficoltà aumentò un poco, ma in fin dei conti si trattava di un calibro notevole.
La donna era nuovamente al massimo dell’eccitazione. I suoi capezzoli turgidi ne erano una testimonianza evidente!
- Mettimelo dentro, dai – mormorò ad un tratto
- Sei sicura? – il ragazzo, benché lo desiderasse tantissimo, sembrava un po’ titubante
- Ti ho detto di mettermelo nel culo, cos’è? Non ti va? – la sua voce ora sembrava quasi offesa.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Lasciò che la donna si fosse alzata leggermente e le strofinò la cappella contro gli umori della passera, poi gliela puntò proprio nel piccolo spiraglio vuoto lasciato dalla fuoriuscita delle dita.
La donna percepì la morbidezza marmorea di quel cazzo non appena provò ad abbassarsi. Sapeva che quella cappella le avrebbe procurato un certo dolore, all’inizio, ma sapeva anche che il piacere che ne sarebbe derivato sarebbe stato superiore, perciò si lasciò andare e incominciò ad impalarsi su quel cazzo fuoriserie.
All’inizio fu difficile. Per aiutarsi si divaricò le natiche aiutandosi con una mano, ma era ugualmente doloroso. Il ragazzo non doveva essere un esperto di sesso anale!
Finalmente la donna riuscì a piantarsi dentro un buon centimetro di quella spada; a quel punto il difficile era stato fatto. Ora non le restava che calarsi giù e riempirsene le budella.
Lo sentiva pulsare terribilmente, mentre avanzava nelle sue carni bollenti. Stringeva i denti: quel calibro era davvero notevole!
Poi, ad un tratto, le sembrò quasi che le scivolasse verso l’interno e subito dopo sentì il suo buco del culo serrarsi leggermente; allora mimò le stesse contrazioni che esercitava quando andava al cesso, sapeva che quel movimento istintivo le tornava utile per “imbrogliare” lo sfintere. Insomma pur spremendosi per mandare “in giù”, in automatico il muscolo si dilatava, e così, anche quando un cazzo era troppo grosso, riusciva a favorirne ugualmente la penetrazione. Non per questo l’ operazione risultava meno dolorosa.
Quella cappella mostruosa doveva essere entrata completamente!
Si fermò, stette immobile per un minuto abbondante. Poi, una volta affievolitosi il bruciore iniziò a muoversi leggermente per cercare di prenderlo tutto dentro.
La donna liberò un violento sospiro che fino a quel momento aveva trattenuto; praticamente sbuffò con forza tutta l’ aria fuori. Anche quella tecnica, come aveva imparato, era utile per permette le grosse stantuffate nell’ ano, una volta sfondato.
La donna liberò un sospiro che fino a quel momento aveva trattenuto.
Si fermò, stette immobile per un minuto abbondante. Poi, una volta affievolitosi il bruciore iniziò a muoversi leggermente in su e in giù.
Quel cazzo non poteva essere più duro. Lo sentiva scorrere nelle sue budella con un certo attrito. Le bruciava molto, ma quel dolore si convertiva subito in scosse di piacere che irradiavano verso la sua vulva di nuovo pronta per godere.
- Dai, dai, fammi godere, troia!
Il ragazzo era al limite. Quella strettezza dopo una scorrazzata in quella figa fradicia doveva essere tremenda per la resistenza del suo pisello.
La teneva per i fianchi, le stropicciava le tette che ogni tanto i fari di qualche macchina illuminavano nel buio.
Anche l’autista doveva essere più interessato a quella scena che alla strada, perché inclinò lo specchietto di modo da poter inquadrare perfettamente il centro della scena.
Un cazzo arrossato e umido scorreva sempre più veloce nel buco del culo di quella donna, proprio al di sotto di quella figa squarciata e grondante umori.
Automaticamente la donna iniziò ad accarezzarsela, stropicciandosi il clitoride in mezzo alla peluria marroncina, ma quasi immediatamente si trattenne e riportò la mano sullo schienale dell’autista, quasi le fosse venuta in quel momento un’idea migliore.
Allo stesso tempo, inoltre, il ragazzone iniziò ad ansimare. Il suo fiato si fece affannoso, e i suoi movimenti di bacino violenti e disordinati.
Stava venendo. La donne strinse i denti. Quei colpi raffazzonati le facevano male, ma il ragazzo la teneva stretta a sé per i fianchi. Sapeva che, in quel momento, l’unica era sperare che durasse poco, così serrò le natiche in modo da comprimere ulteriormente quel povero cazzo sfinito.
Il trucchetto funzionò alla perfezione. Quasi immediatamente un fiotto di sborra bollente le inondò le budella. Lo percepì, percepì da quel momento, una maggiore lubrificazione e una minore resistenza negli affondi. Si godette quel momento, ascoltando le urla del ragazzo che ad ogni colpo, ad ogni spruzzo di sborra, ruggiva come una bestia ferita.
Continuò così per un tempo infinito, poi di colpo si fermò; le mani lasciarono libera la donna che si abbandonò all’indietro, sul suo torace.
Rimasero in quella posizione per un minuto abbondante, fino a quando quel cazzo stravolto, afflosciandosi, sgusciò fuori dal buco del culo, portandosi dietro una colata di sperma e una sonora scorreggia.
A quel punto la donna smontò dalla sua cavalcatura e di accasciò sfinita nel suo cantuccio.
Ora il silenzio era calato nella vettura. Solo il loro fiato affannoso dava il tempo a quel momento. Ad un tratto il ragazzo si sollevò e iniziò a cercare i suoi vestiti. Ora che si era svuotato i coglioni un certo imbarazzo si era impadronito di lui!
Si infilò mutande e pantaloni, calzò le scarpe e si abbottonò la camicia. Il tutto nel più completo silenzio e sotto lo sguardo di quella donna, che ora lo intimoriva.
Quando la macchina si fermò nel piazzale della tavola calda il ragazzo uscì senza aprire bocca, così come non pronunciarono una parola né la donna né il suo autista, che nel frattempo aveva rialzato lo specchietto.
Solo una pozza di sperma addensato campeggiava sul tappetino di destra, dove poco prima stava seduto il ragazzo.
- Sei proprio una troia, Giulia – quelle furono le prime parole pronunciate dall’autista, quando la macchina si fu parcheggiata in uno spiazzo dietro una cappelletta nei campi.
L’uomo scese dalla vetture e gettò un plaid in terra; poi aprì la portiera posteriore e fece scendere la sua donna
- Quanto hai goduto, eh? Dimmelo! Quanto hai goduto a farti scopare da quel bestione?
- Tanto!
- Tanto, eh? Troia! – ma la sua voce non era arrabbiata, anzi. Nel suo tono spiccava una nota di orgoglio. La sua compagna s’era fatta sfondare il culo da un’imbecille qualunque, davanti ai suoi occhi! – Era grosso, eh? L’ho visto sai, mentre ti sfondava il culo!
Intanto la donna di era inginocchiata davanti al suo compagno. Gli aveva sciolto la cintura e sbottonato i pantaloni, che erano scesi ai suoi piedi.
- Sei una troia, lo sai? – lei si limitò ad annuire, e gli abbassò l’elastico dei boxer. Il suo cazzo, il cazzo che conosceva così bene svettava ora davanti ai suoi occhi, duro e grosso come al solito. I coglioni penzolavano mollemente tra le sue gambe. Lei per prima cosa se li raccolse nel palmo della mano e iniziò a baciarglieli.
- Si, sei la MIA troia! Non è vero?
Fece cenno di si con il capo, poi risalì con la lingua fino in cima alla cappella e la inghiottì in tutta la sua grandezza.
Quanto le piaceva quel cazzo. Il suo gusto, il suo odore! Le sue dimensioni… perfette per la sua bocca! E poi come lo conosceva bene!
Lei sapeva tutto di quel cazzo, sapeva cosa fare, cosa non fare… Sapeva come far godere il suo uomo!
- Dai, fai sborrare pure me, troia! Sei capace? Dai!
Lei a quel punto capì cosa doveva fare. Allungò la mano tra le sue cosce, appoggiò i polpastrelli sul bocciolo carnoso e i suoi polpastrelli si impiastrarono di sborra ancora liquida. Si inumidì ben bene due dita, poi andò a cercare il buchino del suo compagno. Lui capì al volo. Se lo aspettava. Lo aveva desiderato per tutta quella sera…
Quando sentì le dita della sua compagna appoggiarsi al buco del SUO culo rilassò le natiche e si lasciò penetrare.
Lei era brava in quei giochetti. Stuzzicava le sue carni, entrava faceva capolino, usciva… poi si inumidiva nuovamente le dita nella sborra già munta e ritornava alla carica, sempre più in profondità. Un dito, due dita. Infine inserì tutto il pollice.
Quella penetrazione strappò un gemito al suo uomo.
Quanto gli piaceva sentirsi riempire il culo da lei! Quel pollice era la dimensione perfetta: lei lo faceva scorrere su e giù, con lo stesso ritmo con cui affondava la sua bocca carnosa sul suo cazzo stremato.
Dopo aver assistito inerme a quella scena sull’automobile, ora se lo meritava un bel pompino da quella troia della sua compagna!
- Dai, sfondami il culo, dai!
Dal canto suo, la donna non poteva essere più eccitata. Penetrare il suo uomo, anche solo con le dita, era una delle cose che la facevano impazzire.
Con la mano libera iniziò a menarsela con decisione.
Il gusto di quel cazzo tanto amato le riempiva la bocca e la eccitava ancor di più. Gli bastò pochissimo per arrivare al piacere. Non un orgasmo come il primo, ovviamente, ma pur sempre una bella scossa elettrica che le invase il ventre e le si trasmise al resto del corpo.
I suoi gemiti fecero infine crollare il suo uomo.
Accompagnato dalle ultime penetrazioni profonde, il suo tronco carnoso iniziò a riversare un fiume di sborra nella bocca della sua donna.
Questa se la lasciò riempire e impastare di quel liquido denso e acido, ma ad ogni affondo se la fece colare agli angoli della bocca. Uno sbrodolamento lattiginoso e denso che le colò sul seno e fin tra le cosce.
Un poco la ingoiò, mentre un altro poco ancora le rimase ad impastarle la lingua, ma non pensò mai di sputarla.
Quel gusto aspro, leggermente acido di sperma le piaceva.
Lentamente fece sgusciare il pollice fuori dal culo del suo uomo che, finalmente, stremato da tutte le emozioni della serata, si coricò sulla coperta.
Amorevolmente la sua donna gli ripulì il pene da ogni traccia di sperma, leccandoglielo da cima a fondo e succhiando le ultime gocce dalla cappella, poi, con un paio di fazzoletti, iniziò a ripulirsi la faccia ed il corpo.
Era sfinita: un’esperienza come quella non se la sarebbe mai più scordata!
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