L'infedele.
Mi chiamo Mara, ho cinquantasei anni e sono sposata con Marco, che ha la mia stessa età. In tutta la mia vita, l’adulterio è stato il filo conduttore di quasi tutta la mia esperienza erotica. Ho conosciuto il sesso tardi, rispetto a tante altre ragazze, perché mi sono divertita tantissimo a prendere in giro tutti i maschi, che mi facevano il filo. Verso i diciassette anni, ho capito che il sesso doveva essere un piacevole modo per dominare i ragazzi, poiché erano disposti a tutto per farsi portare a letto. Mi fidanzai con Marco, un ragazzo veramente carino, simpatico, di buona famiglia e con qualche soldo, il che non guasta. I primi mesi lui si limitava a baciarmi e questo mi piaceva: era il primo che non allungava subito le mani in mezzo alle cosce. L’anno dopo scoprimmo insieme il piacere del pompino: io gli prendevo il cazzo in bocca, ci giocavo un poco e poi lui schizzava. Non che fosse molto dotato e, anche in fatto di resistenza non era certo un campione, ma a me andava bene così. Venne il momento per lui di partire per il servizio di leva. Quindi, decidemmo che io sarei rimasta vergine fino al suo ritorno, tanto per dimostragli la mia fedeltà e veramente gli rimasi fedele. Nessun maschio mi ha scopato durante il periodo che lui era militare. Io, però, sentivo sempre il desiderio di avere quel nervo duro e caldo in bocca e ogni tanto, specie la domenica, quando lui non tornava, io prendevo la macchina di papà e mi facevo un giretto in città. Quasi sempre rimediavo un bel cazzo da succhiare. Essi avrebbero voluto anche scoparmi, ma io inserivo all'interno delle mutandine un’assorbente e simulavo di aver le mestruazioni; perciò, alla fine, un bel bocchino risultava sempre gradito al posto di niente. Avevo trovato un lavoro come commessa in un negozio di abbigliamento e la proprietaria era una donna alquanto libera, disinibita e, grazie a lei, scoprii i notevoli vantaggi della pillola. Decisi subito di adottare questo sistema anticoncezionale e, quando il mio ragazzo finì il militare, io ero pronta; mi feci sverginare, senza troppe remore. Non fu per niente una grande scopata. Lui mi toccò e, quando si rese conto che mi ero bagnata, mi infilò il cazzo dentro, senza troppi complimenti e, dopo un po' di fik fik, mi riempì la fica di sborra. Anche se non ero molto convinta che scopare fosse questo, mi dissi che per una giusta causa, il sacrificio poteva esser fatto. Tre mesi dopo, per il suo compleanno, mi feci anche aprire il culo. Stesso copione, con la sola differenza che fu un po' più doloroso. Dopo queste esperienze non tanto soddisfacenti, mi ripromisi di cercare un bel cazzo che potesse regalarmi dei bei momenti di sesso.
Avevo già conosciuto i miei suoceri: lui, Alfio, un maschio splendido, alto, capelli ed occhi neri, mani forti al punto che, quando mi strinse la mano per la prima volta e mi guardò dritto negli occhi, mi sentii sciogliere come del ghiaccio al sole; lei, Rosa, invece era una vera sega di donna. Sempre a lamentarsi di tutto e di tutti e lui che mi guardava come per dire che non la sopportava più. Qualche tempo dopo, un grave fatto cambiò la nostra vita. Una domenica, in cui ero stata invitata a pranzo a casa loro, lui ci informò che, a seguito certi esami clinici, i medici gli avevano diagnosticato una gravissima malattia degenerativa e, quindi, non gli restava molto da vivere, sei/otto mesi, al massimo un anno. Restammo tutti impietriti, lui, invece, ci guardò e disse di non star lì a piangere, ma di organizzarci. Mi chiese se volevo bene a suo figlio e se fossi stata contenta di sposarlo. A lui sarebbe piaciuto, prima di morire, di assistere alle nostre nozze. Ci mettemmo subito all’opera, organizzammo tutto in tempi brevi. Venne anche il momento in cui il mio futuro marito andò, con tutti i suoi amici, a festeggiare l’addio al celibato.
Mancava una settimana alle nozze, io non avevo nessuna intenzione di passare quella sera a casa, volevo anch’io una serata da ricordare: indossai una mini, calze autoreggenti, insostituibili per me, tacchi alti, una magliettina molto sottile e, a bordo dell'auto, mi diressi verso una città abbastanza lontana dalla nostra. Appena uscita dall’autostrada, una pattuglia delle forze dell’ordine, mi intimò di fermarmi. Io accostai ed il più vecchio dei due, mi chiese i documenti. Io mi allungai verso il cassettino del cruscotto per prendere i documenti e lui ebbe modo di poter vedere il mio culetto.
Finito il controllo, si complimentò con me.
«È stato un piacere fermare una bella ragazza come lei e constatare che tutto è in regola. Ora la mando via. Sicuramente ci sarà un bel ragazzo che la starà aspettando per passare con lei una magnifica serata.»
Io rivolsi un’occhiata ad entrambi i poliziotti. Uno era molto giovane ed anche un bel ragazzo, l’altro, più anziano, non era affatto male, quindi risposi:
«Veramente non mi aspetta nessuno. Il mio futuro marito, questa sera va a festeggiare il suo addio al celibato ed io non volevo che questa serata trascorresse così inutilmente.»
Essi si son scambiati uno sguardo: il più vecchio fece un cenno d’assenso all’altro e, parlando sottovoce, mi fece una proposta.
«Se possiamo esserti utile, non far complimenti. Fra poco dobbiamo far pausa e, se vuoi...»
Al mio cenno d’assenso, essi mi hanno invitato a seguirli. Poco dopo siamo entrati in un parcheggio quasi buio ed essi mi hanno fatto metter la macchina in fondo, dietro un rimorchio di un camion. Sono scesi dalla loro macchina, si sono avvicinati e quattro mani hanno iniziato a toccarmi dappertutto. Mi stavo già bagnando: in un attimo mi hanno sfilato le mutandine e mi hanno fatto distendere nel divano posteriore della loro macchina. Il più vecchio si è abbassato ed ha preso a leccarmi la fica in un modo che non avevo mai provato. Mi leccava dal clitoride al culo, seguendo tutto lo spacco della fica. Morivo ed ho cominciato a gemere di piacere. Non potevo neanche parlare: l’altro aveva fatto il giro della vettura e, aperto lo sportello dall’altro lato, mi aveva infilato il suo cazzo in bocca. Il lavoro di lingua ha avuto l’effetto desiderato. Di punto in bianco, gli ho allagato la bocca, gridando:
« … venngguuuuummummm …»
Lui, a quel punto, si è tirato su e mi ha piantato il cazzo dentro. Mi sono sentita aprire da un palo grande, lungo, che mi dilatava le pareti della fica con incredibile potenza. Lo ha spinto tutto dentro e, quando ha raggiunto il fondo, son venuta di nuovo. Ho gridato con il cazzo in bocca e, mentre mi scopava, ha commentato:
«… ahhh… che bella fica stretta, non è certo una delle solite puttane: questa l’ha usata poco; dai, che la facciamo morire di piacere!»
Ha continuato a pomparmi con forza. Io ero preda di una strana frenesia. Volevo essere scopata con forza e loro non si fecero pregare. Poco dopo, quando credevo che il vecchio sarebbe venuto, mi ha tirato su le gambe e, così, mi è penetrato più in profondità. L’altro allora gli ha chiesto di fargli posto. È passato dall’altro lato della macchina, mi ha rigirato, mi ha leccato il culo con estrema bravura per poi infilarmi il cazzo dietro.
«…sì … ha proprio i buchi stretti, senti questo culo, è quasi vergine.»
Stavo godendo, non sentivo nessun dolore e son venuta di nuovo.
« Sì… vengo! … Sì, più forte!»
Immediatamente mi sono ritrovata il secondo cazzo in bocca. Mi hanno pompata moltissimo, scambiandosi spesso di posto, poi, quando ormai non ce la facevo più, li ho pregati di concludere.
«Vi prego … Sborrate! … Non ce la faccio …più!»
Ero sconvolta. Ero abituata alle scopate del mio futuro marito, quindici minuti e via, mentre questi mi limavano culo e fica da non so quanto tempo. Mi hanno fatto mettere fuori della macchina, accovacciata giù e poi mi hanno invitato a succhiare i loro meravigliosi cazzi, cosa che ho fatto con estremo piacere.
«Dai, bella bocchinara, dai, succhia, che ti riempiamo la bocca, dai, bevi!»
E poco dopo, prima il giovane, mi ha infilato di forza tutto il palo in bocca, schizzando lunghi fiotti di nettare dolcissimo.
«Bevi, troia …eccomi che sborro!»
E io da brava ho ingoiato. Poi l’altro, mi ha messo la cappella sulle labbra e mi ha inondato bocca, viso, capelli di caldissima sborra.
«Eccomi… arrivo anch'io. Tieni... Sborro!»
Sono rimasta per un momento immobile, sfinita, appoggiata alla vettura. Mi hanno dato dei fazzolettini per pulirmi, poi li ho ringraziati e salutati. Ho ripreso la mia vettura e me ne son tornata a casa soddisfatta.
La domenica dopo ci siamo sposati. La sera, mio marito era talmente sbronzo che siamo partiti la mattina dopo per il viaggio di nozze. Inutile dire che quella notte, abbiamo solo dormito. Non è stato molto importante. Per come mi scopava lui, se ne poteva anche far a meno. La sera siamo arrivati a Venezia. Avevamo prenotato in un piccolo albergo vicino al centro, ci siamo sistemati e siamo usciti a cena. Siamo prima andati un po' in giro, poi, avendo fame, ci siamo fermati in un ristorante, non molto vicino all’albergo. Appena seduti, il cameriere ha preso le nostre ordinazioni e ci ha portato del vino. Mio marito ha guardato la bottiglia ed ha commentato che in un posto dove c’era solo acqua, il vino non doveva esser molto buono. Ne ha versato circa mezzo bicchiere e lo ha bevuto tutto d’un fiato, così, a stomaco vuoto. Consapevole del fatto che mio marito non regge bene il vino, per non litigare, me ne sono andata in bagno. Quando sono tornata, lui ne aveva bevuto quasi mezza bottiglia. Durante la cena ha scolato tutta la bottiglia, con la conseguenza che si è ubriacato. Io ero nera. Mi infastidiva il fatto che, oltre ad esser sbronzo mi toccava riportarlo all’albergo. Fra una cazzata e l’altra, oltre al rischio di finire dentro un canale, sono riuscita a trovare l’albergo, che era quasi mezzanotte. Il portiere di notte, un bell’uomo sulla quarantina, quando mi ha visto, entrare ha subito capito tutto.
«Aspetti, che le do una mano, tanto voi eravate gli ultimi che dovevano ancora rientrare.»
Detto questo ha chiuso il portoncino ed ha chiamato l’ascensore. Insieme siam saliti al secondo piano. Aperta la nostra camera, mi ha aiutato a mettere mio marito a letto e, subito dopo, era già nel mondo dei sogni.
Il portiere mi ha guardato e mi ha rivolto una domanda:
«Siete in viaggio di nozze?»
Ho annuito con il capo.
«E lui si ubriaca con una moglie bella come te? Io ti avrei scopato per tutta la notte!»
Lo guardo e gli chiedo:
«Lo faresti per davvero?»
Non mi risponde. Mi prende per mano e, usciti dalla nostra camera, mi infila dentro la porta dell'altra camera davanti alla nostra. Ci avviciniamo al letto e, sia io che lui ci siamo spogliati in un baleno. Mi fa distendere sul letto e, messa a 69, mi tira su di lui. Sento subito la sua lingua infilarsi fra le pieghe della fica. Mi trovo davanti un bel cazzone lungo e grosso che comincio a succhiare, sentendolo crescere ancor di più. Lui mi lecca divinamente, mi passa la lingua dal clitoride al buco del culo. Mi sconvolge. Devo venire e subito gli scarico in bocca il primo di una lunga serie di orgasmi. Non contento gli sento succhiare i miei abbondanti succhi, che sgorgano copiosi dalla mia fica in fiamme. Mi succhia ed io godo di nuovo; più chiavo e più lo desidero.
«Scopami, ti voglio!»
Lui non si fa pregare. Mette un cuscino sotto la schiena e si posizione fra le mie cosce. Sento la punta del glande, appoggiarsi fra le labbra, mi apro il più possibile, lo voglio, ma lui indugia: io sto quasi raggiungendo il delirio.
Porto le gambe in alto, dietro la sua schiena e mi aggrappo a lui, cercando di infilarmi dentro quel palo. Lui inizia ad entrare dentro di me, con una lentezza esasperante. Contemporaneamente sento il cazzo scorrere lungo le pareti della fica, che man mano si dilata per permettergli di entrare; lo fa molto lentamente e sembra non finire mai, da quanto lo sento lungo. Lui ha appena finito di piantarmisi dentro, che già vengo. Sento tendersi ogni muscolo del mio corpo. Godo.
«Sì, … vengo! Sì, adesso!»
Mi lascia il tempo di gustarmi l’orgasmo e subito dopo incomincia a pomparmi. Si muove con un ritmo marcato, non troppo veloce me neanche piano e, soprattutto, continuo. Mi manda via di testa, mi sconvolge, perdo il conto di quante volte vengo. Poi, ad un tratto, gli sento aumentare il pompaggio e, poco dopo, mi inonda la fica con caldi getti di sborra. Io lo sfilo da dentro, mi rigiro ed accolgo, sia in viso che in bocca, le ultime due bordate di sperma. Non ancora sazia, lo riprendo in bocca e comincio a succhiarlo, come un’ossessa. Lui mi mette due dita nella fica, da cui cola la sua sborra; raccoglie un po' di quel liquido e lo porta verso il buchetto posteriore.
Mi sorride e chiede: «Sei aperta, qui?»
Annuisco. Lui insiste nel lubrificare il proprio arnese. Mi rendo conto che fra poco avrò quel meraviglioso palo nel culo e, al solo pensarlo, mi bagno ancor di più. Mi rigira, si posiziona dietro di me. Siamo distesi di lato, lui insinua la cappella dentro il buco, che si dilata subito, mi lascia qualche secondo che a me sembrano eterni, mi spingo indietro, lo voglio e lui mi spinge tutto il cazzo dentro. Con la mano mi tocca davanti, resta fermo per un po', poi si scatena. Mi pompa con forza ed io godo senza ritegno.
«Sì, dai, che meraviglia! Vengo!»
M’incula da vero esperto, limando il buchetto con forza. Mi abbandono al piacere. Poi dopo l’ennesimo orgasmo, lo prego di venire, voglio sentire la sua sborra che mi riempie il culo.
«Sì, dai, vieni, riempimi il culo!»
Lui aumenta e schizza.
«Eccomi, ti sborro nel culo!»
Restiamo per un po' abbracciati.
«Credo che tu sia una femmina stupenda: sei nata per il sesso e farai la felicità, oltre che di te stessa, di quanti vorranno goderti. Sei pronta a godere ogni volta che se ne presenti l’occasione: sei una gran troia.»
Prendo quelle parole come la più grande lusinga. Mi alzo, prendo i miei vestiti e, nuda, rientro in camera mia. Faccio una doccia e vado a letto. Al mattino, mi sveglia mio marito. Gli sento mettere le mani fra le mie gambe, vuole scopare ed io lo accolgo dentro di me. Lui si scatena velocemente, senza rendersi neanche conto che sono più aperta e, quasi subito, viene; mi copre di baci, lo lascio fare e lo assecondo. Usciamo in giro per la città e, verso sera, quando decidiamo di tornare in albergo, ci fermiamo in un bar: ho bisogno di servirmi della toilette. Lo lascio al banco ed ordina due aperitivi. Quando torno, parlava di vini con due ragazzi. Lui mi presenta a quelli che sono Nicola e Franco, due pugliesi che si trovano a Venezia per un corso di non so cosa. Mentre si parla, Nicola mi scruta ed avverto che mi sta spogliando con quegli occhi da marpione. Tra un brindisi e l’altro, ci invitano a casa loro posta lì vicino, per mangiare qualcosa e continuare a parlar di vini. Sono convinti che i migliori vini del mondo siano quelli della loro terra. Così ci incamminiamo verso casa e mi rendo conto che quei due hanno in mente qualche cosa di particolare. Giunti al loro appartamento, aprono una bottiglia di vino, rosso, fortissimo. Io fingo di bere e lo verso dentro il lavandino della cucina, mente mio marito lo beve tutto d’un fiato. Ho capito subito che vogliono ubriacarlo. Mi sono simpatici e mi piacciono, quindi li assecondo nella realizzazione del loro piano. Dopo alcuni brindisi, lui è completamente partito, quindi si è addormentato, appoggiato al tavolo.
Gli rivolgo uno sguardo interrogativo come a dire: "Ed ora?". Essi mi dicono che hanno una cameretta dove metterlo a dormire e subito vi provvediamo. Appena chiusa la porta della cameretta, io mi avvicino ad essi e sento i loro bozzi che denotano una forte eccitazione. Io? Non sono da meno. M’inginocchio davanti a loro, che aprono i pantaloni tirando fuori due cazzi veramente consistenti, lunghi e grossi. Li prendo in bocca alternandoli e poi ci mettiamo tutti nudi sul grande letto matrimoniale di quella camera. Mi toccano, leccano, succhiano e poi m’infilano i loro meravigliosi cazzi dappertutto. Godo come una vacca, mi lascio scopare con forza e vengo a ripetizione. Dopo aver goduto abbastanza, li prego di accompagnarmi in albergo, assieme a mio marito. Mi aiutano. Quando sto per lasciarli, mi chiedono di rivederci la sera dopo. Alcuni loro amici danno una festa speciale, ma, ovviamente, senza il mio lui.
«Se fosse necessario, lo possiamo portare a casa nostra e lo facciamo bere di nuovo.»
Ci rifletto un momento e rispondo che ho un’altra idea. Se va tutto come penso, ci vediamo nel bar vicino all’albergo, alle venti e trenta. Entro nell’albergo e il portiere di notte, lo stesso della sera prima, mi sorride, capisce tutto e mi aiuta con l’ascensore, poi mi augura la buona notte. Io lo metto a letto, mi faccio una doccia e mi metto a dormire. L’indomani lui si sveglia, mi vuole scopare, io mi giro e gli offro il culo, lui ne gode di più e, contento, mi infila il cazzo dentro, pochi minuti dopo è tutto finito. Passiamo tutto il giorno in giro per le isole. A pranzo, gli proibisco di toccare un solo goccio di vino. Quando decidiamo di tornare in l’albergo, facendo finta di sbagliar strada, passo davanti ad un negozio che avevo visto il giorno prima. Un'enoteca e, in vetrina, era esposta una bottiglia di grappa dal nome che è tutto un programma: “GRAPPA BOCCHINO”. Gliela faccio notare conscia di quanto gli piaccia la grappa, per aver fatto il militare in Friuli. Lo invoglio a comperare una bottiglia, prendendola a ridere sul nome. Lui ne compera tre. Tornati in albergo, io gli dico che non mi sembra il caso di regalarla: tanto sarà uno schifo, la venderanno solo per il doppio senso che ingenera quel nome. Lui ne apre una bottiglia, me ne versa un po', ma, per lui, mezzo bicchiere. Lo beve tutto d’un fiato ed io fingo di assaggiarla.
«Ma fa schifo: hai visto che è come ti dicevo io?»
Lui, ovviamente, mi risponde che non ne capisco nulla e se ne versa ancora un altro mezzo bicchiere. Mi è chiaro che lui non regge la grappa ancor più del vino ed io conto proprio su questo. Mi spoglio per fare una doccia. Lui si siede sulla poltrona e continua a sorseggiare il liquore, mentre io vado in bagno. Lascio la porta semi aperta e vedo che ne beve ancora, mi faccio la doccia velocemente e, quando esco, lui è già partito. A fatica riesco a metterlo a letto, non prima di avergli fatto bere ancora un goccio, fingendo di essere ubriaca come lui. Poi indosso una mini, le mie inseparabili autoreggenti, tacchi alti, una camicia ed una giacca che arriva appena a coprire il culo, niente intimo, tanto, da quello che ho capito, non mi servirà e vado al bar a trovare i miei amici. Essi nel vedermi sola, mi fanno i complimenti. Ci incamminiamo e, poco dopo, entriamo in un vecchio palazzo. Saliti al terzo piano, una donna dai lunghi capelli biondi ci apre: è bellissima. Alta circa uno e novanta, una terza di seno, un culo a mandolino che sormonta due cosce sensuali, ben inguainate in calze come le mie. Entriamo dentro un gran salone dove, con lei che ci fa strada, troviamo seduta, su uno degli innumerevoli divani, un’altra donna, forse di età superiore alla nostra, dai capelli rosso fuoco, molto belli: entrambe quelle donne sembrano due modelle. Insieme ad esse ci sono una decina di uomini di tutte le età e con quelli che sono venuti con me, sono in dodici. Nicola mi si avvicina da dietro, sento il suo cazzo premere contro il culo, mi bacia sul collo e mi spiega la situazione.
«Come vedi la “festa” siete voi, cioè siamo noi a farla a voi. Niente violenza o cose che non vorresti, nessuno oserà insistere e, quando ne hai abbastanza, devi solo dire "stop". Allora, ci stai?»
Mi giro, ho gli occhi di tutti addosso che mi scrutano in silenzio. Lo bacio e chiedo:
«Posso almeno spogliarmi?»
Un grido di esultanza rompe il silenzio. Subito un numero imprecisato di mani mi toccano, bocche mi baciano dappertutto e poi, cazzi, tanti, che mi riempiono ogni buco, facendomi godere tantissimo. Sembrano infaticabili. Appena uno lascia libero un buco, subito viene riempito da un altro, sborrandomi dentro. Ho provato cose che non mi erano neanche passate per la mente: ad esempio due cazzi contemporaneamente dentro la fica. Una cosa da svenire di piacere o di esser leccata da una donna, dolcissima. L’unica cosa che mi ha sconvolto e che ho rifiutato, è stato quando mi hanno appoggiato due cazzi sul culo. Ho avuto paura ed ho detto no e nessuno ha trovato nulla da ridire. Non mi ricordo quante volte ho goduto. Tantissime. Mai fatta una scorpacciata di cazzi così. Forse ho pareggiato i conti con la mia gioventù. Poi, dopo l’ennesima sborrata in bocca, mi sono girata ed ho visto i miei due amici stravaccati su di un divano, nudi, sfiniti, con i loro cazzi mosci. Mi sono seduta in mezzo a loro ed ho fatto il punto della serata.
«Sono le due, io ne avrei abbastanza, mi riaccompagnereste all’albergo? Non credo di esserne capace da sola.»
Mi hanno sorriso e ci siamo rivestiti. Colavo dappertutto. Ho salutato la rossa che era alle prese con due cazzi in culo e la bionda che ancora se ne scopava uno dietro e uno in gola, e siamo usciti. Mi hanno accompagnato fino all’albergo; io non mi reggevo in piedi. Ero sfinita. Quando sono entrata, il portiere, quello della prima sera, mi ha sorriso ancora, ha capito tutto e mi ha aperto l’ascensore.
«Notte piacevole?»
L’ho guardato ed ho sorriso.
«Indimenticabile!»
Sono salita in camera mia. Mi sono fatta una doccia per togliermi le tracce di sborra che avevo ovunque, poi, prima di mettermi a letto, ho versato metà della bottiglia di grappa, come se l’avessimo bevuta entrambi, me ne sono messe alcune gocce addosso, come se fossi stata ubriaca pure io e mi sono messa a letto. Al mattino, lui mi ha svegliata, voleva scopare, ma io non ne avevo alcuna intenzione.
«Accidenti a te e a quel dannato liquore, mi hai fatto ubriacare! Ho un dannatissimo mal di testa.»
Lui insisteva. Allora ho preso il cazzo in bocca e segandolo e succhiandolo velocemente, l’ho fatto sborrare, tanto, una più o meno, non faceva nessuna differenza. Siamo partiti, per andar a trovare un suo cugino a Milano. Sia lui che sua moglie erano le persone più antipatiche di questo mondo. L’unica loro ragione di vita, erano i soldi. Per loro tutto era troppo caro, costava troppo e si risolvevano nel solo lavoro. Siamo rimasti solo due giorni, poi siamo andati a trovare un suo amico che aveva fatto il militare con lui e che abitava in un paesino vicino La Spezia. Quando siamo arrivati ed abbiamo fatto le presentazioni, ciò che mi ha colpito di più è stato il padre del suo amico. Di nome Bruno, non molto alto, ma asciutto, duro, con le mani forti, rugose, piene di calli, con un’aria da vecchio lupo di mare, sulla quarantina. Mi ha puntato addosso i suoi occhi di un blu simile a quello del mare, facendomi sentir bagnare la fica; in fondo erano tre giorni che non scopavo e già ne avvertivo il desiderio. Nel pomeriggio, mio marito mi ha informato che quella sera sarebbero andati in un paese lì vicino a trovare un altro ex commilitone loro amico, e che la cosa era, come dire, fra uomini. Io mi ero rassegnata a passare una serata in casa, quando Bruno, venuto a conoscenza della decisione del figlio di uscire con l’amico, ha detto che, essendoci luna piena, sarebbe stata una notte perfetta per mettere giù il palamito, ma che, se lui non ci fosse stato, avrebbe dovuto rinunciare. Io lo guardo e chiedo se posso essere utile, dal momento che essi vogliono uscir da soli. Lui mi sorride e mi dice che non è necessaria alcuna perizia in quello che c'era da fare. Anche il figlio, guardando mio marito, gli consiglia di lasciarmi andare.
«È bravissimo, puoi star tranquillo che, domani mattina, te la riporta tutta intera.»
Al calar del sole, lui mi dice di prendere un paniere con dentro la nostra cena. Saliti, sulla sua barca, un gozzo perfettamente attrezzato, ci apprestiamo ad uscire dal porto. La notte scende velocemente, lui entra nella stretta cabina e m’istruisce sul da farsi.
«Vedi questa è la bussola e questo serve per il motore. Quando te lo dirò, dovrai tenere questa rotta e questa velocità, al resto ci penso io.»
Raggiungiamo il mare aperto ed il buio più profondo ci avvolge. Un piccolo faro illumina la coperta dove lui sta armeggiando dentro un grosso cesto, pieno di ami e i due faretti, uno rosso e l’alto bianco, illuminano la notte. Lui osserva la costa in lontananza e decide che siamo nel posto giusto. Mette in mare una piccola boa bianca e mi fa partire. Il motore al minimo e la rotta, sono le uniche cose cui devo pensare. Lui, invece, con una maestria unica, estrae dalla cesta uno alla volta gli ami, vi aggancia delle sardine come esca e li cala in mare. Dopo circa un’ora, ha messo in mare, legati a un lunghissimo filo, circa 4000 ami, mette un’altra boa, e questa è munita di una piccola luce fluorescente. Riprende il timone e porta la barca poco lontano, getta l’ancora e, dal boccaporto tira fuori una coperta. Ci sediamo, apre il cestino e prende del formaggio, pane, vino, e un salame dalle strane venature, sembra un cazzo nodoso. Mi porge del formaggio, ma anche del vino, che però rifiuto.
«Dai bevi, mica ti voglio ubriacare? Dopo che abbiamo mangiato, ti scopo e ti voglio ben sobria; dimmi, piuttosto, il salame ti piace a fette o intero?»
Lo guardo ridendo.
«Dipende: se lo prendo per bocca, a fette, altrimenti lo preferisco intero. Dipende anche dal tipo di salame e poi, chi ti dice che io mi lascerò scopare da te?»
Lui mangia con calma e mi guarda.
«Ascoltami bene, ragazza mia. Io di donne ne ho conosciute tante e sono in grado di riconoscere subito, una che ha voglia di cazzo. Tu sei una di quelle. Mangia, che dopo ti faccio divertire. Mi sembra che ne hai bisogno. Sono convinto che tuo marito non riesca a soddisfare una come te; non mi sembra per niente il tipo.»
Poco dopo si avvicina a me, io mi sono già bagnata. Mi sfila la maglia. I miei seni piccoli sono subito preda della sua bocca. Mi succhia i capezzoli, li stringe fra i denti e poi mi sfila pantaloni e mutandine insieme. Mi adagia sul boccaporto facendomi trovare giusto all'altezza più adeguata. Si abbassa ed infila la testa fra le mie cosce. Sentire quella ruvida lingua, insinuarsi fra le labbra alla ricerca del mio clito, che subito succhia con forza, mi sconvolge.
«…sì…sì…è …stupendo! … dai … vengo!»
Resto stupita della velocità con cui mi ha fatto godere. O lui è bravissimo, o io ero di nuovo piena di libidine, o forse tutte e due le cose. Sono piacevolmente stupita quando sento che mi appoggia il suo arnese sullo spacco della fica. Mi sposto, lo afferro e prendo in bocca. Voglio riuscire a sentirlo in bocca. È un cazzo particolare, non è molto grosso, ma abbastanza lungo. La cosa che colpisce è la cappella. Grande come quella di un fungo, più del diametro del cazzo stesso. La inserisco dentro la mia bocca capiente e gli faccio un lavoretto con i fiocchi.
«…mmhmmmummumm … Sei proprio brava, lecca, e succhia, che poi ti scopo.»
Non resisto al desiderio di sentirlo dentro.
«Dai… prendimi, dai, che non resisto … ti voglio.»
Lui si mette in ginocchio, il cazzo è proprio all'altezza giusta, mi fa avvolgere le gambe dietro la sua schiena e mi infila il “porcino.”
Lo sento scivolare dentro lentamente. Mi tendo come la corda di un violino e, quando raggiunge il fondo, esplodo subito. Lui comincia un’infernale va e vieni con un ritmo decisamente sostenuto. Mi scuote ad ogni affondo, sembra quasi volermelo far uscire dalla bocca, tanto me lo affonda dentro. Sono sconvolta e godo ripetutamente, senza nessun freno; urlo e, dopo l’ennesimo orgasmo, lo esorto a sborrarmi dentro.
«Sì, così! …. Più forte! … Vengo! … VENGO! … dai, schizzami dentro!»
Lui mi asseconda e, poco dopo, mi regala l’agognata sbrodata.
«Tieni, vacca! Sborro!»
Getti caldissimi dissetano la mia fica infuocata. Rimane ancora un po' dentro di me, poi lo faccio mettere di lato e prendo il suo cazzo in bocca. Lo succhio, sento il profumo del mio piacere mischiato al suo dentro la mia bocca, perciò m’impegno e lui gradisce.
«Dai, magnifica bocchinara. Dai, che se me lo fai tornar duro, ti sfondo anche il culo.»
A quelle parole mi scateno come non mai, lo voglio! Basta poco e lui si ritrova di nuovo con il palo pronto. Mi mette alla pecorina e si posiziona dietro di me. Spennella il glande diverse volte sulla fica da cui esce un rivolo di sborra e poi mi penetra il culo.
«…aaaaaaaaahhhhhhhhiiiii … piano!»
Fingo di provar dolore, ma lui lo infila con ancor più forza.
«Zitta, vacca! Il tuo culo è talmente aperto che ci passerebbe un sottomarino e questa non è certo opera di tuo marito.»
Continua a pomparmi con forza: è bellissimo. Lo assecondo nei movimenti e questo mi eccita di più. Raggiungo il primo di una bellissima serie di orgasmi anali. Lui si è abbassato e mi ha infilato due dita nella fica, che continua a grondare del mio piacere, misto al suo.
«Sì... dai, porco! …. Dai, che vengo!»
Godo tantissimo e ne sono immensamente felice. Lui è molto resistente. Alla fine lo imploro di sborrare dentro il mio culetto in fiamme.
«Vieni … Ti prego, ho il culo in fiamme!»
«Va bene, sborro, ma una parte dovrai berla.»
Lo sento sborrare nel culo. Poi mi fa girare velocemente e due getti mi imbrattano il viso, fra naso e bocca.
«Bevi, troia! E ingoia!»
Come un’indemoniata non mi perdo nemmeno una goccia di quel succo. Ci mettiamo un po' seduti, stremati, lo guardo, e sorrido.
«Sei stato fantastico!»
Lui non si vanta per niente, anzi...
«Ti ringrazio, ma sono invecchiato. Una volta ti avrei scopato fino all’alba. Dai, adesso facciamo il bagno.»
Ci tuffiamo, l’acqua è calda; nonostante si sia a settembre, si sta benissimo. Lui mi strige a sé. Mi succhia i seni, mi accarezza, io lo tocco, vorrei che questo momento non finisse mai.
«Sei una femmina da letto. Sei fatta per il sesso, lo fai con passione. Ti piace e questa è la tua caratteristica migliore. Fregatene di tuo marito. Secondo me nemmeno si è reso conto di che bomba ha per le mani, divertiti sempre.»
Risaliamo in barca, lui mi aiuta a rivestirmi e recuperiamo la lenza. Alla fine abbiamo pescato tantissimi pesci e, scelti quelli che lui vuole cucinare per noi, gli altri, al mattino, quando torniamo, li consegna ad un suo amico grossista, che li vende per lui.
«Notte magica. Hai fatto una pesca miracolosa!»
Commenta il tipo.
«Certo, ho imbarcato una sirena, come potevo non prendere tanti pesci.»
L’altro indugia se di me con un’occhiata che sembra volermi spogliare, poi ce ne torniamo a casa. I due giorni successivi usciamo con tutti gli amici di mio marito. Alcuni giorni dopo, decidiamo di tornare a casa, dove ci aspetta un triste compito. Dovrò assistere mio suocero e la cosa non mi rende felice. Affronto il mio nuovo compito. Mio marito e mia suocera escono per andare al lavoro e tornano la sera. Per tutto il primo mese è un continuo entrare ed uscire dall’ospedale. Lui è sempre forte.
Le prime cose che mi ha detto, sono state semplici e chiare.
«Io voglio che tu sia sempre allegra. Non mi piacciono musi o pianti, quelli, se vorrai, li farai dopo. Voglio vivere i giorni che mi restano in maniera felice.»
Ovviamente questo mio comportamento non piace alla suocera. Alla fine del mese, una sera, io e mio marito litigammo per questo. Io ero nervosa perché era un mese che non scopavo, ad eccezione di velocissime sveltine con lui. La mattina dopo il litigio, mentre sono in cucina in pigiama, a preparare la colazione, mio suocero si avvicina.
«Che hai?»
Gli rispondo: "Nulla". Lui mi fa girare, il mio sguardo è rivolto verso il basso, lui mi mette una mano sotto il mento e lo solleva: il mio sguardo incontra il suo.
«La vostra camera e la mia è divisa da un muro sottile. Per cosa avete litigato, ieri sera?»
Cerco una scusa, ma non regge. Lui insiste.
«Voglio sapere per cosa litigavate: forse per me? O per altro? Forse mio figlio non ti rende felice? Poiché sono malato, di notte non dormo e non mi è sembrato di sentire i classici rumori che una coppia, da poco sposata, dovrebbe fare; forse ti trascura a letto?»
Lo guardo, i miei occhi parlano da soli.
«Veramente non è proprio che mi trascura, è che…insomma, lui finisce subito e io non…»
Mi guarda, capisce tutto. Mi prende per mano, mi porta dentro la sua camera. Mi avvicina al letto, mi stringe a sé, mi bacia. Sento la sua lingua entrare prepotentemente dentro la mia bocca, cercare la mia lingua e succhiarla. Immediatamente le sue mani mi sfilano la parte superiore del pigiama, poi mi fa sedere sul letto. Si abbassa e anche i pantaloni e le mutandine finiscono ai miei piedi. Sono nuda, la fica è umida e sono in attesa di quanto penso succederà. Si toglie il sopra del suo pigiama. Il suo petto forte e leggermente peloso mi eccita ancor di più. Infila la testa fra le mie gambe e sento la sua lingua aprire le labbra della mia fica, mi sbrodolo subito nella sua bocca. È fantastico il modo come mi lecca. Mi lecca e succhia facendo girare un poco la lingua e, contemporaneamente, mi schiaccia il bottoncino: godo all'istante. Urlo il mio piacere, sono travolta dal desiderio. Lo invito a distendersi sul letto e mi posiziono su di lui, a rovescio. Il suo cazzo è quanto di meglio si possa desiderare. Assomiglia a una grossa pannocchia di mais, grosso in circonferenza alla base e più stretto al glande. Lo infilo in gola. Lo succhio con passione e lui ricambia facendomi venire di nuovo: lo voglio! Mi stacco e lo invito a scoparmi. Mi sale su e sento il suo corpo massiccio schiacciarmi sul letto. Avvicina la cappella alla fica e, in un solo colpo, me lo infila tutto dentro. Resto a bocca aperta. Un lungo gemito accompagna il mio primo immediato orgasmo. Resta dentro per un po' immobile, poi comincia a pomparmi con colpi fortissimi. Mi scuote tutta, io godo, lo guardo incredula.
«Vengo! … Godo! … sì … dai…sei…un…toro…meraviglioso…dai…»
Si scatena. Mi demolisce con affondi devastanti e, alla fine, mi ritrovo ad aver goduto tantissimo. Poi si ferma, ansima, lo vedo sudare, mi ricordo che è malato, lo faccio distendere, ma lui continua a scoparmi di lato, sempre con forza. Io lo incito:
«dai … vieni, fammi sentir la tua sborra dentro…dai, che mi fai impazzire.»
Mi sbatte ancora un po', poi lo sento schizzare. Mi sfilo, mi abbasso in tempo per gustare le ultime gocce di seme dentro la mia bocca. La succhio con passione, lo bevo letteralmente e lui commenta compiaciuto.
«Accidenti, ragazza mia, che gran bocchinara che sei…mi piaci, dai … così…è bellissimo!»
Lo faccio godere continuando a leccarlo fino a che non diventa moscio. Da quel giorno, appena gli altri escono per andare al lavoro, io m’infilo dentro il suo letto e lui lo fa dentro di me. Mi rendo conto, ben presto che, giorno dopo giorno, la sua forza diminuisce; la malattia sta per avere il sopravvento. Anche lui se ne rende conto e un giorno mi dice di vestirmi sexy, per andar a trovare un suo amico. Raggiungiamo la grande città ed entriamo in un palazzo del potere. Si fa annunciare da una segretaria di un certo presidente, che lo riceve come se fosse un fratello. Dopo gli immancabili convenevoli e le assicurazioni sul suo stato di salute, l’uomo gli chiede se sono io quella che deve sistemare. Allora prende da un cassetto un pacco di fogli e me li porge.
«Li compili, si metta laggiù.»
Mentre io scrivo, essi parlano a bassa voce; vedo l’altro scrutarmi più volte. È un bell’uomo sulla cinquantina, ben portati. Dopo, si salutano e ce ne andiamo. Mio suocero mi dice che, quando lui sarà morto, questo suo amico mi troverà un buon posto.
«Non voglio che resti a casa; tu sei fatta per vivere, mentre a casa, moriresti. Voglio che questo resti un nostro segreto.»
Passano due mesi e, un mattino, lui non si risveglia. Dopo tutto il casino del funerale e altro, io seguendo le istruzioni ricevute, vado a trovare il tipo che, effettivamente, mi aveva trovato un buon lavoro, con un'unica condizione: il lavoro si svolge in città. La cosa non mi spaventa affatto e, quando ho ottenuto il posto, apro una busta che mi aveva lasciato mio suocero. All'interno c'erano due lettere, una indirizzata a me e l’altra al suo amico. Lui mi dice che, data l’amicizia che li lega, lui mi troverà un buon lavoro, ma dovrò decidere io se, per riconoscenza, vorrò andarci a letto, in quanto lui non si permetterà di chiedermelo; spetterà solo a me decidere e, come ultimo consiglio, mio suocero mi suggerisce di farlo.
Chiamo la persona in questione e gli do la lettera. La legge e mi chiede quali siano le mie intenzioni. Gli rispondo di trovare un posto tranquillo. Mi richiama il giorno dopo, ci incontriamo, e mi porta in una casa in riva al lago. Mi scopa divinamente: ne avevo proprio bisogno. Mi pompa fica, culo e bocca fino allo stremo delle forze. Lo devo implorare per farlo smettere tanto è virile. Alla fine mi ringrazia. Dice che non mi cercherà più, ma, se dovessi avere bisogno di lui, non mi devo far scrupoli. Incomincio una nuova vita. Il nuovo lavoro si presenta più impegnativo del previsto e,
poiché non ho nessuna esperienza, decido di affidarmi a persone esperte. Ne seleziono tre. Il primo si rivela un borioso, che ti faceva sentire una deficiente. Il secondo, appena aperto bocca, mi ha fatto capire che, prima, bisognava passare per il suo letto. Poi il terzo, quello che credevo il più porco, il più chiacchierato, si è rivelato una persona disponibilissima. Sempre presente, affidabile, mi ha insegnato tutto. Per la prima volta, in vita mia, me ne sono innamorata. Me ne sono accorta quando l’azienda ha creato una squadra di persone per un lavoro molto impegnativo, a contatto con il pubblico. Lui era sempre al centro delle attenzioni delle donne ed io ne soffrivo. Non mi decidevo a rivelare questo mio sentimento, ne temevo il risultato. Finito il lavoro, tutti abbiamo deciso di andare una sera a cena insieme. Io, che non conoscevo la città, l’ho pregato di accompagnarmi: era una scusa per stare ancore di più con lui. Dopo cena, siamo andati a ballare in discoteca, e lì il gruppo si è smembrato; io ne ho approfittato, per invitarlo ad uscire e star un po’ da soli. Quando mi sono ritrovata in macchina con lui, gli ho lanciato le braccia al collo e l’ho baciato. Lui ha risposto con impeto al mio bacio, confessandomi poi che avrebbe voluto farlo da tempo. Così è cominciata la nostra storia. Mi ero presa una cotta terribile per lui. Era stupendo, sempre meraviglioso, ma dannatamente spietato a letto. Un’amante fantastico, molto fantasioso e dotato, non tanto di super cazzo, ma di un modo fantastico di usarlo e questo mi faceva letteralmente impazzire. Mai sazio, mai soddisfatto, pretendeva sempre di farmi avere qualche orgasmo in più, prima di venire a sua volta. Meraviglioso! Abbiamo scopato in tutti i posti di lavoro dove siamo stati insieme. Con lui ho conosciuto il piacere dell’esibizionismo, mi faceva impazzire di piacere quando mi chiedeva di girare fra la gente a fica nuda e lui si eccitava tantissimo. Ogni posto era buono per scopare, con lui ho fatto di tutto, anche il sesso in mezzo alla gente. Eravamo talmente presi che, spesso, ci organizzavamo prendendo qualche giorno di ferie e trascorrerlo insieme. Ma la cosa più scellerata che abbiamo fatto è stata quella di far conoscere le nostre famiglie. Di uscire assieme ai nostri compagni. Per vera sua moglie, una bella donna, mal sopportava la mia presenza: era troppo evidente la nostra complicità. Il massimo è stato fare insieme le ferie estive, insieme, sotto lo stesso tetto, in una villa al mare, con due camere matrimoniali. Quando il giorno tornavamo dal mare, io e lui andavamo in bagni separati a fare la doccia, ma lui, scavalcava un muretto ed entrava nel mio bagno. Mi scopava ed io dovevo mordermi le labbra per non urlare. Quattro anni abbiamo passato insieme. Poi un giorno, dopo aver fatto l’amore, mentre eravamo rilassati, gli ho fatto un discorso che da tempo tenevo in animo.
«Voglio smettere la pillola: vorrei aver un figlio.»
Lui mi ha sorriso.
«Va bene, vorrà dire che staremo più attenti, se vuoi compero dei preservativi.»
L’ho guardato, non aveva capito.
«Forse non mi sono spiegata bene: voglio avere un figlio da te!»
Mi ha fissato scuro in volto.
«No! Non è possibile. Ho già due figli e non ne voglio altri. Lo sai che non voglio divorziare da lei, quindi, non fare cazzate: lascia perdere. Non erano questi i nostri patti.»
Ero furiosa. Ma come?! Per fare la vacca a letto ero fantastica, ma per aver un figlio da lui, no?! Per tutto il mese abbiamo litigato: ero ferma nella mia decisione. Alla fine, l’ho minacciato che avrei scopato con il primo che me lo avesse chiesto. Lui mi ha chiesto di non tradirlo. Si era accorto che c’era un tipo alto e biondo che, da qualche tempo, mi corteggiava con discrezione.
«Non tradirmi, altrimenti rovini tutto.»
Avevo già da tempo parlato con mio marito e, quindi, abbiamo fatto di tutto perché io restassi incinta. Per tutto il mese, mi sono fatta scopare da lui. Non ne ricavavo alcun piacere, ma mi serviva per raggiungere il mio scopo: essere messa incinta. Quando mi son resa conto che c’ero riuscita, ho fatto in modo che il mio amore mi vedesse con il biondo e ci ho pure scopato. Una vera delusione: ero troppo abituata a lui che mi sbatteva per ore. Questo invece, dopo dieci minuti, era tutto finito; ma ciò che mi interessava maggiormente, era di punirlo per il rifiuto datomi. Quando lui è venuto a sapere che ero incinta, è venuto a trovarmi sul posto di lavoro.
«Ora sarai contenta. Ti sei fatta mettere incinta da quello?»
«Certo, è stato meglio di te!»
Mi ha guardato con disprezzo.
«Sei una puttana!»
E se n'è andato. Quelle parole mi hanno ferito più di una coltellata. Per non vedermelo ancora lui davanti, mi sono messo presto in maternità. Non l’ho più visto per circa due anni. Si era fatto trasferire in una sede esterna. I suoi colleghi di lavoro raccontavano che aveva fatto strage di donne. Inoltre, da più di un anno, frequentava assiduamente una francese.
«Una femmina veramente bella, di classe.»
Così l’avevano definita alcuni che la conoscevano. In tanti avevano cercato di portarsela a letto, ma sembra che solo lui c’era riuscito. Io, durante la gravidanza, mi sono resa conto dello sbaglio fatto a perdere uno come lui. Sentivo la mancanza di tutte le cose che facevamo insieme. Le nostre interminabili telefonate, scopate, fughe. Le sue mani, bellissime, lunghe, che adoravo sentire su di me. Da allora ho fatto qualche scopata, ho trovato un nuovo amante. Niente a che vedere con lui. Ieri sono entrata in un bar, vicino a dove lavoro, e l’ho visto seduto ad un tavolino con una bellissima donna. Non poteva esser diversamente, visto l’elevato standard delle sue amanti. Si notava che lei era affascinata da lui. Lo guardava come facevo io, ai miei tempi: se lo beveva con gli occhi. L’ho salutato, lui ha risposto con un semplice gesto della mano. Lei si è girata, mi ha guardato e gli ha chiesto qualcosa in francese. Lui ha guardato di nuovo verso di me e le ha risposto che non ero nulla di importante. Era vero, non potevo certo sperare di avere per lui ancora importanza. Me ne sono andata e, per un momento, ho ammesso a me stessa, che il tradimento, questa volta, non era stata la scelta migliore e che era inutile sperare: conoscendolo, sono certa che lui non torna indietro.
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