La guerra dei pompini

pennabianca
4 months ago

Mi chiamo Carlo, oggi ho cinquant’anni e sono un bisex convinto. Questa mia scoperta risale a tanti anni fa. All’epoca ero un militare arruolato nell’Aereonautica Militare, in un corpo speciale che si occupava della difesa degli aeroporti. Non so bene come c’ero finito, ma era dura veramente, guardie, esercitazioni, allarmi e marce erano all’ordine del giorno e la stanchezza la faceva da padrona. Ricordo una notte d’inverno, faceva un freddo tremendo, ero di guardia, avevo molto freddo ed ero stanchissimo. Me ne stavo rintanato in una buca circondata da sacchi di sabbia con due feritoie, ricoperta da una lamiera con sopra altri sacchi di sabbia, una leggera tenda copriva l’entrata. Dalle feritoie veniva molto freddo e fu quello il momento in cui commisi il primo dei due errori: mi misi seduto e chiusi gli occhi per alcuni secondi, almeno così credevo, invece mi addormentai profondamente. Improvvisamente una mano forte mi scosse dal sonno e fu grande lo stupore nel vedermi davanti il nostro sergente, con il mio fucile in mano. In un attimo, tutta la mia vita futura si delineò chiaramente. Processo per direttissima, il minimo due anni di carcere punitivo. Questo era già accaduto ad altri due soldati prima di me e il nostro sergente, un uomo alto, forte e muscoloso, dal carattere duro e taciturno, che comandava temporaneamente il plotone in assenza del nostro ufficiale, che si era ferito durante un’esercitazione, se ne stava in piedi davanti a me in silenzio.

«La prego non mi rovini».

Riuscii a dire con un filo di voce, carico di terrore. Lui rimase un attimo in silenzio, poi fece un profondo respiro e si avvicinò a me. Ora il suo corpo era a poca distanza dal mio viso, quando lui improvvisamente aprì i pantaloni e tirò fuori un membro grosso e lungo.

«Scegli!»

Mi disse con tono duro e deciso, avvicinando il suo corpo a poca distanza dalla mia faccia. Senza nessuna esitazione, afferrai quel cazzo, ancora molle, ma già di notevoli proporzioni, al punto che indice e pollice a malapena riuscivano a congiungersi. Tirai fuori la lingua e detti la prima leccata. Rimasi stupito dal fatto che era profumato, sì, sapeva di acqua e sapone, come se lo avesse lavato un momento prima. A quell’epoca ero già fidanzato con quella che sarebbe poi diventata mia moglie e le donne, in quegli anni, difficilmente ti facevano scopare, principalmente per paura di rimanere incinte, quindi, il miglior sistema per tenere a bada il fidanzato, era quello di fare pompini. Mi ero sempre chiesto cosa ci potesse provare nel leccare e succhiare, con estremo piacere, il mio cazzo e vedevo la gioia e la soddisfazione nell’ingoiare la mia eiaculazione; ora, per caso, avevo l’opportunità di togliermi questa curiosità. Cominciai a succhiare, leccare, quello splendido palo che mi stava lievitando tra mani e bocca, cercando di ripetere le stesse cose e gli stessi gesti che vedevo fare alla mia fidanzata su di me. Non m’importava nulla, né della situazione né di qualsiasi altra conseguenza: in quel momento volevo solo dare e ricevere piacere nel sentire quel membro in bocca.

«…mmmm…Che bocca di velluto!»

Il lungo gemito ed il commento espresso dal sergente, mi riempirono di gioia e soddisfazione e, allora, ho sollevato l’altra mano e slacciato i pantaloni, li ho abbassati insieme alle mutande fino a metà coscia, ritrovandomi in mano due palle grosse come uova d’oca dure, piene, che accarezzai soppesandole e lentamente feci scivolare le labbra lungo l’asta, giocando con la lingua lungo il frenulo fino ad arrivare a quelle due magnifiche sfere gonfie e pelose, che misi in bocca succhiandole una per volta. Ero sconvolto, eccitato al punto che sentivo il mio cazzo crescere nei pantaloni, mentre oramai le mie dita non riuscivano più a congiungersi da quanto era lievitato il magnifico membro che stavo segando quasi con devozione. Mi piaceva! Stavo facendo un pompino ad un uomo, e la cosa mi stava riempiendo di piacere. Lo sentivo gemere, assecondare i miei movimenti traendone molto piacere. Ad un tratto ho sentito la sua mano appoggiarsi sul mio capo, mentre lo splendido membro ha iniziato a gonfiarsi, la stessa cosa che succedeva a me quando stavo per sborrare in bocca alla mia fidanzata. Ho serrato le labbra intorno alla punta, frullando con la lingua in maniera molto veloce, succhiavo, pompavo e lo segavo sempre più forte. Improvvisamente ha emesso un lungo gemito e, un attimo dopo, un potente schizzo mi ha colpito il palato ed ho sentito un sapore agrodolce che mi è subito piaciuto. L’avevo appena assaporato ed ingoiato, che subito un altro schizzo più denso e corposo mi ha riempito la bocca. Ho gustato e ingoiato anche questo, subito seguito da un terzo, quarto e un quinto, sempre potenti, che mi hanno inondato la bocca. Era bellissimo: ho succhiato, leccato, ingoiato e spremuto fino all’ultima goccia di sperma, che quello splendido membro mi aveva riversato in bocca ed in gola; poi, con uno schiocco delle labbra, l’ho lasciato lucido e pulito, leccandomi le labbra. Ho sollevato lo sguardo ed ho visto il suo viso, nella fioca luce della notte, soddisfatto, rilassato. Mi ha restituito il fucile e si è riabbottonato i pantaloni.

«Da oggi, ogni volta che ne avrò voglia, tu sarai a mia disposizione! Sono stato chiaro?»

Mi ha detto con voce calma, ma perentoria. Ha voltato i tacchi e se n’è andato. Appena rimasto solo, mi son reso conto che ero ben sveglio, che non sentivo più freddo ed ero ancora molto eccitato e consapevole di aver vissuto un’esperienza davvero bella. Il mio cazzo duro mi faceva male nei pantaloni, l’ho tirato fuori e mi sono segato furiosamente, fin quando ho sentito il mio piacere esplodere. Raccolto tutto il mio sperma nel palmo della mano, l’ho portato all’altezza della bocca ed ho sentito lo stesso odore; estratta la lingua, ne ho assaggiato il sapore: era identico! Ho leccato la mia mano e l’ho ripulita di ogni singola goccia del mio piacere, rimanendo affascinato dall’emozione e dalla sensazione provate. Nelle due settimane seguenti, è venuto a trovarmi altre quattro volte e, sempre, abbiamo ripetuto lo stesso rituale: lui in piedi, io che lo succhiavo, lui veniva, io ingoiavo, poi lui se ne andava, io mi segavo e leccavo la mia stessa sborra. Era diventato un piacere particolare, unico, incredibile per me, che continuavo a ripetermi di esser etero, anche se, durante il giorno, osservavo quell’uomo, la cui presenza mi riempiva di intime emozioni. Poi, per alcuni giorni, è sparito e, quando è tornato, mi ha convocato nel suo ufficio e mi ha detto:

«Vieni con me».

Siamo saliti sopra una Jeep e ci siamo recati al magazzino, dove siamo stati accolti da Luca, il furiere, un ragazzo della mia stessa età, ma dalla forma fisica e dall’aspetto dolce e gracile. Appena entrati nel suo ufficio, Luca si è inginocchiato davanti al sergente, di nome Giovanni, e subito gli ha aperto i pantaloni e si è messo a succhiargli cazzo, mentre io li guardavo affascinato. Era meraviglioso e incredibile vedere con quanta facilità la sua bocca riusciva ad infilarsi dentro quello splendido palo che, dopo poche leccate, era già al massimo della sua potenza. Con un cenno della testa, Luca mi ha invitato a unirmi a lui e così, insieme, ci siamo messi a leccare e succhiare quella meraviglia della natura, fra i gemiti e sospiri di Giovanni, che ora aveva appoggiato le sue mani sopra ciascuna delle nostre teste, quasi a volerci tener fermi per far scorrere le nostre bocche avanti e indietro sul suo meraviglioso gioiello. Quando stavo con le labbra sulla punta, improvvisamente Luca ha unito la sua bocca alla mia in un meraviglioso bacio. Dopo un attimo di stupore, ho risposto con ardore, intrecciando la mia lingua alla sua, mentre con la mano continuava a segare il cazzo, divenuto sempre più duro. Dopo un attimo di stupore, ho risposto con ardore intrecciando la mia lingua alla sua, mentre con la mano continuava a segare il cazzo sempre più duro. Luca si è alzato in piedi, si è abbassato i pantaloni e si è appoggiato alla scrivania, mentre io ero rimasto a leccare il palo di Giovanni, il quale ha messo della saliva sulle dita ed ha lubrificato il didietro di Luca, poi ha appoggiato la punta del suo cazzo sul foro anale del furiere che, con le mani, stirava le chiappe in fuori per aprirsi meglio. Lentamente, ho visto sparire quei circa venti cm di carne, dalla grossa circonferenza, dentro il foro anale di Luca, il quale, a bocca aperta, spingeva il suo corpo contro l’inguine del sergente.

«Sfondami, magnifico toro! Dai più forte, fino in fondo!»

Li ho osservati estasiato, anche se, dentro di me, nutrivo una certa paura che lo stesso trattamento avrebbe potuto esser riservato anche il mio culo. Ma Luca si è girato e mi ha invitato a sedermi davanti a lui, sulla scrivania.

«Dai siediti, che voglio succhiarti cazzo».

Era fantastico! Giovanni gli sfondava il culo, Luca me lo succhiava divinamente, ed io ero prossimo al piacere, quando Giovanni mi ha fatto cenno di sollevarmi e, avvicinata la sua faccia alla mia, mi ha baciato intensamente, mentre continuava a pompare Luca. Per me è stato troppo; un piacere così grande ed inaspettato mi ha portato all’orgasmo, sborrando copiosamente in bocca a Luca, che ha ingoiato tutto avidamente. Poi è stata la volta di Giovanni che, con un lungo gemito, gli ha inondato il culo. Lo ha spinto fino in fondo e gli ha scaricato dentro tutta la sua crema. Dopo si è sfilato lentamente e Luca, prontamente, si è inginocchiato davanti a lui ed ha leccato, ripulito, quel membro ancora bello turgido. Poi ci siamo ricomposti.

«Luca deve fare l’inventario e tu, da oggi, gli darai una mano; questo, fino al lavoro finito, sarà il tuo nuovo incarico», è stato quanto mi ha detto Giovanni con un sorriso, per poi andarsene.

Abbiamo cominciato a fare l’inventario; un lavoro che, al massimo, sarebbero bastati tre giorni, noi ne abbiamo impiegati venti. Luca si è rivelato un amico simpatico, che aveva scoperto, all’età di quindici anni, di esser gay e, una volta arruolato, aveva trovato in Giovanni il suo toro da monta, il suo magnifico stallone, cui si era subito offerto, volontariamente, per ricevere in cambio quello splendido cazzo che lui gli infilava nel culo. Giovanni durante i venti giorni è venuto a trovarci spesso e, ogni volta, il nostro gioco a tre era sempre più interessante, coinvolgente e finiva sempre con copiose sborrate nella mia e nella bocca di Luca. Devo ammettere che la cosa mi riempiva di un piacere sottile e perverso; era stupendo succhiare e leccare il cazzo di Giovanni, oppure quello di Luca, indistintamente, in quanto anche lui era decisamente messo abbastanza bene, come me d’altronde. Quella pratica era quasi diventata una cosa cui era difficile rinunciare; bastavano appena due giorni di astinenza e, subito, ne sentivo forte il desiderio. Dopo quel lavoro, ho ricevuto una settimana di licenza premio e ne ho approfittato per tornare a casa, dalla mia fidanzata ed alla vita di tutti i giorni. Stranamente non sentivo per niente alcuna mancanza: ero perfettamente a mio agio fra i miei amici e le persone che mi conoscevano. Quando stavo con la mia fidanzata, mi sentivo perfettamente etero. Poi, la prima volta che lei mi ha succhiato di nuovo il cazzo, ho compreso perfettamente quale gioia o piacere lei provava e, quando le sono venuto in bocca, l’ho attirata verso di me e l’ho baciata intensamente, condividendo con lei il mio succo ancora nella sua bocca, facendola decisamente stupire. Quando mi ha chiesto perché l’avevo fatto, convinta che avrebbe dovuto darmi fastidio, o che mi potesse far schifo, le ho risposto che non vi era niente di schifoso, poiché se lei lo faceva a me, a mia volta potevo farlo anch’io con lei. Mi ha guardato e, sorridendo, mi ha detto che ero un magnifico porco e che quella cosa non la disturbava, ma, anzi, la riempiva di gioia.

Pur sapendo, dentro di me, che non era esattamente quella la verità, volli ancora condividere con lei il sapore della sborra in bocca. Finita la licenza, quando sono rientrato in caserma, ho trovato un’amara sorpresa: c’era stato assegnato un nuovo ufficiale che comandava il plotone. Era un giovane tenente, tutto ordine e regolamento, appena uscito dall’Accademia e convinto che si poteva comandare un plotone, anche senza l’esperienza, ma con il solo ausilio del regolamento. Era talmente pieno di sé, che era subito diventato antipatico anche a Giovanni, il quale, nonostante avesse molta esperienza, non veniva quasi preso in considerazione dall’ufficiale, anzi, sembrava come se il tenente avesse paura che il sergente fosse più esperto di lui, cosa che, in fondo, era vero. Seguirono due mesi veramente duri con quel rompi coglioni, sempre tra i piedi, impedendo anche che potessimo divertirci con i nostri giochi a tre: infatti si erano diradati proprio per la costante presenza del tenente. Poi, una notte, ero appena smontato dalla guardia e, prima di mettermi a dormire, avevo bisogno di urinare, così mi diressi verso il bagno. Mentre mi stavo lavando le mani, dopo aver espletato la minzione, la mia attenzione fu richiamata dalla luce che usciva dalla finestra dell’alloggio del nostro integerrimo ufficiale: cosa molto insolita in considerazione che erano le due del mattino e che, a quell’ora, lui avrebbe dovuto dormire. Incuriosito, sono uscito dalla porta posteriore e, nascosto dietro un arbusto di oleandro, ho spiato, attraverso la finestra, quello che l’ufficiale stava facendo. Il nostro caro tenente si stava preparando una magnifica canna, anzi, per esser più precisi, un vero cannone, che poi ha dovuto fumare fuori, onde evitare che l’odore ristagnasse all’interno del suo alloggiamento. L’indomani l’ho raccontato a Giovanni che, quando ne è venuto a conoscenza di quella cosa, gli si è illuminato il volto, quasi gli avessi detto che l’avevano promosso generale.

«Adesso lo abbiamo in pugno!»

In quel momento non ho capito bene a cosa si riferisse, ma, due notti dopo, siamo tornati insieme, dietro la finestra, e lui era munito di una piccola macchina fotografica, con la quale ha ripreso ogni momento della preparazione della cospicua canna e relativa fumata del nostro tenente. Poi ce ne siamo andati a dormire. Tre giorni dopo, ci ha detto di andare con lui e, insieme, siamo andati dal tenente; Giovanni lo ha pregato di seguirlo nel magazzino, dove c’era una cosa che il nostro ufficiale avrebbe dovuto sapere. Una volta entrati nel magazzino, Luca ha chiuso silenziosamente la porta dietro di noi; entrati nell’ufficio, Giovanni ha ordinato al tenente di sedersi e questi si è ribellato con un atteggiamento palesemente irritato.

«Come si permette di dare degli ordini a me, che sono un suo superiore? Lei sta rischiando di essere degradato!»

Giovanni lo ha guardato con calma, poi ha guardato noi, ed ha messo il braccio sinistro sulla spalla del tenente, costringendolo a sedersi perché più forte, mentre l’ufficiale lo guardava con espressione sbalordita.

«Chiudi quella fogna di bocca, salvo poi riaprirla per farci entrare questo».

Aveva proferito quelle parole con fare calmo, mentre con la mano aveva aperto i pantaloni ed aveva estratto il suo splendido cazzo. L’ufficiale ha sbarrato gli occhi. Era rosso di rabbia e, quando stava per tuonare contro di lui, Giovanni ha estratto dalla tasca della divisa un mazzo di foto, dove si vedevano chiaramente le cose che aveva fatto il tenente durante la notte.

«Scegli! Ma fai bene attenzione; come saprai il nostro comandante ha perduto un figlio di quindici anni per colpa della droga e, per lui, è un fastidio anche vederci fumare una semplice sigaretta, quindi: cosa pensi ti farebbe, se sapesse che ti fai queste canne?»

Stefano, così si chiamava il tenente, era rimasto a bocca aperta, incapace di proferir parola, mentre il cazzo di Giovanni, a due cm dalle sue labbra, erano l’alternativa a tanti guai; quindi, lo ha afferrato con la mano destra e se lo è infilato in bocca, succhiandolo, prima timidamente, poi sempre più convinto, fin a che, dopo una lunga pompata, Giovanni gli ha riversato in gola tutta la sua sborra e lo ha costretto ad ingoiarla. Da quel momento la nostra vita è cambiata radicalmente: per noi quattro, il piacere è stata una costante. Giovanni, una settimana dopo, ha rotto il culo a Stefano, mentre io scopavo con Luca. All’inizio Stefano ha fatto un po’ di resistenza, ma, dopo due o tre volte, si è lasciato inculare tranquillamente, mentre succhiava il mio o il cazzo di uno di noi tre. Da quel giorno, non ci sono stati più problemi; avevamo sempre incarichi tranquilli e licenze premio, a volontà. Poi, come tutte le cose belle, arrivò la fine; giunti quasi al congedo, Giovanni e Stefano organizzarono una festicciola per me e Luca, cui ebbero a partecipare anche il capitano medico che, nel frattempo, era entrato nel nostro giro, con anche due giovani reclute, che avevano fatto la mia stessa scelta e che, quindi, avrebbero preso il posto di Luca. Abbiamo passato una serata bellissima, ricca di piacere, orgasmi, pompini e inculate a volontà. Poi io e Giovanni ci siamo immersi nella vasca da bagno; lui era sdraiato dietro di me, che ero disteso in mezzo alle sue cosce, con le mie spalle appoggiate al suo torace. Sentivo il suo pene premere contro la mia schiena, mentre lui mi accarezzava il petto e con la bocca mi vellicava il collo dietro la nuca.

«Mi ha fatto molto piacere conoscerti; fra tutti quelli che me lo hanno succhiato, tu sei stato senz’altro il più dilettevole; la tua bocca è come velluto puro, morbida, calda ed accogliente; nello stesso tempo, le tue labbra e la tua lingua sanno muoversi meravigliosamente, portando una persona al massimo del piacere. Ti sono estremamente grato e felice per averti conosciuto».

Ha aggiunto, con un fil di voce, velata da una certa malinconia, che, in quel momento, per un attimo, ho pensato fosse solo dovuta al nostro distacco. Allora mi sono girato e l’ho baciato. Un bacio intenso, carico di passione e di desiderio. Le mie mani sono scese in basso e hanno afferrato il suo membro che, lentamente, stava ingrossandosi. E’ stato un attimo e, nella mia mente, si è palesato forte il desiderio di provare l’unica cosa che ancora non avevo mai fatto: sentirmelo tutto dentro. Dopo averlo limonato a lungo, mi son girato ed ho appoggiato le mani all’altro bordo della vasca, rimanendo immobile con il mio culo davanti alla sua faccia. Lui è rimasto per un momento immobile, poi ha realizzato quello che volevo da lui e, con l’ausilio del bagnoschiuma, mi ha lubrificato con estrema perizia il mio fiore grinzoso. Lentamente e delicatamente vi ha infilato prima un dito, poi due, fin quando ha avvertito che non opponevo più alcuna resistenza, perché mi stavo abituando alla dilatazione. Mi ha spiegato che dovevo spingere allo stesso modo di quando si defeca, perché quell’azione gli avrebbe permesso ad entrare dentro di me. Ha appoggiato la cappella sul mio buchetto e, lentamente, molto lentamente, è entrato dentro di me. L’ho sentito scivolare ed aprirmi con calma, senza fretta, con spinte leggere e decise, fin quando ho sentito battere le sue grosse palle sulle mie; solo allora mi son reso conto che mi era entrato tutto nel culo! È rimasto per alcuni momenti immobile, lasciandomi il tempo di abituarmi, poi ha iniziato a stantuffare sempre più velocemente, regalandomi dei momenti di intenso piacere e, anche se il mio cazzo era rimasto moscio, improvvisamente ho avuto un orgasmo. Mi ha afferrato per i fianchi e, tenendomi saldamente immobile, ha pompato il culo con colpi sempre più forti e profondi, fin quando, improvvisamente, si è piantato tutto dentro di me, immobile. Ho sentito un getto caldo riempirmi il retto e la cosa mi ha regalato un piacere intenso, unico, mai provato prima. Poi lentamente è scivolato fuori e siamo tornati sdraiati come prima; lui mi ha abbracciato forte, mi ha girato il viso verso di sé e mi ha baciato in bocca, stringendosi a me.

«Grazie! Grazie, veramente; ho sempre desiderato di prenderti, ma volevo che fosse una tua scelta. Da te avevo già avuto la tua bocca, ma era stata una mia scelta; questa, invece, volevo che fosse frutto di una tua decisione. Non te l’avrei mai chiesto, se non fossi stato tu a decidere. Grazie, non lo dimenticherò mai».

Dopo quei momenti, sono tornato alla mia vita di sempre e sono stato risucchiato dal vortice delle cose. Lavoro, matrimonio, figli, e tante altre cose, ma non ho mai più, da quelle volte, fatto nulla né con la bocca, né con altro. In questi ultimi anni, dopo che la noia e la routine hanno reso la vita matrimoniale monotona, anche perché protesa ad allevare i figli, oggi che, ormai grandi, hanno lasciato casa, con ciò dandomi spazio a vagheggiare nuove esperienze, ho scoperto Internet e la possibilità di poter godere nuove avventure, attraverso siti che permettono di soddisfare i propri desideri nella maniera più sicura e semplice possibile. Ho creato un account, ho postato delle foto ed ho scritto che mi sarebbe piaciuto prendere un picchio in bocca. Le offerte sono giunte a iosa e subito mi sono ritrovato tanti bei membri da succhiare, al punto tale che, nei primi due mesi, ne ho fatto una vera incetta, poi mi son reso conto che non tutte le persone erano corrette e pulite e, quindi, sono diventato molto selettivo ed ora mi diverto a succhiarne quattro o cinque al mese. L’ultimo, un bell’uomo sui cinquanta, ben messo, dopo che aveva ampiamente assaporato il piacere delle mie labbra, mi ha detto che avevo una bocca di velluto. L’ho guardato e, sorridendo, gli ho risposto:

«Grazie, me lo hanno già detto, tanto tempo fa».

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