In tre sulla spiaggia

pennabianca
5 months ago

Arrivo in spiaggia incazzata nera. Siamo appena giunti in questo paradiso tropicale, dove trascorreremo una settimana di vacanza, e quel cretino di Dario, il mio compagno, passa quasi un giorno a giocare a carte con altri tre bastardi, le cui mogli non fanno altro che spettegolare su tutti. Non siamo sposati, conviviamo da due anni, e lui è un ragazzo molto dolce e premuroso. L’ho conosciuto tre anni fa; entrambi venivamo fuori da una delusione con i rispettivi fidanzati. Essi erano amici e, una sera, li abbiamo sorpresi a letto insieme, allora ci siamo allontanati da loro ed abbiamo preso a frequentarci. Io ventisei anni, alta un metro e ottanta, capelli neri corti, occhi scuri, terza di seno, non ero stata, fino a quel momento, per niente una santa. Avevo perso la verginità a diciotto anni, ad una festa di compleanno. Ero talmente sbronza, che non ricordo neanche chi mi ha rotto figa e culo. Col tempo ho seguitato a trovare piacere nel sesso, fino al giorno in cui pensavo di essermi innamorata di quello stronzo che, all’inizio, diceva di amarmi. Dopo avermi sbattuto per bene, ha scoperto di essere innamorato della sua migliore amica. Il punto è che, nel frattempo, la sua migliore amica era fidanzata con Dario, che io conoscevo solo di vista. Un bel ragazzo di due anni più giovane di me, dolcissimo, ma assolutamente timido con le donne. Ricordo che fui proprio io ad aprigli gli occhi su quei due. Dopo quel casino, abbiamo incominciato la nostra storia. A me piaceva e, col tempo, si è rivelato un buon compagno al punto di decidere di convivere. In questi due anni, non c’è stata mai una cosa fuori posto, ed ora che ci siamo presi una vacanza tanto sospirata, lui che fa? Gioca a carte! Appoggio il telo sul lettino e mi concedo un bagno. Sono le due del pomeriggio, non dovrei essere in spiaggia; fa troppo caldo, ma non me ne frega nulla. Inoltre il fatto che la spiaggia, a quest’ora, è deserta, mi fa proprio sentire meglio. Mentre torno verso riva, vedo in fondo alla baia un ragazzo, che lavora nel villaggio, dirigersi verso le scogliere che delimitano la spiaggia; mi volto e, quando torno a guardare verso di lui, è scomparso. Incuriosita, mi dirigo verso le rocce e, dietro alcune palme, scopro, quasi invisibile, uno stretto passaggio. M’infilo dentro, salgo su alcuni massi e, improvvisamente, davanti a me si apre una piccolissima baia, un punto dove le rocce arrivano al mare e formano una V, mentre sotto i miei piedi un masso piatto forma la spiaggia. Distesi sul masso piatto, ci sono due persone. Il ragazzo che ho visto e un signore più grande, che identifico subito nel direttore del villaggio, perché è quello che ci ha dato il benvenuto questa mattina: sono nudi. Resto un attimo perplessa. Il giovane è ben messo fra le gambe, ma non vedo il sesso dell’altro, che tiene le gambe arcuate. Sono ancora indecisa, ma poi passo loro davanti, accennando un saluto con il capo. Lascio cadere il mio telo, slaccio i fiocchi che reggono il costume e, in un attimo, sono nuda davanti a loro e mi tuffo in mare. Due bracciate e torno verso lo scoglio; noto, a ridosso di esso, una scala di legno, messa lì per risalire. Esco e vedo il mio telo disteso fra i due maschi, che mi guardano. Il direttore indossa degli occhiali scuri, ma sono certa che non si perde un millimetro della mia pelle nuda. Indifferente, anche se già eccitata, mi distendo supina fra loro, arcuo le gambe e appoggio il corpo, sollevandomi sui gomiti. Il giovane disteso alla mia destra si sta accarezzando il sesso, duro, lungo e scuro; io mi sto bagnando, non vedo l’altro, perché sono distesa davanti a lui, fra le sue cosce. Il giovane allunga una mano e l’appoggia alla mia coscia per saggiare un’eventuale mia reazione. Io resto immobile. Ho voglia di sesso, mi sono decisa a vivere quest’avventura, nell’attimo stesso in cui mi sono denudata. Risale la coscia e raggiunge la mia patatina già bagnata; vi insinua dentro un dito e ne percorre lo spacco: gemo. Si distende fra le mie cosce, e incomincia a leccarmi. Infila la lingua fra le pieghe della vulva e mi procura un dolcissimo piacere. Improvvisamente sento due mani forti appoggiarsi sulle mie spalle, discendere lungo il mio corpo fino ad afferrare i seni, stringermi i capezzoli ed impastarmi le mammelle. Gemo e godo di nuovo, scossa dal primo orgasmo.

«Sì … VENGO! … sì! ora!»

Tremo dal piacere che scarico tutto dentro la bocca del giovane che mi succhia come un forsennato. Delicatamente l’uomo mi fa girare. Sento il giovane mettersi dietro di me e dedicare la sua attenzione al mio fiorellino anale. Quando mi giro, resto a bocca aperta. Davanti ai miei occhi si staglia il più bel cazzo che abbia mai visto e, vi assicuro, di esperienza ne ho tanta: non sono per niente una di primo pelo. Lungo circa una ventina di centimetri, è nella circonferenza la sua peculiarità. Enorme! Forse il più grande che abbia mai visto, direi della dimensione di una lattina di birra, o forse più. Attratta dalla visione di quel meraviglioso palo, mi sono scordata del giovane, che dopo avermi lubrificato il culo con la saliva, vi infila dentro il suo cazzo. Sento la cappella appoggiarsi alla rosetta, che si tende sotto la spinta, poi di colpo entra quasi tutto dentro.

«… oohhohoohooo … Sì … Piano! Sì … Spingilo!»

Lo sento esitare un momento, poi affondare tutto il suo tarello dentro di me. A bocca aperta, mi avvicino all’altro. Vorrei ingoiarlo tutto, ma per quanto mi applichi, riesco a prendere in bocca la sola cappella. Sono scossa da un nuovo orgasmo, il giovane mi stantuffa con forza e velocemente. Tremo dal piacere. Godo a bocca piena. Il giovane mi scopa nel culo come un toro impazzito. Mi slarga tutta, poi di colpo si ferma, affonda tutto dentro di me e, pronunciando parole in una lingua per me incomprensibile, esplode nelle mie viscere, procurandomi un incredibile piacere. Avverto un effluvio bello caldo che mi invade il retto, poi, lentamente, estrae il suo fallo dal mio culetto. Resta ancora un momento appoggiato con il cazzo ancora duro fra le mie chiappe, poi si alza e se ne va. Dal forellino dilatato, sento colare della sborra, ma non me ne frega nulla. L’altro mi solleva e, messosi supino, mi trascina su di sé. Il mio corpo esile si appoggia al suo, massiccio. Sento i capezzoli duri e gonfi battere sul suo possente torace. La mia ostrica aperta riceve nello spacco un primo assaggio delle dimensioni del suo cazzo, che mi arriva quasi all’ombelico. Mi bacia. La sua lingua entra di prepotenza dentro la mia bocca, la esplora, cerca la mia e intreccia con essa un gioco che mi fa gemere ancora. Sono un lago fra le cosce. Mi pregusto l’attimo in cui lui m’infilerà dentro quel palo. Mi sollevo su di lui, mentre con la mano cerco di indirizzarlo dentro di me. Lui, appoggia il glande fra le pieghe della mia fradicia micetta. Mi rilasso, non sono abituata ad un cazzo di quelle dimensioni; il mio compagno ha una dotazione assolutamente normale. Entra. Sento le pareti della mia vagina dilatarsi al suo passaggio. Struscia ed affonda lentamente, mi sembra che non finisca mai. Improvvisamente lo sento battere con forza contro l’utero; ho un misto di dolore/piacere che mi sconvolge, vorrei urlare ma riesco ad emettere solo mugolii. Mi distendo e, solo in quel momento, mi rendo conto che non è ancora tutto dentro di me. Il mio ventre sembra percorso da una spada infuocata, che mi apre e trafigge, procurandomi un orgasmo improvviso e sconvolgente.

«… Sì … VENGO! … vengo!»

Mi lascia scaricare ogni fremito che percorre l’intero mio corpo, poi solleva le gambe e prende a sbattermi da sotto. Impazzisco. Sento il suo corpo aderire al mio e comprendo che ora l’ho tutto dentro! Perdo la cognizione del tempo e luogo. Semisvenuta, mi sento adagiare sul telo; non so quante volte ho gridato il mio piacere. Mi ha distrutto la fica che ora mi brucia e, quando esce, quattro delle mie dita ci sguazzano liberamente; lui non è ancora venuto. Mi distende sul telo, mi solleva il culetto ed io, passiva, mi lascio fare. Quando sento il suo cazzo premermi dietro, non ho l’energia per oppormi. Una lieve pressione e il suo stantuffo mi penetra dentro, senza incontrare nessuna resistenza, del resto ero ben lubrificata dalla sborra inoculatami e, così, m’infila tutto il palo dentro le viscere. Mi sembra di sentirlo in gola. Gli sento appoggiare l’addome contro le mie chiappe e sento il respiro morire nella mia gola. Cazzo, ce l’ho tutto in culo! Mi lascia qualche secondo per adattarmi alla sagoma, poi comincia un va e vieni sconvolgente. Mi pompa con estrema maestria, limando con perizia il mio buchetto e presto ho l’ennesimo orgasmo.

«… sì … Dai … sfondami! Godo! VENGO!»

Tremo, urlo e godo senza ritegno. Mi pompa per un poco, poi comincia a modificare il suo ritmo. Aumenta nella velocità, lo sento gonfiarsi ancora, perché deve essere prossimo all’orgasmo ed io pure sento arrivare il mio: urlo e lui con me.

«Vengo! Ora!»

Improvvisamente sento un getto di calore inondarmi il culo. Lui ne emette diversi di schizzi, poi esce di colpo e mi rigira, così da innaffiarmi il viso di ulteriori due getti di sborra densa e calda. Apro la bocca e riesco a beccare il secondo, che assaporo.

«… unmumhhhnumuhhmum … dolcissimo!»

Ingoio la cappella, ma non più di tanto perché è ancora troppo grosso per la mia bocca. Succhio e ripulisco per bene quel suo fallo. Resta per un attimo immobile, si gusta la mia lingua, poi si alza e se ne va. Resto distesa e mi porto una mano dietro. Sento il mio buchetto oscenamente dilatato. Ho quasi paura, mi tuffo in mare e sento che l’acqua entra dentro di me, sia dietro che davanti. Esco, mi asciugo, poi rimetto il costume e torno sui miei passi. Quando emergo da dietro le rocce, osservo la spiaggia che si va riempiendo; mi defilo dietro alcune palme e torno al mio ombrellone. Lascio il telo, entro in acqua, nuoto, poi insinuo una mano nella parte posteriore del costume, verificando che il mio culetto si è già richiuso: ho un sospiro di sollievo, esco e mi distendo sul lettino.

«Amore, scusa, ma stavo vincendo; spero che non ti sarai annoiata troppo.»

La voce del mio compagno mi arriva da dietro le spalle; si avvicina e mi bacia.

«Ho ammazzato il tempo, rilassandomi.»

Gli rispondo. Lui mi sorride e s’immerge in mare; lo guardo e mi distendo. Ora sto meglio, mi sento più rilassata, e poi, in fondo, è solo il primo giorno di vacanza.

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