Tra porno e realtà
«Non ci siamo», disse Alfonso, «i tuoi racconti sono troppo irrealistici. Sembrano davvero quei porno fatti giusto per...»
Mi vennero in mente i romanzi del Marchese De Sade, di Mirabeu, di Apollinaire: qual era il confine tra fantasia e realtà? Tra possibilismo ed esagerazione? E Masoch, che aveva fatto davvero ciò che era scritto nel suo famoso romanzo? E i romanzi erotici di Alberto Moravia? E quelli di Bukowski?
«La realtà è piuttosto noiosa, non credi?», replicai «È per questo che esiste l’arte. È per questo che ci sono i romanzi, i film e la pornografia».
Alfonso tacque, non seppe cosa rispondermi. Fece una smorfia, scuotendo la testa. Poi disse:
«La tua protagonista sembra una pazza, una bambina isterica e viziata».
«È proprio questo che mi piace di lei» ammisi sorridendo «e poi…come se non ce ne fossero nella realtà...»
«Sì, ma è troppo esagerato e poi è scritto tutto troppo in fretta…». Sospirò e cercò di non essere offensivo nei miei confronti: «senti, tu mi hai chiesto un parere ed io te l’ho dato. Non sono il tuo agente letterario, né il tuo editore né un critico. Sono tuo amico e basta. Ti fa sentire bene scrivere? Fallo, che importa? È un po’ come quando ci facciamo le seghe».
«Sì, certo, e io ti ringrazio per la sincerità. Tu, però, mi stai parlando della veridicità del racconto, io invece volevo sapere un’altra cosa».
«Cioè?», domandò Alfonso.
«Ti ha fatto arrapare? Sì o no?»
Lui si fermò un attimo a riflettere: come faceva ad ammettere che un racconto di un uomo sottomesso a una donna lo aveva fatto eccitare? Lui, che si era sempre definito un maschio alfa.
«Allora», insistetti: «sì o no?»
«Sì, questo sì», rispose timidamente.
Sorrisi trionfante.
«Solo che alcune parti mi fanno un po’ schifo».
Ripensai al Marchese De Sade e sorrisi ancora di più.
«Su, levati quel sorrisetto idiota dalla faccia» fece Alfonso, infastidito «un racconto erotico, o porno che sia, non deve soltanto far arrapare. Deve avere una trama, raccontare qualcosa, magari affrontare un argomento, magari addirittura una denuncia sociale».
«Ti stai trasformando in quel critico letterario che dici di non essere», osservai ridendo.
«Che c’entra? Sono pur sempre un lettore! Se vai in pasticceria e dai un giudizio a un dolce, devi per forza essere un pasticciere o un esperto di dolci? Lo dico dal punto di vista del consumatore».
«Hai ragione, ti prendevo un po’ in giro. Sì, cercherò di migliorare. Il fatto è che mi diverte pensarti arrapato. Dimmi, te la sei fatta almeno una sega?»
Alfonso non riuscì a trattenersi un sorriso divertito «Sì, lo ammetto: l’ho letto mentre mi segavo» rispose «però nella realtà una cosa del genere non l’accetterei mai» ci tenne a precisare.
Sono effettivamente tante le cose che sogniamo di fare e che poi nella realtà ci disgustano, così come sono tante le cose che diciamo che non faremmo mai, eppure, quando ci troviamo nel contesto, ci piacciono e godiamo.
«Chissà» dissi io «credo che non dovremmo escludere alcuna possibilità».
«Ah no, io molte le escludo e come!»
«Hai letto anche altri racconti? Ce n’è qualcuno che ti è piaciuto?»
«Sì, sì, ma guarda che non sono male i tuoi racconti. Forse mi sono espresso male: hanno un buon potenziale, ma dovresti svilupparli meglio».
«Capisco, però questi voglio lasciarli così come sono. Magari scriverò altri racconti, più costruiti».
«A proposito, perché non hai descritto la protagonista?»
«Così, ogni uomo potrà immaginarsela come vuole».
«Sì, in effetti non è una cattiva idea».
«Insomma, quale altro racconto hai letto?»
«Ah sì, quello sulla scuola di libertinaggio. Davvero notevole. Forse ci vorrebbe davvero una scuola del genere ah ah».
«Scommetto che quello te lo ha fatto venire ancora più duro, vero?»
«Durissimo» ammise divertito «anzi, mi si sta indurendo di nuovo».
«Davvero?» dissi assumendo un’aria seria e tesa, con le labbra che mi fremevano «fammelo vedere».
Lui sgranò gli occhi. Tacque un attimo e mi domandò, stupito: «Come sarebbe “fammelo vedere”? Non capisco» continuò sconvolto Alfonso, scuotendo la testa «perché vuoi vedere il mio cazzo duro?»
Alfonso non è molto bello. È calvo, bassino e con un volto da bambino. Ma veste bene, elegante. Quel giorno indossava una bella giacca nera, una camicia bianca a righe e dei jeans scuri, che in quel momento avrei tanto voluto abbassare.
«Ma dai» dissi con il respiro che mi mancava e le labbra che mi tremavano «siamo amici, non ti vergognerai mica» e gli misi una mano sul cazzo.
«Che stai facendo?» domandò Alfonso, confuso.
«Ti prego, fatti fare un pompino» lo supplicai, tirando fuori la lingua e mordendomi le labbra.
Lui mi fissò immobile e cominciò a sudare. D’un tratto scattò dalla sedia e cominciò velocemente a sbottonarsi i pantaloni. Tirò fuori il cazzo e me lo puntò in faccia. Io sorrisi, soddisfatto, mi inginocchiai e lo presi in bocca, masturbandolo contemporaneamente con le dita della mano destra. Essendo anche io un uomo, so bene come provocare piacere sessuale ad altri uomini.
Quelli che dicono “se fossi una donna, sarei una vera troia” mi fanno ridere. Io sono uomo e riesco a essere una gran troia. Conosco bene i versi che bisogna emettere per eccitare gli uomini. Conosco bene le parole da dire per farli arrapare e persino per farli sborrare. Le conosco bene perché sono le parole che vorrei sentirmi dire io dalle donne.
«Sì, che bel cazzo» dicevo mentre glielo succhiavo «quanto sei bono».
«Sei una troia» mi disse Alfonso «ah sì, che puttana».
Provai un gran piacere a essere chiamato così e gli feci un vero sorriso da troia, leccandolo con ancora più gusto. Più glielo succhiavo, più il mio cazzo si gonfiava nei miei jeans: dovetti aprirmi almeno la zip e toccarmelo un po’.
Succhiare un cazzo era una cosa che non facevo da quando ero ragazzino ed era un desiderio che celavo da troppo tempo. Soltanto con Alfonso avrei potuto farlo. Non m’importava di quelli che mi scrivevano sui siti porno, senza nemmeno sapere chi si celasse dietro il mio pseudonimo, sostenendo che volevano incontrarmi per fottermi. Io volevo succhiarlo al mio caro amico. Stranamente, la voglia mi venne quando si fidanzò con Maria e mi raccontò tutte le loro perversioni. Alfonso mi aveva raccontato, e non so se è vero, che facevano giochi di ruolo durante il sesso, che lei a volte lo faceva eccitare solo per divertimento e poi lo lasciava a bocca asciutta ridendo del suo cazzo indurito.
Mi aveva raccontato che lei si faceva baciare e leccare i piedi, che si faceva sborrare in bocca. Non so perché, ma il giorno dopo si era rimangiato tutto. A me però, era venuta una gran voglia di chiavarmeli entrambi. Anche perché Maria, con la quale ora è sposato, è una donna davvero bellissima e sensuale. Tuttavia, il mio desiderio era di fottere con lui. Gli avevo confessato che, semmai avessi intrapreso una relazione con una donna disposta a farlo, l’avrei volentieri condivisa con lui. Io al momento non ho una donna, e non sapevo se loro due sarebbero stati disposti a fare un bel trio. Intanto mi godevo il cazzo in bocca di Alfonso, tirando finalmente fuori anche il mio e toccandomelo. Assumevo espressioni sempre più femminee. Il suo cazzo diventava sempre più duro, glielo strinsi in mano masturbandolo e gli leccai le palle, iniziando anche a succhiarle. Poi risalii fino alla punta, richiudendo la mia lingua nella pelle che copre la cappella e facendo un bel risucchio. Lo guardai negli occhi per vedere quanto stava godendo e vidi che aveva la bocca spalancata.
«Ti piace?» domandai con una voce da troia arrapata.
«Sì, puttana!» rispose Alfonso spingendo la mia testa verso il suo cazzo «continua».
Avevo come la sensazione di aver scambiato il mio corpo con una di quelle troie che mi chiavavo: ed era bellissimo!
«Oh sì, dimmelo ancora che sono troia».
«Puttana!» esclamò Alfonso, sempre più arrapato.
«Ah sì, sono la tua puttana, la tua troia!» esclamai masturbandolo con sempre più vigore. Avrei voluto farmi sborrare subito in bocca, ma volevo che mi inculasse prima. Gli sputai sul cazzo e subito dopo raccolsi di nuovo la mia saliva, ingoiandola. Gli ripresi il cazzo in bocca e me lo infilai fino in gola, quasi soffocando, per imitare le pornostar che tanto piacciono sia a lui che a me. Mi alzai da terra con un movimento molto femminile e facendo una smorfia simile a quella che fanno le donne arrapate e vogliose. Lo guardai negli occhi e mi venne voglia di baciarlo. Ci provai, ma mi respinse «No, questo no!» esclamò!
«E dai!» insistetti toccandogli il cazzo. Questa volta non seppe resistermi e si lasciò baciare sulle labbra. Aprì persino la bocca e gli infilai la lingua dentro. Lo strinsi forte a me facendo combaciare i nostri cazzi. Lo baciai sul collo e poi mi voltai, mettendomi a pecora: «mettimelo in culo» lo invitai.
Puntò il cazzo nel mio culo peloso ed avvertii un brivido di piacere già mentre cominciava a entrare con la cappella. «Vai, più dentro, vai, porco!»
Sentivo tutto il cazzo scivolare dentro. Ho un buco abbastanza largo, forse perché per anni me lo sono masturbato con le dita e con oggetti. Ma niente equivale alla bellezza di un cazzo.
«Sì, dai, fottimi! Fottimi il culo!» ripetevo per eccitarlo. Lui mi chiavava sempre più forte.
«Troia! Puttana!» esclamava. E più mi diceva quelle parole, più godevo, perché capivo che lui stava godendo grazie a me.
«Sì, sì, continua» ripetevo per incitarlo e io lo sentivo sempre più dentro e mi piaceva sempre di più.
«Ma che cazzo è questa roba!» sentimmo gridare a un tratto, mentre la porta si spalancava e Maria entrava.
Ci staccammo all'improvviso, terrorizzati.
Maria restò con gli occhi sgranati, immobile, dopo quella scena cui aveva assistito. La maledissi mentalmente, perché probabilmente mancava poco a far sborrare Alfonso. E io la sua sborra la desideravo da tanto.
«Che cazzo sta succedendo?» disse Maria con un filo di voce, sull’orlo del pianto. Eravamo nudi e suo marito me lo stava mettendo in culo, perciò non potevamo inventare scuse.
La donna si sedette e si mise una mano sulla fronte. A me si era seccata la saliva, che fino ad allora era stata invece abbandonante e densa per l’eccitazione.
«Oh mio Dio! Voi due siete froci e scopate insieme».
«No, non è così!» si affrettò a precisare Alfonso, fissato con quelle sciocche idee sulla virilità.
«Ah no? E non lo stavi mettendo in culo al tuo amico? Ho le allucinazioni?»
«Sì, ma non per questo…»
Maria lo zittì con un gesto della mano e chinò il capo.
Io la osservai e vidi che era bona come me la ricordavo: capelli neri, lunghi e lisci, occhi azzurri, e labbra carnose, fisico longilineo, tette prosperose e delle bellissime gambe che mostrava sempre, grazie al fatto che indossava sempre gonne corte. A far risaltare la bellezza delle sue gambe e delle sue cosce, i tacchi alti. Quel pomeriggio, indossava un vestitino nero succinto. Mi resi conto che quell’imbarazzo, quei giudizi e quei sensi di colpa e di vergogna erano in contrasto con i miei princìpi libertini e non dovevano assolutamente sopraffarmi. Mi alzai con decisione e mi avvicinai a Maria.
«Tuo marito ha ragione. Qui nessuno di noi è “frocio”, come dici tu. Parola orribile, tra l’altro. Non siamo omosessuali, perché io ti chiaverei proprio in questo momento, cara Maria!» e cominciai ad accarezzarla, baciandola sul collo.
«Ma che diamine fai?» esclamò Alfonso.
«Dimostriamo alla tua signora che non siamo omosessuali» dissi io e baciai Maria sulla bocca.
«Che ti viene in mente?» fece Maria, sconvolta. Le misi una mano sotto la gonna accarezzandole le cosce, continuando a baciarla e masturbandomi con l’altra mano.
«Vieni qui, Alfonso» ordinai. Alfonso si mosse lentamente verso di me. Non era molto sicuro di ciò che stavamo facendo, ma comprese che coinvolgere sua moglie era l’unico modo per cancellare l’imbarazzo da quella situazione.
Maria sembrava molto confusa, non sapeva che fare, non aveva la forza di resistere né di dire nulla.
Mi rivolsi di nuovo ad Alfonso, puntando il culo verso di lui, mentre leccavo le labbra di Maria.
«Il mio culo reclama ancora il tuo cazzo» dissi al mio amico «ricominciamo da dove eravamo rimasti». Alfonso me lo rimise tutto in culo, facendo sbattere le sue palle sulle mie chiappe.
«Hai visto tuo marito come mi chiava?» dissi a Maria, accarezzando ancora le sue cosce e questa volta anche il suo culo. Mi sentivo una vera troia a farmi fottere da suo marito davanti a lei. Le presi una mano e la misi sul mio cazzo.
«Tuo marito mi incula» le dissi «io potrei inculare te». Maria alzò lentamente per guardarmi, come se soltanto in quel momento si stesse riavendo. Io lo capii e, allungandomi verso di lei, la bacia in bocca. Questa volta, frastornata, sembrò ricambiare il bacio. Ne fui felice e mi masturbai. Suo marito ed io cambiammo posizione: mi sedetti sul suo cazzo per continuare a prenderlo dentro.
Afferrai la testa di Maria con tutte e due le mani e la abbassai sul mio cazzo «prendilo in bocca!»
La donna lo fece, ma senza succhiare né leccare. Il mio cazzo si indurì di più e cominciai a sbatterglielo in faccia e sulle labbra.
«Dai, succhia!» ordinai «succhia mentre tuo marito mi incula!»
La donna mi guardò di nuovo in faccia e si morse le labbra. Così compresi che aveva finalmente deciso di lasciarsi andare. Aveva uno sguardo che sembrava dire: «Ora ti faccio vedere io chi è la vera troia!»
Riabbassò lo sguardò sul cazzo e, prendendolo in mano, cominciò a succhiarlo.
Che bella sensazione farmi inculare dal mio amico mentre sua moglie me lo succhiava!
«Oh sì! Vi adoro!» esclamai eccitatissimo. Alfonso mi fotteva sempre più forte quasi fino a farmi male l’ano.
«Oh sì! Sborro!» gridò Alfonso. Mi voltai a guardarlo sorridendo maliziosamente, per farlo venire prima. E infatti sborrò nel mio culo!
Com’era bello sentire il suo liquido che attraversava le mie viscere! Alfonso uscì dal mio culo e mi puntò il cazzo in faccia, che io gli pulii con la bocca e la lingua, ingoiando la sua sborra e passandomela anche un po’ sulle labbra. Feci cenno a Maria di fermarsi un attimo. Misi le mani sulla sua bocca, aprendogliela e le sputai dentro la sborra di suo marito.
«Adesso baciami, Maria» le dissi. Maria si avvicinò al mio volto e mi baciò. La feci alzare e le chiavai la fica. Mi misi le mani nel buco del culo da cui raccolsi le ultime gocce di sborra di Alfonso e le portai un po’ alla mia bocca e un po’ alla sua, baciandola di nuovo.
«Tuo marito ti ha fatto le corna con me. Ora anche tu devi farle a lui, ed io sono qui a chiavarti davanti a lui».
La situazione era capovolta. E ad Alfonso questo non piaceva.
«Dai, adesso basta» protestò Alfonso.
Ma io e Maria non lo ascoltavamo, continuavamo a godere ansimando.
«Oh sì, Maria quanto sei bona!»
Chiavandola nella fica, le toccavo il suo bellissimo culo e le leccavo le tette.
«Basta, dai!» esclamò di nuovo il marito.
«Ehi, tu hai goduto! Adesso dobbiamo godere noi!» protestò Maria «perciò stai zitto e anzi pulisci il pavimento, che lo hai sporcato con la tua sborra!»
Quel tono che usò nei confronti del marito mi fece arrapare ancora di più e perciò la chiavai più forte. La bacia e le infilai la lingua in bocca.
«Sei fantastica, Maria! Mi hai fatto sempre arrapare, lo sai?»
«Lo so» confessò lei.
Tirai il mio cazzo fuori dalla sua fica e, masturbandomi, mi chinai a leccarle e baciarle i piedi, ricordandomi di ciò che mi aveva raccontato suo marito. «Hai dei piedi bellissimi e buonissimi» commentai. Dovette sentirsi molto lusingata da quel complimento, perché mi allungò i piedi in faccia facendomeli annusare. Il mio cazzo stava per esplodere.
«Girati, Maria, che te lo metto in culo». Maria si girò e si piegò mantenendosi con le mani sulla sedia. Le aprii il culo sputandoci dentro più volte e ci ficcai dentro il mio cazzo.
«Guarda, Alfonso! Guarda come si fa inculare tua moglie!»
Vedendo che Alfonso non rispondeva, mi voltai verso di lui e notai che si stava masturbando guardandoci.
«Vieni qui! Mettilo in bocca a tua moglie mentre la inculo!»
Alfonso si avvicinò, continuando a masturbarsi, puntando il cazzo in faccia a sua moglie, che lo prese in bocca e cominciò subito a succhiarlo. Io dietro e lui davanti, stavamo fottendo sua moglie. Sentii che stavo per sborrare e mi fermai.
«Voglio che mi pisciate in bocca tutti e due» dissi fremendo e sdraiandomi sul pavimento freddo.
Alfonso era in piedi con il cazzo in mano, mirando alla mia faccia. Io mi masturbavo sempre più forte, interrompendomi di tanto in tanto per non sborrare. Spalancai la bocca facendo oscillare la lingua e vidi il primo zampillio di piscio cadermi in faccia. Lo raccolsi con la lingua, ingoiandolo tutto. Che bontà! All’inizio pisciò poco. Dopodiché divenne una bella cascata di liquido giallo che mi inondò la faccia. Alcune gocce mi finirono nel naso.
Mi leccai le labbra e la faccia, cercai di raccogliere il piscio del mio amico anche con le dita, ficcandomelo tutto in bocca.
Il piscio di una donna lo avevo già provato mille volte, ora la mia fantasia era farmi pisciare in bocca da un uomo e finalmente era stata appena realizzata.
«Com’è buono» esclamai estasiato dal piacere.
Ora era il turno di sua moglie. Maria si accovacciò sulla mia faccia e io le leccai la fica per stimolarla a pisciare. Fece solo quattro gocce, inizialmente. Io le annusai la fica e il mio naso si bagnò del suo piscio. Ripresi a leccargliela e la donna fece un bellissimo e violento getto di piscio che stava per soffocarmi. Lo ingoiai tutto, anche se purtroppo molto ne cadde sul pavimento. Provai a raccogliere anche quello, con la bocca, baciando a terra, succhiando e spargendomelo per tutto il corpo. Non volevo sprecarne neanche una goccia.
«Ora voglio leccare i vostri culi».
Marito e moglie mi puntarono i culi in faccia, che io cominciai a baciare a turno. Prima leccai il buco del culo di Alfonso, poi quello di Maria. Poi ritornavo da lui e poi di nuovo da lei. Alfonso, divertito e in modo strafottente, mi fece un peto in bocca. Io non ne fui infastidito, anzi gli leccai l’ano ancora più a fondo per gustarmelo, annusando meglio e respirando il suo odore.
«Aspetta, aspetta, non ti spostare» mi disse ridendo «che ora ti cago in bocca».
Eccitato da quella proposta, come un forsennato, spalancai la bocca. Vidi il culo di Alfonso che si allargava, mentre qualcosa di marrone cominciava a uscire. Era uno stronzo bello lungo che raccolsi con la lingua, leccandolo e succhiandolo. Provai anche a ingoiarlo, ma purtroppo mi venne la nausea. Trattenni il vomito e mi limitai a baciare lo stronzo. Mi sentivo sempre più arrapato.
Masturbandomi violentemente il cazzo, mi rivolsi a Maria: «E tu? Non devi cacare?» domandai.
La donna si morse le labbra e si mise con il culo aperto sulla mia faccia. Mi fece impazzire il fatto che avesse allargato il culo con le sue dita. Vidi lo stronzo marrone che usciva dal suo culo per finire dritto nella mia bocca. Era la merda di una bella donna, perciò, la sua provai a mangiarla, o almeno a masticarla, sforzandomi.
«Ti amo, Maria!» le dissi mentre mi segavo e mangiavo la sua merda. Non riuscii a ingoiare nemmeno questa: la mia mente lo voleva, il corpo lo rifiutava.
La presi tra le mani, l’annusai e la baciai, leccandola un po’. Me ne misi un po’ sul naso e un po’ sulla bocca, masturbandomi. Marito e moglie mi tirarono in faccia le loro mutande fradice e chiavarono tra loro in mia presenza.
«Vi amo!» gridai continuando a segarmi «Vi amo!» e mentre la coppia chiavava, io sborrai a fiotti. Il mio cazzo fu avvolto dalla mia sborra cremosa, che mi cosparsi per tutto il corpo. Ero sporco di piscio, merda e sperma, ma non avevo mai goduto così tanto in vita mia.
I coniugi continuavano a fottere. Io mi alzai come fossi rinato, mi sentivo leggero e libero. Cominciai a pulire quel che potevo e approfittai per andare a lavarmi. Mi sentivo come nuovo. Pensai che la realtà aveva, per certi versi, superato la fantasia di quei miei racconti che Alfonso fino a quel giorno aveva ritenuto assurdi.
Sentivo Alfonso grugnire e Maria che gridava sempre più forte «Ah sì, sì, sì!»
Udii il verso maschile «Ah!»
E tutto tornò calmo. Anche Alfonso doveva aver sborrato. Difatti, mentre ero in doccia, entrarono anche loro. Si lavarono insieme a me, anzi ci lavammo reciprocamente tutti e tre, toccandoci, divertiti, le parti basse, come fossimo dei ragazzini alle prime esperienze.
Ci asciugammo e ci mettemmo tutti e tre nudi sul divano.
Maria, sedendosi col culo addosso a suo marito e distenendo le gambe, appoggiò i suoi bellissimi piedini su di me. Io subito glieli baciai e glieli annusai, benché fossero puliti. Ci addormentammo sul divano e da quel giorno fummo risucchiati da una spirale dalla quale non riuscimmo, né volemmo uscire mai più. Quanto a me, cercai di scrivere racconti tratti dalle nostre esperienze e di lavorare meglio di fantasia. Intanto, sorrido pensando alle parole del mio amico: “certe cose non le farei mai nella realtà!”
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