Un'affollata luna di miele - fine

Mirella e Ramon

La serata fu di baldoria vera alla taverna, tornata ad affollarsi quasi come nel fine settimana. C’era anche dei francesi tra gli avventori, uno dei quali faceva il ricercatore alla Sorbona nelle stesse materie di Marco. Parlarono a lungo dei loro interessi, standosene spesso fuori a fumare, ma alla fine la musica del jukebox, ma soprattutto quella della chitarra, delle maracas e dei bongo portati da alcuni avventori, finì per conquistare anche loro. Anche Pedro si lasciò andare e tirò fuori una voce baritonale nell’intonare un paio di canzoni tradizionali andaluse. Mirella ballò spesso al centro della sala contagiando in quelle sue danze senza criterio, sfrenate e un po’ lascive, le altre donne presenti: inconsapevolmente avvertivano il senso di felicità e libertà che esse esprimevano in maniera spontanea e quasi selvaggia. Ramon e Morena si occupavano della sala e con Mirella e Marco si limitavano a scambiare sguardi d’intesa e complicità. Ramon seguì Mirella un paio di volte fuori, accompagnandola a fumare, e capitava si strusciassero tra loro, come fidanzati. Marco guardava da lontano, ma sembrava più un amico che un fresco sposo.  Gli piaceva quella situazione? Dipende da come la si prende: di quello che pensavano chi sapeva non gliene fregava nulla; della moglie, che di fatto si era accasata con un altro uomo, molto di più. La gelosia lo divorava, ma allo stesso tempo gli teneva i sensi in allerta in un continuo stato di eccitazione e di desiderio oltre che di ammirazione per la moglie. Adorava il suo modo di porsi al centro dell’attenzione e di lasciarsi credere presa, vinta. La conosceva fin troppo bene per non sapere che le carte le dava sempre e comunque lei, a prescindere dalle intenzioni degli altri, a partire da quelle del suo stesso marito. Era anche ora così? Ne era abbastanza certo, ma non l’esserlo del tutto lo faceva soffrire. Giocando così al limite, sul bordo del precipizio, il rischio di perderla giocando era concreto. Mirella guardava il marito guardarla e si beava delle sua inquietudine così come godeva delle attenzioni di Ramon, che si faceva sempre più protettivo e presente, quasi fosse lui il marito. Era una situazione nuova anche per lei: non aveva mai avuto due uomini di cui disporre in contemporanea e fuori dal letto. Quando, già fidanzata con Marco, frequentava il suo ex, i suoi due uomini erano separati, lontani tra loro e mai rivali, poiché entrambi sapevano con chi dei due lei avrebbe continuato la sua strada. Anche ora era chiaro, ma Ramon non era uno da raccontarsi di essere solo il secondo o l’altro. Stava a lei gestire la situazione e questo la eccitava ancora di più, così come la eccitava pensare che in realtà in quella taverna c’era il suo harem che comprendeva anche una bellissima donna e potenzialmente Pedro, che si sarebbe accontentato anche di un suo sputo. 

La festa improvvisata andò avanti fino alle due di notte con ricambi di pubblico quasi continui. I gruppi o i singoli che andavano via erano stati sempre rimpiazzati da altri che arrivavano, ma passata la mezzanotte i ricambi avvenivano a ritmo sempre più lento finché non rimase quasi più nessuno.  Mirella e Ramon erano fuori, già da un po’, a baciarsi in maniera quasi oscena, quando Morena salutò l’ultimo cliente, tolse il grembiule e li raggiunse per salutarli. “Domani ho da fare presto, mi spiace ragazzi”, disse a entrambi, ma in realtà guardava Marco che era sopraggiunto provando a sfuggire Pedro con il quale aveva passato l’ultima mezz’ora a scambiarsi battute salaci su temi inaspettati per due latini quali il calcio, le auto e le donne. 

Quando Mirella e Ramon li videro si avviarono verso la stanza numero 12. Era chiaro che l’oste vi avrebbe passato anche quella notte. 

Che cosa prese a Marco all’improvviso? Come se non se l’aspettasse, raggiunse la moglie e letteralmente la trascinò sulla veranda della stanza, anche se con delicatezza. 

“Ma sei impazzito?”.

“Mirella, siamo in viaggio di nozze. Una notte insieme da soli, la passiamo?”. 

 “Ne passeremo tante, ma questa notte no e dopo ‘sta scenata non sarebbe in ogni caso la notte che vorresti”.

“Ti rendi conto che mi stai facendo cornuto in luna di miele? Manca solo che ti fai scopare con il vestito bianco. Cazzo sembrate due fidanzati”.

“Dagli con ‘sto cornuto. Ti piace così tanto? E allora, va bene, lo sei due volte, anzi tre, perché lo eri anche prima di sposarmi”.  

Mirella era evidentemente contrariata, quasi furente, ma si contenne e si calmò in un attimo, mente Marco fece finta di andare verso l’auto. Era un gesto come un altro per stemperare e uscire dalla situazione obiettivamente imbarazzante nella quale si era cacciato da solo. E infatti, ora ce l’aveva con sé stesso, più che con lei. Era stato orgoglio e chissà cosa, non lo sapeva. Sapeva però che quelle frasi alle quali non aveva pensato mai prima di dirle e le immagini che evocavano - lei scopata con il vestito da sposa, lei che ha un fidanzato diverso da lui in luna di miele - gli avevano procurato un’erezione di ferro. Come al solito, del resto, quando la cornutaggine, come lui la chiamava, gli si presentava di fronte. Era certo di amare la moglie anche perché il loro rapporto era così ed era certo di essere riamato da lei.

 Ramon, che era rimasto in disparte con Pedro a qualche metro, evitò anche di guardare e raggiunse Mirella al cenno del capo di lei. 

Pedro che non sembrava aver capito niente se non che anche quella notte ci sarebbero stati i fuochi d’artificio lanciò la proposta di un bicchiere della staffa in camera. La verità è che questa volta non voleva restare escluso dal party e si era inventato un modo per intrufolarvisi. A Marco sembrò una buona idea per prender tempo e quanto meno per ricomporsi. 

“Ok, ok, buona idea. Andate a prendere da bere”, disse Mirella entrando in camera con Ramon.

Marco e Pedro

Quando la coppia di uomini tornò la porta era chiusa con il chiavistello.

“Ehi” fece Pedro, “che scherzo è?”

“La signora ha cambiato idea, fatti un giro Pedro”, disse Ramon da dentro.

“Non dire cazzate, fai entrare almeno me” fu la volta di Marco.

“Non posso”.

“Mi stai prendendo per il culo?”.

“Non avevo in mente te per questo, ma se ci tieni potrei farci un pensierino”. 

“Mirella, sei d’accordo?”.

“La signora ha cambiato idea”, melodiò lei da dentro.

Marco guardò la porta come a soppesarla, ma non disse una parola. Sembrava stesse facendo dei calcoli.

“Non pensare nemmeno a provarci di sfondarla, caballero. Se non ti rompi prima una spalla ti scateno addosso tutta la Guardia Civil dell’Andalusia. La signora ha cambiato idea e mi sa che comanda lei, no?”. 

Accompagnò le parole scuotendo il secchio delle pulizie pieno di ghiaccio e bottiglie di birra, con un pezzo di lardo posato in cima, come a dire “ne abbiamo per consolarci”. 

Marco lo seguì verso la piscina, a testa alta, quasi volesse dissimulare, ma senza trattenersi dal girarsi ogni tanto verso la porta. Era stato messo in punizione dalla moglie per la sua scenata. O forse no: lei aveva già deciso che le cose sarebbero andate così. Quante volte avevano immaginato lei da sola con un altro. Del resto, con Attilio, il suo ex, non era stato già così? Lo avrebbe scoperto a suo tempo quando lei lo aveva deciso e a insistere ora si sarebbe solo reso più ridicolo. 

Si sedettero sul bordo della piscina-pozzanghera mettendo i piedi a mollo.

“Alla tua, amigo” gli disse Pedro passandogli una bottiglia stappata con i denti. “Pensavo di usare il cavatappi della stanza e non ne ho portato uno, ma tanto…”.

“Alla tua Sancho”, replicò Marco scatenando la risata del suo compagno.

“Mi gusta Sancho. In fondo ci manca solo il ronzino e siamo perfetti”.

Andarono avanti un po’ a scambiarsi punti di vista sulla vita, barzellette e silenzi - che avevano da dirsi in fondo alle tre di notte? - per un’oretta, mentre dalla stanza arrivavano gemiti, sospiri e urletti di piacere.   

“Certo che la privacy è un altro pezzo forte del tuo resort deluxe” si sentì di commentare Marco.

 “Dovevo insonorizzare meglio, dici? Ma non sempre capitano clienti così porci, con rispetto parlando, e ho messo i lavori di isolamento acustico al terzo posto, dopo la Jacuzzi ultimo modello e la tv a 80 pollici in ogni stanza”.

“Fossi in te, penserei a rivedere la lista, albergatore”.

Precipitarono di nuovo nel silenzio, che Pedro pensò a rompere dopo un altro gemito di piacere che si era levato nel cielo stellato sopra il rumore dell’oceano. 

"Amigo mio siamo nella stessa situazione io e te, siamo uguali, non te la prendere”.

 “Sei cornuto anche tu? Perché io lo sono”. 

“Eheeee, ne ho avuto la mia parte anch’io. Pensa che una volta beccai la mia ex moglie con un cliente e un lavorante che se la scopavano a turno in una delle stanze, tenendola legata al letto con un guinzaglio… Quando mi vide, lei pensò solo ad aggiustarsi il collare intorno al collo e a dire “cazzo ci fai qua, non dovevi tornare domani?”, mentre il lavorante saltava via dalla finestra. Avevo dei lavoranti una volta, sai? Comunque… il fatto è che a te piace, amigo mio, li conosco quelli come te, io mi incazzavo davvero e insomma, va là, non è questo che ci rende uguali, non le corna”.

“E per cosa saremmo uguali?”  

“Quello che conta in questa faccenda è chi sta davanti e chi dietro la porta di quella camera da letto. Noi siamo fuori e senza figa, accontentandoci di sentire soltanto come gode quella santa donna, ubriacandoci come vitelli piagnucolosi”. 

“Forse hai ragione tu Pedro” disse Marco vuotando la bottiglia. Fu per prenderne un’altra dal secchio, ma ci ripensò. 

“Basta birra tra poco vado in orbita con tutto ‘sto gas. Ma come fai a berne tanta Sancho e a non scoppiare?”.

“Scorreggio molto”, spiegò l’oste con una risata cavernosa che coprì anche i gemiti di Mirella.

“Quello a volte lo si capisce, credimi. Ma non credo funzioni così”.

“Che vuoi? La pancia mi resta piatta, anche se mangio un secchio di papas bravas all’aglio. Sempre stato così. Sono 69 chili da quando avevo 18 anni e non mi smuovo anche se mangio e bevo come tre uomini messi insieme. E se penso che a quell’età avevo anche un chilo di capelli ricci sulla testa posso dire di essere pure dimagrito”.

“Quante cazzate dici Sancho. Mica hai del vino o del whiskey?”.

“Solo birra amigo, quelli articoli lì li hanno al bar, ma mi sa che l’oste è impegnato e Morena ha chiuso la porta”.

Marco afferrò con decisione per il collo un’altra Estrella e ne prosciugò la metà in una sorsata, con disgusto e rassegnazione.

Nel cielo, in alto, passava un aereo verso Ovest, verso l’Oceano aperto e l’America. La nostalgia delle cose non vissute assalì Marco, che seguì le luci del velivolo finché non si confusero con le stelle. Sentiva lo sguardo un po’ beffardo di Pedro addosso, ma non gli dava fastidio, né soggezione. Era un fatto e basta, uno dei tanti di quella notte e del suo strano viaggio di nozze. 

A rompere il silenzio, fu di nuovo il portiere. 

“Mi dici cosa ti piace del farti scopare la moglie?”.

Senza abbassare lo sguardo Marco sembrò pensarci su, ma conosceva già la risposta. E con sincerità diede quella. 

“Mi arrapa e basta, non lo so”.

“Ne ho conosciuti tanti come te qui al motel e un’idea me lo sono fatta”.

“Il portiere di notte oltre a farsi le seghe sui clienti, si fa anche le idee a loro riguardo. Il Siglo d’Oro del teatro spagnolo non è mai morto…”.

Pedro, ignorando la dotta ironia dell’italiano, andò avanti per la sua strada.

“Siete tutti un po’ froci, ma non lo sapete o non volete ammetterlo. Vi fate prestare la figa dalle vostre donne e prendete il cazzo loro tramite. Nel corpo restate uomini, anche se cornuti, ma nell’anima siete checche e a tanti basta così. Altri, finiscono per fare pompini insieme alla moglie. Ne ho visti alcuni, sai?”.

“Da picaro a psicologo senza neanche uno scorreggio di mezzo a fare da separatore. Bel salto, Sancho”

“Non sottovalutare Sancho, caballero, ammesso per davvero che io sia lo scudiero e tu il Don. Ho fatto le scuole grosse a Salamanca, io” e sottolineò Salamanca con una s da serpente sibilante e una sorsata di birra.

“E poi, come sei finito alla Huelva?”.

“Quando capii che una cravatta al collo per otto ore mi avrebbe strozzato, ho mollato tutto senza finire. Meglio così, meglio picaros veri che finti contes”.

“Cosa studiavi?”.

“Lascia perdere, amigo, chi se lo ricorda”.  

Non lo diede a vedere, ma Marco era sinceramente colpito. Provò a cercare sul telefono le facoltà universitarie di Salamanca, ma il telefono gli si spense tra le mani. Batteria esaurita. Come si sentiva esaurito lui, del resto.  

“Non è che sto grand hotel ha un’altra stanza vuota solo per questa notte? Me ne andrei a dormire e nel mio letto non potrò entrarci ancora per un po’, penso”. 

“Prendi quella a fianco”, propose Pedro, mentre un altro urletto di Mirella si mise in competizione con un antifurto scattato chissà dove in lontananza. 

"Per carità”. 

“Hai ragione, amigo”. 

“C’è quella dalla parte opposta del cortile, ma costa il doppio” 

“Ma vaffanculo Pedro” replicò Marco avviandosi nella direzione indicata. 

Il portiere scoppiò nella sua risata catramosa e non aggiunse altro che ”vai, fai bene, la porta è aperta, lo sono tutte. Eccetto una, ma tanto lo sai”. Poi pescò un’altra bottiglia dal secchio per le pulizie e si accese una sigaretta, che fumò con la schiena stesa sul prato acrilico, a braccia allargate. Sembrava un tacchino schiantato. Dovette pensarlo anche lui e con autoironia innescò la sua risata possente.

Il mattino dopo, cioè qualche ora più tardi, era rasato e pronto ad affrontare un’altra giornata. Marco invece dormiva e dormiva anche Mirella. Solo che lo facevano in due stanze diverse. Ramon era andato via abbastanza presto e nell’incrociare il cugino fece quasi finta di non vederlo. L’oceano era tornato a rumoreggiare e la BMW era diventata giallina: dall’alba soffiava un vento da Sud che portava frammenti di Sahara nel Regno di Spagna.

Mirella e Marco, stanza 3

Fu Mirella la prima degli sposi a entrare nel nuovo giorno, complice l’agenzia viaggi italiana che insistette a far squillare finché lei non rispose. Fece fatica a ricordarsi perché Marco non fosse lì con lei e quando lo capì sentì un fremito piacevole tra le gambe e una piccola fitta allo stomaco.  Si vestì in fretta e, uscita dalla stanza si diresse al casotto, per chiedere notizie del marito a Pedro.

“Buongiorno, signora. Il marito lo trova lì”, disse indicando la stanza. “Ma lo lascerei dormire ancora. Per la colazione si dovrà arrangiare con quello che ho io. Il bar è chiuso: Morena arriverà tardi e Ramon è scappato non so dove”.

Non c’era che dire: Pedro si stava comportando da perfetto portiere d’albergo che ostenta indifferenza sulle stranezze e sui segreti, se vogliamo chiamarli così, dei suoi clienti. A scalfire la sua aura di professionalità  era solo lo sguardo che ogni tanto andava sul principale oggetto dei suoi desideri, di cui Mirella era portatrice sana: i piedi. 

“Va bene quel che hai Pedro, non ho tanta fame. Alla fine, è presto. Hai detto che la stanza è la 3?”.

Pedro fece cenno di sì e la seguì con gli occhi, mentre ancheggiando impercettibilmente, percorse il breve cammino per raggiungere il bungalow nel quale dormiva Marco. La camera era immersa in un buio profondissimo, reso ancora più nero dal contrasto con il bagliore esterno. Marco russava a pancia sotto. Lei si gli si stese accanto e lo abbracciò. Si addormentò anche lei dopo qualche minuto e a risvegliarla fu proprio Marco, un’oretta dopo, con una carezza sulla spalla.

“Meglio che andiamo, non è la nostra stanza”.

Lui era già sulla porta, quando lei si decise ad alzarsi.

“Lo sai che ti amo, vero?”.

“Lo so Mirella e anche io”. 

“Hai voglia di scopare?”.

“Ho voglia solo di una doccia ora e immagino che tu di scopare ne abbia abbastanza”.

“È un toro”.

“Questo l’ho capito e ti ha stregato, si direbbe”.

“Mica la starai facendo tragica, ora?”.

“Solo una constatazione”.

“Amare il mio uomo, non significa che non possa essere la puttana di un altro”.

“E lo sei?”.

Perché glielo aveva chiesto? Per sfida forse o solo per sentirselo dire?

“Sì e mi piace esserlo”. 

Marco esitò. Il colpo allo stomaco lo aveva avvertito come qualcosa di fisico e di concreto. Ma poi si diresse verso la moglie, le presa la mano sinistra, sulla quale campeggiavano fede matrimoniale e anello di fidanzamento, e la baciò. 

“Sei una stronza incredibile”.

“Ti piaccio per questo”.

“Non è vero. Mi piaci per come fa i pancake con la banana. Ne vorrei uno ora”.

“Andiamo a cercarli in città”.

Ma non ci andarono. Il Motel de la Luna aveva uno strano potere: era difficile staccarsene. Pranzarono sul patio, alle due passate, con una fideuà di pesce preparata da Morena che era arrivata tardi e presero il sole in piscina. Pedro passava spesso, ma stranamente restava silenzioso. 

Fece solo una domanda: “Padroni di restare quando volete. Ma solo per sapere: avete deciso quando partire?”.

“Non ancora Pedro, sarai il primo a saperlo, appena lo sapremo anche noi”.

“Ho segnato tutto, basta che mi dite e sono pronto”. 

Trovarono ancora la biancheria cambiata in camera e il telo sullo specchio. Pedro voleva la sua fetta di torta, ma non più spiando dal foro nella parete. 

Pedro e i piedi di Mirella

Come andarono quella sera e quella successiva? In maniera non molto differente da quelle precedenti circa le bevute, i balli, le chiacchiere e le risate. Le varianti essenziali furono che Morena ebbe problemi a casa e fu temporaneamente rimpiazzata da una mingherlina taciturna e che Ramon e Mirella sparivano nella 12 prima della chiusura della taverna, ma lasciando la porta aperta. Marco si tratteneva con gli altri avventori fino a tardi, ma poi si univa alla moglie e al suo amante, anche se per poco. Benché Mirella fosse in quei momenti più accogliente con lui delle sere precedenti, si sentiva comunque di troppo tra quei due e una volta avuto il suo orgasmo, finiva per annoiarsi. Meglio andare nella stanza 3 che era anche più fresca. Pedro se ne stava alla larga, ma i suoi occhi erano solo per Mirella. 

Cos’altro accadde? Beh, almeno un altro paio di cose che avevano in comune come un senso di presagio e di speranza allo stesso tempo, una specie di nuovo inizio nel quale tutto si rimescolava per restare eguale, ma in versione 2.0. 

Pedro, la seconda sera, aveva preso coraggio e affrontato Mirella. Tra un ballo e l’altro aveva giocato la sua carta: “Mi accontento di guardare, signora, me lo lasci fare”. 

“Non dipende solo da me. Tuo cugino non vuole”.

“E allora posso chiederle un’altra cosa?”.

“Se mi dai del tu e mi chiami Mirella”. 

“Va bene Mirella… va bene. Ecco… ehm posso leccarti i piedi?”. 

“Ora?”, gli chiese scoppiando a ridere e guardandosi intorno per vedere se qualcuno avesse potuto ascoltare. 

“Quando vuoi. Mi accontento di quello”.

“Come ti accontentavi di guardare fino a un secondo fa”.

“Vorrei di più, ma so che lei…che tu non sei per me o io per lei”. Il tu a Mirella non gli veniva facile.

“Non buttarti giù Pedro, mai dire mai”.

Al portiere si illuminarono gli occhi nerissimi, che sembrarono sporgere dalle orbite altrettanto scure.

“Vuoi davvero leccarmeli?”.

“La prego, non la farò pentire”.

“Domani nella stanza tre alle 17”.

“E Marco?”.

“Ti sembra sia un problema?”.

Brindarono bottiglia contro bicchiere. Cinque minuti dopo, Pedro era nel bagno del suo alloggio nel quale gli bastò trattenersi per meno di un minuto per raggiungere una delle sue gioie maggiori da un po’ di tempo a quella parte.

Anche Ramon, quando fu sa solo in stanza con Mirella, aveva proposte.

La sparò dopo la fellatio sontuosa che lei gli aveva fatto in ginocchio mentre lui sedeva in poltrona. Era durata almeno mezz’ora durante la quale non c’era stata nessuna cellula dell’asta, del glande e dello scroto dell’uomo che non fosse stata sollecitata più volte dalle cellule della bocca e della lingua di lei. Mirella aveva letteralmente mangiato quello scettro di carne e più volte ne aveva sentito la punta avida di piacere contro le tonsille. Lei stessa godeva dell'impegno devoto che profondeva in quel lavoretto - come lo chiamava da studentessa che ai lavoretti non si sottraeva quasi mai-, tanto da mugolare colando saliva.  Il risultato era stata un’eiaculazione maestosa e la conferma per Mirella che il gioco lo dirigeva alla fine sempre lei. 

“Non dovevi farmi venire”.

“Sei un toro, ti riperderai presto”.

“Ascolta Mirella, che ne dici di venire in Galizia con me per qualche giorno? Ci devo andare per cose mie, ma ho rimandato finora a causa tua”. 

Lei apparve sinceramente sorpresa, ma anche lusingata. Lo guardò a lungo dal basso del pavimento con occhi a tratti severi, ma sul mento aveva tracce di sperma di cui non si era accorta e che la rendevano niente affatto minacciosa. 

“Mi stai chiedendo di fare una fuga d’amore con te?”.

“Una specie. Solo per cambiare aria. Poi potresti tornare in Italia da lì o… restare. Insomma, quel che vuoi”.

“E mio marito?”.

“Non mi sembra sia un problema”. 

“Potrebbe esserlo per me”.

“Hai bisogno di un uomo vero, Mirella. Nel pensarci se parlartene, mi preoccupava di più il tuo lavoro. So che hai impegni”.

Mirella ci pensò su appena un attimo, con gli occhi che le brillavano di una luce intensa e quasi selvaggia. 

“Per il lavoro in qualche modo farò. E quando si partirebbe?”.

“Dimmi tu. Ci andiamo in macchina, non ho fretta”.

“Facciamo domani?”.

“Bene, per me va bene”.

“Alle 17, all’entrata principale del bar. Anzi no, facciamo alle 17.30”.

“Va bene, ci fermeremo per strada. La Galizia è lontana”. 

“Dove precisamente?”.

“Vicino Pontevedra. Ne sarai incantata, è una Spagna diversa da questa e sto pensando di tornare in pianta stabile lì”. 

“Anche io ho qualcosa da chiederti però”.

“Quel che vuoi mia regina”.

“Prima di partire metti in regola Morena”.

“Ma è tutto a posto con lei”.

“A posto un cazzo, Ramon. Se mi vuoi la metti a posto domani mattina prima di partire. Non so come funzioni da voi, ma voglio contratto firmato dai sindacati o cose del genere”.

“Ma sei comunista?”.

“Non puoi rapirci entrambe, anche se in modo diverso. O me o lei. Domani alle 17.30 mi fai prima vedere il contratto firmato e poi si va”.

Brindarono bicchiere contro bicchiere prima, intrecciando le lingue dopo. Marco arrivò mentre ancora si baciavano e si accasciò in poltrona fumando. Ramon, che nel frattempo aveva recuperato l’erezione, fece godere più volte Mirella, dei cui seni e dei cui piedi si occupò ampiamente e gioiosamente il marito. 

Pedro e Morena

Dice Morena che Pedro stava stappandosi la seconda forse la terza Estrella da 50 cl del pomeriggio, quando un pensiero fastidioso gli attraversò la mente. Erano quasi le quattro e dai due italiani non c’era stato alcun segno di vita. Restò indeciso per un attimo se andare a dare un’occhiata subito o aspettare ancora una mezz’oretta, ma un timore lo assalì. “Se quel figlio di puttana ne avesse avuto abbastanza di avere le corna e ha fatto una casino?”. Cioè, insomma, la cosa gli apparve improbabile, ma l’inquietudine che sentiva era molto concreta. Rimise la Estrella nel frigorifero, con un certo rimpianto che ammorbidì accendendosi la sigaretta che aveva arrotolato prima. Si avviò caracollando verso la stanza numero 12 e a ogni passo l’assenza di qualsiasi rumore accresceva la sua ansia. Bussò prima timidamente, poi in maniera più vigorosa alla porta ricevendo in cambio sempre la stessa risposta, ovvero nessuna. Pedro era indeciso sul da farsi, ma si ricordò della promessa fatta e lasciò stare. “Saranno stanchi”, pensò e la sua preoccupazione si concentrò sull’appuntamento delle 5. Controllò ancora lo stato della stanza numero 3 e tornò al gabbiotto dove la Estrella lo aspettava. In fondo era uno strano pomeriggio: neanche Ramon si era fatto ancora vivo e della taverna si occupava solo Morena che aveva recuperato il suo posto già ad ora di pranzo con un’aria baldanzosa e un sorriso che non gli aveva mai visto. Pedro stappò finalmente la birra e, probabilmente, pensando ai piedi di Mirella, dovette sentire un tuffo nelle parti intime.  

Mirella, Marco, Ramon, Pedro, Morena e i bigliettini

Eccoli di nuovo i due sposi. Nel momento esatto o giù di lì nel quale Pedro pensa alle sue estremità, il piede destro di Mirella, calzato elegantemente in ballerine con i lacci alla francese, sta calcando il gradino del finger che aggancia l’aereo alla sala arrivi dell’aeroporto della loro città, in Italia.  L’agenzia non solo gli ha trovato i biglietti aerei, ma anche un autista a La Huelva. Piove e l’aria sa di polvere da sparo ed erba tagliata di fresco. Deve aver fatto caldo come in Andalusia, ma sicuramente con meno occasioni per dimenticarsene. Marco segue la moglie tenendo sottobraccio uno jamon serrano intero. Lo hanno comprato a Sivilla la mattina, nei vicoli intorno alla piazza dove l’autista li ha lasciati, dopo averli raccolti alla stazione di servizio nei pressi del Motel de la Luna. Gli avevano dato appuntamento per le 6.30 del mattino, ma lui era già lì ad attenderli. 

Un po’ prima delle 17 sono su un altro taxi, quello che li sta portando a casa loro, all’ultimo piano di un palazzo di nove in una zona che una volta era quasi periferia e oggi è quasi centro. Dal loro terrazzo si vedono le montagne e i rumori della città arrivano attutiti: niente Oceano, ma neanche camion. Quando aprono la porta dell’appartamento, che sa di chiuso e delle rose del terrazzo, è più o meno quando Pedro e Ramon entrano nella stanza numero 12. Non c’è stato bisogno del passpartout: la porta era aperta. Sul tavolo, trovano un fiore e un foglio piegato, rigonfio di banconote.

“Grazie per la magnifica luna di Miele che ci avete regalato. @Pedro nella busta c’è la tua parte: 210 euro per i 7 pernottamenti al loro vero prezzo, + 30 euro per 6 colazioni al loro vero prezzo. In più 1 euro per l’aspirina e 1 euro di mancia: la meriti per davvero, ma te la sei ampiamente anticipata da solo dal buco nella parete e questo è quel che resta. Circa i piedi ce ne sono tanti, anche migliori dei miei, ma so che la differenza è la testa che li porta. Mi spiace, magari prossima volta li assaggi.

@Ramon: amico e amante mio, sei un toro fantastico e forse il migliore. Magari passeremo una volta o l’altra a La Huelva o a Pontevedra. Chissà. 

Anche tu troverai la tua parte: il fiore. Le cene le ritengo offerte, come ogni galantuomo dovrebbe fare con la sua amante. Sei un galantuomo, vero? Ovviamente vale per il bere anche e per entrambi: io e Marco non siamo separabili. Mi offenderebbe il contrario.

PS: un uomo vero è quello che sa stare accanto alla sua donna in ogni modo, anche quando fa male. L’uomo così già ce l’ho e l’ho sposato.  

Un bacio da me a entrambi dove meglio preferite immaginarlo e un caloroso abbraccio da parte di Marco.

PS2: alla BMW pensateci voi. È pagata e l’agenzia avvisata.

Vostra (per una settimana) Mirella

 

Morena, aveva già ricevuto il suo biglietto, in una busta chiusa recapitata dall’autista che ha accompagnato gli sposi a Sevilla. 

“Dolce Morena, non ci dimenticheremo mai di te. Vieni a trovarci in Italia, ti aspettiamo, anche con i tuoi sdentati, se non puoi lasciarli. Casa nostra è aperta (non dare il nostro indirizzo a quei due e non dirgli neanche di questo biglietto). A quest’ora dovresti aver firmato il contratto: buon lavoro. I 500 euro, dici? Sono la nostra mancia: abbiamo finito i contanti e per oggi non possiamo prelevare tutto quel che meriti. Un bacio da entrambi sul viso e uno per ciascuno dei monumentali capezzoli che hai”.

Mirella e Marco e l’abito da sposa

“Che troia” dice Ramon, piegando il biglietto che gli ha passato Pedro dopo averlo letto.

“Che troia puttana” conferma e rincara il portiere.

“Che troia dolcissima”, ha pensato Morena allungando 10 euro all’autista. 

“Che troia eccezionale che sei moglie mia”, le sussurra Marco, mentre la abbraccia stretto, appena chiusa la porta di casa dietro di loro. Lei ricambia l’abbraccio con ancora più forza, affondando la testa tra il collo e la spalla di lui. Quella è casa loro ora, ma prima ancora lo era dei genitori di lei. Si rivede per un attimo bambina e per un attimo, brevissimo ma violento, guarda la porta dello studio nel quale il padre restava chiuso per ore a studiare e lavorare. Piange? No, pensa solo: “ciao papà”, a denti serrati, il naso contratto in una strana smorfia.

Poi, sussurra:

“Che troia sono. Come potrei darti torto marito mio? Peccato tu non mi abbia visto succhiare la bestia di Ramon in abito da sposa”.

“Ma sei seria? Dici davvero?”

“Chissà… comunque sia dovrai vedermi prima o poi farlo. Serve solo trovare uno adatto”.

“Ma sei pazza? Non se ne parla”. La sua erezione immediata lo smentisce subito. Come gli può credere la moglie se il suo stesso “amichetto” è sempre pronto a tradirne le intenzioni?

“Facciamo solo che poi lo troveremo quello giusto per la nuova cerimonia di nozze. Restiamo a casa questa sera?”, propone Mirella.

E così fanno. 

Quella notte e molte di quelle dopo vanno a letto presto e da soli. 

Ma quanto potrà durare? 

FINE

PS, questa volta mio (la voce narrante). La proprietaria della tintoria in persona si è impegnata a pulire le macchie sull’abito da sposa, ma senza successo e non si è voluta far pagare. Offrendole la colazione, Mirella ha soddisfatto la sua curiosità di sapere come se le fosse procurate su quel vestito da sogno. “Semplice latte, signora. Semplice latte di toro”, è stata la risposta. L’anziana donna ha pensato a un liquore spagnolo, Mirella ha sentito le gambe molli nel dirlo. Ma tutto questo Marco, ancora non lo sa.  

Linea Erotica Z